MARX-ENGELS
"La critica della religione è il presupposto ad
ogni critica"
K.Marx, "Per la critica della Filosofia di
Hegel"
Molti, moltissimi sono i testi che riguardano la
religione scritti dai fondatori del marxismo, Marx e Engels.
La produzione letteraria di Engels su questo tema è
molto cospicua. Ricordiamo ad esempio uno dei suoi primi testi (del periodo
premarxista) "Schelling e la rivelazione e il trionfo
della fede" e poi "La Sacra famiglia" ,
"Anti-Duhring", le "Tesi su Ludovico Feuerbach" ecc. Sarebbe
lungo e complesso sviluppare un'analisi approfondita su tale argomento. Voler
riflettere sull'intera opera di Marx e Engels riguardante la religione
risulterebbe un'impresa proibitiva... Credo invece essenziale cercare di
individuare il metodo marxista di approccio alla questione religiosa.
Per questo motivo il testo "Sulla questione
Ebraica" di Marx è il più esplicativo.
Il giovane Marx del 1843 pone le fondamenta della
critica alla religione. Nell'articolo, "Sulla questione
ebraica" sviluppa una forte critica nei confronti di Bruno Bauer
- rappresentante della sinistra hegeliana- riguardante l'emancipazione politico
religiosa della popolazione ebraica (tedesca).
...Ovvero gli ebrei pretendono la
parificazione con i sudditi cristiani? Ma così essi riconoscono come legittimo
lo stato cristiano, così riconoscono il regime di asservimento generale.
Più avanti:
Perchè il tedesco dovrebbre interessarsi alla
liberazione dell'ebreo, se l'ebreo non si interessa della liberazione del
tedesco?
Per Marx la questione ebraica non va analizzata -come
fa Bauer- solo nell'aspetto religioso, ma nella sua essenza politica. Marx
accusa Bauer di criticare lo Stato in quanto stato religioso, cristiano,
e non in quanto stato. Dunque per Marx l'oppressione degli ebrei tedesco non è
semplicemente riconducibile alla loro fede religiosa, ma all'intero sistema
statale.
Marx individua, quindi, il problema
dell'emancipazione, non in un problema sovrastrutturale, bensì in un problema
politico: l'abolizione del sistema capitalistico.
...L'emancipazione politica è contemporaneamente la
dissoluzione della vecchia società...
...soltanto quando l'uomo ha riconosciuto e
organizzato le sue "forces propres" come forze sociali... soltanto
allora l'emancipazione umana è compiuta.
Uno degli elementi più importanti di questo testo è il
passaggio da un'analisi teologica feudale della questione religiosa ad una
politica.
LENIN
Lenin -nonostante, fatto molto curioso, si sia sposato
in chiesa con rito ortodosso- è il marxista rivoluzionario che più di ogni
altro si è soffermato sul tema della religione. I suoi scritti (1905-1922)
toccano tutti gli aspetti essenziali del tema: dalla riflessione teorica, alla
problematica storica e infine alla risposta pratica dei marxisti.
Nel suo primo articolo sul tema "Socialismo e
Religione" del 1905 Lenin scrive:
La debolezza delle classi sfruttate nella lotta contro
gli sfruttatori genera inevitabilemente la credenza di una vita migliore
nell'oltretomba, allo stesso modo che la debolezza del selvaggio nella lotta
contro la natura genera la credenza degli dei, nei diavoli, nei miracoli, ecc.
La religione è una specie di acquavite spirituale,
nella quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le
loro rivendicazioni in una vita in qualche misura degna di uomini.
La religione deve essere dichiarata un affare privato:
con queste parole si definisce per solito l'atteggiamento dei socialisti verso
la religione.
Quindi per Lenin sono due i nodi principali su
cui bisogna soffermarci. Il primo è che la religione, indipendentemente dal
quadro storico, è reazione. La seconda è che la religione è un
affare privato del cittadino. E' inammisibile -prosegue
Lenin- tollerare una sola differenza nei diritti dei cittadini che
sia motivata da credenze religiose. Lenin centra la questione:
ognuno è libero di fare ciò che vuole nella sfera personale, ma non può
imporre le sue credenze -come classe dominante- ad altri...
