domenica 1 gennaio 2012

TESI SULLA RIVOLUZIONE AMERICANA


 

 


James P. Cannon

Le “ Tesi sulla rivoluzione americana ” furono redatte da Cannon e adottate dalla 12° Convenzione Nazionale dell’SWP, novembre 1946. Esse affermano che, malgrado tutta la potenza dell’imperialismo USA, fresco della sua vittoria nella Seconda Guerra mondiale, il “Secolo Americano” sarebbe fallito. Esse rigettano ogni idea che gli Usa siano immuni dalle leggi della lotta di classe. Le “Tesi Americane” sono una sonora dichiarazione di fiducia nella prospettiva di una trasformazione socialista negli Stati Uniti e nella capacità della classe operaia di compierla. Lo strumento decisivo in questa lotta di classe è la direzione di un partito operaio rivoluzionario, il cui nucleo essenziale già esisteva nell’SWP.

Questo non è un documento congiunturale. Si è soltanto preoccupato di presentare gli aspetti più fondamentali della questione. Nella sua relazione alla convention, Cannon evidenziava che “ le questioni secondarie di tattica ed anche di strategia, con tutta la loro importanza, erano state escluse… Le tesi trattano esclusivamente di un’analisi e di prospettive – e queste solo nel senso più ampio – perché questa è la base fondamentale da cui partire… Le nostre tesi…partono conformemente al metodo marxista ed alla tradizione marxista con l’analizzare ed il mettere in evidenza prima di tutto i fattori obiettivi che stanno lavorando per la rivoluzione. Questi sono primari. Questi sono fondamentali.”

Gli sviluppi negli USA alla fine della Seconda Guerra mondiale certamente sembravano confermare l’ottimismo rivoluzionario delle “Tesi” e la previsione dell’SWP che la lotta di classe negli USA si stava muovendo verso una situazione rivoluzionaria.
Il Paese fece esperienza della più grande ondata di scioperi nella sua storia – molto più grande di quella degli anni ’30. Negli anni ’30, il massimo numero di operai scioperanti in ciascun singolo anno non superò mai i due milioni ma nel 1945 circa 6,5 milioni di operai parteciparono ad azioni di sciopero. La media annuale dei giorni lavorativi scioperati nel 1935-39 era 17 milioni; nel 1945 era di 36 milioni – balzando a 116 milioni nel 1946!

L’SWP sperimentò una rapida crescita in questo periodo. Costruì frazioni sindacali in settori chiave dell’industria. La sua composizione razziale fu drammaticamente modificata, con gli operai afro-americani che costituivano da un quarto ad un terzo dei propri iscritti. Con una forte base di quadri operai il partito cominciò a pensare e a fare piani in modo da trasformarsi da un gruppo di propaganda che si indirizzava agli operai politicamente più avanzati in un partito che si impegnasse a condurre in azione un ampio numero di operai.

Le “Tesi americane” furono redatte allo scopo di educare l’ondata di nuove reclute dell’SWP alle fondamentali prospettive rivoluzionarie del partito.
Tuttavia, con grande rapidità, l’onda di scioperi terminò. Dalla primavera del 1947, l’agitazione sindacale fu al suo punto più basso dalla fondazione della CIO alla metà degli anni ’30.

La classe dominante USA, fu alla fine in grado di stabilizzare la situazione dopo la guerra per tre ragioni principali :

Le prospettive rivoluzionarie molto realistiche in Europa furono fatte deragliare dai dirigenti ingannatori stalinisti e socialdemocratici. Inoltre, l’imperialismo USA fornì aiuti su vasta scala per la ricostruzione del capitalismo europeo occidentale e giapponese.

Avendo così assicurata la sopravvivenza del capitalismo, ebbe inizio un lungo boom nei paesi imperialisti.

La caccia alle streghe anticomunista della Guerra fredda negli USA ebbe un effetto raggelante sulla vita politica e culturale. Insinuandosi seriamente in maniera sotterranea nel 1947, penetrò profondamente nel movimento dei lavoratori, con il risultato di purgare ogni corrente di opposizione e di intensificare il processo di burocratizzazione delle direzioni sindacali.

Comunque, l’epilogo dell’impeto postbellico ed il conservatorismo dei tardi anni ’40 e degli anni ’50 non invalidarono la prospettiva rivoluzionaria di base messa in evidenza nelle “Tesi americane”.



I

Gli Stati Uniti, il più potente paese capitalista della storia, sono una componente del sistema capitalista mondiale è sono soggetti alle stesse leggi generali. Sono affetti dalle stesse incurabili malattie e sono destinati ha condividere la medesima sorte. La travolgente preponderanza dell’imperialismo americano non lo esenta dalla putrefazione del capitalismo mondiale, ma al contrario agisce per coinvolgerlo sempre più profondamente, inestricabilmente, e senza speranza. Il capitalismo Usa non può più sfuggire alle conseguenze rivoluzionarie della decadenza del capitalismo mondiale quanto le più vecchie potenze capitaliste europee. Il vicolo cieco cui è giunto il capitalismo mondiale, e gli USA con esso, esclude una nuova organica era di stabilizzazione capitalista. La posizione dominante dell’imperialismo americano accentua ed aggrava l’agonia mortale del capitalismo nel suo complesso.


