venerdì 27 ottobre 2023

Pietro Tresso, ad ottant'anni dalla sua morte

Sono ormai passati ottant’anni da quando “Blasco”, Pietro Tresso, uno dei padri del movimento operaio italiano ed internazionale perse tragicamente la vita. La sua testa cadde come tanti altri rivoluzionari, per opera della burocrazia stalinista, colpevoli solamente di opporsi alle menzogne fabbricate da Mosca.

 

Pietro Tresso, detto "Blasco"

 

La vita di Tresso fu piena di privazioni, sofferenze e miseria. Nato nel 1893, quarto figlio di un ex mezzadro di Venezia divenuto manovale, e a nove anni dovette lasciare la scuola, imparando sin dalla tenera età il mestiere di sarto, alcune fonti riportano anche possibile operaio presso la fabbrica Lanerossi di Vicenza. Entrò presto nella gioventù socialista, e fu insieme a Bordiga e Gramsci, uno dei fondatori del PCI e membro dell’Ufficio Politico.

Grande organizzatore di sindacati contro il fascismo (famosa la lotta a Gravina di Puglia) responsabile del centro interno clandestino del PCI in Italia, rappresentò il partito comunista italiano a Mosca nel novembre del 22 durante il IV congresso dell’Internazionale comunista. La sua figura e il suo prestigio nella sinistra italiana gli costarono virulenti attacchi da parte dei fascisti che cercarono anche di ucciderlo.
La sua personalità dotata di grandi capacità politiche e organizzativa, fu descritta in maniera esemplare da Ignazio Silone:

Sotto molti aspetti, Pietro Tresso era in effetti un comunista esemplare. Caso poco frequente nel movimento operaio italiano, era un dirigente di origine proletaria che conservava intatte le qualità di freschezza e attività della sua classe sociale. Benché autodidatta, la sua viva intelligenza s’applicava allo studio degli argomenti più differenti, anche quelli che erano estranei alle necessità del lavoro pratico che il partito gli affidava. Nella conversazione con gli amici, gli piaceva manifestare il suo gusto per la conoscenza disinteressata. Era coraggioso di natura e, nelle circostanze più drammatiche del lavoro clandestino, non perdeva mai il suo buonumore.”

Nel 1930 venne espulso dal PCI, insieme a due compagni dell’Ufficio politico, Alfonso Leonetti e Paolo Ravazzoli, a causa dell’ adesione al trotskysmo.
Diede battaglia con tutta la sua tenacia alla linea avventuristica dello stalinismo, aderì all’Opposizione di Sinistra Internazionale fondata da Trotskij; da quel momento in poi lavorò fino alla morte al suo fianco, nelle file del movimento trotskista internazionale.
Nei primi anni 30, Blasco si impegnerà a costruire e a dirigere, in Italia e in Francia, la lotta sistematica alla burocrazia sovietica. Egli era infatti oramai convinto del processo degenerativo in atto nell’URSS, processo che portò il partito di Stalin e dei suoi lacchè alla divisione della classe operaia, bollando i socialisti come “socialfascisti”, contribuendo così alla vittoria del nazismo in Germania.

Nel 1943 tra il 26 e il 27 ottobre la sua vita giunge all’epilogo: verrà giustiziato a sangue freddo, in Francia, da sicari di Stalin... gli affossatori della rivoluzione”. Su chi abbia dato l’ordine ancora non vi è chiarezza sicuramente l’ordine è partito dall’alto, sappiamo che l’esecutore materiale fu il partigiano Jean Sosso (Giovanni Sosso) un uomo dell’apparato stalinista, nato in Italia ma migrato in Francia. Dopo la guerra fu inviato in Polonia come giornalista dell’Humanitè (stampa francese stalinista)

IL PC Italiano si è chiuso in un silenzio compromissorio Togliatti e Cerreti se non direttamente colpevoli erano sicuramente a conoscenza della morte di Tresso. Leonetti come ha riportato il giornalista Berardi dell’Unita (stampa del PCI) che nel dicembre del 1984, prima della morte, l’ex storico dirigente del partito ricevette all’ospedale romano del Gemelli, la visita di due uomini del che chiesero di far sparire un testo di Togliatti, che – se pubblicato – avrebbe scatenato l’inferno., Leonetti li allontanò definendoli di «corvi».

