Profilo biografico del fondatore e dirigente del
Partito comunista d’Italia e amico di Gramsci, espulso per “trotskismo” dal
partito nel 1930 per volontà di Togliatti, fondatore della Quarta
Internazionale, assassinato in Francia dagli stalinisti durante la Resistenza
di Ilaria Del Biondo “E’ proprio perché siamo ancora giovani che ci ritroviamo
fuori dalle diverse chiese. Se noi fossimo diventati vecchi avremmo ascoltato
la voce dell’esperienza, saremmo diventati saggi, saremmo ricorsi come tanti
altri alla menzogna, alla doppiezza e alla reverenza verso i differenti “figli
del popolo”, ma questo non ci era possibile.
Perché? Perché siamo rimasti giovani, e perché
siamo sempre insoddisfatti di ciò che abbiamo, perché aspiriamo sempre a
qualcosa di meglio. E chi non è rimasto giovane è in realtà diventato cinico;
per loro gli uomini e l’umanità non sono che strumenti, mezzi che devono
servire i loro scopi personali anche quando questi scopi sono dissimulati sotto
frasi d’ordine generale. Per noi invece gli uomini e l’umanità sono le sole
vie, le vere realtà esistenti.” A sessant’anni dalla sua tragica scomparsa le
parole di questo straordinario militante del movimento operaio internazionale,
vissuto tra le due guerre mondiali, nel “secolo più violento della storia
dell’umanità”, caratterizzato dalla rivoluzione russa del 1917 e dalle sue
ripercussioni profonde ed universali, ci appaiono ancora di un’attualità e di
una freschezza inedita mostrandoci la morale e lo spirito che caratterizzò
molti dei militanti dell’epoca e che, oggi, hanno analoga forza nell’indicarci
un modo di affrontare la militanza. La vicenda politico-esistenziale di Pietro
Tresso, non priva di qualche contraddizione, inizia con l’adesione alla
Gioventù socialista, passa attraverso l’esperienza del Pci, dove svolge un
ruolo da dirigente del lavoro clandestino nel periodo della dittatura fascista
e, successivamente alla sua espulsione nel 1930, lo troviamo nella fila del
movimento trotskista, in Italia e in Francia tra i dirigenti della Quarta Internazionale.
Tratteggiando il suo profilo biografico, cioè, ci
si imbatte nelle vicende delle tante “famiglie” all’interno del movimento
socialista, comunista e trotskista, e nella storia, più generale, del movimento
operaio italiano come internazionale. Nella storia di quel movimento del quale
Tresso si è sempre sentito parte integrante, non perdendo mai, pur entrando nel
Pcd’I dopo il congresso di Lione, come “rivoluzionario di professione”, il suo
“essere operaio”. Perfino la sua morte, a più di mezzo secolo di distanza ci
parla di una di quelle “famiglie”. Ci parla del fenomeno dello stalinismo e ci
descrive la morte in un campo partigiano di compagni tenuti come prigionieri.
Oggi sulla morte di Tresso nel 1943 dopo la spettacolare fuga dal carcere di Puy
en Valey, come sui crimini dello stalinismo si sa molto; il muro di silenzio
“per non nuocere al Partito”, elemento costitutivo della complicità sui
crimini, è venuto meno, si è incrinato di fronte alla parabola storica
dell’Urss. La verità è emersa come nelle interviste agli ex del Wodli di
Raymond Vacheron riportate nel libro di Pierre Broué (1 ); nelle voci piene di
dubbi, incertezze e astuzie di coloro che, stalinisti, furono a loro volta
vittime dello stalinismo. La gioventù socialista: 1908-1921 Tresso nasce il 30
gennaio 1893 a Magrè di Schio (nei pressi di Vicenza). Nasce, in una terra,
quella veneta, caratterizzata da una solida tradizione religiosa quando la
crisi della campagna, in coincidenza con lo sviluppo industriale, produce
trasformazioni sociali e un esodo migratorio tra i più numerosi del secolo.
Apprendista sarto dall’età di nove anni, svolge attività politica di propaganda
nel suo paese fondando il Circolo giovanile socialista di Magrè. Verso il 1914
si dedica all’attività sindacale tra i contadini, segnalato, infatti, come uno
dei giovani più promettenti viene inviato prima a Milano, per un corso sulla
legislazione operaia all’Umanitaria, e poi a Gravina di Puglia, uno dei più
grossi centri agricoli della Murgia, dove è in prima linea nella battaglia per
il minimo salario garantito e contro l’umiliante contrattazione individuale
della forza lavoro tra i contadini del luogo.