Lo stato non deve avere a che fare con la religione,
le associazioni religiose non devono essere legate al potere statale.
Per Lenin è necessario affrontare nel dibattito
interno al partito la questione dal punto di vista scientifico materialistico;
si deve parlere di cultura e legare questa battaglia alla lotta di classe. Non
fare questo, scrive Lenin, sarebbe un grave errore.
Il nostro programma è fondato sulla concezione
scientifica e precisamente materialista del mondo. La spiegazione del nostro
programma comprende quindi di necessità anche le spiegazioni delle reali
origini storiche ed economiche dell'oscurantismo religioso [...] Ma non
dobbiamo in nessun caso scivolare verso un'impostazione astratta, idealistica
della questione religiosa parlando di "ragione" prescindendo dalla
lotta di classe come fanno i democratici radicali borghesi.
Nello scritto successivo, "L'atteggiamento del partito
verso la religione" del 1909 Lenin aggiunge un tassello importante alla
sua analisi, ponendo un esempio concreto al dilemma religioso.
Se un
religioso volesse entrare nel nostro partito?
Se un prete viene da noi per svolgere un lavoro
politico in comune ed esegue con coscienza il lavoro di partito, senza opporsi
al programma di partito, noi possiamo accoglierlo nelle file della
socialdemocrazia, perchè la contraddizione tra lo spirito e i principi del
nostro programma e i convincimenti religiosi del prete potrebbe restare, in
queste condizioni, una contraddizione puramente personale [...] Se per esempio
un prete aderisse al partito socialdemocratico e vi svolgesse [...] una
predicazione attiva delle concezioni religiose il partito dovrebbe espellerlo
senza meno dalle sue fila.
Dunque per Lenin il partito bolscevico non ha
preclusione di tonaca... finchè la religione rimane "questione
personale" e non politica...
Altro documento importante è la lettera spedita a
Gorki nel 1913 in cui lo accusa di aver espresso considerazioni "piccolo
borghesi" nel rapporto tra socialismo e religione. Infatti Gorki in suo
articolo aveva affermato che il socialismo era stato capace di depurare
"l'idea di Dio" dalle sovrastrutture clericali cristiane.
Questa vostra intenzione rimane vostro patrimonio
personale, un pio desiderio soggettivo. Una volta che l'avete scritto è bello e
passato tra le masse, e il suo significato viene determinato non dalla vostra
buona intenzione, ma dal rapporto fra le forze sociali, dal rapporto oggettivo
tra le classi. In virtù di questo rapporto ne consegue [...] che voi avete
imbellettato, inzuccherato "l'idea dei clericali".
Per Lenin quindi il socialismo è laico e non ha nulla
da spartire con la religione. L'utilità laica del socialismo nei confronti
della purificazione della religione deve rimanere un affare privato.
Nel suo ultimo scritto sulla religione "Sul
significato del materialismo militante" Lenin si sofferma sull'aspetto
pratico della questione.
Il quadro storico è intanto mutato:i bolscevichi hanno
preso il potere. Lenin evidenzia la completa inutilità della lotta
religiosa fine a se stessa, astratta, puramente ideologica criticando spesso il
movimento anarchico. E mette in allerta il partito. Senza un miglioramento reale
delle condizioni di vita dei contadini e degli artigiani sarebbe veramente
difficile scalfire il muro della religione.
GRAMSCI
Gramsci, come Lenin, vede la questione religiosa
subordinata alla lotta di classe. Ma questo metodo, che possiamo definire di
principio, non può essere slegato dal contesto storico, che per Gramsci è il
Vaticano...
Naturalmente nella analisi di Gramsci subentrano un
insieme di fattori storici che rendono difficile una fotografia delle
situazione politico-religiosa in Italia.
