martedì 14 settembre 2010

VITA E MORTE DI UN COMUNISTA ANTISTALINISTA



Profilo biografico del fondatore e dirigente del Partito comunista d’Italia e amico di Gramsci, espulso per “trotskismo” dal partito nel 1930 per volontà di Togliatti, fondatore della Quarta Internazionale, assassinato in Francia dagli stalinisti durante la Resistenza di Ilaria Del Biondo “E’ proprio perché siamo ancora giovani che ci ritroviamo fuori dalle diverse chiese. Se noi fossimo diventati vecchi avremmo ascoltato la voce dell’esperienza, saremmo diventati saggi, saremmo ricorsi come tanti altri alla menzogna, alla doppiezza e alla reverenza verso i differenti “figli del popolo”, ma questo non ci era possibile.
Perché? Perché siamo rimasti giovani, e perché siamo sempre insoddisfatti di ciò che abbiamo, perché aspiriamo sempre a qualcosa di meglio. E chi non è rimasto giovane è in realtà diventato cinico; per loro gli uomini e l’umanità non sono che strumenti, mezzi che devono servire i loro scopi personali anche quando questi scopi sono dissimulati sotto frasi d’ordine generale. Per noi invece gli uomini e l’umanità sono le sole vie, le vere realtà esistenti.” A sessant’anni dalla sua tragica scomparsa le parole di questo straordinario militante del movimento operaio internazionale, vissuto tra le due guerre mondiali, nel “secolo più violento della storia dell’umanità”, caratterizzato dalla rivoluzione russa del 1917 e dalle sue ripercussioni profonde ed universali, ci appaiono ancora di un’attualità e di una freschezza inedita mostrandoci la morale e lo spirito che caratterizzò molti dei militanti dell’epoca e che, oggi, hanno analoga forza nell’indicarci un modo di affrontare la militanza. La vicenda politico-esistenziale di Pietro Tresso, non priva di qualche contraddizione, inizia con l’adesione alla Gioventù socialista, passa attraverso l’esperienza del Pci, dove svolge un ruolo da dirigente del lavoro clandestino nel periodo della dittatura fascista e, successivamente alla sua espulsione nel 1930, lo troviamo nella fila del movimento trotskista, in Italia e in Francia tra i dirigenti della Quarta Internazionale.
Tratteggiando il suo profilo biografico, cioè, ci si imbatte nelle vicende delle tante “famiglie” all’interno del movimento socialista, comunista e trotskista, e nella storia, più generale, del movimento operaio italiano come internazionale. Nella storia di quel movimento del quale Tresso si è sempre sentito parte integrante, non perdendo mai, pur entrando nel Pcd’I dopo il congresso di Lione, come “rivoluzionario di professione”, il suo “essere operaio”. Perfino la sua morte, a più di mezzo secolo di distanza ci parla di una di quelle “famiglie”. Ci parla del fenomeno dello stalinismo e ci descrive la morte in un campo partigiano di compagni tenuti come prigionieri. Oggi sulla morte di Tresso nel 1943 dopo la spettacolare fuga dal carcere di Puy en Valey, come sui crimini dello stalinismo si sa molto; il muro di silenzio “per non nuocere al Partito”, elemento costitutivo della complicità sui crimini, è venuto meno, si è incrinato di fronte alla parabola storica dell’Urss. La verità è emersa come nelle interviste agli ex del Wodli di Raymond Vacheron riportate nel libro di Pierre Broué (1 ); nelle voci piene di dubbi, incertezze e astuzie di coloro che, stalinisti, furono a loro volta vittime dello stalinismo. La gioventù socialista: 1908-1921 Tresso nasce il 30 gennaio 1893 a Magrè di Schio (nei pressi di Vicenza). Nasce, in una terra, quella veneta, caratterizzata da una solida tradizione religiosa quando la crisi della campagna, in coincidenza con lo sviluppo industriale, produce trasformazioni sociali e un esodo migratorio tra i più numerosi del secolo. Apprendista sarto dall’età di nove anni, svolge attività politica di propaganda nel suo paese fondando il Circolo giovanile socialista di Magrè. Verso il 1914 si dedica all’attività sindacale tra i contadini, segnalato, infatti, come uno dei giovani più promettenti viene inviato prima a Milano, per un corso sulla legislazione operaia all’Umanitaria, e poi a Gravina di Puglia, uno dei più grossi centri agricoli della Murgia, dove è in prima linea nella battaglia per il minimo salario garantito e contro l’umiliante contrattazione individuale della forza lavoro tra i contadini del luogo.