La sua esperienza sindacale s’interrompe nel 1915
quando viene chiamato alle armi. Nei primi mesi del 1917 appare come imputato
al processo di Pradamano insieme ad altri soldati accusati di aver diffuso i
deliberati della Conferenza di Zimmerwald. Assolto per insufficienza di prove,
viene spedito al fronte ma nel 1917 ritorna a Schio. Qui il rafforzamento delle
organizzazioni di classe nel 1919 è straordinario, anche se esplodono i
contrasti tra le due correnti dei massi malisti e dei riformisti. Tresso,
esponente emergente del massimalismo, è nel 1920 redattore di “El Visentin”, e
consigliere comunale e provinciale. Pur essendo ancora legato alle posizioni
del massimalismo serratiano, iniziano a maturare in lui riflessioni che lo
portano spesso ad esprimere posizioni differenti da quelle dei suoi compagni di
partito. Lontano dall’e sperienza torinese dell’”Ordine Nuovo”, di cui coglie
però l’importanza, senza per questo essere bordighista, di cui non condivide le
tesi astensioniste, Tresso si allontana dalla corrente dei massimalisti. La
clandestinità nel Pcd’I Nel gennaio del 1921 aderisce al neonato Partito
comunista d’Italia e diviene direttore del nuovo periodico locale “La lotta
comunista”. Il dilagare della violenza fascista lo costringono nella primavera
del 1921 a partire per Milano e successivamente, dopo aver subito una
aggressione, si reca a Berlino. Qui, collabora alla “RGI”, la rivista
dell’Internazionale sindacale rossa (Isr), pubblicando una decina di articoli
sul fascismo e svolge un’attività clandestina a favore degli esuli. Nel
novembre del 1922 partecipa ai lavori del IV congresso dell’Internazionale comunista
(IC) e al II Congresso dell’Internazionale sindacale rossa, a Mosca dove era
giunto pochi mesi addietro. Ma dopo l’arresto di numerosi membri del comitato
esecutivo del Partito si pone, data anche la mancanza di quadri sindacali, la
necessità del suo rientro in Italia. Nel giugno del 1923 si tiene il terzo
esecutivo allargato dell’IC, le polemiche e le analisi radicalmente opposte
della maggioranza del PCd’I e le presunte responsabilità di Bordiga nel
fallimento dell’unificazione pongono all’Internazionale il problema della
direzione che viene risolto da Mosca con la nomina di un nuovo comittao
esecutivo del Partito. Ha così inizio, un processo che porta alla formazione di
un nuovo gruppo dirigente intorno alla figura di Gramsci. Il dibattito, che nei
primi mesi del 1924 investe il grup po dirigente del PCd’I, raggiunge un
momento assai significativo durante la conferenza di Como nella metà di maggio.
Emerge così un atteggiamento largamen te indicativo degli umori della base:
irritazione e sorpresa per dissensi interni che si ignoravano quasi del tutto,
ostilità nei confronti della destra e diffidenza verso l’atteggiamento equivoco
del centro.
E’ questo l’atteggiamento dello stesso Tresso che
per tutto il corso del 1924-25 si occupa quasi esclusivamente del lavoro
sindacale, reso sempre più complesso dal precipitare della situazione a seguito
del restringi mento dei margini di legalità. Con il patto di Palazzo Vidoni (20
ottobre 1925) tra le corporazioni fasciste e la Confindustria, il potere
contrattuale della Confederazione generale del lavoro (Cgl) è nullo. L’attività
sindacale ormai è relegata nella clandestinità. Le già difficili condizioni di
lavoro peggiorano alla fine di ottobre quando vengono varate le leggi
fascistissime. E’ in questo periodo che Tresso assume un ruolo decisivo nella
battaglia per sconfiggere, nel generale senso di smarrimento prodotto dalla
repressione fascista, le due correnti liquidatrici nel partito e nella Cgl. Si
occupa dell’ufficio clandestino, ma gli strascichi di pesanti episodi di
delazione lo portano ad abbandonare momentaneamente l’Italia, mentre le vicende
del PCd’I si vanno sempre più intrecciando con quelle dell’IC e delle lotte
interne al partito russo, e il “caso Wittorf” porta alla formazione di un
conseguente “caso Tasca”. Dal dibattito sulla situazione italiana
all’espulsione: 1928-1930 Mentre Tresso è a Berlino, incaricato del CC di
rappresentare il PCdI al XII congresso del partito tedesco, si svolge a Mosca
il X plenum del Comitato esecutivo internazionale (Cei, 3-19 giugno 1929). Esso
sancisce la disfatta dell’opposizione di destra guidata da Bucharin e la
capitolazione di alcuni noti esponenti dell’opposizione di sinistra a Stalin
(Radek, Préobrazensky e Smilza) e l’irrevocabile scelta di Togliatti, un totale
atto di fede nell’Internazionale. Al ritorno da Mosca della delegazione
italiana viene convocato l’UP nel quale dovrà essere recepita la nuova linea
politica. E’ da questo UP (28 agosto 1929) che all’interno del PCd’I si inizia
a manifestare un’opposizione, in particolare in merito all’organizzazione
politica conseguente alla cosiddetta “svolta del terzo periodo”. La linea
uscita dal X plenum, quella della crisi finale del capitalismo e della
radicalizzazione delle masse, era quella da sempre propu gnata dalla
Federazione giovanile comunista (Fgc). Così è Longo ad elaborare tutta una
serie di proposte tese a adeguare l’attività del partito alla politica
dell’Internazionale, note come “progetto Gallo” (Gallo è lo psudonimo di
Longo), che trovano la massima espressione nella richiesta della ricostruzione
di un centro interno.