Il Vaticano infatti aveva accettato negli anni 20 la
sua "dissoluzione politica" attraverso i patti laternensi e con lo
scioglimento del Partito Popolare facendo propria la politica del ripiego per
trarre il massimo profitto dal regime. La Chiesa è stata nel ventennio fascista
una forza politica in continuo movimento... Sostendo, prima passivamente e poi
attivamente tramite PIO X il fascismo, e poi opponedovisi (ambiguamente)
attraverso il partito d'azione.
Di seguito un testo di Gramsci molto esaustivo a
riguardo:
"Il Vaticano"
Il Vaticano è senza dubbio la più vasta e potente organizzazione privata che sia mai esistita. Ha, per certi aspetti, il carattere di uno Stato, ed è riconosciuto come tale da un certo numero di governi. Benché lo smembramento della monarchia austro-ungherese abbia considerevolmente diminuito la sua influenza, esso rimane tuttora una delle forze politiche più efficienti della storia moderna. La base organizzativa del Vaticano è in Italia: qui risiedono gli organi dirigenti delle organizzazioni cattoliche, la cui complessa rete abbraccia una gran parte del globo.
In Italia l'apparato ecclesiastico del Vaticano si comporta di circa 200.000 persone; cifra imponente, soprattutto quando si consideri che essa comprende migliaia e migliaia di persone dotate di intelligenza, cultura, abilità consumata nell'arte dell'intrigo e nella preparazione e condotta metodica e silenziosa dei disegni politici.
Molti di questi uomini incarnano le più vecchie tradizioni d'organizzazione delle masse e, di conseguenza, la più grande forza reazionaria esistente in Italia, forza tanto più temibile in quanto insidiosa e inafferrabile. Il fascismo prima di tentare il suo colpo di Stato dovette trovare un accordo con essa. Si dice che il Vaticano, benché molto interessato all'avvento del fascismo al potere, abbia fatto pagare molto caro l'appoggio al fascismo. Il salvataggio del Banco di Roma, dove erano depositati tutti i fondi ecclesiastici, è costato, a quel che si dice, più di un miliardo di lire al popolo italiano.
Poiché si parla spesso del Vaticano e della sua influenza senza conoscerne esattamente la struttura e la reale forza d'organizzazione, non è senza interesse darne un'idea precisa. Il Vaticano è un nemico internazionale del proletariato rivoluzionario. È evidente che il proletariato, italiano dovrà risolvere in gran parte con mezzi propri il problema del papato, ma è egualmente evidente che non vi arriverà da solo, senza il concorso efficace del proletariato internazionale.
L'organizzazione ecclesiastica del Vaticano riflette il suo carattere internazionale. Essa costituisce la base del potere del papato in Italia e nel mondo. In Italia si trovano due tipi diversi d'organizzazione cattolica: 1) l'organizzazione di massa, religiosa per eccellenza, ufficialmente basata sulla gerarchia ecclesiastica: è l'Unione popolare dei cattolici italiani, o, come è chiamata correntemente nei giornali, l'Azione cattolica; 2) un partito politico, il Partito popolare italiano, che per poco non è entrato in conflitto aperto con l'Azione cattolica.
Esso stava diventando infatti sempre più l'organizzazione del basso clero e dei contadini poveri, mentre l'Azione cattolica si trova nelle mani dell'aristocrazia, dei grandi proprietari e delle alte autorità ecclesiastiche, reazionarie e simpatizzanti col fascismo.
Il papa è il capo supremo tanto dell'apparato ecclesiastico che dell'Azione cattolica. Quest'ultima ignora i congressi nazionali ed ogni altra forma di organizzazione democratica. Essa ignora anche, almeno ufficialmente, tendenze, frazioni e correnti di idee differenti. Essa è costruita gerarchicamente dalla base al vertice. Per contro il partito popolare è ufficialmente indipendente dalle autorità ecclesiastiche, accoglie nelle sue file anche dei non-cattolici - pur avendo tra l'altro nel suo programma la difesa della religione - subisce tutte le vicissitudini alle quali è sottoposto un partito di massa, ha già conosciuto più di una scissione, è il terreno di lotte di tendenze accanite che riflettono i conflitti di classe delle masse rurali italiane.