La sua esperienza sindacale s’interrompe nel 1915 quando viene chiamato alle armi. Nei primi mesi del 1917 appare come imputato al processo di Pradamano insieme ad altri soldati accusati di aver diffuso i deliberati della Conferenza di Zimmerwald. Assolto per insufficienza di prove, viene spedito al fronte ma nel 1917 ritorna a Schio. Qui il rafforzamento delle organizzazioni di classe nel 1919 è straordinario, anche se esplodono i contrasti tra le due correnti dei massi malisti e dei riformisti. Tresso, esponente emergente del massimalismo, è nel 1920 redattore di “El Visentin”, e consigliere comunale e provinciale. Pur essendo ancora legato alle posizioni del massimalismo serratiano, iniziano a maturare in lui riflessioni che lo portano spesso ad esprimere posizioni differenti da quelle dei suoi compagni di partito. Lontano dall’e sperienza torinese dell’”Ordine Nuovo”, di cui coglie però l’importanza, senza per questo essere bordighista, di cui non condivide le tesi astensioniste, Tresso si allontana dalla corrente dei massimalisti. La clandestinità nel Pcd’I Nel gennaio del 1921 aderisce al neonato Partito comunista d’Italia e diviene direttore del nuovo periodico locale “La lotta comunista”. Il dilagare della violenza fascista lo costringono nella primavera del 1921 a partire per Milano e successivamente, dopo aver subito una aggressione, si reca a Berlino. Qui, collabora alla “RGI”, la rivista dell’Internazionale sindacale rossa (Isr), pubblicando una decina di articoli sul fascismo e svolge un’attività clandestina a favore degli esuli. Nel novembre del 1922 partecipa ai lavori del IV congresso dell’Internazionale comunista (IC) e al II Congresso dell’Internazionale sindacale rossa, a Mosca dove era giunto pochi mesi addietro. Ma dopo l’arresto di numerosi membri del comitato esecutivo del Partito si pone, data anche la mancanza di quadri sindacali, la necessità del suo rientro in Italia. Nel giugno del 1923 si tiene il terzo esecutivo allargato dell’IC, le polemiche e le analisi radicalmente opposte della maggioranza del PCd’I e le presunte responsabilità di Bordiga nel fallimento dell’unificazione pongono all’Internazionale il problema della direzione che viene risolto da Mosca con la nomina di un nuovo comittao esecutivo del Partito. Ha così inizio, un processo che porta alla formazione di un nuovo gruppo dirigente intorno alla figura di Gramsci. Il dibattito, che nei primi mesi del 1924 investe il grup po dirigente del PCd’I, raggiunge un momento assai significativo durante la conferenza di Como nella metà di maggio. Emerge così un atteggiamento largamen te indicativo degli umori della base: irritazione e sorpresa per dissensi interni che si ignoravano quasi del tutto, ostilità nei confronti della destra e diffidenza verso l’atteggiamento equivoco del centro.

E’ questo l’atteggiamento dello stesso Tresso che per tutto il corso del 1924-25 si occupa quasi esclusivamente del lavoro sindacale, reso sempre più complesso dal precipitare della situazione a seguito del restringi mento dei margini di legalità. Con il patto di Palazzo Vidoni (20 ottobre 1925) tra le corporazioni fasciste e la Confindustria, il potere contrattuale della Confederazione generale del lavoro (Cgl) è nullo. L’attività sindacale ormai è relegata nella clandestinità. Le già difficili condizioni di lavoro peggiorano alla fine di ottobre quando vengono varate le leggi fascistissime. E’ in questo periodo che Tresso assume un ruolo decisivo nella battaglia per sconfiggere, nel generale senso di smarrimento prodotto dalla repressione fascista, le due correnti liquidatrici nel partito e nella Cgl. Si occupa dell’ufficio clandestino, ma gli strascichi di pesanti episodi di delazione lo portano ad abbandonare momentaneamente l’Italia, mentre le vicende del PCd’I si vanno sempre più intrecciando con quelle dell’IC e delle lotte interne al partito russo, e il “caso Wittorf” porta alla formazione di un conseguente “caso Tasca”. Dal dibattito sulla situazione italiana all’espulsione: 1928-1930 Mentre Tresso è a Berlino, incaricato del CC di rappresentare il PCdI al XII congresso del partito tedesco, si svolge a Mosca il X plenum del Comitato esecutivo internazionale (Cei, 3-19 giugno 1929). Esso sancisce la disfatta dell’opposizione di destra guidata da Bucharin e la capitolazione di alcuni noti esponenti dell’opposizione di sinistra a Stalin (Radek, Préobrazensky e Smilza) e l’irrevocabile scelta di Togliatti, un totale atto di fede nell’Internazionale. Al ritorno da Mosca della delegazione italiana viene convocato l’UP nel quale dovrà essere recepita la nuova linea politica. E’ da questo UP (28 agosto 1929) che all’interno del PCd’I si inizia a manifestare un’opposizione, in particolare in merito all’organizzazione politica conseguente alla cosiddetta “svolta del terzo periodo”. La linea uscita dal X plenum, quella della crisi finale del capitalismo e della radicalizzazione delle masse, era quella da sempre propu gnata dalla Federazione giovanile comunista (Fgc). Così è Longo ad elaborare tutta una serie di proposte tese a adeguare l’attività del partito alla politica dell’Internazionale, note come “progetto Gallo” (Gallo è lo psudonimo di Longo), che trovano la massima espressione nella richiesta della ricostruzione di un centro interno.

