Approvato dalla seconda Conferenza
Internazionale
dell'Opposizione Trotskysta Inetrnazionale
5 Settembre 1998
1.
Il trotskismo
ortodosso ha le sue ferme basi nei documenti elaborati sulla linea delle Tesi e
Risoluzioni dei primi quattro congressi dell’Internazionale comunista e dalle
prime tre conferenze della Quarta Internazionale: la Conferenza del Movimento
per la Quarta Internazionale (1936), la Conferenza di fondazione (1938) e la
Conferenza di emergenza (1940).
Nei
documenti di questi incontri internazionali sono contenute le linee generali
programmatiche, strategiche e tattiche, che sviluppate e aggiornate sulla base
dell’evoluzione storica dei decenni successivi costituiscono tuttora le basi
politiche del trotskismo ortodosso.
2.
La
morte di Lev Trotsky e la guerra mondiale infersero dei duri colpi all’Internazionale.
Oltre alla cessazione dei rapporti diretti tra le diverse sezioni, un bagno di
sangue ne eliminò alcuni tra i più importanti dirigenti, in particolare in
Europa.
Il
Segretariato internazionale, sotto la guida del Socialist Workers Party (SWP)
statunitense, fu in grado solo parzialmente di adempiere alle proprie
responsabilità come direzione sia politica che organizzativa del movimento
trotskista internazionale.
Ciononostante,
la Quarta Internazionale fece fronte, politicamente e organizzativamente, alla
prova della guerra e durante il periodo della sua riorganizzazione (1943-46)
corresse le deviazioni opportuniste che si erano sviluppate in alcune sezioni,
come ad esempio quella francese.
3.
Nel
dopoguerra, nonostante un certo incremento numerico ed aumento d’influenza di
quasi tutte le sezioni, l’Internazionale non divenne, come erroneamente avevano
previsto Trotsky e tutto il movimento trotskista prima del conflitto mondiale,
un centro di organizzazione di massa. A questo fatto si cercò di ovviare
sostituendo un’ortodossia volontaristica al metodo dialettico: sotto la
direzione di Pablo l’Internazionale agiva come se la crisi di direzione del
proletariato fosse in via di risoluzione e lo sviluppo di massa
dell’Internazionale facilmente realizzabile.
D’altro
canto l’SWP, principale sezione dell’Internazionale, passava, prendendo anche a
pretesto la legge reazionaria Voohris che vietava ad ogni organizzazione
americana di avere affiliazioni internazionali, a una situazione d’isolamento
rispetto al resto del movimento, dimostrando così le sue posizioni
federalistiche sul piano dell’organizzazione dell’internazionale
Tuttavia,
nonostante gli errori, l’Internazionale continuava a basare la sua politica sul
trotskismo ortodosso. Le Tesi della Conferenza di riorganizzazione (1946)
e del II Congresso mondiale (1948), pur con i loro errori, devono quindi far
parte del bagaglio storico del nostro movimento.
4.
Il
primo grave cedimento opportunista da parte dell’Internazionale avvenne nel 1948
a proposito della rottura tra la Jugoslavia e il Cremlino. Invece di limitarsi
a difendere la Jugoslavia nei confronti di un eventuale attacco militare
dell’URSS, l’Internazionale considerò la rottura di Tito con Stalin come
espressione di una potenzialità rivoluzionaria da parte del Partito comunista
jugoslavo. Si caratterizzò il PCJ come “centrista di sinistra” e lo si
considerò in via di avvicinamento al trotskismo, mentre si ampliavano sempre
più i tentativi di accordo sia con esso che con le forze filo-titoiste nei
paesi capitalisti. Fino al 1950 si tenne questa politica con la prospettiva
finale dell’adesione del PCJ alla Quarta Internazionale. Si trattava
evidentemente di un’incomprensione completa della natura della burocrazia
titoista, derivante dalla volontà di trovare la scorciatoia per raggiungere le
masse. Ciò nonostante la volontà di guadagnare il PCJ alla Quarta
Internazionale fa risaltare le differenze esistenti tra la politica del 1948-50
e il pablismo classico quale si esprimerà a partire dal 1951. L’opportunismo
del 1948 apre la strada al revisionismo pablista, ma non raggiunge la stessa
gravità.
5.
Il
revisionismo pablista che si manifesta alla fine del 1950 e trionfa al III
Congresso mondiale del 1951, rappresenta una deviazione opportunista di tipo
centrista. Traendo una falsa lezione dagli avvenimenti inattesi del dopoguerra
(il consolidamento e l’espansione dello stalinismo con la creazione degli stati
operai deformati, attraverso le trasformazioni sociali nei paesi occupati dall’Armata
rossa e grazie alle rivoluzioni vittoriose in Jugoslavia e in Cina; la guerra
fredda; il mancato sviluppo della Quarta Internazionale), le posizioni pabliste
giungevano a negare la necessità della lotta per la costruzione di partiti
trotskisti di massa in ogni paese del mondo. Il ruolo di strumento
rivoluzionario veniva nella sostanza demandato alla burocrazia dirigente
dell’URSS e ai partiti staliniani, spinti a ciò dalla pressione rivoluzionaria
delle masse e dal confronto con l’imperialismo, e parzialmente trasformati
dall’“inevitabile” formazione e, forse, trionfo al loro interno di tendenze
centriste. Le sezioni della Quarta Internazionale, inserite nei partiti
comunisti sulla base della strategia dell’“entrismo sui generis”,
si dovevano limitare ad essere piccoli gruppi di discussione tra quadri, con lo
scopo di aiutare lo sviluppo del processo rivoluzionario sotto la direzione
degli stalinisti. La delusione per non essere riusciti a trasformarsi in
un’organizzazione di massa portava così al liquidazionismo politico.
6.
Le
tesi d’opposizione, presentate al III Congresso mondiale (1951), della
maggioranza della sezione francese, pur contenendo delle inesattezze, e senza
trarre il bilancio degli errori anteriori, costituirono la difesa del trotskismo
ortodosso contro il revisionismo pablista. La difesa delle sue posizioni costò
alla sezione francese l’espulsione dall’Internazionale nel 1952.
7.
Fu
solo il sorgere al loro interno di tendenze ultrapabliste, che cioè portavano
il liquidazionismo alle sue estreme conseguenze, che spinse le sezioni della
Gran Bretagna e l’SWP-US a lanciare, nel 1953, la lotta contro Pablo. Condotta
sulle basi delle concezioni federalistiche del SWP, cioè sulla base dei
rapporti tra le direzioni nazionali separate, questa lotta fu lungi dal dare
tutti i risultati possibili. Il 16 novembre 1953, prendendo a pretesto i metodi
burocratici di Pablo, l’SWP con una lettera aperta ruppe con la direzione
pablista alla vigilia del IV Congresso mondiale, rifiutando così di combattere
una battaglia per guadagnare la maggioranza dell’Internazionale contro Pablo.
Una settimana dopo, il 23 novembre, la sezione inglese, la maggioranza espulsa
dal Partito comunista internazionalista (PCI-Francia), la sezione svizzera e
l’SWP costituirono il Comitato internazionale della Quarta Internazionale (CI)
che dichiarò destituito Pablo e il suo Segretariato internazionale, si proclamò
nuova direzione del movimento e invitò i trotskisti del mondo intero a
schierarsi sotto le sue bandiere. Questo appello fu accolto da alcune sezioni
dell’Internazionale (Cina, Canada), dalla frazione diretta da Moreno
(Argentina) e da piccole minoranze di poche altre sezioni. Così, anche a causa
della tattica scorretta degli antipablisti al momento della scissione, i due
terzi dell’Internazionale rimasero con Pablo.
8.
In
realtà il Comitato internazionale, basato sul federalismo organizzativo, non
rappresentò in alcun modo la risposta bolscevica al pablismo. Esso fu incapace
di trarre la minima lezione dalla crisi dell’Internazionale. La politica
successiva delle sue diverse organizzazioni (l’entrismo dell’organizzazione di
Moreno nel movimento peronista, la politica del PCI francese nei riguardi del
nazionalismo algerino e, più tardi, della socialdemocrazia, l’adattamento
sempre più marcato dell’SWP a circoli intellettuali piccolo-borghesi USA, gli
zig-zag della sezione britannica nel lavoro all’interno del Partito laburista,
ecc.) dimostrò chiaramente che lo stesso Comitato internazionale, anche se
naturalmente in forma meno grave che il Segretariato internazionale pablista,
era affetto da deviazioni opportuniste di tipo centrista, che la sua natura
federalista non poteva che accentuare.
9.
