James P. Cannon
Le “ Tesi sulla
rivoluzione americana ” furono redatte da Cannon e adottate dalla 12°
Convenzione Nazionale dell’SWP, novembre 1946. Esse affermano che, malgrado
tutta la potenza dell’imperialismo USA, fresco della sua vittoria nella Seconda
Guerra mondiale, il “Secolo Americano” sarebbe fallito. Esse rigettano ogni
idea che gli Usa siano immuni dalle leggi della lotta di classe. Le “Tesi
Americane” sono una sonora dichiarazione di fiducia nella prospettiva di una
trasformazione socialista negli Stati Uniti e nella capacità della classe
operaia di compierla. Lo strumento decisivo in questa lotta di classe è la
direzione di un partito operaio rivoluzionario, il cui nucleo essenziale già
esisteva nell’SWP.
Questo non è un
documento congiunturale. Si è soltanto preoccupato di presentare gli aspetti
più fondamentali della questione. Nella sua relazione alla convention, Cannon evidenziava
che “ le questioni secondarie di tattica ed anche di strategia, con tutta la
loro importanza, erano state escluse… Le tesi trattano esclusivamente di
un’analisi e di prospettive – e queste solo nel senso più ampio – perché questa
è la base fondamentale da cui partire… Le nostre tesi…partono conformemente al
metodo marxista ed alla tradizione marxista con l’analizzare ed il mettere in
evidenza prima di tutto i fattori obiettivi che stanno lavorando per la
rivoluzione. Questi sono primari. Questi sono fondamentali.”
Gli sviluppi
negli USA alla fine della Seconda Guerra mondiale certamente sembravano
confermare l’ottimismo rivoluzionario delle “Tesi” e la previsione dell’SWP che
la lotta di classe negli USA si stava muovendo verso una situazione rivoluzionaria.
Il Paese fece
esperienza della più grande ondata di scioperi nella sua storia – molto più
grande di quella degli anni ’30. Negli anni ’30, il massimo numero di operai
scioperanti in ciascun singolo anno non superò mai i due milioni ma nel 1945
circa 6,5 milioni di operai parteciparono ad azioni di sciopero. La media
annuale dei giorni lavorativi scioperati nel 1935-39 era 17 milioni; nel 1945
era di 36 milioni – balzando a 116 milioni nel 1946!
L’SWP
sperimentò una rapida crescita in questo periodo. Costruì frazioni sindacali in
settori chiave dell’industria. La sua composizione razziale fu drammaticamente
modificata, con gli operai afro-americani che costituivano da un quarto ad un
terzo dei propri iscritti. Con una forte base di quadri operai il partito
cominciò a pensare e a fare piani in modo da trasformarsi da un gruppo di
propaganda che si indirizzava agli operai politicamente più avanzati in un
partito che si impegnasse a condurre in azione un ampio numero di operai.
Le “Tesi
americane” furono redatte allo scopo di educare l’ondata di nuove reclute
dell’SWP alle fondamentali prospettive rivoluzionarie del partito.
Tuttavia, con
grande rapidità, l’onda di scioperi terminò. Dalla primavera del 1947,
l’agitazione sindacale fu al suo punto più basso dalla fondazione della CIO
alla metà degli anni ’30.
La classe
dominante USA, fu alla fine in grado di stabilizzare la situazione dopo la
guerra per tre ragioni principali :
Le prospettive
rivoluzionarie molto realistiche in Europa furono fatte deragliare dai
dirigenti ingannatori stalinisti e socialdemocratici. Inoltre, l’imperialismo
USA fornì aiuti su vasta scala per la ricostruzione del capitalismo europeo
occidentale e giapponese.
Avendo così
assicurata la sopravvivenza del capitalismo, ebbe inizio un lungo boom nei
paesi imperialisti.
La caccia alle
streghe anticomunista della Guerra fredda negli USA ebbe un effetto raggelante
sulla vita politica e culturale. Insinuandosi seriamente in maniera sotterranea
nel 1947, penetrò profondamente nel movimento dei lavoratori, con il risultato
di purgare ogni corrente di opposizione e di intensificare il processo di
burocratizzazione delle direzioni sindacali.
Comunque,
l’epilogo dell’impeto postbellico ed il conservatorismo dei tardi anni ’40 e
degli anni ’50 non invalidarono la prospettiva rivoluzionaria di base messa in
evidenza nelle “Tesi americane”.
I
Gli Stati
Uniti, il più potente paese capitalista della storia, sono una componente del
sistema capitalista mondiale è sono soggetti alle stesse leggi generali. Sono
affetti dalle stesse incurabili malattie e sono destinati ha condividere la
medesima sorte. La travolgente preponderanza dell’imperialismo americano non lo
esenta dalla putrefazione del capitalismo mondiale, ma al contrario agisce per
coinvolgerlo sempre più profondamente, inestricabilmente, e senza speranza. Il
capitalismo Usa non può più sfuggire alle conseguenze rivoluzionarie della
decadenza del capitalismo mondiale quanto le più vecchie potenze capitaliste
europee. Il vicolo cieco cui è giunto il capitalismo mondiale, e gli USA con
esso, esclude una nuova organica era di stabilizzazione capitalista. La
posizione dominante dell’imperialismo americano accentua ed aggrava l’agonia
mortale del capitalismo nel suo complesso.