A questa ipotesi si oppongono Tresso, Leo netti e Ravazzoli che presentano un controprogetto, noto come “contro pro getto Blasco” (Blasco è già all’epoca il nome di battaglia di Tresso). I rapporti tra la maggioranza e l’opposizione degenerano in breve tempo fino alla frettolosa espulsione dei “tre” (a cui si sono aggiunti Teresa Recchia e Mario Bavassano) sancita nel comitato centrale del 9 giugno 1930 per essersi messi in contatto con i trotskisti, aver condotto una campagna calunniosa contro il Pci e per avere una “errata valutazione delle prospettive del regime fascista”. Da “La Vérité” alla Nuova opposizione italiana: 1930-1933 La lettera documento del 5 maggio 1930 redatta da Tresso e trasmessa a Prinkipo, dove Trotsky si trovava in esilio dal 1929, sancisce l’adesione dei cinque all’Opposizione di sinistra internazionale (Osi). E’ con questa lettera che si rivela una maturazione dell’analisi sia in merito alla situazione politica italiana sia per quanto riguarda il dibattito all’interno del movimento operaio. Le divergenze rispetto alla linea elaborata dal PCd’I riguardano l’analisi della situazione italiana, la riflessione sul ruolo della socialdemocrazia e sulla natura del fascismo (inteso come “il metodo particolare di dominio al quale la borghesia italiana, nell’attuale sua fase imperialista, è stata costretta a fare ricorso per garantire il proprio potere”). Grandi sono le analogie con l’analisi di Trot sky sul regime fascista quale intreccio tra due processi: l’uno, la conversione delle classi dominanti all’autoritarismo aperto determinante per la definizione del quadro generale della fase storica; l’altro, la rivolta delle classi medie essenziale per definire la configurazione politica specifica assunta da quel potere autoritario.

Dal momento della loro espulsione sino alla comparsa del primo numero del loro Bollettino i “tre”, attraverso gli interventi su “La Vérité”, pensano di poter allacciare contatti con l’immigrazione italiana ed elaborano la Résolution de l’opposition italienne - La situation en Italie et le taches du Parti comuniste, che fissa in 16 punti le rivendicazioni di carattere transitorio ed immediato. A partire dall’aprile 1931 la Noi stampa un proprio bollettino che verrà pubblicato fino al giugno 1933 permettendo loro di replicare alle calunnie che vengono propagandate dalla stampa del PCd’I. L’Opposizione di sinistra in Francia Quando la Noi entra a far parte dell’Osi tutti i suoi membri si trovavano in Francia, sicchè il processo di formazione della sezione italiana si intreccia, a più riprese, con le vicende della Ligue Communiste. L’Opposizione di sinistra in Francia nasce immediatamente dopo la XII conferenza del partito bolscevico in Russia (gennaio 1924) quando Boris Souvarine prende posizione in favore dell’Opposizione. Da quel momento nel Pcf si susseguono una serie di espulsioni. Ma la situazione è nel 1929 fortemente frammentata. Gli sforzi per la costituzione di un’opposizione unificata in Francia trovano il loro coronamento solo con la creazione de la “La Vérité” (15 agosto 1929) e la nascita nel 1930 della Ligue Communiste. Inizialmente i rapporti tra la Noi e la Ligue sono dei migliori, ma ben presto gli oppositori italiani si trovano coinvolti nella lotta di frazione che dilania la Ligue. Uno dei motivi di contrasto con la Noi è il ruolo svolto da Tresso nella Ligue (egli entra nel comitato esecutivo verso la fine del 1930). La degenerazione dei rapporti porta Tresso ad optare per il lavoro esclusivo nella Ligue. Le cause dell’allontanamento dalla Noi vanno ricercate nella mancanza di legami con l’Italia tale da portare Blasco a optare per il lavoro in un’organizzazione, la Ligue, con un peso reale nel movimento operaio.