La
riunificazione che si realizzò nel 1963 tra il Segretariato internazionale
pablista ed una parte del Comitato internazionale, sotto la guida del SWP-US,
fu il prodotto della capitolazione del SWP al pablismo, originata dal
progressivo spostamento a destra del SWP revisionista. Elemento fondamentale di
tale spostamento furono i riflessi della rivoluzione cubana, che il SWP
realizzò in maniera impressionistica anziché marxista, giungendo anch’esso a
negare, almeno per quanto riguardava l’America latina, la necessità della lotta
per la costruzione di partiti trotskisti di massa e abbandonando apertamente la
strategia leninista della rivoluzione proletaria. D’altro canto il Segretariato
internazionale, che concordava con il SWP e i suoi alleati (l’organizzazione
Palabra Obrera di Argentina, il Partito rivoluzionario del Cile, ecc.)
sull’analisi della rivoluzione cubana e del castrismo (indicato questo ultimo
come corrente marxista rivoluzionaria, anche se con limiti teorici), restava
nella sostanza sulle posizioni integrali del pablismo liquidatore. Il
Segretariato internazionale aveva infatti abbandonato solo alcuni elementi di
analisi (ad es. l’imminenza della terza guerra mondiale) che si erano
palesemente rivelati falsi, ma le sue posizioni fondamentali restavano quelle
del 1951, con anzi una più aperta capitolazione al nazionalismo
piccolo-borghese dei paesi coloniali ed ex-coloniali, posizione che si
collegava con una valutazione impressionistica dell’inatteso nuovo periodo di
sviluppo capitalistico del dopoguerra; valutazione che dal 1964 avrebbe
generato la teoria del “neocapitalismo” con conseguente sostanziale
sottovalutazione dell’attualità delle prospettive socialiste e del ruolo
rivoluzionario del proletariato nei paesi imperialisti.
Nonostante
gli elementi di comunanza politica, l’unificazione del 1963 rappresentava un
blocco senza principi nella misura in cui alcuni temi politici fondamentali (ad
es. l’entrismo sui generis nei partiti staliniani e
socialdemocratici in Europa), su cui persistevano profonde divergenze tra il
Segretariato internazionale e l’ala diretta dal SWP del Comitato
internazionale, non venivano affrontati per non turbare l’unificazione, mentre
nella sostanza passava un accordo in base al quale la reciproca indipendenza –
dei pablisti originari per quel che concerneva l’Europa e del SWP per gli USA –
veniva garantita.
E’
da notare che proprio nel periodo immediatamente precedente e immediatamente
successivo alla “riunificazione” si producono importanti fratture sulla destra
del pablismo: nel 1962 la frazione posada del SI, rimasta attaccata in maniera
astorica a tutti gli aspetti formali del pablismo originario, ivi compresa
l’imminenza della terza guerra mondiale, ed evolvente verso posizioni
apertamente prostaliniste; nel 1964 il Lanka Sama Samaja Party di Ceylon (ora
Sri Lanka), la sezione numericamente più importante, ed unica dotata di vasta
base di massa nel SU, passata al riformismo controrivoluzionario con l’entrata
nel governo borghese di S. Bandaranaike; nel 1965 la Frazione marxista
rivoluzionaria sotto la guida di Pablo stesso, all’epoca consigliere del
governo algerino di Ben Bella, che estremizzava la posizione del SU sul
carattere prioritario della rivoluzione coloniale rispetto alla rivoluzione
proletaria nei paesi capitalistici avanzati e capitolava al krusciovismo, tra
l’altro sostenendo l’URSS nella polemica con la Cina, al contrario del resto
del Segretariato unificato.
10.
La
battaglia contro la capitolazione del SWP fu condotta in seno al Comitato
internazionale essenzialmente dalla Lega socialista del lavoro (SLL) di Gran
Bretagna e dal Partito comunista internazionalista (PCI-Francia; più tardi
(1963-1981) diventerà l’Organizzazione comunista internazionalista
(OCI-Francia); dal 1981 di nuovo PCI-Francia; infine Corrente comunista
internazionalista (CCI) del Partito dei lavoratori (PT-Francia)). Tale lotta
non fu però basata su un reale bilancio delle esperienze del movimento
trotskista dal dopoguerra del CI stesso. In effetti SLL e OCI mescolavano
atteggiamenti settari (sull’unificazione in sé – rifiutando cioè di partecipare
alla riunificazione per combattere all’interno di un’internazionale unita il
revisionismo pablista, come sarebbe stato corretto fare; sulla natura dello
stato cubano) con il mantenimento di una politica sostanzialmente centrista di
sinistra.
Il
Comitato internazionale, mantenuto da SLL e OCI con l’appoggio di poche altre
organizzazione (Grecia, Ungheria, minoranza di sinistra del SWP), pur cercando
nel suo periodo iniziale (1963-66) di trarre alcune lezioni dalla storia passata
del Comitato internazionale, non aveva natura politica qualitativamente
differente dal Comitato internazionale degli anni 1953-62.
11.
La
III Conferenza del Comitato internazionale (1966) bloccò definitivamente ogni
possibilità di evoluzione a sinistra del Comitato internazionale. Infatti la
conferenza riaffermò il carattere federalista dell’organizzazione
internazionale (vedi la regola del voto all’unanimità per considerare approvata
una proposta) e segnalò la soppressione di una seria discussione politica con
l’espulsione della Lega spartachista degli Stati uniti per l’aver espresso
posizioni genericamente corrette su un certo numero di questioni fondamentali,
compresa la natura del pablismo e della crisi della Quarta Internazionale,
l’origine degli stati operai deformati e il carattere dello stato cubano e la
valutazione delle prospettive economico-politiche internazionali.
Il
sostanziale condominio bipolare tra SLL e OCI instaurato alla conferenza del
1966 conteneva in germe le premesse della scissione del Comitato internazionale
in due blocchi contrapposti. L’approfondimento delle rispettive politiche
divergenti (l’adattamento alla socialdemocrazia internazionale, lo spontaneismo
opportunista e la concezione del fronte unico come strategia generale dell’OCI;
il nazional-trotskismo, il settarismo verbale – in particolare nei confronti
della questione del Labour Party – e la concezione idealistica del rapporto
partito-classe del SLL) provocarono infatti prima la stasi politica e poi la
spaccatura definitiva del Comitato internazionale (1971).
12.
Lo
stesso SU si rivelò essere una struttura instabile benché a un livello minore
del Comitato internazionale. Alla fine degli anni Sessanta si sviluppò in esso
una acuta lotta di frazione che in realtà ricreò la divisione tra la vecchia
componente pablista da un lato e il SWP e i suoi alleati dall’altro lato. La
prima componente, quella maggioritaria, si adattò al gauchisme piccolo-borghese
che dominava i settori radicalizzati della gioventù studentesca. Adottò la
linea del guerriglierismo d’avanguardia per l’America latina. Successivamente
durante gli anni Settanta teorizzò la “imminenza degli scontri decisivi”, in
cui il ruolo di direzione rivoluzionaria sarebbe stato giocato dalle cosiddette
“nuove avanguardie con influenza di massa” cioè l’insieme confuso delle
organizzazioni centriste spontaneiste nate dalla radicalizzazione giovanile.
A questo
il SWP e i suoi alleati – tra i quali il Partito socialista dei lavoratori
(PST) di Argentina acquistò sempre più importanza – contrapposero la difesa di
posizioni formalmente “ortodosse”. Esse erano, in realtà, un’espressione di un
più profondo adattamento al quadro politico della democrazia borghese e di un
più classico revisionismo, come dimostrato durante la rivoluzione portoghese
del 1974-75 o la crisi Argentina del 1975-76.
Questa
lotta di frazione si sviluppò in maniera inaspettata nella seconda metà degli
anni Settanta. Da un lato il PST argentino più determinato che l’SWP a
sviluppare una lotta chiara contro la maggioranza dell’SU e rifiutando le
posizioni più apertamente opportuniste del SWP costruì la propria frazione
internazionale, la Frazione bolscevica (FB). Dall’altro lato il SWP operò un
cambiamento completo di linea scivolando su posizioni castriste e sviluppandole
fino alla rottura finale col SU nel 1990.
L’acutizzarsi
della lotta di frazione nel SU condusse a una rottura con la Frazione
bolscevica nel 1979, causata dal completo adattamento della maggioranza del SU
alla direzione del Fronte sandinista di liberazione nazionale (FSLN) e dalla
sua conseguente condanna aperta dell’azione dei trotskisti nicaraguensi e di
altri paesi dell’America latina che erano intervenuti in Nicaragua sulla base
della politica della Frazione bolscevica.
13.
La
crisi della Quarta Internazionale ha provocato sempre maggiori divisioni
organizzative (che non esaminiamo in dettaglio in questo documento) ma non ha
significato un passaggio delle forze del movimento trotskista sul terreno del
riformismo e dell’accettazione della società capitalistica e del dominio
burocratico.
Nei
fatti solo due organizzazioni hanno rotto in maniera decisiva con la prospettiva
socialista internazionale: il Lanka Sama Samaja Party (LSSP) di Sri Lanka, che
entrò nel governo di fronte popolare di Bandaranaike nel 1964, e la “Quarta
Internazionale” posadista, ora ridotta a un fantasma politico, che è scivolata
su posizioni semi-staliniste a partire dal suo sostegno dell’invasione della
Cecoslovacchia nel 1978.