II

L’imperialismo americano è emerso vittorioso dalla Seconda Guerra mondiale, non solamente sui suoi rivali tedesco e giapponese, ma anche sui suo alleati “democratici”, specialmente la Gran Bretagna. Proprio perché è uscito dalla guerra enormemente rafforzato rispetto a tutti i suoi rivali, l’imperialismo USA sembra indomabile. Così imponendosi in ogni campo – diplomatico, militare, commerciale, finanziario, ed industriale – è la preponderanza di Wall Street quale consolidamento della sua egemonia mondiale che sembra essere a portata di mano. Wall Street spera di inaugurare il cosiddetto “Secolo Americano”.
In realtà, la classe dominante americana è di fronte ad ostacoli più insormontabili nell’ ”organizzazione del mondo” in confronto alla borghesia tedesca nei suoi ripetuti e fallimentari tentativi di conseguire il ben più modesto scopo di “organizzare l’Europa”.
La fulminea ascesa dell’imperialismo USA alla supremazia mondiale giunge troppo tardi. Inoltre l’imperialismo americano si regge sempre più sulle fondamenta dell’economia mondiale, in netto contrasto con la situazione prevalente prima della Prima guerra mondiale, quando si basava principalmente sul mercato interno – la fonte del suo equilibrio e dei suoi successi precedenti. Ma la base mondiale è oggi colpita da cima a fondo da contraddizioni insolubili; soffre cronici scompigli ed è minata da polveriere rivoluzionarie.
Il capitalismo americano, finora solo parzialmente interessato dall’agonia mortale del capitalismo in quanto sistema mondiale, è d’ora innanzi soggetto al pieno e diretto impatto di tutte le forze e contraddizioni che hanno indebolito i vecchi paesi capitalisti dell’Europa.
I prerequisiti economici per la rivoluzione socialista sono pienamente maturi negli USA. Allo stesso modo le premesse politiche sono molto più avanzate di quanto possa apparire alla superficie.


III


Gli USA emersero dalla Seconda guerra mondiale, proprio come era accaduto nel 1918, come l’area più forte del capitalismo mondiale. Ma qui finiscono le somiglianze dell’impatto e delle conseguenze delle due guerre sulla vita economica del paese. Per quanto riguarda gli aspetti significativi la situazione era nel frattempo drasticamente mutata.
Nel 1914-18 il principale teatro di guerra era l’Europa continentale; il resto del mondo, specialmente i paesi coloniali, non furono di fatto toccati dalle ostilità.
Di conseguenza, non solo settori dell’Europa continentale e dell’Inghilterra ma l’impalcatura principale del mercato mondiale stesso rimase intatta. Con tutti i suoi competitori europei imbrigliati nella guerra, il capitalismo americano ebbe la via spianata per la conquista di mercati.
Per di più, nel corso della Prima guerra mondiale l’Europa capitalista stessa divenne un vasto mercato per l’industria e l’agricoltura americana. La borghesia americana drenò l’Europa delle proprie ricchezze accumulate nei secoli e soppiantò i rivali del Vecchio Mondo nel mercato mondiale. Ciò permise alla classe dominante di trasformare gli Usa da debitore in banchiere e creditore del mondo, e contemporaneamente di espandere ambedue le industrie pesante (beni capitali ) e leggera (beni di consumo). Successivamente questa espansione da tempo di guerra permise il più ampio sviluppo possibile del mercato interno del proprio paese. Alla fine, non soltanto la borghesia americana ricavò enormi profitti dalla guerra ma il paese nel suo complesso emerse molto più ricco. La relativamente poco costosa partecipazione imperialista alla I° Guerra Mondiale (solo un piccolo conto di un miliardo di dollari) fu mascherata per molto tempo dai profitti economici che ne derivarono.
Profondamente differente nei suoi effetti è stata la Seconda Guerra Mondiale. Questa volta solo l’Emisfero occidentale e stato risparmiato militarmente. L’Estremo oriente, il premio principale della guerra, è stato sottoposto ad una devastazione seconda solo a quella subita dalla Germania e dall’Europa orientale. L’Europa continentale, oltre che l’Inghilterra sono state mandate in bancarotta dalla guerra. Il mercato mondiale è stato completamente distrutto. Perciò giunse al culmine il processo di restringimento, frantumazione, e logoramento che continuava dall’intervallo tra le due guerre ( la fuoriuscita di un sesto del pianeta – l’URSS - dall’orbita capitalistica; il deprezzamento dei sistemi monetari, i metodi di permuta della Germania hitleriana, l’imposizione del Giappone nei mercati dell’Asia e dell’America Latina, il Sistema Privilegiato dell’Impero Inglese, ecc., ecc.).
L’Europa, che era inadempiente per tutti i suoi precedenti debiti di guerra e dopoguerra verso gli USA, questa volta rappresentò non un’inesauribile ed altamente profittevole mercato, ma un gigantesco drenaggio di ricchezze e risorse da questo paese sotto forma di lend-lease (affitti e prestiti ), comportò la totale conversione dell’economia americana per la produzione di guerra, un’ enorme mobilitazione di manodopera, vittime su larga scala, e via dicendo.
Riguardo al mercato interno, i secondi, invece di un’espansione organica come nel 1914-18, conobbero nel corso della Seconda guerra mondiale solo una ripresa artificiale basata sulle spese di guerra.
Mentre la borghesia si era arricchita favolosamente, il paese nel complesso era diventato molto più povero; i costi astronomici della guerra non saranno mai recuperati.
Insomma, i principali fattori che una volta servivano a favorire e rafforzare il capitalismo americano o non esistettero più a lungo o si trasformarono nel loro opposto.