II
L’imperialismo
americano è emerso vittorioso dalla Seconda Guerra mondiale, non solamente sui
suoi rivali tedesco e giapponese, ma anche sui suo alleati “democratici”,
specialmente la Gran Bretagna. Proprio perché è uscito dalla guerra enormemente
rafforzato rispetto a tutti i suoi rivali, l’imperialismo USA sembra
indomabile. Così imponendosi in ogni campo – diplomatico, militare,
commerciale, finanziario, ed industriale – è la preponderanza di Wall Street
quale consolidamento della sua egemonia mondiale che sembra essere a portata di
mano. Wall Street spera di inaugurare il cosiddetto “Secolo Americano”.
In realtà, la
classe dominante americana è di fronte ad ostacoli più insormontabili nell’
”organizzazione del mondo” in confronto alla borghesia tedesca nei suoi
ripetuti e fallimentari tentativi di conseguire il ben più modesto scopo di
“organizzare l’Europa”.
La fulminea
ascesa dell’imperialismo USA alla supremazia mondiale giunge troppo tardi.
Inoltre l’imperialismo americano si regge sempre più sulle fondamenta
dell’economia mondiale, in netto contrasto con la situazione prevalente prima
della Prima guerra mondiale, quando si basava principalmente sul mercato
interno – la fonte del suo equilibrio e dei suoi successi precedenti. Ma la
base mondiale è oggi colpita da cima a fondo da contraddizioni insolubili;
soffre cronici scompigli ed è minata da polveriere rivoluzionarie.
Il capitalismo
americano, finora solo parzialmente interessato dall’agonia mortale del
capitalismo in quanto sistema mondiale, è d’ora innanzi soggetto al pieno e
diretto impatto di tutte le forze e contraddizioni che hanno indebolito i
vecchi paesi capitalisti dell’Europa.
I prerequisiti
economici per la rivoluzione socialista sono pienamente maturi negli USA. Allo
stesso modo le premesse politiche sono molto più avanzate di quanto possa
apparire alla superficie.
III
Gli USA
emersero dalla Seconda guerra mondiale, proprio come era accaduto nel 1918,
come l’area più forte del capitalismo mondiale. Ma qui finiscono le somiglianze
dell’impatto e delle conseguenze delle due guerre sulla vita economica del
paese. Per quanto riguarda gli aspetti significativi la situazione era nel
frattempo drasticamente mutata.
Nel 1914-18 il
principale teatro di guerra era l’Europa continentale; il resto del mondo,
specialmente i paesi coloniali, non furono di fatto toccati dalle ostilità.
Di conseguenza,
non solo settori dell’Europa continentale e dell’Inghilterra ma l’impalcatura
principale del mercato mondiale stesso rimase intatta. Con tutti i suoi
competitori europei imbrigliati nella guerra, il capitalismo americano ebbe la
via spianata per la conquista di mercati.
Per di più, nel
corso della Prima guerra mondiale l’Europa capitalista stessa divenne un vasto
mercato per l’industria e l’agricoltura americana. La borghesia americana drenò
l’Europa delle proprie ricchezze accumulate nei secoli e soppiantò i rivali del
Vecchio Mondo nel mercato mondiale. Ciò permise alla classe dominante di
trasformare gli Usa da debitore in banchiere e creditore del mondo, e
contemporaneamente di espandere ambedue le industrie pesante (beni capitali ) e
leggera (beni di consumo). Successivamente questa espansione da tempo di guerra
permise il più ampio sviluppo possibile del mercato interno del proprio paese.
Alla fine, non soltanto la borghesia americana ricavò enormi profitti dalla
guerra ma il paese nel suo complesso emerse molto più ricco. La relativamente
poco costosa partecipazione imperialista alla I° Guerra Mondiale (solo un
piccolo conto di un miliardo di dollari) fu mascherata per molto tempo dai
profitti economici che ne derivarono.
Profondamente
differente nei suoi effetti è stata la Seconda Guerra Mondiale. Questa volta
solo l’Emisfero occidentale e stato risparmiato militarmente. L’Estremo
oriente, il premio principale della guerra, è stato sottoposto ad una
devastazione seconda solo a quella subita dalla Germania e dall’Europa
orientale. L’Europa continentale, oltre che l’Inghilterra sono state mandate in
bancarotta dalla guerra. Il mercato mondiale è stato completamente distrutto.
Perciò giunse al culmine il processo di restringimento, frantumazione, e
logoramento che continuava dall’intervallo tra le due guerre ( la fuoriuscita
di un sesto del pianeta – l’URSS - dall’orbita capitalistica; il deprezzamento
dei sistemi monetari, i metodi di permuta della Germania hitleriana,
l’imposizione del Giappone nei mercati dell’Asia e dell’America Latina, il
Sistema Privilegiato dell’Impero Inglese, ecc., ecc.).
L’Europa, che
era inadempiente per tutti i suoi precedenti debiti di guerra e dopoguerra
verso gli USA, questa volta rappresentò non un’inesauribile ed altamente
profittevole mercato, ma un gigantesco drenaggio di ricchezze e risorse da
questo paese sotto forma di lend-lease (affitti e prestiti ), comportò la
totale conversione dell’economia americana per la produzione di guerra, un’
enorme mobilitazione di manodopera, vittime su larga scala, e via dicendo.
Riguardo al mercato
interno, i secondi, invece di un’espansione organica come nel 1914-18,
conobbero nel corso della Seconda guerra mondiale solo una ripresa artificiale
basata sulle spese di guerra.