Questa è l’occasione per dedicarsi anima e corpo al lavoro sindacale. In realtà anche all’interno della Ligue ci si confronta su questioni importanti. Tresso cerca di tenersi fuori dalle lotte di frazione ma vi si trova coinvolto quando la polemica sull’intervento sindacale chiamerà direttamente in causa la sua esperienza, facendo di lui l’artefice della politica sindacale adottata dalla nuova direzione di Molinier (che in quest’occasione s’impose sugli errori del gruppo Naville). La fine della Nuova opposizione italiana Nel 1932 i rapporti tra la Noi, impegnata nel processo di riorganizzazione interno ed esterno, e la Ligue sembrano più distesi. Ma ben presto rinascono i problemi rispetto ai rapporti anche nella loro definizione organizzativa tra le due sezioni. Intanto si tiene a Parigi l’importante preconferenza internazionale dell’Osi (4-8 febbraio 1933) vi partecipano tre italiani: Leonetti, Tresso e Barbara, la compagna di Blasco. L’obiettivo principale è quello di preparare il terreno per lo svolgimento della prima conferenza internazionale dell’Osi da tenersi nel luglio 1933. Il tema centrale è l’analisi dagli avvenimenti tedeschi dopo la nomina di Hitler a cancelliere. E’ in questa occasione che Blasco entra a far parte del segretariato internazionale. Con l’approvazione delle decisioni della preconferenza, la Noi cambia denominazione e diviene la sezione italiana dell’Opposizione internazionale di sinistra (bolscevico-leninista). Ma i rapporti non migliorano all’interno e le divergenze assumono la forma delle dimissioni, della richiesta di “autoscioglimento” della Noi e infine, dell’immediata espulsione di Fosco e Blasco il 9 aprile 1933. Nonostante il ritiro delle espulsioni, sotto l’insistenza del segretariato internazionale, non si arriva ad una normalizzazione dei rapporti. Il “caso Blasco” trova la sua naturale soluzione solo nello scioglimento di lì a pochi mesi, nel giugno 1933, dell’opposizione italiana. Il movimento trotskista in Francia e in Italia: 1933-1938 L’esperienza tedesca nel periodo che va dal 1928 al 1933, è un vero e proprio banco di prova non solo per il Partito comunista tedesco, ma per la stessa Internazionale e per l’Osi.

Già alla preconferenza dell’Osi, esso aveva monopolizzato l’attenzione. In quell’assise la vittoria del nazismo veniva considerata ancora evitabile e si rilanciava la parola d’ordine del fronte unico delle organizzazioni proletarie tedesche. Ma il 27 febbraio, quando il Reichtag viene incendiato dai nazisti e prende avvio una sanguinosa repressione contro comunisti e socialisti emergono le responsabilità dell’IC e del Partito comunista tedesco che con la propria opposizione all’unità di azione tra tutti i lavoratori avevano determinato l’inerzia, la passività e la mancanza di una ben che minima resistenza del proletariato tedesco nei confronti del crescente pericolo nazista. Trotsky pone la questione della creazione del nuovo partito in Germania, l’importanza della sua riflessione fa emergere dei problemi, soprattutto in merito alla tattica da adottare nei confronti dell’IC. La decisione di costruire il nuovo partito – e molti militanti ritenevano necessario non limitare questa esperienza alla sola Germania – reca in sé la prospettiva della costituzione di una nuova internazionale. Ma appunto in prospettiva: infatti, solo dopo aver costatato, nei mesi che seguirono, tra il marzo e il luglio 1933, la totale passività dell’IC e dei militanti comunisti, Trotsky, nell’agosto, invita l’opposizione internazionale a lavorare per la costituzione della Quarta. Militante del movimento operaio francese: 1934-1937 La ripresa dell’attività della classe operaia ed un’improvvisa radicalizzazione delle masse tra la fine del 1933 e gli inizi del 1934, legata alla situazione interna francese, ribalta la tendenza degli anni precedenti.