A questa ipotesi si oppongono Tresso, Leo netti e
Ravazzoli che presentano un controprogetto, noto come “contro pro getto Blasco”
(Blasco è già all’epoca il nome di battaglia di Tresso). I rapporti tra la
maggioranza e l’opposizione degenerano in breve tempo fino alla frettolosa
espulsione dei “tre” (a cui si sono aggiunti Teresa Recchia e Mario Bavassano)
sancita nel comitato centrale del 9 giugno 1930 per essersi messi in contatto
con i trotskisti, aver condotto una campagna calunniosa contro il Pci e per
avere una “errata valutazione delle prospettive del regime fascista”. Da “La
Vérité” alla Nuova opposizione italiana: 1930-1933 La lettera documento del 5
maggio 1930 redatta da Tresso e trasmessa a Prinkipo, dove Trotsky si trovava
in esilio dal 1929, sancisce l’adesione dei cinque all’Opposizione di sinistra
internazionale (Osi). E’ con questa lettera che si rivela una maturazione
dell’analisi sia in merito alla situazione politica italiana sia per quanto
riguarda il dibattito all’interno del movimento operaio. Le divergenze rispetto
alla linea elaborata dal PCd’I riguardano l’analisi della situazione italiana,
la riflessione sul ruolo della socialdemocrazia e sulla natura del fascismo
(inteso come “il metodo particolare di dominio al quale la borghesia italiana,
nell’attuale sua fase imperialista, è stata costretta a fare ricorso per
garantire il proprio potere”). Grandi sono le analogie con l’analisi di Trot
sky sul regime fascista quale intreccio tra due processi: l’uno, la conversione
delle classi dominanti all’autoritarismo aperto determinante per la definizione
del quadro generale della fase storica; l’altro, la rivolta delle classi medie
essenziale per definire la configurazione politica specifica assunta da quel
potere autoritario.
Dal momento della loro espulsione sino alla
comparsa del primo numero del loro Bollettino i “tre”, attraverso gli
interventi su “La Vérité”, pensano di poter allacciare contatti con
l’immigrazione italiana ed elaborano la Résolution de l’opposition italienne -
La situation en Italie et le taches du Parti comuniste, che fissa in 16 punti
le rivendicazioni di carattere transitorio ed immediato. A partire dall’aprile
1931 la Noi stampa un proprio bollettino che verrà pubblicato fino al giugno
1933 permettendo loro di replicare alle calunnie che vengono propagandate dalla
stampa del PCd’I. L’Opposizione di sinistra in Francia Quando la Noi entra a
far parte dell’Osi tutti i suoi membri si trovavano in Francia, sicchè il
processo di formazione della sezione italiana si intreccia, a più riprese, con
le vicende della Ligue Communiste. L’Opposizione di sinistra in Francia nasce
immediatamente dopo la XII conferenza del partito bolscevico in Russia (gennaio
1924) quando Boris Souvarine prende posizione in favore dell’Opposizione. Da
quel momento nel Pcf si susseguono una serie di espulsioni. Ma la situazione è
nel 1929 fortemente frammentata. Gli sforzi per la costituzione di
un’opposizione unificata in Francia trovano il loro coronamento solo con la
creazione de la “La Vérité” (15 agosto 1929) e la nascita nel 1930 della Ligue
Communiste. Inizialmente i rapporti tra la Noi e la Ligue sono dei migliori, ma
ben presto gli oppositori italiani si trovano coinvolti nella lotta di frazione
che dilania la Ligue. Uno dei motivi di contrasto con la Noi è il ruolo svolto
da Tresso nella Ligue (egli entra nel comitato esecutivo verso la fine del
1930). La degenerazione dei rapporti porta Tresso ad optare per il lavoro
esclusivo nella Ligue. Le cause dell’allontanamento dalla Noi vanno ricercate
nella mancanza di legami con l’Italia tale da portare Blasco a optare per il
lavoro in un’organizzazione, la Ligue, con un peso reale nel movimento operaio.