IV

La prosperità che segui la Prima Guerra Mondiale, salutata come una nuova era capitalista a confutazione di ogni pronostico marxista, terminò in una catastrofe economica. Ma perfino questa prosperità passeggera degli anni ’20 si basava su una combinazione di circostanze che non possono e non potranno ripresentarsi ancora. In aggiunta ai fattori già elencati, è necessario evidenziare : 1) che il capitalismo americano aveva un continente vergine da sfruttare; 2) che fino ad un certo punto è stato capace di mantenere un certo equilibrio tra l’industria e l’agricoltura; e 3) che la base principale dell’espansione capitalista è stato il suo mercato interno. Finché queste tre condizioni sussistevano – sebbene fossero già state minate – era possibile per il capitalismo conservare una relativa stabilità.
Il boom degli anni ’20 alimentava il mito della stabilità permanente del capitalismo americano, dando origine alle pompose quanto false teorie di un “nuovo capitalismo”, dell’“eccezionalità americana”, del “sogno americano”, e via dicendo, ecc. Le illusioni sulle possibilità ed il futuro del capitalismo americano furono propagandate dai riformisti e da tutti gli altri apologeti della classe dominante non solo in casa ma anche all’estero. L’“americanismo” era il vangelo di tutti gli ingannatori della classe operaia europea ed americana.
Ciò che in realtà successe durante la favolosa prosperità degli anni ’20 fu che sotto queste più favorevoli condizioni, furono poste tutte le premesse per una catastrofe economica senza precedenti. Da ciò derivò una crisi cronica dell’agricoltura americana. Da ciò derivo una mostruosa concentrazione delle ricchezze in pochissime mani. Come conseguenza il resto della popolazione divenne relativamente più povera. Per ciò, mentre nel decennio 1920-30, la produttività industriale aumentò del 50 % , crebbero solo del 30%. Gli operai erano in grado di acquistare – in tempo di prosperità – proporzionalmente meno di prima.
Il relativo impoverimento della popolazione americana è altrettanto rispecchiato dalle statistiche nazionali sulla ricchezza. Nel 1928 la quota operaia della ricchezza nazionale era caduta al 4,7% ; gli agricoltori (farmers) conservavano solo il 15,4%. Allo stesso tempo, la quota borghese della ricchezza nazionale era salita al 79,9%, la maggior parte della quale concentrata nelle mani delle Sessanta Famiglie e dei loro accoliti.
La distribuzione del reddito nazionale esprimeva parimenti questa mostruosa sproporzione. Nel 1929 all’apice della prosperità, 36.000 famiglie avevano lo stesso reddito di 11 milioni di famiglie appartenenti alla fascia di reddito più bassa.
Questa concentrazione di ricchezza era un fattore cardine nel limitare la capacità di assorbimento del mercato interno. Sbocchi esterni per l’agricoltura e l’industria che compensassero non si potevano trovare in un mercato mondiale compresso.
Inoltre, il bisogno di esportare materie prime e prodotti agricoli tende a squilibrare ulteriormente il commercio estero americano. Ciò inevitabilmente conduceva ad un ulteriore sconvolgimento del mercato mondiale, i cui partecipanti erano paesi debitori, essi stessi bisognosi di vendere più che comprare allo scopo di coprire i pagamenti sui propri debiti, in gran parte dovuti agli USA.
Pur apparendo e agendo nel ruolo di stabilizzatori del capitalismo, gli imperialisti americani erano per ciò i suoi più grandi perturbatori sia in casa che all’estero. Gli USA si rivelarono la principale fonte dell’instabilità mondiale, quelli che principalmente aggravavano le contraddizioni imperialistiche.
Nel frattempo tra le due guerre ciò fu rivelato molto più efficacemente dal fatto che tutte le convulsioni economiche cominciarono nella Repubblica del Dollaro, la dimora del “rude individualismo”. Questo fu il caso della crisi del primo dopoguerra del 1920-21; ciò si ripeté otto anni dopo quando la sproporzione tra agricoltura ed industria raggiunse il punto di rottura e quando il mercato interno si era saturato a causa dell’impoverimento della popolazione da una parte e l’ingrassamento dei monopolisti dall’altra. Il Grande Boom Americano esplose in una crisi che distrusse le fondamenta economiche di tutti i paesi capitalisti.