Mentre la
borghesia si era arricchita favolosamente, il paese nel complesso era diventato
molto più povero; i costi astronomici della guerra non saranno mai recuperati.
Insomma, i
principali fattori che una volta servivano a favorire e rafforzare il
capitalismo americano o non esistettero più a lungo o si trasformarono nel loro
opposto.
IV
La prosperità
che segui la Prima Guerra Mondiale, salutata come una nuova era capitalista a
confutazione di ogni pronostico marxista, terminò in una catastrofe economica.
Ma perfino questa prosperità passeggera degli anni ’20 si basava su una
combinazione di circostanze che non possono e non potranno ripresentarsi
ancora. In aggiunta ai fattori già elencati, è necessario evidenziare : 1) che
il capitalismo americano aveva un continente vergine da sfruttare; 2) che fino
ad un certo punto è stato capace di mantenere un certo equilibrio tra
l’industria e l’agricoltura; e 3) che la base principale dell’espansione
capitalista è stato il suo mercato interno. Finché queste tre condizioni
sussistevano – sebbene fossero già state minate – era possibile per il
capitalismo conservare una relativa stabilità.
Il boom degli
anni ’20 alimentava il mito della stabilità permanente del capitalismo
americano, dando origine alle pompose quanto false teorie di un “nuovo
capitalismo”, dell’“eccezionalità americana”, del “sogno americano”, e via
dicendo, ecc. Le illusioni sulle possibilità ed il futuro del capitalismo
americano furono propagandate dai riformisti e da tutti gli altri apologeti
della classe dominante non solo in casa ma anche all’estero. L’“americanismo”
era il vangelo di tutti gli ingannatori della classe operaia europea ed
americana.
Ciò che in
realtà successe durante la favolosa prosperità degli anni ’20 fu che sotto
queste più favorevoli condizioni, furono poste tutte le premesse per una catastrofe
economica senza precedenti. Da ciò derivò una crisi cronica dell’agricoltura
americana. Da ciò derivo una mostruosa concentrazione delle ricchezze in
pochissime mani. Come conseguenza il resto della popolazione divenne
relativamente più povera. Per ciò, mentre nel decennio 1920-30, la produttività
industriale aumentò del 50 % , crebbero solo del 30%. Gli operai erano in grado
di acquistare – in tempo di prosperità – proporzionalmente meno di prima.
Il relativo
impoverimento della popolazione americana è altrettanto rispecchiato dalle
statistiche nazionali sulla ricchezza. Nel 1928 la quota operaia della
ricchezza nazionale era caduta al 4,7% ; gli agricoltori (farmers) conservavano
solo il 15,4%. Allo stesso tempo, la quota borghese della ricchezza nazionale
era salita al 79,9%, la maggior parte della quale concentrata nelle mani delle
Sessanta Famiglie e dei loro accoliti.
La
distribuzione del reddito nazionale esprimeva parimenti questa mostruosa
sproporzione. Nel 1929 all’apice della prosperità, 36.000 famiglie avevano lo
stesso reddito di 11 milioni di famiglie appartenenti alla fascia di reddito
più bassa.
Questa
concentrazione di ricchezza era un fattore cardine nel limitare la capacità di
assorbimento del mercato interno. Sbocchi esterni per l’agricoltura e
l’industria che compensassero non si potevano trovare in un mercato mondiale
compresso.
Inoltre, il
bisogno di esportare materie prime e prodotti agricoli tende a squilibrare
ulteriormente il commercio estero americano. Ciò inevitabilmente conduceva ad
un ulteriore sconvolgimento del mercato mondiale, i cui partecipanti erano
paesi debitori, essi stessi bisognosi di vendere più che comprare allo scopo di
coprire i pagamenti sui propri debiti, in gran parte dovuti agli USA.
Pur apparendo e
agendo nel ruolo di stabilizzatori del capitalismo, gli imperialisti americani
erano per ciò i suoi più grandi perturbatori sia in casa che all’estero. Gli
USA si rivelarono la principale fonte dell’instabilità mondiale, quelli che
principalmente aggravavano le contraddizioni imperialistiche.
Nel frattempo
tra le due guerre ciò fu rivelato molto più efficacemente dal fatto che tutte
le convulsioni economiche cominciarono nella Repubblica del Dollaro, la dimora
del “rude individualismo”. Questo fu il caso della crisi del primo dopoguerra
del 1920-21; ciò si ripeté otto anni dopo quando la sproporzione tra
agricoltura ed industria raggiunse il punto di rottura e quando il mercato
interno si era saturato a causa dell’impoverimento della popolazione da una
parte e l’ingrassamento dei monopolisti dall’altra. Il Grande Boom Americano
esplose in una crisi che distrusse le fondamenta economiche di tutti i paesi
capitalisti.
V
La crisi
economica del 1929 non fu una crisi ciclica come quelle che accompagnavano lo
sviluppo organico del capitalismo nel passato, conducendo ad un nuovi e più
alti livelli produttivi. Fu una grave crisi storica del capitalismo in
decadenza, che non poté essere superata attraverso i “normali” canali; cioè a
dire, attraverso la cieca interazione delle leggi che governano il mercato.