Questa è l’occasione per dedicarsi anima e corpo
al lavoro sindacale. In realtà anche all’interno della Ligue ci si confronta su
questioni importanti. Tresso cerca di tenersi fuori dalle lotte di frazione ma
vi si trova coinvolto quando la polemica sull’intervento sindacale chiamerà direttamente
in causa la sua esperienza, facendo di lui l’artefice della politica sindacale
adottata dalla nuova direzione di Molinier (che in quest’occasione s’impose
sugli errori del gruppo Naville). La fine della Nuova opposizione italiana Nel
1932 i rapporti tra la Noi, impegnata nel processo di riorganizzazione interno
ed esterno, e la Ligue sembrano più distesi. Ma ben presto rinascono i problemi
rispetto ai rapporti anche nella loro definizione organizzativa tra le due
sezioni. Intanto si tiene a Parigi l’importante preconferenza internazionale
dell’Osi (4-8 febbraio 1933) vi partecipano tre italiani: Leonetti, Tresso e
Barbara, la compagna di Blasco. L’obiettivo principale è quello di preparare il
terreno per lo svolgimento della prima conferenza internazionale dell’Osi da
tenersi nel luglio 1933. Il tema centrale è l’analisi dagli avvenimenti
tedeschi dopo la nomina di Hitler a cancelliere. E’ in questa occasione che
Blasco entra a far parte del segretariato internazionale. Con l’approvazione
delle decisioni della preconferenza, la Noi cambia denominazione e diviene la
sezione italiana dell’Opposizione internazionale di sinistra
(bolscevico-leninista). Ma i rapporti non migliorano all’interno e le
divergenze assumono la forma delle dimissioni, della richiesta di
“autoscioglimento” della Noi e infine, dell’immediata espulsione di Fosco e
Blasco il 9 aprile 1933. Nonostante il ritiro delle espulsioni, sotto
l’insistenza del segretariato internazionale, non si arriva ad una
normalizzazione dei rapporti. Il “caso Blasco” trova la sua naturale soluzione
solo nello scioglimento di lì a pochi mesi, nel giugno 1933, dell’opposizione
italiana. Il movimento trotskista in Francia e in Italia: 1933-1938
L’esperienza tedesca nel periodo che va dal 1928 al 1933, è un vero e proprio
banco di prova non solo per il Partito comunista tedesco, ma per la stessa
Internazionale e per l’Osi.
Già alla preconferenza dell’Osi, esso aveva
monopolizzato l’attenzione. In quell’assise la vittoria del nazismo veniva
considerata ancora evitabile e si rilanciava la parola d’ordine del fronte
unico delle organizzazioni proletarie tedesche. Ma il 27 febbraio, quando il
Reichtag viene incendiato dai nazisti e prende avvio una sanguinosa repressione
contro comunisti e socialisti emergono le responsabilità dell’IC e del Partito
comunista tedesco che con la propria opposizione all’unità di azione tra tutti
i lavoratori avevano determinato l’inerzia, la passività e la mancanza di una
ben che minima resistenza del proletariato tedesco nei confronti del crescente
pericolo nazista. Trotsky pone la questione della creazione del nuovo partito
in Germania, l’importanza della sua riflessione fa emergere dei problemi,
soprattutto in merito alla tattica da adottare nei confronti dell’IC. La
decisione di costruire il nuovo partito – e molti militanti ritenevano
necessario non limitare questa esperienza alla sola Germania – reca in sé la
prospettiva della costituzione di una nuova internazionale. Ma appunto in
prospettiva: infatti, solo dopo aver costatato, nei mesi che seguirono, tra il
marzo e il luglio 1933, la totale passività dell’IC e dei militanti comunisti,
Trotsky, nell’agosto, invita l’opposizione internazionale a lavorare per la
costituzione della Quarta. Militante del movimento operaio francese: 1934-1937
La ripresa dell’attività della classe operaia ed un’improvvisa radicalizzazione
delle masse tra la fine del 1933 e gli inizi del 1934, legata alla situazione
interna francese, ribalta la tendenza degli anni precedenti.