Pio XI, l'attuale papa, il 260° successore di san Pietro, prima di essere eletto papa, era cardinale di Milano. Dal punto di vista politico, apparteneva a quella specie di reazionari italiani che sono noti con il nome di «moderati lombardi», gruppo composto di aristocratici, di grandi proprietari terrieri e di grandi industriali che si collocano più a destra del Corriere della sera. Il papa attuale, quando si chiamava ancora Felice Ratti ed era cardinale di Milano, manifestò più volte le sue simpatie per il fascismo e Mussolini. I «moderati» milanesi intervennero presso il Ratti, eletto papa, per assicurare il suo appoggio al fascismo, al momento del colpo di Stato.
In Vaticano il papa è assistito dal sacro collegio, composto di 60 cardinali nominati dal papa stesso, che a loro volta designano il papa ogniqualvolta il trono di san Pietro rimane vacante. Di questi 60 cardinali, 30 almeno sono sempre scelti tra il clero italiano per assicurare l'elezione di un papa di nazionalità italiana. Dopo vengono gli spagnoli con 6 cardinali, i francesi con 5, ecc. L'amministrazione internazionale della Chiesa è affidata a un collegio di patriarchi e arcivescovi preposti ai diversi riti nazionali ufficialmente riconosciuti. La corte pontificia ricorda l'organizzazione governativa di un grande Stato. Circa 200 funzionari ecclesiastici presiedono i diversi dipartimenti e sezioni, o fanno parte di diverse commissioni, ecc. La più importante fra le sezioni è, senza dubbio, la segreteria di Stato che dirige gli affari politici e diplomatici del Vaticano. Alla sua testa si trova il cardinale Pietro Gasparri che ha già esercitato le funzioni di segretario di Stato al fianco dei due predecessori di Pio XI. Il partito popolare fu costituito sotto la sua alta protezione: è un uomo potente, molto dotato e, a quel che si dice, di spirito democratico.
La verità è che egli è stato il bersaglio di attacchi furiosi dei giornali fascisti che hanno persino chiesto le sue dimissioni. Ventisei Stati hanno i loro rappresentanti presso il Vaticano, che a sua volta è rappresentato presso 37 Stati.
In Italia, in particolare a Roma, si trova la direzione centrale dei 215 ordini religiosi, 89 maschili e 126 femminili, gran parte dei quali esistono da 1.000 e persino da 1.500 anni, che hanno conventi e congregazioni in tutti i paesi. I benedettini, per esempio, che si sono specializzati nell'istruzione, vantavano nel loro ordine, nel 1920, 7.100 monaci, distribuiti in 160 conventi, e 11.800 monache. L'ordine maschile è diretto da un primate e conta i seguenti dignitari: un cardinale, 6 arcivescovi, 9 vescovi, 121 priori. I benedettini amministrano 800 chiese e 170 scuole. E questo non è che uno dei 215 ordini cattolici! La santa società di Gesù conta ufficialmente 17.540 membri, tra cui 8.586 padri, 4.957 studenti e 3.997 fratelli laici. I gesuiti sono molto potenti in Italia. Grazie ai loro intrighi essi riescono qualche volta a far sentire la loro influenza persino tra le file dei partiti proletari. Durante la guerra essi cercarono, tramite Francesco Ciccotti, allora corrispondente dell'Avanti! a Roma, oggi nittiano, di ottenere da Serrati che l'Avanti! cessasse la campagna contro il loro ordine che si era impadronito di tutte le scuole private di Torino. Sempre a Roma risiede la Congregazione per la propagazione della fede che con i suoi missionari cerca di diffondere il cattolicesimo in tutti i paesi. Essa ha al suo servizio 16.000 missionari e 30.000 missionarie, 6.000 preti indigeni e 29.000 catechisti: e questo soltanto nei paesi non cristiani. Essa ministra, inoltre, 30.000 chiese, 147 seminari, con 6.000 allievi, 24.000 scuole popolari, 409 ospedali, 1.183 dispensari medici, 1.263 orfanotrofi e 63 tipografie.