Il 12 febbraio operai socialisti e comunisti si confondono spontaneamente in una grande, sola, manifestazione; l’unità diventa così un fatto concreto. Inizia un processo tra la Sfio e il Pcf che li porterà, il 27 luglio, a siglare un patto d’unità d’azio ne, caratterizzato dalla difesa nei confronti del movimen to fascista, ma senza la prospettiva di rovesciare la borghesia e che si pronuncerà poi per la collaborazione di classe. Ciò nondimeno il 1934 segna per la Francia una svolta politica. Anche la Ligue è chiamata ad una svolta. Paradossalmente, proprio nel momento in cui i lavoratori francesi impongono l’unità ai propri dirigenti, sancendo una vittoria politica per la Ligue (che ha sempre condotto la propria azione all’insegna del fronte unico), il rischio dell’isolamento diviene quanto mai pericoloso. Di fronte a questa nuova situazione Trotsky propone alla sezione francese una tattica “entrista” nella Sfio, con l’obiettivo della creazione di un polo bolscevico per la Quarta Internazionale, passando per la scissione del Partito socialista. Concepito in questo senso, l’ingresso nella Sfio non si configura come una svolta dal punto di visto dei principi, ma nella Ligue la nuova tattica suscita grosse reticenze e perplessità. Il 14 settembre 1934, quindi, quando l’ingresso dei trotskisti viene uffi cialmente annunciato sulle colonne de “Le Populaire”, il gruppo Naville-Tresso, che non condivide la scelta, smentisce la notizia e fonda il Groupe Communiste Internationaliste (Gci); poco dopo, tuttavia entra anch’esso nella Sfio. Con l’approssimarsi del congresso socialista i due gruppi trotskisti sono indotti ad elaborare una piattaforma comune.

Inizia una stretta collaborazione fino all’annuncio della fusione nel “Bulletin intérieur aux membres du Gbl” dell’agosto 1935. Ma la vita dei trotskisti all’interno della Sfio si fa sempre più difficile. E’ Trot sky a considerare per primo, analizzando la nuova situazione realizzatasi con l’Union Sacrée, la possibilità di porre fine alla “attica entrista e quindi alla permanenza nella Sfio. La maggioranza dei Gbl considera l’uscita prematura e non comprende la necessità della nuova svolta, e la minoranza mostra delle esitazioni ad opporsi apertamente al “Fronte popolare”. Trotsky segue con sgomento e interesse le vicende del Gbl fino alla costituzione il 2 giugno 1936 del Parti Ouvrier Internationaliste (2 ). Militante del movimento operaio italiano: 1934-1937 Il 1933 segna, come si è già detto la fine della Noi. Bavassano e la sua compagna Teresa Recchia si legano al gruppo “juif” che si oppone alla svolta verso la Quarta Internazionale e Ravazzoli si allontana definitivamente dall’organizzazione trotskista. Oltre alle tensioni create dalle divergenze più prettamente politiche, esplode il “caso Leonetti”, frutto di una provocazione del Pci. Solo nei primi mesi del 1934 la sezione italiana ritrova una certa stabilità politica. Il processo di riorganizzazione della Noi trae linfa dall’afflusso di nuove forze.

Così, nel marzo 1934 appare “La Verità”. Il giornale viene stampato su quattro pagine, e il suo titolo richiama alla memo ria la “Pravda” bolscevica e “La Vérité” francese. A spingere i trotskisti italiani verso questo ambizioso progetto sono senza dubbio gli avvenimenti del febbraio in Francia. L’esperienza de “La Vérité” viene salutata calorosamente da Trotsky e riceve alcuni consensi impor tanti nell’ambiente dell’emigrazione. Ma il giornale non sopravvive al difficile retroterra politico formatosi alle spalle dei due princi pali militanti italiani, Tresso e Leonetti. Ciò che porta alla fine di questa esperienza è la loro rottura con una consistente minoranza, guidata da Di Bartolomeo. Nella primavera del 1934 il gruppo di minoranza abbandona la sezione italiana dell’opposizione per dare vita a “La nostra parola”. Il nuovo clima e il mutamento della strategia comunista, che nel luglio del 1934 si modifica bru scamente, favoriscono la realizzazione di un’unità d’azione tra i due maggiori partiti operai italiani. Il patto, sul modello francese è siglato il 17 agosto 1935. Anche per i due gruppi trotskisti italiani si pone il problema della tattica entrista. E due mesi dopo l’ade sione di Tresso, inizialmente contrario, avvenuta nel febbraio 1935, anche il gruppo “La Nostra Parola” entra nelle file del Psi. Cosicché a partire dalla primavera del 1935 tutti i trotskisti italiani, ad eccezione di Leonetti, si trovano all’interno del PSI, divisi in due gruppi: il Gbl di Tresso aderenti al Psi e il gruppo “La nostra parola”. Nei mesi successivi si assiste ad un lento avvicinamento tra i due gruppi fino alla costruzione del Gbl unificato nel maggio.