Tresso è uno di quei dirigenti come Wolf, Nin, Klement, L. Sedov che hanno dedicato la vita per il socialismo, militanti che si sono opposti alle tragedie della burocrazia staliniana, militanti che hanno lottato per l’internazionalismo comunista, pagando con la vita le loro idee. Tresso merita un adeguato riconoscimento è un’icona non solo politica ma anche morale di grande valore.

Per troppo tempo le vittime dello stalinismo sono state rimosse e cadute nel dimenticatoio, lo stalinismo non era un giudice di un tribunale operaio ma un becchino poggiato sul sangue dei rivoluzionari.


 
Bibliografia essenziale su Pietro Tresso

Assassinii nel maquis. La tragica morte di Pietro Tresso, Pierre Broué. Prospettiva Edizioni

Vita di Blasco, Giorgio Sermasi, Paolo Casciola. Odeonlibri

Alfonso Leonetti. Storia di un’amicizia. Testi inediti, ricordi e corrispondenza con Roberto Massari (1973-1984)

Il vento contro, Stefano Tassinari. Marco Tropea Editore

Jean Burles: https://maitron.fr/spip.php?article18197

Jean Sosso: https://maitron.fr/spip.php?article131464

Documentario: https://www.youtube.com/watch?v=mopPLFZln0o

giovedì 12 ottobre 2023

Il contributo di Trotsky allo studio dei problemi della Rivoluzione cinese

Questo articolo riproduce la parte conclusiva dell’ampio saggio introduttivo di Peng Shu-tse preposto al volume Leon Trotsky on China, a cura di Les Evans e Russell Block, apparso nel 1976 a New York presso le edizioni Monad Press, che qui ringraziamo per l’estratto:

 

… I fautori della politica disfattista nei confronti della guerra di resistenza non erano soltanto pochi trotskisti cinesi, ma rappresentavano una tendenza internazionale. In America, per esempio, Oehler ed Eiffel misero pubblicamente in discussione la posizione di Trotsky sulla guerra cino-giapponese. 

Per rispondere a questa sfida, Trotsky scrisse una lettera a Diego Rivera (23 settembre 1937) in cui denunciava dettagliatamente e correttamente le assurde proposte di Ochler e di Eiffel e in cui, nel contempo, esprimeva il proprio punto di vista sulla guerra cino-giapponese. Si può dire che questa lettera, che riassumeva la linea strategica proposta da Trotsky nei confronti della guerra cinese di resistenza, fu il suo contributo finale più importante allo studio dei problemi della rivoluzione cinese. Vale la pena di citarla ampiamente:

Nella mia dichiarazione alla stampa borghese, ho detto che il dovere di tutte le organizzazioni operaie in Cina era di partecipare attivamente e in prima linea all’attuale guerra contro il Giappone, senza abbandonare per un solo istante il proprio programma e la propria attività indipendente. «Ma questo è "socialpatriottismo"!», gridano i seguaci di Eiffel! «È una capitolazione a Chiang Kai-shek! È un abbandono dei principi della lotta di classe! Il  bolscevismo sostenne il disfattismo rivoluzionario nella guerra imperialista. Ora, la guerra di Spagna e la guerra cino-giapponese sono entrambe guerre imperialiste.» «…L’unica salvezza per gli operai e i contadini cinesi è di lottare contro l’esercito cinese così come contro l’esercito giapponese». Queste righe, tratte da un documento della frazione di Eiffel del 10 settembre 1937, ci bastano per dire che ci troviamo di fronte o a dei veri traditori o a dei completi imbecilli. Ma l’imbecillità, spinta a questo grado, equivale al tradimento.

Noi non abbiamo mai messo tutte le guerre sullo stesso piano. Marx e Engels appoggiarono la lotta rivoluzionaria degli irlandesi contro la Gran Bretagna, quella dei polacchi contro lo zar, anche se in queste due guerre nazionaliste i dirigenti erano, per la maggior parte, membri della borghesia e addirittura dell’aristocrazia feudale...

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Portogallo: a 50 anni dalla rivoluzione dei garofani

Riportiamo un articolo pubblicato dalla UIT perché ci sembra un contributo utile per la comprensione storica degli avvenimenti in questione ...