La grande istituzione mondiale chiamata l'Apostolato della preghiera è creazione dei gesuiti: essa abbraccia 26 milioni di aderenti divisi in gruppi di 15 persone, che hanno ciascuno alla testa un «fervente» e una «fervente». Essa distribuisce una pubblicazione periodica centrale che esce in 51 edizioni diverse e in 39 lingue, fra le quali 6 dialetti indiani, uno del Madagascar ecc., conta un milione e mezzo di abbonati e ha una tiratura di 10 milioni di esemplari. L'Apostolato della preghiera è indubbiamente una delle migliori organizzazioni di propaganda religiosa. Sarebbe molto interessante studiare i suoi metodi. Essa riesce con mezzi molto semplici a esercitare una influenza enorme sulle larghe masse della popolazione rurale, eccitandone il fanatismo religioso e suggerendo la politica che più conviene agli interessi della chiesa. Una delle sue pubblicazioni, certamente la più diffusa, costava prima della guerra due soldi l'anno: era un foglietto illustrato di carattere sia religioso che politico. Ricordo aver letto nel 1912 il passaggio seguente: «Noi raccomandiamo a tutti i nostri lettori di pregare per i fabbricanti di zucchero proditoriamente attaccati dai cosiddetti antiprotezionisti, vale a dire i frammassoni e i miscredenti».
Era l'epoca in cui il partito democratico in Italia conduceva una vivace campagna contro il protezionismo doganale, urtando così gli interessi dei zuccherieri. I propagandisti del libero scambio erano, a quest'epoca, spesso attaccati dai contadini, ispirati dai gesuiti dell'Apostolato della preghiera.
TROTSKIJ
Per Trotskij, al contrario di Lenin e Gramsci, la
questione della religione viene per così dire "subita" in prima
persona a causa del suo cognome ebraico.
Il quadro storico in cui il marxista russo affronta il
tema della religione è quello dello stalinismo. Siamo negli anni venti, Stalin
sta sgretolando (burocratizzandolo) il partito bolscevico e per fare questo
utilizza ogni mezzo. Anche quello dell'antisemitismo.
Trotskij nel suo scritto "Termidoro e
antisemitismo" scrive: Una lunga e persistente battaglia contro
la religione ha fallito ad impedire che , ancora oggi, migliaia e migliaia di
chiese, moschee e sinagoghe venissero affolate da gente supplichevole. La
stessa situazione prevale nella sfera dei dei pregiudizi nazionali. La legislazione
da sola non cambia le persone. I loro pensieri, emozioni e concezioni
dipendono dalla tradizione, dalle condizioni materiali di vita, dal loro
livello culturale ecc.
La battaglia contro l'opposizione rappresentava per la
cricca dominante una questione di vita o di morte...
...dopo che mio figlio, Sergei Sedov, è satto accusato
di tramare contro gli operai, la GPU ha comunicato alla stampa sovietivca ed
estera che il nome "reale" di mio figlio non è Sedov ma Bronstein...
Insomma Stalin utilizza i preconcetti religiosi di uno
stato operaio contadino come l'URSS per sconfiggere gli oppositori della
burocrazia. Sarà lo stesso per altri membri dell'opposizione. Zinov'ev e
Kamenev, dopo Trotskij, furono tra i primi a subire gli effetti di questa
squallida propaganda, in particolar modo durante il primo processo di Mosca.
...l'accanimento contro l'opposizione a partire dal
1926 assume spesso un completamente ovvio carattere antisemita. Molti agitatori
parlavano sfacciatamente "Gli ebrei sono nulla".
Di fatto i nomi di Zinov'ev e Kamenev -scrive sempre Trotskij- sembrerebbero, sono più famosi dei nomi
di Radolmilyskij e Rozenlfeld. Quali altri motivi potrebbe aver avuto Stalin di
far conoscere il "vero" nome delle sue vittime, eccetto quello di far
leva sugli umori antisemiti? Tale atto, privo della minima giustificazione
legale, fu, come abbiamo visto, similmente compiuto sul nome di mio figlio.
