martedì 15 dicembre 2020

SULLA CRISI SANITARIA DA COVID-19 – ALCUNE PROPOSTE




Ormai da settembre sentiamo dire che siamo in guerra contro la seconda ondata del Covid. Niente di più sbagliato.

Innanzitutto perché in Italia non si può parlare di seconda ondata giacché la prima non è mai finita, stiamo solo vivendo la recrudescenza di quanto è iniziato a marzo 2020. E poi perché per fare la guerra ci vuole un nemico, uno che ti attacca, che segue una strategia e che ha un progetto di sopraffazione. La verità è che non abbiamo a che fare con un esercito nemico ma con un virus. Ciò che conta, però, è mistificare la realtà per poter chiamare all’unità nazionale contro il “nemico esterno”.

Il Coronavirus, in effetti, sta mostrando che il nemico non è esterno ma interno, è il cuore stesso della società capitalistica, il suo modo di produzione, il suo modello di sviluppo che porta all’ipersfruttamento delle risorse minerali, vegetali e animali (diventano cibo da vendere tutte le carni, anche quelle di animali selvatici come volpi, pipistrelli, pangolini, etc.). Ogni animale porta con sé il suo virus e all’interno del mercato lo trasmette ad altre specie: così il Coronavirus è arrivato all’uomo. Ma già nel recente passato l’uomo ha dovuto contrastare malattie infettive diffuse per zoonosi come l’influenza aviaria, oppure la peste suina. Insomma, il meccanismo è sempre lo stesso: la diffusione di virus e batteri dipende in larga misura dagli squilibri ecologici di cui l’attuale sistema è responsabile.

Chiaro quindi che la sola guerra da combattere è quella contro il capitalismo, torniamo sul primo punto e cioè sulle ragioni della crescita del contagio iniziata a fine agosto e delle misure da prendere per bloccare il numero dei nuovi infetti e quindi delle morti.

Alla base della deflagrazione di marzo (il cui epicentro è stato il bergamasco e il bresciano) vi furono gli interessi economici da salvaguardare a ogni costo: le richieste perentorie degli industriali e la servile obbedienza dei politici hanno determinato il confinamento dei soli comuni di Codogno, Vo’ Euganeo e altri 9 del lodigiano. Il ritardo nel dichiarare il lockdown nell’intera Lombardia - e di lì a poco in tutta Italia - è costato decine di migliaia di morti e un contagio enormemente più diffuso di quanto non fosse rilevato dalle statistiche ufficiali, a causa di un uso dei tamponi quasi circoscritto a coloro che manifestavano sintomi.

Quando gli enormi sacrifici economici e sociali dei lavoratori generati dal confinamento stavano portando alla scomparsa del virus tra la popolazione, ecco che l’ingordigia e la stupidità dei ricchi (ben rappresentata da Briatore) e dei loro lacchè (vedi il presidente della giunta regionale della Sardegna) hanno generato migliaia di focolai in tutta Italia e hanno provocato da settembre a oggi oltre 29.000 morti.

Subito dopo l’estate– il 13 ottobre – è partito il teatrino dei nuovi DPCM, delle regioni colorate da giallo a rosso e il valzer della retorica sulla scuola come bene primario, in difesa della quale tutti si battevano e tutti, quindi, erano contro la sua chiusura. E sì, perché ciò che conta unicamente è l’apertura, il parcheggio per i ragazzi, non le macerie che restano della scuola pubblica, dopo decenni di controriforme devastanti, da quella Moratti alla “buona scuola” di Renzi: su questo punto - sulla sostanza - non è stata spesa una sola parola da tutta la stampa borghese e dai suoi intellettuali organici.

In un quadro simile, non possiamo e dobbiamo permetterci di essere indecisi. Dobbiamo rivendicare il lockdown senza alcuna concessione alle richieste dei padroni di cui la destra si è fatta alfiere e a cui anche le forze della maggioranza sono palesemente sensibili e si preparano ad assecondarle nei fatti, nascondendosi dietro un rigore solo nelle premesse e prossimo a sgretolarsi non appena la pressione delle varie forze economiche si farà ancora più forte.

Dobbiamo dire chiaramente che non si possono anteporre gli interessi economici alla salute e alla vita delle persone, in particolare di quelle più deboli, da un punto di vista sociale e sanitario. Il Comitato Tecnico Scientifico media tra la difesa della salute collettiva e la pressione di Confindustria (alcuni medici da sempre sono schierati con la destra aperturista: Bassetti, Tarro e Zangrillo).

Come si può vedere dalla curva di andamento dei contagi giornalieri sotto riportata, vi è una pericolosa tendenza a risollevarsi, palese effetto dell’allentamento delle misure avvenuto in alcune regioni diversi giorni fa.




Dobbiamo rivendicare la sospensione di tutte le attività non essenziali, l’imposizione ai padroni di applicare tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza sanitaria per i lavoratori e le lavoratrici che devono continuare a operare per il bene collettivo (sanità, agro-alimentare, telecomunicazioni, energia, informazione, etc.), rigettare misure orizzontali e inique, come quelle del Cash-back - volte a remunerare gli acquisti di chi se li può permettere - e un salario di base per tutti i lavoratori, i precari e i disoccupati toccati dalla crisi.

La ricetta per farlo? Da tempo è una delle nostre bandiere, ora in modo opportunistico agitata in parte persino dal Presidente del Parlamento europeo, Sassoli: il mancato pagamento degli interessi sul debito pubblico, con la nazionalizzazione delle banche per la tutela dei piccoli risparmiatori.

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