La ripresa mussoliniana dell’iniziativa in politica estera con l’invasione dell’Etiopia crea, secondo Tresso, un’occasione unica, la prima dall’assassinio di Matteotti, da sfruttare contro il fascismo; ma nel quadro del fronte popolare, e in scia alla linea del VII congresso (3 ) dell’IC, il PCd’I arriva fino al punto di proporre un allargamento di quest’ultimo a settori dei fascisti stessi e a redigere l’”Appello ai fratelli in ca micia nera”, facendo fallire questa possibilità. A partire dal luglio-agosto 1936 le notizie relative al gruppo dei bolscevichi-leninisti italiani divengono più frammentarie. Di sicuro si sa che Tresso partecipa, assieme a Leonetti, alla conferenza internazionale per la Quarta (Parigi, 29-31 luglio 1936). E’ questo per le forze trotskiste italiane un periodo complesso: la partenza di numerosi militanti per la Spagna ridimensiona il loro organico e ciò fa sì che il n. 2 del “Bollettino d’informazione” (1 agosto 1936) sia anche l’ultimo. In agosto le minacce di espulsione da parte del Psi si fanno sempre più pressanti, ma la repressione antitroskista viene sospesa a causa dell’indignazione che suscita il primo dei processi di Mosca che si svolge nello stesso mese. In questo clima pesante, fatto di vere e proprie persecuzioni da parte del PCd’I e dei fascisti c’è chi nelle file trotskiste abbandona la lotta: tra questi un dirigente di lunga data, Leonetti.

Fondatore della Quarta Internazionale Negli ultimi giorni di settembre, dopo un intenso lavorio diplomatico, si arriva ad una vera svolta che provoca il crollo del quadro di riferimento internazionale della politica di Fronte popolare. Il 30 settembre si incontrano a Monaco di Baviera Chamberlain, Daladier, Hitler e Mussolini. La diplomazia sovietica, che da anni lavorava per stabilire un rapporto organico con le de mocrazie occidentali e in particolare con la Francia, viene esclusa dal vertice. A partire dall’inverno 1937-1938 in Francia la tensione sociale si fa nuovamente alta, in risposta alle provocazione del padronato e del governo. A marzo è la volta dei metallurgici e proprio in se guito a questa nuova manifestazione della combattività ope raia cadono Chautemps e un successivo governo Blum per lasciare il posto ad un governo radicale con il sostegno astensionista di Sfio e Pcf (12 aprile). Ma gli apparati burocratici dei due partiti maggiori della classe operaia mantengono la loro egemonia, guadagnano la guida degli scioperi e ne determinano le disastrose conclusioni come testimonia il tragico fallimento dello sciopero generale del 30 novembre, proclamato tardivamente, senza convin zione, in condizioni tali da renderne il fallimento certo. Da questo momento la borghesia è finalmente in grado di scatenare la propria offensiva. Arresti e licenziamenti in massa sono all’ordine del giorno e chiudono così la pagina del governo di Fronte popolare.

Il 23 agosto 1939 è annunciato il patto Stalin-Hitler, che sconvolge lo stesso panorama politico della Francia. Dal 25 agosto cominciano i sequestri dei giornali dei grossi partiti operai e delle organizzazioni sindacali. Il primo settembre Hitler invade la Polonia e due giorni più tardi la Francia è in guerra contro i nazisti. Il 26 settem bre il Pcf è messo fuori legge. Il 16 giugno, con le truppe tedesche a Parigi, il governo in fuga a Bordeaux, il parlamento conferisce i pieni poteri al generale Pétain, libero di collaborare con i nazisti sui resti della Francia libera. Nel precipitare degli eventi Tresso partecipa in qualità di delegato, con lo pseudonimo di Julian, alla conferenza di fondazione della Quarta Internazionale (3 settembre 1938). Essa si tiene a Perigny, nei dintorni di Parigi, clandestinamente per timore d’azioni della Gpu. Vi partecipano 21 delegati in rappresentanza di 12 paesi (altre 17-18 sezioni non furono in grado di inviare i propri rappresentanti).