Ma Trotskij non si limita ad evidenziare
l'antisemitismo di partito, ma va oltre e ne intravede gli effeti sulla popolazione:
Se tali metodi sono utilizzati nelle alte sfere,
laddove la responsabilità di Stalin è assolutamente inquestionabile, allora non
è difficile immaginare ciò che accade nel resto della società, nelle fabbriche
e specialmente nei Kolkhoz...
Trotskij, quindi, da comunista internazionalista
lotta contro lo stalinsmo, anche sul piano "religioso".
Una battaglia che fino a pochi anni prima, con Lenin
in vita, sarebbe stata inimmaginabile...
LA CHIESA DAL
NAZISMO AD OGGI
La Chiesa Cattolica Romana è stata un bastione di
reazionarismo politico per secoli, prima come un asse portante del sistema
feudale, quando oppose la Riforma Protestante, e più tardi come protettrice
dell'ordinamento borghese. Indipendentemente dalle qualità individuali dell'uomo
che siede sul trono della Chiesa, il suo ruolo è intensamente politico.
Marius Heuser e Peter Schwarz
Che la Chiesa sia stata collusa col nazismo non
è un mistero. Lo stesso Hitler considerva la sua missione "profetica"
coniando lo slogan "Gott mit uns!" (Dio è con noi!). E'
chiaro, soprattutto dopo l'apertura degli archivi statunitensi, la complicità
del Vaticano con il Nazismo.
Il vaticano aiutò -in modo concreto- gli ex generali
nazisti a fuggire in America Latina. La fuga di molti criminali nazisti in Sud
America, la perfetta organizzazione che ha consentito loro di disporre di
passaporti della Santa Sede con falso nome con incredibile tempestività, il
loro inserimento sociale nella nuova patria, prevalentemente l'Argentina,
scrupolosamente curato e finanziato dalla chiesa cattolica... Tutto lascia
supporre che il Vaticano avesse stabilito già da tempo accordi segreti con i
nazisti che prevedevano una tale forma di assistenza in caso di disfatta.
Ricordiamo, ad esempio, la fuga, di Mengele (il "dottor Morte")
autore di terribili esperimenti su cavie umane (anche bambini) e senza
anestesia. La sua fine è un mistero, si dice che sia morto alla fine degli anni
70 per un banale incidente.
Adolf Eichman, uno degli ideatori della cosiddetta
"soluzione finale", principale artefice dell'olocausto, capo del
famigerato dipartimento per gli affari ebrei, nel 1950 assunse una nuova
identità, quella del profugo croato Richard Klement, e arrivò a Genova. Lì
Eichmann fu nascosto in un monastero, sotto il controllo caritatevole
dell'arcivescovo Siri, prima di essere fatto fuggire clandestinamente in
Sudamerica.
La Caritas ha addirittura pagato tutte le spese di viaggio per permettere ad Eichmann di raggiungere il Sud America.
Alla fine, Eichmann fu rintracciato in Argentina dal servizio segreto israeliano, rapito, processato e giustiziato a Gerusalemme nel 1962.
La Caritas ha addirittura pagato tutte le spese di viaggio per permettere ad Eichmann di raggiungere il Sud America.
Alla fine, Eichmann fu rintracciato in Argentina dal servizio segreto israeliano, rapito, processato e giustiziato a Gerusalemme nel 1962.
Tra gli altri che hanno agitato di questa protezione
possiamo ricordare Priebke, Pavelic, Gerhard Bohne.
Una riflessione ulteriore merita la tragica vicenda
del nazista Ante Pavelich.
Il testo che segue è la traduzione letterale di quello
presentato da Karlheinz Deschner il 26/12/1993 in occasione dell'ultima puntata
della sua serie televisiva sulla politica dei Papi nel XX secolo. Questa serie
è stata trasmessa in Germania da Kanal 4, sulle frequenze di RTL. Il testo e'
stato ripreso dalla rivista marxista tedesca "Konkret" (n.3-1994,
pg.47) e tradotto in italiano a cura del Coord. Romano per la Jugoslavia.