V

La crisi economica del 1929 non fu una crisi ciclica come quelle che accompagnavano lo sviluppo organico del capitalismo nel passato, conducendo ad un nuovi e più alti livelli produttivi. Fu una grave crisi storica del capitalismo in decadenza, che non poté essere superata attraverso i “normali” canali; cioè a dire, attraverso la cieca interazione delle leggi che governano il mercato.
La produzione di fatto si arrestò. Il reddito nazionale si ridusse a meno della metà, precipitando da 81 miliardi di dollari nel 1929 a 40 miliardi di dollari nel 1932. L’industria e l’agricoltura diminuirono. L’ esercito dei disoccupati aumento dalla cifra “normale” di 10 milioni, raggiungendo la vertiginosa cifra di 20 milioni. Secondo le stime ufficiali, basate sulle medie del 1929, le perdite negli anni 1930-38 ammontavano a 43 milioni di uomini in età lavorativa, e a 133 miliardi di dollari di reddito nazionale.
Dal 1939 il debito nazionale salì vertiginosamente a 40 miliardi di dollari, circa 14 miliardi in più del punto toccato alla fine della Prima guerra mondiale. Il numero dei disoccupati si mantenne gravitante intorno ai 10 milioni. L’industria e l’agricoltura stagnavano. Il commercio estero degli USA in un ridotto mercato mondiale scese a meno della metà della sua quota “normale” del tempo di pace.
Ciò che tutte queste cifre in realtà esprimono è una spaventosa degradazione degli standards di vita dei lavoratori e della classe media, e il netto impoverimento del “terzo diseredato” della popolazione. Il sottilissimo strato di monopolisti, naturalmente, non soffrì affatto, ma al contrario utilizzò la crisi per ingoiare addirittura una più ampia quota della ricchezza e delle risorse del paese.
La borghesia non vedeva vie d’uscita dalla crisi. Non aveva vie d’uscita. Lei ed il suo regime restavano il principale ostacolo sulla strada della ripresa non solo interna ma anche mondiale. Nel suo tuffo nel baratro, la borghesia americana trascinò con sé il resto del capitalismo mondiale, e celo tenne.
Decisivo fu il fatto che nonostante tutti i “tentativi di rimettere in moto”, le “equipe di esperti”, e le “riforme” di emergenza, il capitalismo americano era incapace di risolvere la crisi. La parziale ripresa del 1934-37 si rivelò temporanea e di carattere transitorio. La caduta precipitosa che si verificò nel 1937 rivelò l’abisso che stava di fronte al capitalismo americano. La nuova minacciosa caduta nel baratro fu interrotta solo dalle enormi spese per la preparazione della Seconda guerra mondiale.
Solo la guerra risolse temporaneamente la crisi economica che era durata dieci anni in entrambi gli emisferi. La cupa realtà, comunque, è che questa “soluzione” non ha risolto esattamente nulla. Tanto meno rimosse o anche alleviò almeno una delle cause principali della crisi del 1929.

VI

La basi dell’attuale prosperità postbellica americana è l’espansione artificiale dell’industria e dell’agricoltura attraverso una spesa pubblica senza precedenti che sta ingrossando costantemente l’enorme debito nazionale. Nel suo carattere fittizio il boom bellico e postbellico dei primi anni ’40 superò di gran lunga l’orgia cui prese parte il capitalismo europeo nel 1914-18 e negli anni dell’immediato dopoguerra. La deviazione della produzione verso l’industria di guerra su una scala senza precedenti ebbe come conseguenza una temporanea scarsità dei beni di consumo. Il mercato interno ed estero sembrarono acquisire una nuova capacità di assorbimento. Le scarsità universali e le distruzioni di guerra stavano agendo da sproni temporanei alla produzione, soprattutto nel campo dei beni di consumo.
Nel complesso, comunque, l’impoverimento universale, lo sconvolgimento economico, fiscale, e dei sistemi di governo, collegati ai mali cronici e alle contraddizioni del capitalismo, non furono attenuati ma aggravati dalla guerra.
Se anche noi moltiplicassimo la condizione in cui il capitalismo europeo, con l’Inghilterra alla sua testa emerse dalla Prima Guerra mondiale per 10 o in alcuni casi per cento – a causa delle conseguenze su più vasta scala della Seconda Guerra mondiale – arriveremo ad una approssimazione dell’attuale stato del capitalismo americano.
Ogni singolo fattore sottostante la prosperità corrente da tempo di pace è effimero. Questo paese è uscito dalla Seconda guerra mondiale non più ricco come era l’agio negli anni ’20, ma più povero – in un mondo molto più impoverito. La sproporzione tra agricoltura ed industria è nello stesso modo cresciuta tremendamente, malgrado l’espansione dell’agricoltura in serra. La concentrazione della ricchezza e la polarizzazione della popolazione americana tra ricchi e poveri è continuata a passi forzati.
La condizione di base che fece precipitare la crisi del 1929 quando il capitalismo godeva di più buona salute non solo persiste ma è peggiorata. Una volta che il mercato interno si satura nuovamente non si può sperare in un adeguato sbocco nel mercato mondiale squilibrato. La capacità produttiva enormemente aumentata degli USA si scontra con i limiti del mercato mondiale e con la sua capacità in diminuzione. L’Europa stessa in rovina ha necessità di esportare. Lo stesso vale per l’Oriente in rovina, il cui equilibrio è stato sconvolto dal Giappone la sua regione più avanzata.
L’Europa ha un terribile bisogno di miliardi in prestito. In aggiunta al lend-lease, Wall Street ha già pompato quasi 5 miliardi di $ in prestiti all’Inghilterra; quasi 2 alla Francia; e una somma più piccola agli altri paesi satelliti dell’Europa occidentale- pur non ottenendo tuttavia alcuna parvenza di stabilità. L’Europa capitalista in bancarotta resta un competitore sul mercato mondiale ed un inesauribile canale di drenaggio. L’Oriente, pure, ha bisogno di prestiti, soprattutto la Cina, che, sebbene alle prese con la guerra civile, ha già inghiottito tanti dollari americani quanti la Germania nei primi anni ’20.
All’interno, i materiali esplosivi sono stati accumulati ad un ritmo veramente americano. Le spese che elevano l’enorme debito nazionale; l’astronomico bilanciò militare del “tempo di pace” (18.5 miliardi di $ per quest’anno); l’inflazione, le “spese generali” del programma di dominio del mondo di Wall Street, ecc., ecc. – tutto ciò può derivare da una sola fonte e da un solo reddito nazionale. In parole chiare, dal potere d’acquisto delle masse. La degradazione delle condizioni di vita dei lavoratori e l’impoverimento degli agricoltori e della classe media urbana, questo è il senso del programma di Wall Street.