Il dibattito congressuale ruota principalmente attorno al progetto di programma elaborato da Trotsky intitolato L’agonia del capitalismo e i compiti della Quarta internazionale, noto anche come Il programma di transizione. La fondazione della Quarta risponde per Trotsky alla necessità di radunare attorno ad un programma politico rivoluzionario i militanti e le organizzazioni che lottano in differenti paesi contro le conseguenze della degenerazione delle due precedenti Internazionali, per costruire i nuo vi partiti rivoluzionari. Sicuramente la fondazione della Quarta e l’adozione del programma consentiranno al movimento trotskista di resistere alle tremende pressioni dei nuovi, tragici, avvenimenti che si delineano all’orizzonte, frenando la disgregazione organizza tiva provocata dagli eventi bellici. Dalla clandestinità all’arresto Dalla fondazione dell’Internazionale gli eventi si susseguono assai rapidamente. Nel 1938 si manifestano con chiarezza la sconfitta della rivoluzione spagnola e quella dei lavoratori francesi. Lo scenario che delinea la seconda guerra mondiale è quello di una scompaginazione e di una dispersione nelle organizzazioni operaie. Il Segetariato internazionale della Quarta è costretto a trasferirsi a New York dove si riunisce una Confe renza straor dinaria (detta anche “di emergenza”, 19-26 maggio 1940) della nuova Inter nazionale trotskista. Il Manifesto, redatto per l’occasione da Trotsky è il suo ultimo documento programmatico.

La sua morte in Messico, il 20 agosto 1940, per mano di un sicario di Stalin, arreca un durissimo colpo al movimento. Per di più, le difficili condizioni di lavoro politico imposte dalla guerra accentuano ulteriormente la debolezza sog gettiva delle organizzazioni trotskiste ed evidenziano la profonda crisi delle loro direzioni. La sezione francese non fa eccezione a questa norma generale. Tresso, nel la zona occupata, continua il lavoro politico clandestino, ridotto, almeno in un primo tempo, a qual che incontro difficile da organizzare e a qualche discussione sul da farsi e sull’orientamento da assumere. Ricercato dalla Gestapo, alla fine del luglio 1941 lascia Parigi e raggiunge la “Francia libera” a Marsiglia. E’ in contatto con Albert Demazière a quel tempo responsabile politico dei Comitati per la Quarta Internazionale. Nascosto sotto l’identità di Julien Pierotti, riceve i soldi che dagli Stati Uniti il Segretariato internazionale invia in Francia per la riorganizzazione del Parti Ouvrier Internationaliste. Diviene anche collaboratore del Centre Américan de Secours (Acs), che provvede all’espatrio delle vittime della repressione fascista e nazista. Nel giugno del 1942 Tresso, Barbara e Demazière sono arrestati assieme ad altri cinque militanti “di primo piano” dalla polizia di Vichy. Processati, il 30 settembre 1942 vengono condannati, a eccezione di Barbara, a pene diverse per aver “esercitato un’attività proibita avente direttamente o indirettamente per obiettivo la propaganda di parole d’ordine emananti o attinenti alla Terza Internazionale”: quella di Stalin, il colmo per dei trotskisti. Tresso, Demazière e Reboul vengono quindi trasferiti in una prigione militare e successivamente al campo di Mauzac (in Dordogna). Nel campo la tensione tra i trotskisti e gli altri detenuti è fortissima e decresce solo dove, con grandi difficoltà, si riesce ad instaurare una discussione elementare. Il 18 dicembre 1942 Tresso, Demazière e Reboul vengono spostati al carcere di Puy-en-Velay. Qui ritrovano altri militanti trotskisti: Maurice Ségal e Abraham Sadek. Nell’autunno viene organizzata l’evasione di 79 prigionieri politici e del loro guardiano dalla prigione di Le Puy. E’ una sfida enorme: il secondino è un militante socialista in contatto con la rete dello Special Operations Executive inglese, specializzata nelle evasioni dalle prigioni. La notte del 1 ottobre 1943 tutti i prigionieri, compresi i cinque trotskisti, vengono liberati. Divisi in due drappelli, il gruppo di cui fa parte Tresso, si installa nel campo “Wodli”, in località detta Raffy (Haute-Loire). Demazière riesce a fuggire, Tresso, Reboul, Ségal e Sadek rimangono invece nel maquis, dove “soggiornano” fino alla metà di novem bre del 1943. In questo periodo i quattro compagni sono costantemente sorvegliati: non sono formalmente prigionieri ma la tensione e l’odio cresce. A partire da questo momento si perde ogni traccia di loro. I quattro militanti trotskisti scompaiono fra la fine di ottobre del 1943 e il giugno del 1944, quando il campo “Wodli” si reinstalla a Sestrières.