La produzione
di fatto si arrestò. Il reddito nazionale si ridusse a meno della metà,
precipitando da 81 miliardi di dollari nel 1929 a 40 miliardi di dollari nel
1932. L’industria e l’agricoltura diminuirono. L’ esercito dei disoccupati
aumento dalla cifra “normale” di 10 milioni, raggiungendo la vertiginosa cifra
di 20 milioni. Secondo le stime ufficiali, basate sulle medie del 1929, le
perdite negli anni 1930-38 ammontavano a 43 milioni di uomini in età lavorativa,
e a 133 miliardi di dollari di reddito nazionale.
Dal 1939 il
debito nazionale salì vertiginosamente a 40 miliardi di dollari, circa 14
miliardi in più del punto toccato alla fine della Prima guerra mondiale. Il
numero dei disoccupati si mantenne gravitante intorno ai 10 milioni.
L’industria e l’agricoltura stagnavano. Il commercio estero degli USA in un
ridotto mercato mondiale scese a meno della metà della sua quota “normale” del
tempo di pace.
Ciò che tutte
queste cifre in realtà esprimono è una spaventosa degradazione degli standards
di vita dei lavoratori e della classe media, e il netto impoverimento del
“terzo diseredato” della popolazione. Il sottilissimo strato di monopolisti,
naturalmente, non soffrì affatto, ma al contrario utilizzò la crisi per ingoiare
addirittura una più ampia quota della ricchezza e delle risorse del paese.
La borghesia
non vedeva vie d’uscita dalla crisi. Non aveva vie d’uscita. Lei ed il suo
regime restavano il principale ostacolo sulla strada della ripresa non solo
interna ma anche mondiale. Nel suo tuffo nel baratro, la borghesia americana
trascinò con sé il resto del capitalismo mondiale, e celo tenne.
Decisivo fu il
fatto che nonostante tutti i “tentativi di rimettere in moto”, le “equipe di
esperti”, e le “riforme” di emergenza, il capitalismo americano era incapace di
risolvere la crisi. La parziale ripresa del 1934-37 si rivelò temporanea e di
carattere transitorio. La caduta precipitosa che si verificò nel 1937 rivelò
l’abisso che stava di fronte al capitalismo americano. La nuova minacciosa
caduta nel baratro fu interrotta solo dalle enormi spese per la preparazione
della Seconda guerra mondiale.
Solo la guerra
risolse temporaneamente la crisi economica che era durata dieci anni in
entrambi gli emisferi. La cupa realtà, comunque, è che questa “soluzione” non
ha risolto esattamente nulla. Tanto meno rimosse o anche alleviò almeno una
delle cause principali della crisi del 1929.
VI
La basi
dell’attuale prosperità postbellica americana è l’espansione artificiale
dell’industria e dell’agricoltura attraverso una spesa pubblica senza
precedenti che sta ingrossando costantemente l’enorme debito nazionale. Nel suo
carattere fittizio il boom bellico e postbellico dei primi anni ’40 superò di
gran lunga l’orgia cui prese parte il capitalismo europeo nel 1914-18 e negli
anni dell’immediato dopoguerra. La deviazione della produzione verso
l’industria di guerra su una scala senza precedenti ebbe come conseguenza una
temporanea scarsità dei beni di consumo. Il mercato interno ed estero
sembrarono acquisire una nuova capacità di assorbimento. Le scarsità universali
e le distruzioni di guerra stavano agendo da sproni temporanei alla produzione,
soprattutto nel campo dei beni di consumo.
Nel complesso,
comunque, l’impoverimento universale, lo sconvolgimento economico, fiscale, e
dei sistemi di governo, collegati ai mali cronici e alle contraddizioni del
capitalismo, non furono attenuati ma aggravati dalla guerra.
Se anche noi
moltiplicassimo la condizione in cui il capitalismo europeo, con l’Inghilterra
alla sua testa emerse dalla Prima Guerra mondiale per 10 o in alcuni casi per
cento – a causa delle conseguenze su più vasta scala della Seconda Guerra
mondiale – arriveremo ad una approssimazione dell’attuale stato del capitalismo
americano.
Ogni singolo
fattore sottostante la prosperità corrente da tempo di pace è effimero. Questo
paese è uscito dalla Seconda guerra mondiale non più ricco come era l’agio
negli anni ’20, ma più povero – in un mondo molto più impoverito. La
sproporzione tra agricoltura ed industria è nello stesso modo cresciuta
tremendamente, malgrado l’espansione dell’agricoltura in serra. La
concentrazione della ricchezza e la polarizzazione della popolazione americana tra
ricchi e poveri è continuata a passi forzati.
La condizione
di base che fece precipitare la crisi del 1929 quando il capitalismo godeva di
più buona salute non solo persiste ma è peggiorata. Una volta che il mercato
interno si satura nuovamente non si può sperare in un adeguato sbocco nel
mercato mondiale squilibrato. La capacità produttiva enormemente aumentata
degli USA si scontra con i limiti del mercato mondiale e con la sua capacità in
diminuzione. L’Europa stessa in rovina ha necessità di esportare. Lo stesso
vale per l’Oriente in rovina, il cui equilibrio è stato sconvolto dal Giappone
la sua regione più avanzata.
L’Europa ha un
terribile bisogno di miliardi in prestito. In aggiunta al lend-lease, Wall
Street ha già pompato quasi 5 miliardi di $ in prestiti all’Inghilterra; quasi
2 alla Francia; e una somma più piccola agli altri paesi satelliti dell’Europa
occidentale- pur non ottenendo tuttavia alcuna parvenza di stabilità. L’Europa
capitalista in bancarotta resta un competitore sul mercato mondiale ed un
inesauribile canale di drenaggio. L’Oriente, pure, ha bisogno di prestiti,
soprattutto la Cina, che, sebbene alle prese con la guerra civile, ha già
inghiottito tanti dollari americani quanti la Germania nei primi anni ’20.