VII

Le seguenti conclusioni derivano dalla situazione obbiettiva: l’imperialismo USA che si è rivelato incapace di riprendersi dal sua crisi e di stabilizzarsi nei 10 anni precedenti allo scoppio della Seconda guerra mondiale si sta dirigendo verso una ancor più catastrofica esplosione nell’attuale era postbellica. Il fattore cardine che potrebbe far saltare la valvola è questo: il mercato interno dopo un iniziale e artificiale ripresa, dovrebbe contrarsi. Non può espandersi come fece negli anni ’20. Ciò che realmente ha in serbo non è una prosperità illimitata ma un boom di breve durata. Dietro al boom doveva seguire un altra crisi e depressione tale da far apparire a paragone prospere le condizioni del 1929-32. (fine VII tesi)


VIII

L’imminente parossismo economico deve, sotto le condizioni esistenti, passare inesorabilmente per la crisi sociale e politica del capitalismo americano, ponendo nettamente lungo il suo corso la questione di chi sarà il padrone in terra. Nella loro folle corsa per conquistare e schiavizzare il mondo intero, i monopolisti americani stanno oggi preparando una guerra contro l’Unione Sovietica. Questo programma di guerra, che potrebbe essere portato a compimento in seguito ad una crisi o alla paura di una crisi interna, incontrerà incalcolabili ostacoli e difficoltà. Una guerra non risolverà le difficoltà interne dell’imperialismo americano ma piuttosto le acuirà e le complicherà. Questa guerra andrebbe incontro ad una accanita resistenza non solo da parte dei popoli dell’URSS, ma anche da parte delle masse europee e coloniali che non vogliono essere schiave di Wall Street. In casa si produrrebbe la resistenza più accanita. La campagna di guerra di Wall Street, aggravando la crisi sociale, potrebbe in determinate condizioni realmente precipitarla. Ad ogni modo, un’altra guerra non annullerebbe l’alternativa socialista al capitalismo ma la porrebbe solamente in maniera più acuta.
La lotta degli operai per il potere negli USA non è una prospettiva di un futuro distante e sfocato ma il realistico programma della nostra epoca.


IX

Il movimento rivoluzionario dei lavoratori americani è parte organica del processo rivoluzionario mondiale. Gli sconvolgimenti rivoluzionari del proletariato europeo che si trova in una situazione avanzata potrebbero integrare, rafforzare ed accelerare lo sviluppo rivoluzionario negli USA. le lotte di liberazione dei popoli delle colonie contro l’imperialismo che si svolgono davanti ai nostri occhi eserciteranno un’influenza analoga. Viceversa ogni colpo assestato dal proletariato americano agli imperialisti di casa stimolerà, integrerà e intensificherà le lotte rivoluzionarie in Europa e nelle colonie. Ogni rovescio subito dall’imperialismo in qualsiasi posto produrrà una dopo l’altra sempre più vaste ripercussioni nel proprio paese, generando una tale accelerazione e energia da tendere a ridurre ogni intervallo temporale sia all’interno che all’esterno.


X

Il ruolo dell’America nel mondo è decisivo. Dovessero le rivoluzioni europea e coloniale, ormai all’ordine del giorno, precedere per una questione di tempo l’apice della lotta negli USA, si troveranno immediatamente di fronte alla necessità di difendere le proprie conquiste contro l’assalto economico e militare del mostruoso imperialista americano. La capacità dei popoli dovunque siano insorti vittoriosamente di affermarsi dipenderà ad un grado elevato dalla forza e dalla capacità di lotta del movimento rivoluzionario del lavoro in America. I lavoratori americani saranno allora costretti a venire in loro aiuto, proprio come la classe operaia dell’Europa occidentale venne in aiuto della rivoluzione russa e la salvò bloccando gli assalti totali militari imperialisti contro la giovane repubblica operaia.
Ma anche se la rivoluzione in Europa e in altre parti del mondo dovesse subire ancora una volta un ritardo, ciò non significherà una prolungata stabilizzazione del sistema capitalista mondiale. L’esito del socialismo o del capitalismo non sarà determinato definitivamente fino a che non sia stato determinato negli USA. Un altro ritardo della rivoluzione proletaria in un paese o l’altro o in un continente o l’altro, non salverà l’imperialismo americano dalla sua nemesi proletaria interna. Le battaglie decisive per il futuro comunista del genere umano saranno combattute negli USA.
La vittoria rivoluzionaria dei lavoratori negli USA suggellerà in ogni parte del nostro pianeta la rovina dei decrepiti regimi borghesi, e della burocrazia stalinista, se esisterà ancora a quel tempo. La Rivoluzione Russa sollevò i lavoratori ed i popoli delle colonie. La rivoluzione americana con il suo potere centinaia di volte più grande metterà in moto forze rivoluzionarie che cambieranno la faccia del nostro pianeta. Tutto l’emisfero occidentale verrebbe velocemente unificato negli Stati Uniti del Nord, Centro e Sud America. Questa invincibile potenza unendosi ai movimenti rivoluzionari in ogni parte del mondo, metterebbe fine ai residui del sistema capitalista nel loro complesso e avvierebbe il grandioso compito della ricostruzione del pianeta sotto la bandiera degli Stati Uniti del Mondo.