Per un lungo tempo sulla loro sorte circolano ipotesi e voci più o meno credibili che cercano di occultare l’unica evidente verità: la loro eliminazione per mano degli stalinisti. Una ricerca storica accurata e un libro, dopo il crollo dello stali nismo che ha scucito molte bocche, hanno alzato il velo della menzogna e ricostruito gli ultimi giorni di quei militanti, e in particolare l’assassinio del più noto di loro, il fondatore e dirigente del Partito comunista d’Italia Pietro Tresso (4 ). A sessant’anni di distanza, oggi sappiamo che cosa è avvenuto in quei giorni della fine di ottobre del 1943. Dopo la fuga, Pietro Tresso, Pierre Salini (Maurice Siegl mann), Abraham Sadek e Jean Reboul sono stati uccisi, probabilmente mentre tentavano di sfuggire ai loro assassini, il 26 o il 27 ottobre 1943, da un piccolo gruppo di killer venuti per ordine del comandante del maquis Ftp (5 ) Giovanni Sosso, l’uomo forte degli Ftp della zona, molto probabilmente un uomo dei servizi di Mosca. Ancora non è stata fatta chiarezza invece su chi, nella gerarchia sta linista al di sopra di Sosso, ai vertici del Pcf, del Pci e dell’Internazionale, abbia dato l’ordine, o il via libera, per l’esecuzione di Pietro Tresso. Conosciamo, invece, le responsabilità degli uomini del Wodli, che hanno negato l’omicidio, e addirittura la sua possibilità, proteggendo un tale crimine e diventandone complici. Molti di loro erano giovani militanti che avevano dato prove di coraggio straordinario, rischiando la propria vita per com bat tere la barbarie nazista. In qual che modo anch’essi degli “eroi”, che intorno alla lotta ed alla sofferenza comune erano riusciti a saldare una “fratellanza umana” tale da creare un analogo ed opposto sentimento di esclusione nei confronti di coloro che, pur condividendo la stessa lotta anti na zista, non appartenevano al loro gruppo che professava un pensiero mec canico ed acritico. Da qui il lungo silenzio su quel crimine, quel silenzio sui crimini dello stalinismo che anche il ricordo e la verità sulla vicenda di questo militante e dirigente del movimento operaio italiano e internazionale vuole rompere. [Agosto 2003] Note (1) P. Broué e R. Vacheron, Assassini nel maquis. La tragica morte di Pietro Tresso, Prospettiva, Roma, 1995. Più in generale sulla vita di Tresso di veda Paolo Casciola, Vita di Blasco, Odeon Libri,Vicenza, 1985. (2) Esso deriva dall’unificazione del Por (a sua volta il risultato dell’unione del 30-31 maggio 1936 tra Gbl e la Jsr) e il Pci. (3) Il VII congresso dell’Internazionale comunista che si apre a Mosca il 25 luglio 1935 segna una decisa svolta nella sua politica. Oltre a rifiutare la defini zione della socialdemocrazia come socialfascismo e del fronte unico solo “dal basso”, esso si pone l’obiettivo dell’unificazione sindacale e propone un maggiore decentramento dell’IC; ma i due elementi nuovi e di fondamentale importanza sono: il rilievo dato alla lotta contro la guer ra presentata come un obiettivo politico da perseguirsi con fermezza e convinzione, senza alternative e senza riserve, e l’ipotesi di lottare per governi di “fronte popolare”, che dovrebbero combattere la minaccia del fascismo e attuare una serie di riforme senza uscire dai limiti della democrazia borghese.

(4) P. Broué e R. Vacheron, Assassini nel maquis. La tragica morte di Pietro Tresso, Prospettiva edizioni, Roma, 1995. Si veda la recensione che ne ha fatto la rivista “Proposta” nel n. 17 del luglio-agosto 1997. (5) La sigla Ftp sta per francs-tireurs et partisans, franchi tiratori e partigiani, l’organizzazione partigiana controllata dal Pcf.

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