Alcune
altre organizzazioni senza passare sul terreno del riformismo dello stalinismo
hanno rotto con le loro origini trotskiste. Esse rappresentano allo stadio
attuale organizzazioni di tipo centrista. I più importanti esempi di questo
tipo di organizzazioni sono: il Socialist Workers Party (SWP) britannico e i
suoi alleati internazionali; il Workers World Party (WWP) degli Stati uniti e
il Socialist Workers Party degli Stati uniti. Il SWP britannico è nato da una
scissione della sezione britannica della Quarta Internazionale agli inizi degli
anni Cinquanta. Esso è caratterizzato da una posizione “terzocampista” in
relazione alla lotta tra imperialismo e stalinismo e considera le società
dominate da quest’ultimo come “capitaliste di stato”. Il WWP nacque da una
scissione del SWP-US alla fine degli anni Cinquanta ed è caratterizzato da
posizioni prostaliniste.
Tuttavia
la grande maggioranza delle organizzazioni che si richiamano al trotskismo ha
subito un più limitato processo di degenerazione politica, che le ha portate ad
esprimere posizioni politiche di tipo centrista o centrista di sinistra senza
aver rotto i loro legami fondamentali col trotskismo. Queste organizzazioni vivono
una contraddizione tra la loro natura trotskista e il carattere centrista della
loro politica. Insieme con le forze che restano sul terreno del trotskismo
ortodosso esse formano il movimento trotskista mondiale, la presente Quarta
Internazionale.
La
Quarta Internazionale benché divisa in organizzazioni separate – che devono
essere considerate più esattamente frazioni separate della stessa
organizzazione – e dominata da vari tipi di politiche revisioniste, non è
morta. Può e deve essere rigenerata politicamente e ricostruita
organizzativamente.
Tra
le numerose e varie forze del movimento trotskista mondiale vi sono sei
organizzazioni internazionali maggiori che raggruppano la grande maggioranza
dei militanti che si richiamano al trotskismo.
a) Il Segretariato
unificato della Quarta Internazionale (SUQI)
Il
Segretariato unificato rimane il principale erede politico del pablismo
liquidatore. Ciò è espresso in primo luogo dalla negazione della necessità di
costruire partiti trotskisti a base di massa in ogni paese come strumento
necessario per la vittoria della rivoluzione socialista. In maniera
assolutamente conseguente con questa posizione l’obiettivo del SU non è la
costruzione di una Quarta Internazionale di massa ma quello di una cosiddetta
“nuova Internazionale rivoluzionaria” priva di basi programmatiche complete e
conseguenti.
In
realtà il SU mantiene il vecchio progetto pablista di liquidare il movimento
trotskista in un confuso amalgama centrista o addirittura riformista di
sinistra Il fallimento di questo progetto è dovuto al fatto che i vari
“partners” individuati dal SU, anche quando realmente esistenti e non puri
prodotti della sua immaginazione, non sono interessati in una prospettiva
internazionale, anche di tipo centrista o riformista di sinistra, perché ciò va
ben al di là dei loro orizzonti politici e programmatici non rivoluzionari.
Per
quarant’anni i pablisti hanno cercato le mitologiche “tendenze centriste
evolventi verso sinistra” con le quali fondersi, ma non le hanno mai trovate
perché queste tendenze o erano in realtà più o meno inesistenti – come le
correnti di sinistra nei partiti comunisti negli anni Cinquanta o le “nuove
avanguardie con influenza di massa” negli anni Settanta – o non evolvevano
verso sinistra.
Questa
politica pablista ha portato il SU ad adattarsi politicamente,
programmaticamente e organizzativamente a varie forze centriste e riformiste di
sinistra. Il tipo di adattamento ha variato da un periodo all’altro. Così, dal
1968 alla metà degli anni Settanta, il SU capitolò alle confuse forze delle
organizzazioni centriste spontaneiste prodotte dalla radicalizzazione giovanile
di sinistra. Ma alla fine degli anni Settanta il SU cambiò direzione e iniziò
ad adattarsi politicamente alle direzioni socialdemocratiche staliniste dei
movimenti di massa.
La
direzione del SU e delle sue sezioni più importanti cominciarono nuovamente a
vedere le loro relazioni con la classe operaia come necessariamente mediate
dalle direzioni dei partiti e sindacati di massa o da particolari settori di
queste direzioni. Da ciò è derivato il mito della “unità del proletariato”,
interpretato come la necessità dell’unità strategica delle organizzazioni del
movimento operaio; il sostegno incondizionato alla formazione di governi “di
sinistra” nazionali o locali – vedi ad esempio l’iniziale atteggiamento del SU
verso il governo Mitterand in Francia nel 1981 –; e l’adattamento alle sinistre
riformiste dei sindacati in vari paesi.
Questa
politica è continuata nel quadro della nuova situazione di crisi generale del
movimento operaio internazionale. La politica opportunistica del SU si
indirizza particolarmente verso i riformisti di sinistra. Ne sono esempi il
sostegno critico dato dal SU all’ex leader del Partito comunista francese
Juquin nel 1988 e alla verde Voynet nel 1995, e il suo atteggiamento verso la
maggioranza riformista del Partito dei lavoratori (PT) del Brasile o verso il
gruppo dirigente del Partito della rifondazione comunista (PRC) italiano
nell’epoca in cui questo si trovava all’opposizione del governo “tecnico” di
Dini o anche nella prima fase della sua alleanza con il centrosinistra
(1994-96).
Nelle
nazioni oppresse il SU mantiene un atteggiamento di adattamento alla politica e
alla ideologia dei movimenti nazionalisti piccolo-borghesi radicali, come
dimostrato dal suo sostegno politico acritico al regime sandinista in
Nicaragua, presentato come regime di dittatura proletaria nel quadro di uno
stato operaio sano.
In
tutti i movimenti di massa non proletari l’SU tende ad adattarsi all’ideologia
e alle posizioni piccolo-borghesi dominanti.
Negli
stati degenerati e deformati la direzione del SU per un lungo periodo si è
adattata alle forze di opposizione riformista.
Le
posizioni revisioniste della maggioranza del SU trovano le loro basi nella
concezione oggettivistica del processo rivoluzionario, che il pablismo ha
sviluppato fin dalle sue origini. Tale concezione comporta la sottovalutazione
del ruolo decisivo del fattore cosciente, soggettivo (il partito trotskista e
il suo programma) e la necessità di una lotta cosciente, organizzata e
determinata per sviluppare la coscienza rivoluzionaria socialista nelle masse.
Questo oggettivismo richiede necessariamente la falsa presentazione dell’attiva
prospettiva trotskista della rivoluzione permanente come una sorta di processo
oggettivo e più o meno automatico.
Ma
nel suo processo di sviluppo del revisionismo la direzione del SU è andata così
in là da mettere in questione alcuni elementi chiave del marxismo
rivoluzionario. Questo include il ruolo del partito d’avanguardia come
strumento necessario per la rivoluzione socialista e la concezione della
democrazia proletaria come contrapposta a ogni forma di democrazia borghese.
Gli
sviluppi revisionisti delle posizioni della direzione del SU sono apparsi
chiaramente nell’atteggiamento preso verso la crisi dello stalinismo
internazionale. Dopo decenni di adattamento allo stalinismo, sotto la pressione
dell’atteggiamento piccolo-borghese dominante nel movimento operaio ufficiale e
anche tra le masse, il SU è passato a un atteggiamento stalinofobico. Il SU si
è mostrato incapace di sviluppare una politica basata sulla difesa
intransigente della proprietà collettiva dei mezzi di produzione e sulla
contrapposizione della prospettiva della democrazia dei consigli dei lavoratori
sia alla dittatura burocratica che alla svolta verso la democrazia formale di
tipo borghese. Al contrario la direzione del SU è caduta in un pieno
democraticismo centrista, mischiando democrazia borghese e proletaria e
applicando criteri formalisti al problema dell’autodeterminazione delle
repubbliche dell’URSS e della Jugoslavia.
A
partire dalla crisi internazionale dello stalinismo la politica del SU ha
registrato un ulteriore scivolamento a destra. Lungi dal cogliere in quanto
accaduto la conferma delle previsioni trotskiane e l’aprirsi, pur sulla base di
una grave sconfitta del proletariato, di nuove opportunità per la Quarta
Internazionale, il SU ne ha tratto conclusioni liquidazioniste, confondendo
crollo dello stalinismo e sconfitta della prospettiva socialista. Così, sotto
la pressione della “opinione pubblica” riformista e piccolo borghese
democratica è arrivato a parlare di chiusura “per una fase storica” delle
prospettive della rivoluzione socialista e a individuare in una utopica
“democrazia radicale” la prospettiva stategica per il movimento operaio nella
prossima fase. Benchè congiunta ad elaborazioni formalmente più “ortodosse” (e
con la possibilità che gli sviluppi della lotta di classe risospingano un po’
più verso sinistra il SU, come accadde alla fine degli anni Sessanta) questo è
il terreno di riferimento essenziale del SU oggi.
Ciò
aggrava ulteriormente la funzione negativa del SU. Essa è evidenziata dal fatto
che – mentre la sua politica si allontana sempre più dal trotskismo e mentre
tale allontanamento è anche affermato apertamente – il SU mantiene ancora la
finzione di presentarsi formalmente come “la Quarta Internazionale”. Così
contemporaneamente si irride nei fatti e nella forma alle prospettive storiche
dell’Internazionale trotskista e se ne mantiene, invece, la finzione, allo
scopo di impedirne la rifondazione su basi conseguenti. In ciò si esprime uno
degli aspetti più antirivoluzionari del SU e la sua natura di ostacolo per lo
sviluppo del progetto marxista rivoluzionario internazionale.