XI

Mentre il problema principale dei lavoratori nella Rivoluzione russa era conservare il potere una volta che l’ebbero conquistato, il problema negli Stati Uniti è quasi esclusivamente il problema della conquista del potere da parte dei lavoratori. La conquista del potere negli Stati uniti sarà più difficile di quanto lo fu nella Russia arretrata ma proprio per questa ragione sarà molto più facile consolidarla e proteggerla. I pericoli di controrivoluzione interna, d’intervento straniero, di blocco imperialista, e di degenerazione burocratica di una casta di lavoratori privilegiata – in Russia derivarono tutti dalla debolezza numerica del proletariato, dal lungo periodo di povertà e di arretratezza ereditato dallo zarismo, e dall’isolamento della Rivoluzione russa. Questi pericoli furono qui in ultima analisi inevitabili.
Questi rischi esistono appena negli USA. Grazie alla schiacciante superiorità numerica ed al peso sociale del proletariato, al suo elevato livello culturale e potenziale; grazie alle enormi risorse del paese, alla sua capacità produttiva ed alla forza preponderante sull’arena mondiale, la rivoluzione proletaria vittoriosa negli USA, una volta che abbia consolidato il proprio potere sarà quasi automaticamente assicurata contro la restaurazione capitalista sia per mezzo di una controrivoluzione interna o attraverso un intervento straniero e un blocco imperialista.
Così come per il pericolo di una degenerazione burocratica dopo la vittoria della rivoluzione – questo può solo derivare dai privilegi che si basano a loro volta sull’arretratezza, la povertà, e le scarsità universali. Un tale rischio non avrebbe il fondamento materiale negli USA. Qui il governo trionfante degli operai e dei contadini (farmers) esattamente gia dall’inizio sarebbe capace di organizzare la produzione socialista a livelli di gran lunga più alti che sotto il capitalismo, ed assicurare alle masse, dall’oggi al domani, un tale standard di vita elevato da spogliare i privilegi materiali di un qualsiasi serio significato. Le speculazioni di Mawkish circa il pericolo di una degenerazione burocratica dopo la rivoluzione vittoriosa, non servono ad altro scopo che introdurre lo scetticismo ed il pessimismo nei ranghi dell’avanguardia dei lavoratori, paralizzare le loro volontà di lotta, fornendo agli animi deboli e piagnucolosi un comodo pretesto per fuggire dalla lotta. Il problema negli USA è quasi esclusivamente il problema della conquista del potere politico da parte dei lavoratori.