Il 12 febbraio operai socialisti e comunisti si
confondono spontaneamente in una grande, sola, manifestazione; l’unità diventa
così un fatto concreto. Inizia un processo tra la Sfio e il Pcf che li porterà,
il 27 luglio, a siglare un patto d’unità d’azio ne, caratterizzato dalla difesa
nei confronti del movimen to fascista, ma senza la prospettiva di rovesciare la
borghesia e che si pronuncerà poi per la collaborazione di classe. Ciò
nondimeno il 1934 segna per la Francia una svolta politica. Anche la Ligue è
chiamata ad una svolta. Paradossalmente, proprio nel momento in cui i
lavoratori francesi impongono l’unità ai propri dirigenti, sancendo una
vittoria politica per la Ligue (che ha sempre condotto la propria azione
all’insegna del fronte unico), il rischio dell’isolamento diviene quanto mai
pericoloso. Di fronte a questa nuova situazione Trotsky propone alla sezione
francese una tattica “entrista” nella Sfio, con l’obiettivo della creazione di
un polo bolscevico per la Quarta Internazionale, passando per la scissione del
Partito socialista. Concepito in questo senso, l’ingresso nella Sfio non si
configura come una svolta dal punto di visto dei principi, ma nella Ligue la
nuova tattica suscita grosse reticenze e perplessità. Il 14 settembre 1934,
quindi, quando l’ingresso dei trotskisti viene uffi cialmente annunciato sulle
colonne de “Le Populaire”, il gruppo Naville-Tresso, che non condivide la
scelta, smentisce la notizia e fonda il Groupe Communiste Internationaliste
(Gci); poco dopo, tuttavia entra anch’esso nella Sfio. Con l’approssimarsi del
congresso socialista i due gruppi trotskisti sono indotti ad elaborare una
piattaforma comune.
Inizia una stretta collaborazione fino
all’annuncio della fusione nel “Bulletin intérieur aux membres du Gbl”
dell’agosto 1935. Ma la vita dei trotskisti all’interno della Sfio si fa sempre
più difficile. E’ Trot sky a considerare per primo, analizzando la nuova
situazione realizzatasi con l’Union Sacrée, la possibilità di porre fine alla
“attica entrista e quindi alla permanenza nella Sfio. La maggioranza dei Gbl
considera l’uscita prematura e non comprende la necessità della nuova svolta, e
la minoranza mostra delle esitazioni ad opporsi apertamente al “Fronte
popolare”. Trotsky segue con sgomento e interesse le vicende del Gbl fino alla
costituzione il 2 giugno 1936 del Parti Ouvrier Internationaliste (2 ).
Militante del movimento operaio italiano: 1934-1937 Il 1933 segna, come si è
già detto la fine della Noi. Bavassano e la sua compagna Teresa Recchia si
legano al gruppo “juif” che si oppone alla svolta verso la Quarta
Internazionale e Ravazzoli si allontana definitivamente dall’organizzazione
trotskista. Oltre alle tensioni create dalle divergenze più prettamente
politiche, esplode il “caso Leonetti”, frutto di una provocazione del Pci. Solo
nei primi mesi del 1934 la sezione italiana ritrova una certa stabilità
politica. Il processo di riorganizzazione della Noi trae linfa dall’afflusso di
nuove forze.
Così, nel marzo 1934 appare “La Verità”. Il
giornale viene stampato su quattro pagine, e il suo titolo richiama alla memo
ria la “Pravda” bolscevica e “La Vérité” francese. A spingere i trotskisti
italiani verso questo ambizioso progetto sono senza dubbio gli avvenimenti del
febbraio in Francia. L’esperienza de “La Vérité” viene salutata calorosamente
da Trotsky e riceve alcuni consensi impor tanti nell’ambiente dell’emigrazione.
Ma il giornale non sopravvive al difficile retroterra politico formatosi alle
spalle dei due princi pali militanti italiani, Tresso e Leonetti. Ciò che porta
alla fine di questa esperienza è la loro rottura con una consistente minoranza,
guidata da Di Bartolomeo. Nella primavera del 1934 il gruppo di minoranza
abbandona la sezione italiana dell’opposizione per dare vita a “La nostra
parola”. Il nuovo clima e il mutamento della strategia comunista, che nel
luglio del 1934 si modifica bru scamente, favoriscono la realizzazione di
un’unità d’azione tra i due maggiori partiti operai italiani. Il patto, sul
modello francese è siglato il 17 agosto 1935. Anche per i due gruppi trotskisti
italiani si pone il problema della tattica entrista. E due mesi dopo l’ade
sione di Tresso, inizialmente contrario, avvenuta nel febbraio 1935, anche il
gruppo “La Nostra Parola” entra nelle file del Psi. Cosicché a partire dalla
primavera del 1935 tutti i trotskisti italiani, ad eccezione di Leonetti, si
trovano all’interno del PSI, divisi in due gruppi: il Gbl di Tresso aderenti al
Psi e il gruppo “La nostra parola”. Nei mesi successivi si assiste ad un lento
avvicinamento tra i due gruppi fino alla costruzione del Gbl unificato nel
maggio.