All’interno
del Segretariato unificato ci sono alcune sezioni la cui linea generale è a
sinistra della direzione internazionale, che hanno difeso alcune posizioni di
base del trotskismo e si sono opposte alla linea errata della direzione
internazionale su alcune questioni (per esempio il sostegno all’attuale linea
politica del movimento repubblicano irlandese): il Gruppo socialista
internazionale (ISG) in Gran Bretagna, Socialist Action negli USA e Democrazia
socialista in Irlanda. Tuttavia queste sezioni non hanno condotto una
consistente lotta internazionale, hanno sostenuto la linea sbagliata della
direzione internazionale su alcune questioni (per es. sulla ex Jugoslavia),
hanno a volte sviluppato proprie posizioni errate (per es. l’ISG ha teso ad
adattarsi all’ambiente del Partito laburista sviluppando un entrismo a
carattere strategico e ha avuto una posizione di fatto peggiore della direzione
internazionale sulla riunificazione della Germania) e hanno avuto in generale
un atteggiamento ostile verso l’OTI.
Più
a sinistra di queste organizzazioni, che in coalizione tra loro hanno
rappresentato la principale tendenza di minoranza all’ultimo congresso del
Segretariato unificato (1995), si pongono alcune altre forze significative, essenzialmente
la Tendenza Revolution! della sezione francese (LCR) e la sezione indiana, la
Lega comunista rivoluzionaria (ICS).
La
Tendenza Revolution! sviluppa da anni una chiara e netta critica della politica
opportunista della maggioranza della LCR, con un approccio globalmente corretto
alle scadenze della lotta di classe in Francia e ai compiti di costruzione, a
partire dagli importanti successi elettorali delle forze trotskiste e dalle
condizioni oggettive, di un partito operaio rivoluzionario in Francia. Deve
però riuscire a consolidare sul piano teorico e programmatico la sua
opposizione al revisionismo della LCR e del SU, generalizzando la sua azione
sul piano internazionale dando seguito alla finora occasionale scelta di
presentazione di un testo di opposizione al congresso mondiale del SU del 1995.
La
ICS dell’India esprime posizione globali realmente trotskiste e vicine a quelle
della nostra corrente internazionale. Se svilupperà la sua azione su tali basi
la ICS potrà rappresentare il perno per realizzare una vera battaglia per il
trotskismo conseguente all’interno del Segretariato unificato.
b) Il Comitato
per una Internazionale operaia (CWI)
Il
Comitato per una Internazionale Operaia, più conosciuto con la sigla inglese
CWI (Committee for a Worker International) si è sviluppato come proiezione
internazionale della Tendenza Militant (MT) britannica, diretta storicamente da
Ted Grant, a partire dal significativo successo registrato da essa nel suo
lavoro “entrista” nel Partito laburista, negli anni dal Sessanta al Novanta.
La
MT ha le sue origini nella frazione di maggioranza della sezione britannica
della Quarta Internazionale negli anni Quaranta, il Partito comunista
rivoluzionario (RCP). Nei congressi mondiali del 1946 e 1948 il RCP sviluppò una
critica generalmente corretta delle analisi politiche della direzione
internazionale, in particolare sulla questione della ripresa capitalistica ad
Ovest e dell’espansione dello stalinismo ad Est.
La
frazione diretta da Grant fu posta ai margini dell’Internazionale perché,
ironicamente, non aveva seguito la politica di entrismo totale nel Labour Party
proposta dal Segretariato internazionale e sviluppata col suo sostegno da una
larga minoranza che aveva scissionato dal RCP. Perciò la frazione Grant non fu
coinvolta direttamente nella scissione della QI nel 1953. Successivamente, per
più di dieci anni, esistette una contraddittoria relazione tra il gruppo
diretto da Grant e il Segretariato internazionale pablista (successivamente
SU). Dopo la metà degli anni Sessanta il gruppo di Grant si separò dal SU e ciò
che divenne la Tendenza Militant, dal nome del suo giornale, ebbe il suo
sviluppo autonomo prima come organizzazione nazionale, e successivamente con le
sue estensioni internazionali, essendo conosciuta con il nome popolare di
Tendenza Internazionale Militant (IMT).
La
IMT fu caratterizzata da una decennale strategia generale di “entrismo
profondo” in primo luogo nel Partito laburista britannico e successivamente,
internazionalmente, in forze di tipo socialdemocratico. In tale periodo la IMT
espresse posizioni estremamente settarie verso le altre forze del movimento
trotskista, che chiamava semplicemente “le sette”.
La
strategia di entrismo profondo della IMT ha prodotto una politica di
adattamento – in parte formale, in parte reale – a posizioni riformiste, per
esempio sulla natura dello stato borghese e la necessità dell’insurrezione
rivoluzionaria di massa per distruggerlo. Sviluppando una concezione di tipo
spontaneista sulla “coscienza socialista” della classe operaia, la IMT ha
criticato apertamente le concezioni leniniste sul partito espresse nel Che
fare?. Pur affermando di applicare il metodo del Programma di
transizione, la IMT ha teso in realtà a limitarsi a una propaganda
generale, senza tentare di trasformare gli obiettivi transitori in parole
d’ordine di agitazione, ove possibile.
La
IMT ha sviluppato un grave adattamento all’imperialismo, particolarmente
all’imperialismo britannico, mascherato da una demagogia retorica “socialista”
e “internazionalista”. Questo è mostrato chiaramente dal suo atteggiamento
verso la questione irlandese. La IMT demagogicamente e moralisticamente ha
condannato le azioni dell’IRA, eguagliando gli attivisti dell’IRA alle forze
paramilitari lealiste e chiamandoli “conservatori verdi”. Nella guerra delle
Malvinas nel 1982 la IMT ha preso una posizione di disfattismo bilaterale: no
al sostegno per la Gran Bretagna ma per “sanzioni operaie contro l’Argentina” e
per l’astratta ipotesi di una “guerra socialista” contro l’Argentina stessa. La
IMT ha rifiutato di sviluppare un sostegno conseguente alla lotta di
liberazione della Palestina.
Agli
inizi degli anni Novanta il CWI ha sviluppato una svolta a sinistra. La base di
tale svolta è stato il lungo processo di espulsioni che si era svolto nel
Partito laburista britannico contro i sostenitori della MT, inclusi i due
compagni deputati al parlamento nazionale. La svolta si è realizzata attraverso
una lotta di frazione che ha posto l’ex leader Ted Grant, che rimane legato
alla totalità delle vecchie posizioni, in una piccola minoranza. La grande
maggioranza dei militanti della sezione britannica si sono infatti schierati
contro Grant, sotto la direzione di Peter Taaffee, mentere nel complesso delle
altre sezioni nazionali i rapporti sono stati più equilibrati, anche se pure su
questo terreno una maggioranza si è schierata con Taaffee.
La
svolta a sinistra ha prodotto la rottura con la politica di entrismo nel
Partito laburista e nelle varie socialdemocrazie sul piano internazionale, con
la costituzione di organizzazioni indipendenti, in primo luogo il Socialist
Party (SP, anteriormente Militant Labour, ML) di Gran Bretagna. Ha inoltre
portato alla fine del settarismo assoluto nei confronti delle altre
organizzazioni marxiste rivoluzionarie.
Sugli
altri terreni, tuttavia, la svolta è stata molto parziale. Il cambiamento più
evidente è rappresentato dal fatto che il CWI sviluppa oggi un serio
atteggiamento nei confronti delle lotte dei settori specialmente oppressi,
tuttavia questo raggiunge solamente le posizioni che la maggioranza
dell’estrema sinistra ha espresso da diversi anni. Il CWI si è opposto alla
Guerra del Golfo e più recentemente alle mobilitazioni imperialiste contro
l’Irak, ma non ha modificato la sua posizione sull’Irlanda. La sua recente
disponibilità a lavorare con altre forze politiche è positiva, ma lo espone a
pressioni di forze non solo alla sua sinistra, ma anche alla sua destra. Il CWI
continua in generale ad esprimere tendenza ad un adattamento a posizioni
democraticiste, in particolare nei confronti del problema della rivoluzione e
della dittatura del proletariato. E ancora continua ad esprimere forti elementi
di adattamento ai livelli di coscienza spontanei delle masse.
c) La Lega
internazionale dei lavoratori (LIT, morenisti)
La
Lega internazionale dei lavoratori, meglio conosciuta con le sue iniziali in
spagnolo, LIT (Liga internacionalista de los trabajadores), esiste
principalmente in America latina. Il suo principale dirigente è stato Nahuel
Moreno, morto a metà degli anni Ottanta. Storicamente la sua sezione dirigente
è stata il Movimento verso il socialismo (MAS, precedentemente PST) di
Argentina, che Moreno dirigeva. Oggi, invece, il centro della LIT si è spostato
sul Partito socialista dei lavoratori unificato (PSTU) del Brasile, prodotto
dell’esclusione nel 1995 della importante tendenza morenista dal riformista
Partito dei lavoratori (PT).
La
LIT è l’erede politica della vecchia Frazione bolscevica del SU ed è stata
costituita dopo un breve periodo di unificazione formale con la corrente
lambertista negli anni 1979-81.