XII

Nella futura lotta per il potere i vantaggi principali saranno dalla parte dei lavoratori; con un’adeguata mobilitazione delle proprie forze ed una direzione appropriata, i lavoratori vinceranno. Se uno volesse confrontarsi con la dura realtà e non con superficiali apparenze, questo sarebbe il solo modo di porre la questione. La classe capitalista americana è forte, ma la classe operaia americana è più forte.
La forza numerica ed il peso sociale della classe operaia americana, accresciuto moltissimo dalla guerra, è schiacciante nella vita del paese. Nulla può levarsi contro esso. La produttività del lavoro americana, anch’essa accresciutasi moltissimo in tempo di guerra, è la più alta al mondo. Ciò significa capacità tecnica, e la capacità tecnica significa potere.
Gli operai americani sono abituati ai più alti standards di vita e di lavoro. L’opinione molto diffusa che alti salari siano un fattore di conservatorismo tendente a rendere gli operai insensibili alle idee rivoluzionarie ed all’azione è unilaterale e falsa. Ciò vale solo nelle circostanze della stabilità capitalista dove lo standard di vita relativamente elevato può essere mantenuto e anche migliorato. Ciò è da escludere per il futuro, come tutte le nostre analisi hanno dimostrato. D’altro canto, i lavoratori reagiscono in maniera molto sensibile e violenta ad ogni violazione dei propri standards di vita. Ciò è già stato dimostrato dalle ondate di scioperi dove grandi masse di operai “conservatori” sono ricorsi alle più militanti e radicali linee di condotta. Nella situazione data, perciò, lo standard di vita relativamente alto degli operai americani è un fattore rivoluzionario e non conservatore, come comunemente si crede.
Il potenziale rivoluzionario della classe è inoltre rafforzato dal loro tradizionale attivismo unito alla capacità di reagire quasi spontaneamente in difesa dei propri interessi vitali, e dalla loro singolare grande disponibilità di risorse ed ingegnosità (gli scioperi con occupazione dei posti di lavoro!).
Un altro fattore altamente importante nell’elevamento del potenziale rivoluzionario della classe operaia americana il suo grandissimo aumento di coesione ed omogeneità – una trasformazione compiuta nell’ultimo quarto di secolo. Precedentemente, ampi e decisivi settori del proletariato nelle industrie fondamentali erano reclutati nell’immigrazione. Questi lavoratori nati all’estero erano svantaggiati e divisi dalle barriere linguistiche, trattati come dei paria sociali, e privati della cittadinanza e dei più elementari diritti civili. Tutte queste circostanze sembravano essere delle barriere insormontabili nella strada della loro organizzazione e del loro funzionamento come forza lavoro unita. Negli anni intercorsi, comunque, questi lavoratori nati all’estero furono assimilati ed “americanizzati”. Loro e i loro figli costituiscono oggi un forte, combattivo ed articolato distaccamento del movimento operaio organizzato.
Un’altrettanto significativo e profondo sviluppo è rappresentato dalla trasformazione che ha riguardato la posizione occupata dai Neri. In passato esclusi e privati dei diritti e dei benefici dell’organizzazione dai reazionari sindacati di mestiere dominanti e, dall’altra parte, considerati e talvolta utilizzati dai datori di lavoro come riserva ai fini del crumiraggio, masse di Neri erano penetrate dagli anni ’20 nelle industrie fondamentali e nei sindacati. Non meno di 2 milioni di neri sono membri della CIO, dell’AFL, e di sindacati indipendenti. Hanno dimostrato nelle lotte dei grandi scioperi di stare nelle prime linee progressiste e militanti.
I lavoratori americani hanno il vantaggio di essere relativamente liberi, specialmente gli strati più giovani e più combattivi, dai pregiudizi riformisti. La classe nel suo complesso non è stata infettata dal veleno debilitante del riformismo, sia nella sua variante classica “socialista” che nel più recente genere stalinista. Di conseguenza, una volta che si metteranno in azione accetteranno con più facilità le soluzioni più radicali. Nessun settore importante della classe, tanto meno la classe nel suo complesso è stato demoralizzato da sconfitte. Finalmente questa giovane e poderosa forza è coinvolta nelle fasi decisive della lotta di classe ad un ritmo che crea premesse senza precedenti per la radicalizzazione di massa.

XIII

Molto è stato detto riguardo “l’arretratezza” della classe operaia americana come giustificazione per un punto di vista pessimista, per il differimento della rivoluzione socialista ad un futuro remoto, e per l’abbandono della lotta. Questa è una visione molto superficiale dei lavoratori americani e delle loro prospettive.
È vero che questa classe, sotto molti aspetti la più avanzata e progressiva del mondo, non ha ancora imboccato la via dell’azione politica indipendente su scala di massa. Ma questa debolezza può essere superata velocemente. Sotto la costrizione della necessità oggettiva non solo le persone arretrate ma anche le classi arretrate nei paesi avanzati sono spinte a bruciare grandi distanze con un sol balzo. A dire il vero, la classe operaia americana ha già fatto un simile balzo che l’ha fatta avanzare molto avanti rispetto alle sue vecchie posizioni.
I lavoratori entrarono nella crisi del 1929 come una massa disorganizzata ed atomizzata imbevuta di illusioni riguardo il “ rude individualismo”, l’ “iniziativa privata”, la “libera impresa”, l’ “American Way”, ecc., ecc. Meno del 10% del totale della classe era organizzato nell’ ambito delle Trade Unions (meno di tre milioni su 33 nel 1929). Per di più questo modesto strato abbracciava prevalentemente i lavoratori altamente qualificati e privilegiati, organizzati nelle antiquate unioni di mestiere. Il principale e più decisivo settore dei lavoratori conosceva l’unionismo solo come “sindacalismo d’impresa”, rimanendo esclusi dal beneficio, dall’esperienza ed anche dalla comprensione della più elementare forma di organizzazione operaia – il sindacato. Loro erano considerati e trattati come una pura e semplice materia prima per lo sfruttamento capitalista, senza diritti o protezione o ogni sicurezza d’impiego.
Come conseguenza, la crisi del 1929 trovò la classe operaia indebolita e impotente. Per tre anni le masse rimasero stordite e disorientate dal disastro. La loro resistenza era estremamente limitata e sporadica. Ma la loro rabbia e risentimento si accumularono. I successivi cinque anni, (1931-1937) coincisero con una parziale ripresa dell’industria, testimoniata da una serie di enormi scontri, lotte di strada e scioperi con occupazioni – una guerra civile embrionale – il cui risultato finale fu un balzo, un enorme balzo, per milioni di operai dalla non esistenza come forza organizzata alla coscienza sindacale e organizzativa. Una volta innescatosi, il movimento per la sindacalizzazione crebbe a dismisura, abbracciando oggi quasi 15 milioni in tutte le industrie fondamentali.
Con un balzo – in un breve decennio i lavoratori americani acquistarono la coscienza sindacale ad una livello più elevato e con organizzazioni più potenti che in ogni altro paese avanzato. Nello studio e nell’analisi di questa grande trasformazione, piuttosto che nell’insulsa meditazione sulla “arretratezza” degli operai americani, uno può trovare la chiave degli sviluppi presenti e futuri. Sotto l’impatto di grandi eventi e di pressanti necessità i lavoratori americani avanzeranno oltre i limiti del sindacalismo ed acquisteranno con un analogo vasto movimento la coscienza e l’organizzazione politica di classe.