All’interno, i
materiali esplosivi sono stati accumulati ad un ritmo veramente americano. Le
spese che elevano l’enorme debito nazionale; l’astronomico bilanciò militare
del “tempo di pace” (18.5 miliardi di $ per quest’anno); l’inflazione, le
“spese generali” del programma di dominio del mondo di Wall Street, ecc., ecc.
– tutto ciò può derivare da una sola fonte e da un solo reddito nazionale. In
parole chiare, dal potere d’acquisto delle masse. La degradazione delle
condizioni di vita dei lavoratori e l’impoverimento degli agricoltori e della
classe media urbana, questo è il senso del programma di Wall Street.
VII
Le seguenti
conclusioni derivano dalla situazione obbiettiva: l’imperialismo USA che si è
rivelato incapace di riprendersi dal sua crisi e di stabilizzarsi nei 10 anni
precedenti allo scoppio della Seconda guerra mondiale si sta dirigendo verso
una ancor più catastrofica esplosione nell’attuale era postbellica. Il fattore
cardine che potrebbe far saltare la valvola è questo: il mercato interno dopo
un iniziale e artificiale ripresa, dovrebbe contrarsi. Non può espandersi come
fece negli anni ’20. Ciò che realmente ha in serbo non è una prosperità
illimitata ma un boom di breve durata. Dietro al boom doveva seguire un altra
crisi e depressione tale da far apparire a paragone prospere le condizioni del
1929-32. (fine VII tesi)
VIII
L’imminente
parossismo economico deve, sotto le condizioni esistenti, passare
inesorabilmente per la crisi sociale e politica del capitalismo americano,
ponendo nettamente lungo il suo corso la questione di chi sarà il padrone in
terra. Nella loro folle corsa per conquistare e schiavizzare il mondo intero, i
monopolisti americani stanno oggi preparando una guerra contro l’Unione
Sovietica. Questo programma di guerra, che potrebbe essere portato a compimento
in seguito ad una crisi o alla paura di una crisi interna, incontrerà
incalcolabili ostacoli e difficoltà. Una guerra non risolverà le difficoltà
interne dell’imperialismo americano ma piuttosto le acuirà e le complicherà.
Questa guerra andrebbe incontro ad una accanita resistenza non solo da parte
dei popoli dell’URSS, ma anche da parte delle masse europee e coloniali che non
vogliono essere schiave di Wall Street. In casa si produrrebbe la resistenza
più accanita. La campagna di guerra di Wall Street, aggravando la crisi
sociale, potrebbe in determinate condizioni realmente precipitarla. Ad ogni
modo, un’altra guerra non annullerebbe l’alternativa socialista al capitalismo
ma la porrebbe solamente in maniera più acuta.
La lotta degli operai
per il potere negli USA non è una prospettiva di un futuro distante e sfocato
ma il realistico programma della nostra epoca.
IX
Il movimento
rivoluzionario dei lavoratori americani è parte organica del processo
rivoluzionario mondiale. Gli sconvolgimenti rivoluzionari del proletariato
europeo che si trova in una situazione avanzata potrebbero integrare,
rafforzare ed accelerare lo sviluppo rivoluzionario negli USA. le lotte di
liberazione dei popoli delle colonie contro l’imperialismo che si svolgono
davanti ai nostri occhi eserciteranno un’influenza analoga. Viceversa ogni
colpo assestato dal proletariato americano agli imperialisti di casa stimolerà,
integrerà e intensificherà le lotte rivoluzionarie in Europa e nelle colonie.
Ogni rovescio subito dall’imperialismo in qualsiasi posto produrrà una dopo
l’altra sempre più vaste ripercussioni nel proprio paese, generando una tale
accelerazione e energia da tendere a ridurre ogni intervallo temporale sia
all’interno che all’esterno.
X
Il ruolo
dell’America nel mondo è decisivo. Dovessero le rivoluzioni europea e
coloniale, ormai all’ordine del giorno, precedere per una questione di tempo
l’apice della lotta negli USA, si troveranno immediatamente di fronte alla
necessità di difendere le proprie conquiste contro l’assalto economico e
militare del mostruoso imperialista americano. La capacità dei popoli dovunque
siano insorti vittoriosamente di affermarsi dipenderà ad un grado elevato dalla
forza e dalla capacità di lotta del movimento rivoluzionario del lavoro in
America. I lavoratori americani saranno allora costretti a venire in loro
aiuto, proprio come la classe operaia dell’Europa occidentale venne in aiuto
della rivoluzione russa e la salvò bloccando gli assalti totali militari
imperialisti contro la giovane repubblica operaia.
Ma anche se la
rivoluzione in Europa e in altre parti del mondo dovesse subire ancora una
volta un ritardo, ciò non significherà una prolungata stabilizzazione del
sistema capitalista mondiale. L’esito del socialismo o del capitalismo non sarà
determinato definitivamente fino a che non sia stato determinato negli USA. Un
altro ritardo della rivoluzione proletaria in un paese o l’altro o in un
continente o l’altro, non salverà l’imperialismo americano dalla sua nemesi
proletaria interna. Le battaglie decisive per il futuro comunista del genere
umano saranno combattute negli USA.