La
tendenza morenista è stata caratterizzata da ampie variazioni e contraddizioni
nelle sue posizioni politiche, sia nel corso della sua storia che in differenti
paesi allo stesso tempo. Una scala estremamente ampia di prospettive differenti
è stata portata avanti dalla LIT e dai suoi predecessori: dal più marcato
adattamento alla burocrazia sindacale all’antisindacalismo; dall’aperto
sostegno a una politica di fronte popolare al rifiuto di ogni tattica di fronte
unico verso le organizzazioni riformiste o nazionaliste piccolo-borghesi;
dall’abbellimento dei regimi stalinisti a forme di stalinofobia.
La
base di questo caotico zigzagare è data da un’accentuata spregiudicatezza
opportunistica, vera e propria ideologia del “morenismo”, che ne ha fatto una
corrente camaleontica incapace di sviluppare su serie basi trotskiste il
processo di costruzione di partiti rivoluzionari.
Il
MAS argentino come i suoi predecessori ha avuto infatti un record di
consolidata politica centrista, caratterizzata, nonostante alcune oscillazioni
e svolte a sinistra, da adattamento alla burocrazia sindacale, al nazionalismo
borghese e al frontepopulismo, e dal mascheramento del carattere rivoluzionario
del proprio programma. Inoltre per molti anni il MAS ha seguito una politica di
blocco elettorale e politico con il Partito comunista argentino, anche in
questo caso con alcuni zig-zag. Partendo da una concezione errata del fronte
unico, i morenisti hanno trasformato il loro blocco con il Partito comunista da
una tattica specifica per obiettivi concreti in una strategia nonostante il
carattere politicamente riformista e organizzativamente burocratico del Partito
comunista stesso.
Sulla
questione centrale della costruzione della Quarta Internazionale come direzione
della futura rivoluzione socialista internazionale, la LIT nonostante le sue
critiche all’opportunismo e liquidazionismo del SU, ha espresso posizioni
confuse e contraddittorie, anch’esse potenzialmente liquidazioniste. Per
esempio la LIT ha indicato nel suo Manifesto internazionale del
1986 la prospettiva di una Internazionale di massa “trotskisteggiante”, che
raggrupperebbe forze diverse, nella quali i trotskisti (intendendo con ciò le
posizioni trotskiste) potrebbero essere in minoranza.
La
LIT è stata marcata negli anni Ottanta e Novanta da un’approccio analitico alla
realtà carraterizzato da una valutazione iperottimistica della situazione dello
scontro tra le classi e una concezione catastrofista della situazione del
capitalismo. Ha così parlato, al culmine delle difficoltà del movimento operaio
internazionale, di sviluppo di una situazione prerivoluzionaria o addirittura rivoluzionaria
su scala mondiale. Così la LIT ha anche affrontato gli sviluppi nell’Est,
cogliendo solo il fenomeno (in sé positivo) della caduta dello stalinismo e non
quello della controrivoluzione restaurazionista del capitalismo, successo
storico dell’imperialismo mondiale. Ha parlato – con termine ambiguo e
sostanzialmente amarxista nelle condizioni date – di “trionfo delle rivoluzioni
democratiche”, sognando movimenti di massa rivoluzionari inesistenti e negando,
per una fase, il processo di restaurazione del capitalismo.
Lo
scontro con la realtà dell’insieme di queste analisi e delle prospettive che ne
conseguono è stata la causa di una serie di crisi che hanno colpito
congiuntamente, sconvolgendole, sia la LIT che il MAS argentino. Così negli
ultimi anni la LIT ha dato origine a diverse organizzazioni internazionali,
tutte richiamantesi alla tradizione morenista.
In
Argentina il fallimento della assurda ipotesi avanzata alla metà degli anni
Ottanta di uno sviluppo rivoluzionario in cui il ruolo dirigente sarebbe
spettato al MAS, in alleanza o meno col Partito comunista, ha portato
all’esplosione di questo partito (un tempo il più forte numericamente del
movimento trotskista internazionale) in ben una dozzina di organizzazioni di
varia consistenza, di cui la più significativa è oggi il Movimento socialista
dei lavoratori (MST) di cui parleremo successivamente.
Nel
recentissimo periodo il gruppo dirigente della LIT (centrato ormai intorno al
PSTU brasiliano) ha sviluppato una evoluzione positiva, iniziando una rottura
col precedente approccio iperottimistico, riconoscendo (con una non solo
implicita autocritica) il processo di restaurazione del capitalismo nell’Est e
quindi la sconfitta del proletariato su questo terreno. Ha anche riaffermato,
contro posizioni movimentiste e revisioniste sviluppate al suo interno dal MAS
argentino (o meglio da ciò che ne resta) una difesa generale delle tradizionali
posizioni leniniste e trotskiste. Il PSTU brasiliano infine ha rotto col
precedente adattamento al fronte popolare, che lo aveva portato brevemente ad
aderire al Frente Brasil Popular, prima forma di alleanza interclassista
realizzata dal PT con piccoli settori borghesi “progressisti”.
L’insieme
di questo sviluppo ha portato la LIT alla rottura con quel che rimane del MAS
argentino. Ciò quando quest’ultimo, anche sotto l’influenza dell’organizzazione
italiana Socialismo rivoluzionario (SR) (anni fa sezione della LIT), ha posto
in questione le fondamenta stesse della teoria leninista e trotskista e quindi
del marxismo rivoluzionario, con lo sviluppo di posizioni movimentiste,
“libertarie” (a parole: SR italiana ha un regime interno totalmente
repressivo), revisioniste della tradizionale analisi trotskista sulla
burocrazia stalinista e democraticiste, con la rivendicazione e lo sviluppo
delle più negative analisi della LIT nel passato sui grandi avvenimenti
mondiali dell’ultimo periodo storico.
Dopo
questa rottura, assolutamente positiva, la LIT e quella che ne è ormai la forza
preponderante, il PSTU, si trovano nella situazione di poter approfondire la
svolta a sinistra realizzata negli ultimi anni ( e che, in realtà, li sta
positivamente allontanando dalla tradizione morenista). Se ciò si realizzerà la
LIT potrà sviluppare un ruolo importante nel processo di rifondazione della
Quarta Internazionale.
d) L'Unione
internazionale dei lavoratori (UIT)
L'Unione
internazionale dei lavoratori, anche in questo caso nota essenzialmente con la
sua sigla in spagnolo (UIT), è nata nel 1996 dalla fusione tra la più
importante delle organizzazioni originate dalla crisi del MAS argentino, cioè
il Movimento socialista dei lavoratori (MST), le poche organizzazioni ad esso
collegate (essenzialmente in America latina), e la piccola corrente – di
lontana origine lambertista – centrata intorno al Partito operaio
rivoluzionario (POR) di Spagna, diretto da Anibal Ramos.
La
scissione del MST nel 1992 la base di partenza fondamentale dell’esplosione del
MAS. Il MST portò con sé, in particolare, la maggioranza dei quadri sindacali
del partito e il suo rappresentante nel parlamento nazionale (Luis Zamora). Di
fronte al MAS in progressiva decomposizione il MST ha rappresentato una
organizzazione relativamente stabile che ha cercato di riprodurre la vecchia
tradizionale politica morenista, soprattutto nei sui aspetti opportunisti.In
particolare il MST ha ripreso e mantenuto un blocco strategico col Partito
comunista argentino sotto il nome di Sinistra unita (Izquierda Unida, IU), con
una politica ambigua nei confronti delle forze del centrosinistra argentino.
Il
POR dello stato spagnolo (centrato essenzialmente in Catalogna), dal canto suo,
rompendo definitivamente con un passato di settarismo autoproclamatorio, ha
raggiunto il blocco riformista di Izquierda Unida spagnola, in termini che
esprimono, però, un adattamento opportunistico al riformismo di sinistra.
Con
la sua politica complessiva che mischia analisi iperottimistiche e
catastrofistiche – adialettiche – della situazione reale e il suo opportunismo
concreto la UIT è la reale continuatrice politica del morenismo e il giudizio
critico storico su tale corrente del movimento trotskista deve oggi
essenzialmente riferirsi a questa tendenza internazionale.
e) Il Centro
internazionale di ricostruzione (CIR, lambertista)
Il
Centro internazionale di ricostruzione è l’espressione sul piano internazionale
della Corrente comunista internazionalista (CCI) del Partito dei lavoratori
francese (PT) (precedentemente Partito comunista internazionalista (PCI) e
prima ancora Organizzazione comunista internazionalista (OCI)). Il leader
storico del CIR e della sua sezione francese è Pierre Lambert. In pratica tutte
le sezioni del CIR sono strettamente subordinate alla sezione francese, marcata
da un profondo nazional-trotskismo.
La
politica del CIR è caratterizzata principalmente dalla capitolazione nei
confronti della socialdemocrazia internazionale; dall’adattamento politico al
livello tradeunionista di coscienza della classe operaia; dalla trasformazione
in strategia permanente della tattica del fronte unico operaio (e nei paesi
oppressi del fronte unico antimperialista); dalla stalinofobia; e dal
catastrofismo politico-economico con la teoria perpetua della "imminenza
della rivoluzione", oggi modificato in un approccio opposto ma ugualmente
impressionistico.