XIV

Lo strumento decisivo della rivoluzione proletaria è il partito dell’avanguardia cosciente di classe. Senza la direzione di questo partito, le più favorevoli situazioni rivoluzionarie, che derivano dalle circostanze oggettive, non potrebbero condurre alla vittoria finale del proletariato ed agli inizi dell’organizzazione pianificata della società su basi socialiste. Ciò fu dimostrato in maniera definitiva – e positiva – durante la Rivoluzione Russa del 1917. Questa stessa lezione di principio deriva non meno irrefutabilmente – anche se negativamente – dell’intera esperienza mondiale dell’epoca delle guerre, delle rivoluzioni e delle rivolte coloniali che cominciarono con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914.
Tuttavia, questa conclusione fondamentale che deriva dalla vasta e tragica esperienza dell’ultimo terzo di un secolo può essere ed è stata dedita ad un interpretazione reazionaria da parte di una scuola di neo-revisionismo, rappresentata dagli ideologi, filosofi, e preti della prostrazione, della capitolazione e della disfatta. Loro affermano in realtà che : ” Quando il partito rivoluzionario è piccolo e debole è inutile parlare di possibilità rivoluzionarie. La debolezza del partito cambia ogni cosa”. Gli autori di questa “teoria” rigettano e ripudiano il marxismo, abbracciando al suo posto la scuola soggettiva della sociologia. Loro isolano il fattore della relativa debolezza numerica del partito rivoluzionario, in un dato momento, dalla totalità degli sviluppi economici e politici che creano tutte le condizioni necessarie e sufficienti per la rapida crescita dell’avanguardia del partito rivoluzionario.
Data una situazione obbiettivamente rivoluzionaria, un partito proletario – anche uno piccolo – attrezzato con un chiaro programma marxista e con quadri fermi può espandere le proprie forze e giungere alla testa del movimento rivoluzionario di massa in un periodo di tempo relativamente breve. Ciò inoltre è stato confermato definitivamente – e positivamente – dalle esperienze della Rivoluzione Russa del 1917. Qui il Partito Bolscevico, capeggiato da Lenin e Trotsky, balzò innanzi da una minuscola posizione minoritaria, precisamente emergendo dal sottosuolo e dall’isolamento di Febbraio alla conquista del potere in Ottobre – in un periodo di nove mesi.
La debolezza numerica, effettivamente, non è una virtù per un partito rivoluzionario ma una debolezza può essere superata da un lavoro persistente e una lotta risoluta. Negli USA tutte le condizioni sono nella fase di dispiegamento per la rapida trasformazione dell’avanguardia organizzata da una un gruppo di propaganda ad un partito di massa abbastanza forte da condurre la lotta rivoluzionaria per il potere.


XV

Le disperate condizioni del capitalismo americano, inestricabilmente connesse all’agonia mortale del capitalismo mondiale, sono dirette a condurre ad una crisi sociale di tali catastrofiche proporzioni da porre la rivoluzione proletaria all’ordine del giorno.
In questa crisi, è realistico aspettarsi che i lavoratori americani che hanno conquistato la coscienza e l’organizzazione sindacali in un decennio, passeranno attraverso un’altra grande trasformazione nella propria mentalità, acquisendo una coscienza ed un’ organizzazione politica. Se nel corso di questo sviluppo dinamico si sarà formato un partito di massa dei lavoratori basato sui sindacati, ciò non rappresenterà una deviazione nella stasi e futilità riformista, come accadde in Inghilterra ed altrove all’epoca dell’ascesa del capitalismo.
Da tutti i segnali, rappresenterà piuttosto uno stadio preliminare nella radicalizzazione politica dei lavoratori americani, che li preparerà per la guida diretta del partito rivoluzionario.
L’avanguardia del partito rivoluzionario, destinata a dirigere questo tumultuoso movimento rivoluzionario negli USA non deve essere creata. Esiste già ed il suo nome è Socialist Workers Party. Esso è il solo legittimo erede e continuatore del pionieristico Comunismo americano e del movimento rivoluzionario dei lavoratori americani da cui ha avuto origine. Il suo nucleo ha già preso corpo in tre decenni di lavoro incessante e di lotta contro corrente. Il suo programma è stato messo a punto nelle battaglie ideologiche e difeso con successo contro ogni genere d’assalto. Il nucleo fondamentale di una direzione professionale è stato radunato e educato allo spirito irreconciliabile del partito di lotta della rivoluzione.
Il compito dell’SWP consiste semplicemente in questo: rimanere fedele al proprio programma ed alla propria bandiera; renderlo più preciso ad ogni nuovo sviluppo ed applicarlo correttamente nella lotta di classe; espandersi e crescere con la crescita del movimento rivoluzionario di massa, aspirando sempre a guidarlo alla vittoria nella lotta per il potere politico.

Portogallo: a 50 anni dalla rivoluzione dei garofani

Riportiamo un articolo pubblicato dalla UIT perché ci sembra un contributo utile per la comprensione storica degli avvenimenti in questione ...