La ripresa mussoliniana dell’iniziativa in
politica estera con l’invasione dell’Etiopia crea, secondo Tresso, un’occasione
unica, la prima dall’assassinio di Matteotti, da sfruttare contro il fascismo;
ma nel quadro del fronte popolare, e in scia alla linea del VII congresso (3 )
dell’IC, il PCd’I arriva fino al punto di proporre un allargamento di
quest’ultimo a settori dei fascisti stessi e a redigere l’”Appello ai fratelli
in ca micia nera”, facendo fallire questa possibilità. A partire dal
luglio-agosto 1936 le notizie relative al gruppo dei bolscevichi-leninisti
italiani divengono più frammentarie. Di sicuro si sa che Tresso partecipa,
assieme a Leonetti, alla conferenza internazionale per la Quarta (Parigi, 29-31
luglio 1936). E’ questo per le forze trotskiste italiane un periodo complesso:
la partenza di numerosi militanti per la Spagna ridimensiona il loro organico e
ciò fa sì che il n. 2 del “Bollettino d’informazione” (1 agosto 1936) sia anche
l’ultimo. In agosto le minacce di espulsione da parte del Psi si fanno sempre
più pressanti, ma la repressione antitroskista viene sospesa a causa
dell’indignazione che suscita il primo dei processi di Mosca che si svolge
nello stesso mese. In questo clima pesante, fatto di vere e proprie
persecuzioni da parte del PCd’I e dei fascisti c’è chi nelle file trotskiste
abbandona la lotta: tra questi un dirigente di lunga data, Leonetti.
Fondatore della Quarta Internazionale Negli ultimi
giorni di settembre, dopo un intenso lavorio diplomatico, si arriva ad una vera
svolta che provoca il crollo del quadro di riferimento internazionale della
politica di Fronte popolare. Il 30 settembre si incontrano a Monaco di Baviera
Chamberlain, Daladier, Hitler e Mussolini. La diplomazia sovietica, che da anni
lavorava per stabilire un rapporto organico con le de mocrazie occidentali e in
particolare con la Francia, viene esclusa dal vertice. A partire dall’inverno
1937-1938 in Francia la tensione sociale si fa nuovamente alta, in risposta alle
provocazione del padronato e del governo. A marzo è la volta dei metallurgici e
proprio in se guito a questa nuova manifestazione della combattività ope raia
cadono Chautemps e un successivo governo Blum per lasciare il posto ad un
governo radicale con il sostegno astensionista di Sfio e Pcf (12 aprile). Ma
gli apparati burocratici dei due partiti maggiori della classe operaia
mantengono la loro egemonia, guadagnano la guida degli scioperi e ne
determinano le disastrose conclusioni come testimonia il tragico fallimento
dello sciopero generale del 30 novembre, proclamato tardivamente, senza convin
zione, in condizioni tali da renderne il fallimento certo. Da questo momento la
borghesia è finalmente in grado di scatenare la propria offensiva. Arresti e
licenziamenti in massa sono all’ordine del giorno e chiudono così la pagina del
governo di Fronte popolare.
Il 23 agosto 1939 è annunciato il patto
Stalin-Hitler, che sconvolge lo stesso panorama politico della Francia. Dal 25
agosto cominciano i sequestri dei giornali dei grossi partiti operai e delle
organizzazioni sindacali. Il primo settembre Hitler invade la Polonia e due
giorni più tardi la Francia è in guerra contro i nazisti. Il 26 settem bre il
Pcf è messo fuori legge. Il 16 giugno, con le truppe tedesche a Parigi, il
governo in fuga a Bordeaux, il parlamento conferisce i pieni poteri al generale
Pétain, libero di collaborare con i nazisti sui resti della Francia libera. Nel
precipitare degli eventi Tresso partecipa in qualità di delegato, con lo pseudonimo
di Julian, alla conferenza di fondazione della Quarta Internazionale (3
settembre 1938). Essa si tiene a Perigny, nei dintorni di Parigi,
clandestinamente per timore d’azioni della Gpu. Vi partecipano 21 delegati in
rappresentanza di 12 paesi (altre 17-18 sezioni non furono in grado di inviare
i propri rappresentanti).