La vittoria
rivoluzionaria dei lavoratori negli USA suggellerà in ogni parte del nostro
pianeta la rovina dei decrepiti regimi borghesi, e della burocrazia stalinista,
se esisterà ancora a quel tempo. La Rivoluzione Russa sollevò i lavoratori ed i
popoli delle colonie. La rivoluzione americana con il suo potere centinaia di
volte più grande metterà in moto forze rivoluzionarie che cambieranno la faccia
del nostro pianeta. Tutto l’emisfero occidentale verrebbe velocemente unificato
negli Stati Uniti del Nord, Centro e Sud America. Questa invincibile potenza
unendosi ai movimenti rivoluzionari in ogni parte del mondo, metterebbe fine ai
residui del sistema capitalista nel loro complesso e avvierebbe il grandioso
compito della ricostruzione del pianeta sotto la bandiera degli Stati Uniti del
Mondo.
XI
Mentre il
problema principale dei lavoratori nella Rivoluzione russa era conservare il
potere una volta che l’ebbero conquistato, il problema negli Stati Uniti è
quasi esclusivamente il problema della conquista del potere da parte dei
lavoratori. La conquista del potere negli Stati uniti sarà più difficile di
quanto lo fu nella Russia arretrata ma proprio per questa ragione sarà molto
più facile consolidarla e proteggerla. I pericoli di controrivoluzione interna,
d’intervento straniero, di blocco imperialista, e di degenerazione burocratica
di una casta di lavoratori privilegiata – in Russia derivarono tutti dalla
debolezza numerica del proletariato, dal lungo periodo di povertà e di
arretratezza ereditato dallo zarismo, e dall’isolamento della Rivoluzione
russa. Questi pericoli furono qui in ultima analisi inevitabili.
Questi rischi
esistono appena negli USA. Grazie alla schiacciante superiorità numerica ed al
peso sociale del proletariato, al suo elevato livello culturale e potenziale;
grazie alle enormi risorse del paese, alla sua capacità produttiva ed alla
forza preponderante sull’arena mondiale, la rivoluzione proletaria vittoriosa
negli USA, una volta che abbia consolidato il proprio potere sarà quasi
automaticamente assicurata contro la restaurazione capitalista sia per mezzo di
una controrivoluzione interna o attraverso un intervento straniero e un blocco
imperialista.
Così come per
il pericolo di una degenerazione burocratica dopo la vittoria della rivoluzione
– questo può solo derivare dai privilegi che si basano a loro volta
sull’arretratezza, la povertà, e le scarsità universali. Un tale rischio non
avrebbe il fondamento materiale negli USA. Qui il governo trionfante degli
operai e dei contadini (farmers) esattamente gia dall’inizio sarebbe capace di
organizzare la produzione socialista a livelli di gran lunga più alti che sotto
il capitalismo, ed assicurare alle masse, dall’oggi al domani, un tale standard
di vita elevato da spogliare i privilegi materiali di un qualsiasi serio
significato. Le speculazioni di Mawkish circa il pericolo di una degenerazione
burocratica dopo la rivoluzione vittoriosa, non servono ad altro scopo che
introdurre lo scetticismo ed il pessimismo nei ranghi dell’avanguardia dei
lavoratori, paralizzare le loro volontà di lotta, fornendo agli animi deboli e
piagnucolosi un comodo pretesto per fuggire dalla lotta. Il problema negli USA
è quasi esclusivamente il problema della conquista del potere politico da parte
dei lavoratori.
XII
Nella futura
lotta per il potere i vantaggi principali saranno dalla parte dei lavoratori;
con un’adeguata mobilitazione delle proprie forze ed una direzione appropriata,
i lavoratori vinceranno. Se uno volesse confrontarsi con la dura realtà e non
con superficiali apparenze, questo sarebbe il solo modo di porre la questione.
La classe capitalista americana è forte, ma la classe operaia americana è più
forte.
La forza
numerica ed il peso sociale della classe operaia americana, accresciuto
moltissimo dalla guerra, è schiacciante nella vita del paese. Nulla può levarsi
contro esso. La produttività del lavoro americana, anch’essa accresciutasi
moltissimo in tempo di guerra, è la più alta al mondo. Ciò significa capacità
tecnica, e la capacità tecnica significa potere.
Gli operai
americani sono abituati ai più alti standards di vita e di lavoro. L’opinione
molto diffusa che alti salari siano un fattore di conservatorismo tendente a
rendere gli operai insensibili alle idee rivoluzionarie ed all’azione è
unilaterale e falsa. Ciò vale solo nelle circostanze della stabilità
capitalista dove lo standard di vita relativamente elevato può essere mantenuto
e anche migliorato. Ciò è da escludere per il futuro, come tutte le nostre
analisi hanno dimostrato. D’altro canto, i lavoratori reagiscono in maniera
molto sensibile e violenta ad ogni violazione dei propri standards di vita. Ciò
è già stato dimostrato dalle ondate di scioperi dove grandi masse di operai
“conservatori” sono ricorsi alle più militanti e radicali linee di condotta.
Nella situazione data, perciò, lo standard di vita relativamente alto degli
operai americani è un fattore rivoluzionario e non conservatore, come
comunemente si crede.