Il
CIR è caratterizzato dalla completa mancanza di democrazia interna, in
particolare nel PCI francese. I suoi dirigenti si sono messi in luce per la
campagna di calunnie e metodi banditeschi utilizzati contro gli avversari
politici in particolare in occasione delle maggiori scissioni internazionali
conosciute dai predecessori del CIR: il Comitato d’organizzazione per la
ricostruzione della Quarta Internazionale (CORQI, 1972-1980) in relazione alle
scissioni che hanno dato vita all’organizzazione diretta da Varga nel 1972-73 e
alla Tendenza quartinternazionalista nel 1979; e il blocco di breve durata con
la tendenza morenista nel Comitato paritetico (1979-80) e la Quarta
Internazionale (Comitato internazionale) (1980-81).
Sviluppando
sempre più posizioni antileniniste, il CIR, come altre tendenze revisioniste,
liquida la prospettiva di costruzione di partiti trotskisti in ogni paese e di
una Quarta Internazionale di massa.
Il
CIR, nei fatti, cerca di creare le condizioni per unificare le cosiddette
“tendenze legittime del movimento operaio”, dichiarando di basarsi sulle
tradizioni della I e della II Internazionale, in contrapposizione al
“settarismo organizzativo” della III Internazionale.
Sviluppando
questa prospettiva il CIR congiunge un estremo opportunismo – legandosi con
tendenze e organizzazioni marginali su scala internazionale ed essenzialmente
riformiste o semi-riformiste come il MIR venezuelano – con il bluff più
demagogico. Così, nel gennaio 1991 il CIR, con le sue sole forze più alcuni
piccoli alleati riformisti o piccolo-borghesi, ha proclamato una cosiddetta
Alleanza internazionale dei lavoratori per l’Internazionale operaia e una sua
sezione continentale, la Alleanza europea dei lavoratori.
In
Francia nel novembre 1991 il PCI ha proclamato, su una base minimalista e
semi-riformista, un cosiddetto "Partito dei lavoratori” che dovrebbe
unificare trotskisti, anarchici, socialisti e comunisti conseguenti. Questo
Partito dei lavoratori non è niente di più che una struttura controllata
burocraticamente dal PCI che raggruppa essenzialmente i suoi membri e
simpatizzanti stretti più un piccolo numero di militanti operai individuali
ingannati dalla demagogia lambertista.
La
sezione algerina del CIR nello sviluppare questa politica di opportunismo e
demagogia è giunta fino a lanciare la proposta di un governo unitario del
Fronte islamico di salvezza (FIS) e del Fronte nazionale di liberazione (FNL)
come utopistica (e in ogni caso reazionaria) via per risolvere la espolosiva
situazione esistente nel paese.
f) L’Unione
comunista internazionalista (Lutte Ouvrière)
L’Unione
comunista internazionalista rappresenta la proiezione internazionale
dell’organizzazione francese Lutte Ouvrière (LO), con piccoli gruppi negli
Stati uniti, nelle Antille francesi e nella immigrazione africana in Francia.
LO
ha le sue origini in un gruppo formatosi in Francia nel corso della seconda
guerra mondiale su posizioni settarie (Gruppo comunista-Lutte de Classe, dopo
la guerra Union Communiste), che nel 1944 rifiutò di unificarsi con le altre
tendenze trotskiste nella nuova sezione francese della Quarta Internazionale.
La
politica di LO è caratterizzata da un economicismo che fa si che il metodo
della lotta per gli obbiettivi transitori sia fuori dalla sua comprensione
reale e che l’utilizzo di un programma transitorio sia per LO assolutamente
occasionale. Tale economicismo si accompagna ad un astratto propagandismo
popolare (in parte positivo, ma non raccordato dialetticamente – col metodo
transitorio, appunto – con le lotte odierne) sulle prospettive del comunismo.
LO ha il mito di costruire un “partito genuinamente operaio" individuando
erroneamente la causa della crisi della Quarta Internazionale – una crisi che
essa considera come avente origine nel periodo di formazione dell’Internazionale
stessa – nella composizione piccolo-borghese dell’organizzazione. Questa
concezione mostra la visione nazionale di LO perché, sebbene la sezione
francese avesse questo problema obiettivo alla fine della seconda guerra
mondiale, altre sezioni avevano una assai più larga composizione proletaria –
per esempio il RCP britannico, la sezione belga dell’Internazionale, il SWP-US,
il POR boliviano, e il LSSP di Sri Lanka – e ciò non ha impedito né la crisi
della Quarta Internazionale né processi degenerativi su basi nazionali.
Sulla
base delle posizioni su indicate LO ha adottato metodi non leninisti di
intervento, organizzazione e funzionamento interno. La politica di LO è
caratterizzata dalla costante sottovalutazione dei livelli di crisi sociale e
di scontro di classe in atto e dal misconoscimento delle potenzialità che le
crisi politico-sociali offrono al movimento operaio. Questo è stato
particolarmente vero nella crisi rivoluzionaria del maggio ’68 e soprattutto
nell’ascesa del movimento di massa dell’autunno del 1995, in cui tutti i limiti
centristi della politica di LO sono apparsi alla luce.
LO
ha avuto tradizionalmente una analisi semicapitalistica di stato degli stati
operai degenerati e deformati, riconoscendo l’URSS come stato operaio
degenerato (caratterizzazione che ancora propone astoricamente per gli stati
prodotti dalla sua esplosione) ma considerando gli stati operai deformati come
società capitaliste di stato.
La
posizione operaista di LO la conduce ad astenersi da molte lotte politiche e
ciò ha conseguenze estremamente negative per quanto riguarda le sue posizioni
sull’oppressione speciale, soprattutto l’oppressione delle donne e quella degli
omosessuali e delle lesbiche. In riguardo a queste ultime oppressioni LO riflette
largamente le posizioni reazionarie di settori arretrati delle masse.
Malgrado
i limiti centristi della politica di LO, la sua capacità di sviluppare una sia
pur astratta propaganda comunista, la coerenza di una costante presentazione
elettorale indipendente (anche di fronte ai gravi errori opportunisti delle
altre forze trotskiste in Francia – e il mantenimento di una netta opposizione
al riformismo hanno portato LO a ottenere, a partire nel 1973, un successo
elettorale che negli ultimi anni si è consolidato arrivando a una percentuale
del 4-5% del voto totale (tra un milione e un milione cinquecentomila voti). Ma
LO è stata incapace di sfruttare questo importante successo per la costruzione
di un vero partito rivoluzionario del proletariato. Anzi, ne ha minimizzato in
maniera ridicola il significato allo scopo di salvaguardare la propria realtà
politico-organizzativa attuale e non porre in questione le proprie
caratteristiche settarie e organizzativamente antileniniste.
g) Le
organizzazioni della sinistra trotskista
In
aggiunta alle sei maggiori tendenze che abbiamo su indicato, vi sono molte
altre tendenze minori. Alcune sono organizzazioni nazionali, in alcuni casi con
un ruolo relativamente significativo nel loro paese; alcune sono tendenze
internazionali, formalmente o informalmente costituite.
Alcune
tra le più significative di queste forze si situano alla sinistra delle
maggiori tendenze internazionali del movimento trotskista e si pongono – a
volte con limiti ed errori – sul terreno del trotskismo conseguente. Oltre alla
nostra corrente, si tratta essenzialmente del Partido Obrero (PO) di Argentina,
delle organizzazioni già da tempo collegate con esso, prevalentemente in
America latina (la più importante è il Partito della causa operaia (PCO) del Brasile)
e del Partito operaio rivoluzionario (EEK) di Grecia.
Nelle
passate analisi delle posizioni del PO di Argentina abbiamo indicato le
divergenze esistenti su alcuni problemi politici importanti. Uno concerne la
questione del Fronte unico antimperialista, che, sotto l’influenza del
dirigente storico del trotskismo boliviano Guillermo Lora, il PO interpretava
in maniera tale da ipotizzarvi la possibile inclusione di forze nazionaliste
borghesi. Un altro aspetto di divergenza era dato dalla questione dell’apertura
a blocchi elettorali di fronte unico che appariva confondere la questione della
costruzione del partito marxista rivoluzionario e quello del fronte unico
operaio o antimperialista. Infine il rifiuto nei fatti, per un periodo, di
avanzare un progetto preciso sul piano internazionale ci portava a ritenere che
il PO tendesse a scivolare (dopo le precedenti negative esperienze con il
lambertismo e con Lora) su un terreno nazional-trotskista.
Negli
ultimi anni si è avuto un chiarimento positivo su questi terreni (cui ha
contribuito anche la rottura del PO con Lora e, più tardi, il bilancio
definitivo della esperienza della sua organizzazione boliviana). Sui primi due
argomenti, benchè non ci sia stato un chiaro bilancio teorico, la prativa
rivoluzionaria del PO in Argentina dimostra che la sua politica tende ad
essere, nei fatti, sostanzialmente corretta (anche se una ridefinizione teorica
dovrebbe essere realizzata; ciò per evitare errori che traggono origine dalla
confusione sulla questione del rapporto tra fronte unico e costruzione del
partito d’avanguardia, come quello – in sé tattico – compiuto dal PCO
brasiliano con la sua decisione di sostenere fin dal primo turno delle elezioni
presidenziali brasiliane del 1998 il leader riformista Lula, invece di porre il
problema di una iniziale candidatura rivoluzionaria, eventualmente sostenendo
il candidato del PSTU, Zè Maria). Quanto al problema del nazional-trotskismo,
se mai è esistito, i fatti e l’impegno nella battaglia per la rifondazione
dell’internazionale dimostrano che è superato.