Il dibattito congressuale ruota principalmente
attorno al progetto di programma elaborato da Trotsky intitolato L’agonia del
capitalismo e i compiti della Quarta internazionale, noto anche come Il
programma di transizione. La fondazione della Quarta risponde per Trotsky alla
necessità di radunare attorno ad un programma politico rivoluzionario i
militanti e le organizzazioni che lottano in differenti paesi contro le
conseguenze della degenerazione delle due precedenti Internazionali, per
costruire i nuo vi partiti rivoluzionari. Sicuramente la fondazione della
Quarta e l’adozione del programma consentiranno al movimento trotskista di
resistere alle tremende pressioni dei nuovi, tragici, avvenimenti che si
delineano all’orizzonte, frenando la disgregazione organizza tiva provocata
dagli eventi bellici. Dalla clandestinità all’arresto Dalla fondazione
dell’Internazionale gli eventi si susseguono assai rapidamente. Nel 1938 si
manifestano con chiarezza la sconfitta della rivoluzione spagnola e quella dei
lavoratori francesi. Lo scenario che delinea la seconda guerra mondiale è
quello di una scompaginazione e di una dispersione nelle organizzazioni
operaie. Il Segetariato internazionale della Quarta è costretto a trasferirsi a
New York dove si riunisce una Confe renza straor dinaria (detta anche “di
emergenza”, 19-26 maggio 1940) della nuova Inter nazionale trotskista. Il
Manifesto, redatto per l’occasione da Trotsky è il suo ultimo documento programmatico.
La sua morte in Messico, il 20 agosto 1940, per
mano di un sicario di Stalin, arreca un durissimo colpo al movimento. Per di
più, le difficili condizioni di lavoro politico imposte dalla guerra accentuano
ulteriormente la debolezza sog gettiva delle organizzazioni trotskiste ed
evidenziano la profonda crisi delle loro direzioni. La sezione francese non fa
eccezione a questa norma generale. Tresso, nel la zona occupata, continua il
lavoro politico clandestino, ridotto, almeno in un primo tempo, a qual che
incontro difficile da organizzare e a qualche discussione sul da farsi e
sull’orientamento da assumere. Ricercato dalla Gestapo, alla fine del luglio
1941 lascia Parigi e raggiunge la “Francia libera” a Marsiglia. E’ in contatto
con Albert Demazière a quel tempo responsabile politico dei Comitati per la
Quarta Internazionale. Nascosto sotto l’identità di Julien Pierotti, riceve i
soldi che dagli Stati Uniti il Segretariato internazionale invia in Francia per
la riorganizzazione del Parti Ouvrier Internationaliste. Diviene anche
collaboratore del Centre Américan de Secours (Acs), che provvede all’espatrio
delle vittime della repressione fascista e nazista. Nel giugno del 1942 Tresso,
Barbara e Demazière sono arrestati assieme ad altri cinque militanti “di primo
piano” dalla polizia di Vichy. Processati, il 30 settembre 1942 vengono
condannati, a eccezione di Barbara, a pene diverse per aver “esercitato
un’attività proibita avente direttamente o indirettamente per obiettivo la
propaganda di parole d’ordine emananti o attinenti alla Terza Internazionale”:
quella di Stalin, il colmo per dei trotskisti. Tresso, Demazière e Reboul
vengono quindi trasferiti in una prigione militare e successivamente al campo
di Mauzac (in Dordogna). Nel campo la tensione tra i trotskisti e gli altri
detenuti è fortissima e decresce solo dove, con grandi difficoltà, si riesce ad
instaurare una discussione elementare. Il 18 dicembre 1942 Tresso, Demazière e
Reboul vengono spostati al carcere di Puy-en-Velay. Qui ritrovano altri
militanti trotskisti: Maurice Ségal e Abraham Sadek. Nell’autunno viene
organizzata l’evasione di 79 prigionieri politici e del loro guardiano dalla
prigione di Le Puy. E’ una sfida enorme: il secondino è un militante socialista
in contatto con la rete dello Special Operations Executive inglese,
specializzata nelle evasioni dalle prigioni. La notte del 1 ottobre 1943 tutti
i prigionieri, compresi i cinque trotskisti, vengono liberati. Divisi in due
drappelli, il gruppo di cui fa parte Tresso, si installa nel campo “Wodli”, in
località detta Raffy (Haute-Loire). Demazière riesce a fuggire, Tresso, Reboul,
Ségal e Sadek rimangono invece nel maquis, dove “soggiornano” fino alla metà di
novem bre del 1943. In questo periodo i quattro compagni sono costantemente
sorvegliati: non sono formalmente prigionieri ma la tensione e l’odio cresce. A
partire da questo momento si perde ogni traccia di loro. I quattro militanti
trotskisti scompaiono fra la fine di ottobre del 1943 e il giugno del 1944,
quando il campo “Wodli” si reinstalla a Sestrières.