Il potenziale
rivoluzionario della classe è inoltre rafforzato dal loro tradizionale
attivismo unito alla capacità di reagire quasi spontaneamente in difesa dei
propri interessi vitali, e dalla loro singolare grande disponibilità di risorse
ed ingegnosità (gli scioperi con occupazione dei posti di lavoro!).
Un altro
fattore altamente importante nell’elevamento del potenziale rivoluzionario
della classe operaia americana il suo grandissimo aumento di coesione ed omogeneità
– una trasformazione compiuta nell’ultimo quarto di secolo. Precedentemente,
ampi e decisivi settori del proletariato nelle industrie fondamentali erano
reclutati nell’immigrazione. Questi lavoratori nati all’estero erano
svantaggiati e divisi dalle barriere linguistiche, trattati come dei paria
sociali, e privati della cittadinanza e dei più elementari diritti civili.
Tutte queste circostanze sembravano essere delle barriere insormontabili nella
strada della loro organizzazione e del loro funzionamento come forza lavoro
unita. Negli anni intercorsi, comunque, questi lavoratori nati all’estero
furono assimilati ed “americanizzati”. Loro e i loro figli costituiscono oggi
un forte, combattivo ed articolato distaccamento del movimento operaio organizzato.
Un’altrettanto
significativo e profondo sviluppo è rappresentato dalla trasformazione che ha
riguardato la posizione occupata dai Neri. In passato esclusi e privati dei
diritti e dei benefici dell’organizzazione dai reazionari sindacati di mestiere
dominanti e, dall’altra parte, considerati e talvolta utilizzati dai datori di
lavoro come riserva ai fini del crumiraggio, masse di Neri erano penetrate
dagli anni ’20 nelle industrie fondamentali e nei sindacati. Non meno di 2
milioni di neri sono membri della CIO, dell’AFL, e di sindacati indipendenti.
Hanno dimostrato nelle lotte dei grandi scioperi di stare nelle prime linee
progressiste e militanti.
I lavoratori
americani hanno il vantaggio di essere relativamente liberi, specialmente gli
strati più giovani e più combattivi, dai pregiudizi riformisti. La classe nel
suo complesso non è stata infettata dal veleno debilitante del riformismo, sia
nella sua variante classica “socialista” che nel più recente genere stalinista.
Di conseguenza, una volta che si metteranno in azione accetteranno con più
facilità le soluzioni più radicali. Nessun settore importante della classe,
tanto meno la classe nel suo complesso è stato demoralizzato da sconfitte.
Finalmente questa giovane e poderosa forza è coinvolta nelle fasi decisive
della lotta di classe ad un ritmo che crea premesse senza precedenti per la
radicalizzazione di massa.
XIII
Molto è stato
detto riguardo “l’arretratezza” della classe operaia americana come
giustificazione per un punto di vista pessimista, per il differimento della
rivoluzione socialista ad un futuro remoto, e per l’abbandono della lotta.
Questa è una visione molto superficiale dei lavoratori americani e delle loro
prospettive.
È vero che
questa classe, sotto molti aspetti la più avanzata e progressiva del mondo, non
ha ancora imboccato la via dell’azione politica indipendente su scala di massa.
Ma questa debolezza può essere superata velocemente. Sotto la costrizione della
necessità oggettiva non solo le persone arretrate ma anche le classi arretrate
nei paesi avanzati sono spinte a bruciare grandi distanze con un sol balzo. A
dire il vero, la classe operaia americana ha già fatto un simile balzo che l’ha
fatta avanzare molto avanti rispetto alle sue vecchie posizioni.
I lavoratori
entrarono nella crisi del 1929 come una massa disorganizzata ed atomizzata
imbevuta di illusioni riguardo il “ rude individualismo”, l’ “iniziativa
privata”, la “libera impresa”, l’ “American Way”, ecc., ecc. Meno del 10% del
totale della classe era organizzato nell’ ambito delle Trade Unions (meno di
tre milioni su 33 nel 1929). Per di più questo modesto strato abbracciava
prevalentemente i lavoratori altamente qualificati e privilegiati, organizzati
nelle antiquate unioni di mestiere. Il principale e più decisivo settore dei
lavoratori conosceva l’unionismo solo come “sindacalismo d’impresa”, rimanendo
esclusi dal beneficio, dall’esperienza ed anche dalla comprensione della più
elementare forma di organizzazione operaia – il sindacato. Loro erano
considerati e trattati come una pura e semplice materia prima per lo
sfruttamento capitalista, senza diritti o protezione o ogni sicurezza
d’impiego.
Come
conseguenza, la crisi del 1929 trovò la classe operaia indebolita e impotente.
Per tre anni le masse rimasero stordite e disorientate dal disastro. La loro
resistenza era estremamente limitata e sporadica. Ma la loro rabbia e
risentimento si accumularono. I successivi cinque anni, (1931-1937) coincisero
con una parziale ripresa dell’industria, testimoniata da una serie di enormi
scontri, lotte di strada e scioperi con occupazioni – una guerra civile
embrionale – il cui risultato finale fu un balzo, un enorme balzo, per milioni
di operai dalla non esistenza come forza organizzata alla coscienza sindacale e
organizzativa. Una volta innescatosi, il movimento per la sindacalizzazione
crebbe a dismisura, abbracciando oggi quasi 15 milioni in tutte le industrie
fondamentali.