Permangono,
invece, problemi e differenze su altri due terreni. Il primo è quello
dell’atteggiamento settario da parte del PO nei confronti delle altre forze del
movimento trotskista. In particolare il Segretariato unificato è presentato
come organicamente controrivoluzionario. In generale c’è una tendenza ad
approcciare l’analisi delle forze del movimento operaio in termini ideologici e
letterari, invece che con riguardo al loro ruolo sociale e politico nello
scontro di classe, e a rinunciare, in termini settari ad alcune categorie
interpretative fondamentali del marxismo rivoluzionario, come quella di
“centrismo”. Vero è che questo settarismo è spesso più verbale che reale.
Tuttavia esso incide negativamente nei rapporti con altri settori marxisti
rivoluzionari ed ostacola l’azione per la rifondazione della Quarta
Internazionale.
L’altro
terreno di differenza importante è dato dall’analisi della situazione della
crisi del capitalismo e dello sviluppo dei movimenti di massa. Il PO e le altre
organizzazioni tendono ad avere una visione catastrofista della crisi
economico-finanziaria del capitalismo. Ugualmente e congiuntamente tendono a
sovrastimare il significato delle crisi politiche e delle risposte – attuali o
potenziali – di massa alla crisi capitalistica. Benchè anche su questo terreno
ci siano alcune dialietizzazioni e si sia lungi da visioni iperottimistiche
come quelle sviluppate in passato da altre tendenze del movimento trotskista
(ad es. la tendenza morenista con cui il PO polemizzò con acutezza teorica su
questo terreno nel passato), questi errori analitici devono essere criticati, a
favore di un più coerente e dialettico approccio alla realtà, quale base per
elaborare una corretta tattica di azione dei trotskisti conseguenti.
Il
EEK di Grecia, dal canto suo, esprime su questi terreni posizioni analoghe, e a
volte più accentuate, a quelle del PO. Va detto che per il EEK vale, ancora di
più che per il partito argentino, un positivo iato tra le analisi catastrofiste
e un’azione politica concreta nella lotta di classe in Grecia seria e meditata.
Le
divergenze esistenti sui punti su indicati vanno affrontate con chiarezza. Esse
non devono far dimenticare gli elementi essenziali di comunanza politica che
esistono tra la nostra tendenza e le organizzazioni in questione. Le basi di
questo rapporto stanno nel comune approccio alle prospettive rivoluzionarie. A
differenza delle varie organizzazioni revisioniste, sia l’OTI che il PO, il
EEK, il PCO etc. finalizziamo con coerenza la nostra azione alla lotta per la
conquista del potere, per la dittatura del proletariato, per la costruzione del
partito leninista d’avanguardia, per la conquista della sua egemonia sulle
masse con l’utilizzo pieno del metodo degli obbiettivi transitori.
E’
questa la base dell’importante azione comune che si è iniziata a sviluppare
congiuntamente per la rifondazione della Quarta Internazionale. La critica
delle posizioni errate dei nostri alleati deve essere quindi finalizzata non a
marcare, in maniera settaria le nostre divergenze, ma a cercare di porci
congiuntamente in grado di meglio sviluppare la battaglia per la rifondazione,
cercando anche di coinvolgere in essa le altre forze che già si pongono sul
terreno del trotskismo conseguente o ad esso sono vicine (come ad esempio le
minoranze della LCR e di LO e il gruppo Voix des Travailleurs (VdT) in Francia
o la sezione indiana del SU nel suo complesso).
14.
La
Quarta Internazionale ha subito un serio processo di degenerazione politica e
di frammentazione organizzativa. Come forza politica rivoluzionaria organizzata
e unita, come corpo della direzione internazionale del proletariato, come
organizzazione mondiale del marxismo rivoluzionario autentico, essa ha
ovviamente cessato di esistere. Questo fatto pone la lotta per la direzione
internazionale del proletariato in una forma estremamente elementare quale il
compito primario per i rivoluzionari proletari oggi.
Il
primo problema di strategia internazionale di cui i trotskisti conseguenti
devono farsi carico è di come procedere effettivamente in questa lotta
elementare per la direzione proletaria internazionale.
Anche
se degenerata politicamente e frammentata organizzativamente, la Quarta
Internazionale non è morta politicamente. Nonostante la sua acutezza, la crisi
storica della Quarta Internazionale tuttavia differisce qualitativamente dalle
crisi storiche della Seconda e della Terza Internazionale.
Nell’agosto
del 1914 il tradimento dell’internazionalismo proletario da parte di quasi
tutti i partiti socialdemocratici nazionali allo scoppio della prima guerra
mondiale segnò la conversione della socialdemocrazia in agente
controrivoluzionario degli imperialisti all’interno del movimento operaio, la
cui funzione principale era di impedire l’unità rivoluzionaria dei proletari di
tutti i paesi e la presa del potere rivoluzionaria della classe operaia di ogni
paese. Il programma socialdemocratico di riforme, effettive o illusorie,
divenne principalmente un mezzo per inibire lo sviluppo militante della lotta
di classe proletaria e per legare i lavoratori di ciascuna nazione alla
"propria" borghesia ed allo sviluppo economico del
"proprio" capitalismo nazionale. Il ruolo essenzialmente controrivoluzionario
delle socialdemocrazie fu confermato dalle loro risposte alla rivoluzione russa
del 1917 e alle situazioni rivoluzionarie che si svilupparono in tutto il mondo
in conseguenza della prima guerra mondiale.
Nel
1933 la sezione più importante della Terza Internazionale al di fuori
dell’Unione sovietica, il Partito comunista tedesco, grazie alla grottesca
linea del "terzo periodo" del Comintern stalinista, si dimostrò
completamente incapace di sviluppare una seria lotta contro la presa del potere
da parte di Hitler. Invece di trarre apertamente le lezioni di questo
catastrofico fallimento, l’intera Terza Internazionale asserì che non era stato
commesso alcun serio errore politico, mentre si spostava, inizialmente in
maniera surrettizia, dall’ultimatismo burocratico e dall’avventurismo della
fine degli anni Venti ed inizio dei Trenta, alla politica ottusamente
opportunista del fronte popolare negli anni 1934-36. Il frontismo popolare e il
collaborazionismo di classe globale divennero la strategia fondamentale della
Terza Internazionale alla quale l’effettiva organizzazione della Terza
Internazionale stessa fu sacrificata nel 1943.
Dopo
la fine della seconda guerra mondiale i partiti stalinisti tradirono le classi
operaie in tutta Europa ed Asia, impedendo o facendo abortire le lotte
rivoluzionarie. L’espansione burocratica della proprietà collettivizzata
nell’Europa dell’Est e, successivamente, nell’Asia Orientale e a Cuba, non
alterò la natura sostanziale dello stalinismo quale forza controrivoluzionaria
internazionale.
La
Quarta Internazionale non ha attraversato una tale trasformazione decisiva. La
sua degenerazione e frammentazione hanno condotto allo sviluppo di un quadro di
organizzazioni le quali, con poche eccezioni – essenzialmente poche sette particolarmente
corrotte ed il Lanka Sama Samaja Party (Sri Lanka) – non possono essere
considerate come organizzazioni opportuniste e controrivoluzionarie consolidate
all’interno del movimento operaio. Queste organizzazioni internazionali e
nazionali differiscono qualitativamente dalle formazioni essenzialmente
controrivoluzionarie socialdemocratiche e staliniste.
La
grande maggioranza delle forze che sono degenerate dal trotskismo mantengono
politiche che sono in generale revisioniste e centriste – oppure, in pochi
casi, revisioniste ultrasinistre – senza rompere apertamente e completamente
con il marxismo rivoluzionario.
I
pablisti hanno distorto il programma trotskista e lo hanno adattato a varie
correnti non rivoluzionarie piccolo-borghesi e burocratiche ed hanno
subordinato o negato il ruolo dei partiti trotskisti come espressione
necessaria dell’indipendenza politica della classe operaia a favore del loro
adattamento a queste forze non proletarie e non rivoluzionarie. Le
organizzazioni del Comitato internazionale del 1963-71 tesero a combinare
l’adattamentismo nazional-trotskista con forme estreme di settarismo
nazional-trotskista (Lambert più chiaramente si caratterizzò per la
capitolazione alla socialdemocrazia, Healy per la caduta nel settarismo folle).