Per un lungo tempo sulla loro sorte circolano
ipotesi e voci più o meno credibili che cercano di occultare l’unica evidente
verità: la loro eliminazione per mano degli stalinisti. Una ricerca storica
accurata e un libro, dopo il crollo dello stali nismo che ha scucito molte
bocche, hanno alzato il velo della menzogna e ricostruito gli ultimi giorni di
quei militanti, e in particolare l’assassinio del più noto di loro, il
fondatore e dirigente del Partito comunista d’Italia Pietro Tresso (4 ). A
sessant’anni di distanza, oggi sappiamo che cosa è avvenuto in quei giorni
della fine di ottobre del 1943. Dopo la fuga, Pietro Tresso, Pierre Salini
(Maurice Siegl mann), Abraham Sadek e Jean Reboul sono stati uccisi,
probabilmente mentre tentavano di sfuggire ai loro assassini, il 26 o il 27
ottobre 1943, da un piccolo gruppo di killer venuti per ordine del comandante
del maquis Ftp (5 ) Giovanni Sosso, l’uomo forte degli Ftp della zona, molto
probabilmente un uomo dei servizi di Mosca. Ancora non è stata fatta chiarezza
invece su chi, nella gerarchia sta linista al di sopra di Sosso, ai vertici del
Pcf, del Pci e dell’Internazionale, abbia dato l’ordine, o il via libera, per
l’esecuzione di Pietro Tresso. Conosciamo, invece, le responsabilità degli
uomini del Wodli, che hanno negato l’omicidio, e addirittura la sua
possibilità, proteggendo un tale crimine e diventandone complici. Molti di loro
erano giovani militanti che avevano dato prove di coraggio straordinario,
rischiando la propria vita per com bat tere la barbarie nazista. In qual che
modo anch’essi degli “eroi”, che intorno alla lotta ed alla sofferenza comune
erano riusciti a saldare una “fratellanza umana” tale da creare un analogo ed
opposto sentimento di esclusione nei confronti di coloro che, pur condividendo
la stessa lotta anti na zista, non appartenevano al loro gruppo che professava
un pensiero mec canico ed acritico. Da qui il lungo silenzio su quel crimine,
quel silenzio sui crimini dello stalinismo che anche il ricordo e la verità
sulla vicenda di questo militante e dirigente del movimento operaio italiano e
internazionale vuole rompere. [Agosto 2003] Note (1) P. Broué e R. Vacheron,
Assassini nel maquis. La tragica morte di Pietro Tresso, Prospettiva, Roma,
1995. Più in generale sulla vita di Tresso di veda Paolo Casciola, Vita di
Blasco, Odeon Libri,Vicenza, 1985. (2) Esso deriva dall’unificazione del Por (a
sua volta il risultato dell’unione del 30-31 maggio 1936 tra Gbl e la Jsr) e il
Pci. (3) Il VII congresso dell’Internazionale comunista che si apre a Mosca il
25 luglio 1935 segna una decisa svolta nella sua politica. Oltre a rifiutare la
defini zione della socialdemocrazia come socialfascismo e del fronte unico solo
“dal basso”, esso si pone l’obiettivo dell’unificazione sindacale e propone un
maggiore decentramento dell’IC; ma i due elementi nuovi e di fondamentale
importanza sono: il rilievo dato alla lotta contro la guer ra presentata come
un obiettivo politico da perseguirsi con fermezza e convinzione, senza alternative
e senza riserve, e l’ipotesi di lottare per governi di “fronte popolare”, che
dovrebbero combattere la minaccia del fascismo e attuare una serie di riforme
senza uscire dai limiti della democrazia borghese.
(4) P. Broué e R. Vacheron, Assassini nel maquis.
La tragica morte di Pietro Tresso, Prospettiva edizioni, Roma, 1995. Si veda la
recensione che ne ha fatto la rivista “Proposta” nel n. 17 del luglio-agosto
1997. (5) La sigla Ftp sta per francs-tireurs et partisans, franchi tiratori e
partigiani, l’organizzazione partigiana controllata dal Pcf.