Con un balzo –
in un breve decennio i lavoratori americani acquistarono la coscienza sindacale
ad una livello più elevato e con organizzazioni più potenti che in ogni altro
paese avanzato. Nello studio e nell’analisi di questa grande trasformazione,
piuttosto che nell’insulsa meditazione sulla “arretratezza” degli operai
americani, uno può trovare la chiave degli sviluppi presenti e futuri. Sotto
l’impatto di grandi eventi e di pressanti necessità i lavoratori americani
avanzeranno oltre i limiti del sindacalismo ed acquisteranno con un analogo
vasto movimento la coscienza e l’organizzazione politica di classe.
XIV
Lo strumento
decisivo della rivoluzione proletaria è il partito dell’avanguardia cosciente
di classe. Senza la direzione di questo partito, le più favorevoli situazioni
rivoluzionarie, che derivano dalle circostanze oggettive, non potrebbero
condurre alla vittoria finale del proletariato ed agli inizi
dell’organizzazione pianificata della società su basi socialiste. Ciò fu
dimostrato in maniera definitiva – e positiva – durante la Rivoluzione Russa
del 1917. Questa stessa lezione di principio deriva non meno irrefutabilmente –
anche se negativamente – dell’intera esperienza mondiale dell’epoca delle
guerre, delle rivoluzioni e delle rivolte coloniali che cominciarono con lo
scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914.
Tuttavia,
questa conclusione fondamentale che deriva dalla vasta e tragica esperienza
dell’ultimo terzo di un secolo può essere ed è stata dedita ad un
interpretazione reazionaria da parte di una scuola di neo-revisionismo, rappresentata
dagli ideologi, filosofi, e preti della prostrazione, della capitolazione e
della disfatta. Loro affermano in realtà che : ” Quando il partito
rivoluzionario è piccolo e debole è inutile parlare di possibilità
rivoluzionarie. La debolezza del partito cambia ogni cosa”. Gli autori di
questa “teoria” rigettano e ripudiano il marxismo, abbracciando al suo posto la
scuola soggettiva della sociologia. Loro isolano il fattore della relativa
debolezza numerica del partito rivoluzionario, in un dato momento, dalla
totalità degli sviluppi economici e politici che creano tutte le condizioni
necessarie e sufficienti per la rapida crescita dell’avanguardia del partito
rivoluzionario.
Data una
situazione obbiettivamente rivoluzionaria, un partito proletario – anche uno
piccolo – attrezzato con un chiaro programma marxista e con quadri fermi può
espandere le proprie forze e giungere alla testa del movimento rivoluzionario
di massa in un periodo di tempo relativamente breve. Ciò inoltre è stato
confermato definitivamente – e positivamente – dalle esperienze della
Rivoluzione Russa del 1917. Qui il Partito Bolscevico, capeggiato da Lenin e
Trotsky, balzò innanzi da una minuscola posizione minoritaria, precisamente
emergendo dal sottosuolo e dall’isolamento di Febbraio alla conquista del
potere in Ottobre – in un periodo di nove mesi.
La debolezza
numerica, effettivamente, non è una virtù per un partito rivoluzionario ma una
debolezza può essere superata da un lavoro persistente e una lotta risoluta.
Negli USA tutte le condizioni sono nella fase di dispiegamento per la rapida
trasformazione dell’avanguardia organizzata da una un gruppo di propaganda ad
un partito di massa abbastanza forte da condurre la lotta rivoluzionaria per il
potere.
XV
Le disperate
condizioni del capitalismo americano, inestricabilmente connesse all’agonia
mortale del capitalismo mondiale, sono dirette a condurre ad una crisi sociale
di tali catastrofiche proporzioni da porre la rivoluzione proletaria all’ordine
del giorno.
In questa
crisi, è realistico aspettarsi che i lavoratori americani che hanno conquistato
la coscienza e l’organizzazione sindacali in un decennio, passeranno attraverso
un’altra grande trasformazione nella propria mentalità, acquisendo una
coscienza ed un’ organizzazione politica. Se nel corso di questo sviluppo
dinamico si sarà formato un partito di massa dei lavoratori basato sui
sindacati, ciò non rappresenterà una deviazione nella stasi e futilità
riformista, come accadde in Inghilterra ed altrove all’epoca dell’ascesa del
capitalismo.
Da tutti i
segnali, rappresenterà piuttosto uno stadio preliminare nella radicalizzazione
politica dei lavoratori americani, che li preparerà per la guida diretta del
partito rivoluzionario.
L’avanguardia
del partito rivoluzionario, destinata a dirigere questo tumultuoso movimento
rivoluzionario negli USA non deve essere creata. Esiste già ed il suo nome è
Socialist Workers Party. Esso è il solo legittimo erede e continuatore del
pionieristico Comunismo americano e del movimento rivoluzionario dei lavoratori
americani da cui ha avuto origine. Il suo nucleo ha già preso corpo in tre
decenni di lavoro incessante e di lotta contro corrente. Il suo programma è
stato messo a punto nelle battaglie ideologiche e difeso con successo contro
ogni genere d’assalto. Il nucleo fondamentale di una direzione professionale è
stato radunato e educato allo spirito irreconciliabile del partito di lotta
della rivoluzione.
Il compito
dell’SWP consiste semplicemente in questo: rimanere fedele al proprio programma
ed alla propria bandiera; renderlo più preciso ad ogni nuovo sviluppo ed
applicarlo correttamente nella lotta di classe; espandersi e crescere con la
crescita del movimento rivoluzionario di massa, aspirando sempre a guidarlo
alla vittoria nella lotta per il potere politico.