Ma,
da entrambe le parti della scissione del 1953, e nei vari spezzoni delle
rotture successive (o anteriori, come nel caso di LO di Francia) sopravvivono
organizzazioni e tendenze le cui revisioni opportuniste e settarie del
trotskismo non hanno ancora prodotto una completa e decisiva rottura con le
basi programmatiche della politica proletaria rivoluzionaria. Queste
organizzazioni continuano a rapportarsi positivamente, in vari modi, al Programma
di transizione del 1938. Programmaticamente esse avanzano ancora,
anche se in alcuni casi con molte contraddizioni, la prospettiva della
dittatura proletaria basata sulla democrazia dei soviet, ancora rifiutano
formalmente il frontepopulismo, ancora affermano il loro impegno verso
l’internazionalismo proletario anche quando revisionano e distorcono questi
principi e li adattano a correnti contrarie a essi. Esse sono essenzialmente
organizzazioni centriste, ma organizzazioni centriste di tipo speciale.
Continuando
a proclamare la propria adesione, anche in un modo distorto, al programma
rivoluzionario del trotskismo, queste organizzazioni continuano ad attirare
militanti – in particolare lavoratori d’avanguardia – che rompono in direzione
della politica rivoluzionaria con la socialdemocrazia, lo stalinismo e le forme
convenzionali di centrismo.
Il
ruolo effettivo e potenziale di queste organizzazioni trotskiste centriste come
poli di attrazione apparentemente marxisti rivoluzionari per i lavoratori
avanzati, internazionalmente e nella maggioranza dei singoli paesi, crea una
situazione altamente contraddittoria, complessa e storicamente senza precedenti
con implicazioni fondamentali per le prospettive strategiche dei trotskisti
conseguenti che lottano per la rigenerazione politica della Quarta
Internazionale. Non solo queste stesse organizzazioni oscillano tra politiche
rivoluzionarie ed opportuniste. Continuando ad affermare di basarsi sul Programma
di transizione esse mantengono la capacità di esporre e, anche se inconsciamente,
formare quadri su posizioni trotskiste effettive. La loro costante oscillazione
tra politiche trotskiste e revisioniste tende a generare non solo frequenti
scissioni, ma anche frequenti scontri di tendenze e frazioni interne nei quali,
più e più volte, alcuni militanti giungono a difendere almeno alcune posizioni
trotskiste contro le posizioni revisioniste.
Tutto
ciò significa che anche se, in complesso, le direzioni di queste organizzazioni
sono ferme nelle loro posizioni revisioniste e di adattamento, queste stesse
organizzazioni, viste come un tutto su scala internazionale, tendono: ad avere
al proprio interno militanti che tendono verso posizioni trotskiste ortodosse;
a essere soggette a un processo costante di lotta limitata per posizioni trotskiste
e una tendenza costante ad attrarre a sé lavoratori avanzati alla ricerca, in
realtà, della alternativa rivoluzionaria del trotskismo. Per i trotskisti
ortodossi volgere le spalle ai lavoratori avanzati che sono stati attratti
verso posizioni trotskiste da queste organizzazioni e ai militanti che al loro
interno lottano per posizioni trotskiste, sarebbe un atto di settarismo di
proporzioni storicamente tragiche. Piuttosto, il compito dei trotskisti
conseguenti è sviluppare una tendenza internazionale orientata strategicamente
verso la ricostruzione della Quarta Internazionale attraverso il collegamento,
il sostegno e l’organizzazione di ogni lotta per il trotskismo, ogni sviluppo
autenticamente trotskista in tutto il mondo, sia dentro che fuori le principali
organizzazioni trotskiste centriste.
Nelle
proprie organizzazioni indipendenti i trotskisti ortodossi devono sviluppare un
lavoro esemplare nella lotta di classe in modo da renderli autentici poli di
attrazione per i lavoratori d’avanguardia sia dentro che fuori dei
raggruppamenti trotskisti centristi. Nelle organizzazioni trotskiste centriste
le frazioni trotskiste devono lottare per la rigenerazione politica di queste
organizzazioni, basandosi in particolare sulle lotte che sorgono dai problemi dell’intervento
rivoluzionario nello sviluppo della lotta di classe proletaria.
Nel
senso che in tutte le organizzazioni derivate dalla crisi della Quarta
Internazionale e che affermano di basarsi sul Programma di transizione una
lotta consapevole per la rigenerazione politica della Quarta Internazionale ha
avuto, sta avendo e deve aver luogo nel prossimo periodo – in questo senso
dobbiamo riconoscere e definire i confini di un movimento internazionale in
qualche modo amorfo, nel quale i trotskisti conseguenti devono combattere per
sviluppare e riunificare tutte le forze autenticamente trotskiste in una Quarta
Internazionale rigenerata e ricostruita.
Con
questa prospettiva non vogliamo intendere che i trotskisti ortodossi
identifichino o confondano in qualsivoglia maniera il loro programma con il
programma concreto e la politica dei revisionisti, sia pablisti che
anti-pablisti. Nemmeno vogliamo intendere che qualsiasi forma di centrismo o
revisionismo possa in qualche modo in sé e per sé essere considerata come una
tendenza marxista rivoluzionaria conseguente. Nemmeno vogliamo intendere che
queste organizzazioni trotskiste centriste derivate dalla crisi della Quarta
Internazionale dovrebbero essere l’unico terreno di lotta per la rigenerazione
della Quarta Internazionale.
Una
frazione internazionale trotskista potrebbe decidere o di entrare al completo
in una organizzazione internazionale trotskista revisionista, o di lavorare
principalmente dentro un certo numero di tali organizzazioni, o di funzionare
principalmente come gruppo di organizzazioni indipendenti, e così via –
dipendendo tutto dalle condizioni reali che meglio favoriscono la battaglia per
rigenerare la Quarta Internazionale.
Cosa
il riconoscimento della natura speciale di questi raggruppamenti centristi
significhi consiste nel fatto che i trotskisti ortodossi devono mantenere un
orientamento strategico verso di essi. Inoltre la loro natura speciale
determina un certo numero di implicazioni pratiche specifiche.
Nelle
organizzazioni trotskiste centriste dobbiamo promuovere la formazione di
frazioni trotskiste ortodosse, unite tra loro su base internazionale –
indipendentemente dalle varie organizzazioni nazionali o internazionali nelle
quali esse possano rispettivamente intervenire – e unite con le organizzazioni
trotskiste ortodosse indipendenti, formando insieme entrambe le componenti una
frazione trotskista internazionale organizzata su base centralista democratica
sia a livello internazionale, sia nelle proprie sezioni nazionali.
Le
frazioni trotskiste che operano nelle organizzazioni trotskiste centriste
dovrebbero, come regola generale, evitare di scissionare queste organizzazioni,
nell’ottica di lasciare ai dirigenti centristi la chiara responsabilità di ogni
misura disciplinare, quale le espulsioni.
Tali
considerazioni tattiche non implicano che esista un corso di azione,
chiaramente stabilito e garantito, che necessariamente conduca alla
rigenerazione rivoluzionaria e alla riorganizzazione della Quarta
Internazionale. Né tanto meno che sia inevitabile o anche probabile riuscire
nei fatti a rigenerare una o più delle attuali formazioni “trotskiste
revisioniste”. Ma che, solo con la strategia duttile e dialettica di una tale
lotta per la rigenerazione politica, che combini il lavoro indipendente nella
lotta di classe del proletariato con il lavoro di frazione nelle organizzazioni
trotskiste revisioniste, sarà possibile portare a termine il processo effettivo
e complesso, comunque si possa sviluppare concretamente, che – attraverso
scissioni, fusioni, rigenerazioni parziali e sviluppo del lavoro indipendente –
permette alle forze trotskiste conseguenti di guadagnare la maggioranza
politica dei militanti che si orientano al trotskismo in tutto il mondo e di
trasformarsi nella Quarta Internazionale rigenerata.
Certamente
si presenterà una intera serie di alternative pratiche per lo sviluppo
dell’attività dei trotskisti conseguenti. I trotskisti devono essere preparati
ad adattare le proprie scelte tattiche allo sviluppo concreto della lotta per
la rigenerazione della Quarta Internazionale e al concreto sviluppo della lotta
internazionale della classe operaia – con l’unica condizione di mantenere
l’indipendenza politica assoluta delle forze trotskiste conseguenti.
Oggi
l’OTI si impegna pienamente nel processo per la rifondazione della Quarta
Internazionale intrapreso a partire dalla dichiarazione di Genova del marzo
1997. Ne vede tutte le difficoltà, ma anche le opprtunità. Vuole portarlo
avanti cercando di coinvolgervi, su una base di principio, il più ampio arco di
forze del movimento trotskista e anche settori provenienti da altre forze
dell’avanguardia proletaria che ricercano una risposta marxista rivoluzionaria
alle sconfitte del passato e una prospettiva per il futuro.
E’
in questo senso che l’OTI ritiene importante, pur nella modestia delle sue
forze, il suo attuale ruolo che – come sempre – è quello di un’organizzazione
che non si considera né il nucleo della futura Internazionale rifondata, né la
frazione trotskista ortodossa internazionale, ma una struttura transitoria di
raggruppamento di militanti trotskisti conseguenti, in lotta per sviluppare,
fuori da ogni opportunismo e settarismo, la battaglia per la Quarta
Internazionale. Lo sviluppo dell’OTI è centrale a questo scopo, ferma restando
la nostra volontà di scioglierci non solo in una Quarta Internazionale
rifondata, ma anche ove il processo verso la rifondazione porti a un più ampio
raggruppamento su basi politicamente ed organizzativamente consolidate.