CROAZIA 1941-1944: UNA CATTOLICISSIMA MACELLERIA
Il nazista Pavelic e l'arcivescovo Stepinac, alleati di genocidio
di Karlheinz Deschner
Il Papato di Roma - divenuto grande attraverso la guerra e l'inganno, attraverso la guerra e l'inganno conservatosi tale - ha sostenuto nel XX secolo il sorgere di tutti gli Stati fascisti con determinazione, ma più degli altri ha favorito proprio il peggior regime criminale: quello di Ante Pavelic in Jugoslavia.
Questo ex-avvocato zagrebino, che negli anni '30 addestrò le sue bande soprattutto in Italia, fece uccidere nel 1934 a Marsiglia il re Alessandro di Jugoslavia in un attentato che costò la vita anche al ministro degli Esteri francese. Due anni più tardi celebrò con un libello le glorie di Hitler, "il più grande ed il migliore dei figli della Germania", e ritornò in Jugoslavia nel 1941, rifornito da Mussolini con armi e denari, al seguito dell'occupante tedesco. Da despota assoluto Pavelic si pose nella cosiddetta Croazia Indipendente a capo di tre milioni di Croati cattolici, due milioni di Serbi ortodossi, mezzo milione di Musulmani bosniaci nonchè numerosi gruppi etnici minori. Nel mese di maggio cedette quasi la metà del suo paese con annessi e connessi ai suoi vicini, soprattutto all'Italia, dove con particolare calore fu accolto e benedetto da Pio XII in udienza privata (benchè già condannato a morte in contumacia per il doppio omicidio di Marsiglia sia dalla Francia che dalla Jugoslavia). Il grande complice dei fascisti si accommiatò da lui e dalla sua suite in modo amichevole e con i migliori auguri, letteralmente, di "buon lavoro".
Così ebbe inizio una crociata cattolica che non ha nulla da invidiare ai peggiori massacri del Medioevo, ma piuttosto li supera. Duecentonovantanove chiese serbo-ortodosse della "Croazia Indipendente" furono saccheggiate, annientate, molte trasformate persino in magazzini, gabinetti pubblici, stalle. Duecentoquarantamila Serbi ortodossi furono costretti a convertirsi al cattolicesimo e circa settecentocinquantamila furono assassinati. Furono fucilati a mucchi, colpiti con la scure, gettati nei fiumi, nelle foibe, nel mare. Venivano massacrati nelle cosiddette "Case del Signore", ad esempio duemila persone solo nella chiesa di Glina. Da vivi venivano loro strappati gli occhi, oppure si tagliavano le orecchie ed il naso, da vivi li si seppelliva, erano sgozzati, decapitati o crocifissi. Gli Italiani fotografarono un sicario di Pavelic che portava al collo due collane fatte con lingue ed occhi di esseri umani.
Anche cinque vescovi ed almeno 300 preti dei Serbi furono macellati, taluni in maniera ripugnante, come il pope Branko Dobrosavljevic, al quale furono strappati la barba ed i capelli, sollevata la pelle, estratti gli occhi, mentre il suo figlioletto era fatto letteralmente a pezzi dinanzi a lui. L'ottantenne Metropolita di Sarajevo, Petar Simonic, fu sgozzato. Ciononostante l'arcivescovo cattolico della città di Oden scrisse parole in lode di Pavelic, "il duce adorato", e nel suo foglio diocesano inneggiò ai metodi rivoluzionari, "al servizio della Verità, della Giustizia e dell'Onore". Le macellerie cattoliche nella "Grande Croazia" furono così terribili che scioccarono persino gli stessi fascisti italiani; anche alti comandi tedeschi protestarono, diplomatici, generali, persino il servizio di sicurezza delle SS ed il ministro degli Esteri nazista Von Ribbentrop. A più riprese, di fronte alle "macellazioni" di Serbi, truppe tedesche intervennero contro i loro stessi alleati croati.
E questo regime - che ebbe per simboli e strumenti di guerra "la Bibbia e la bomba" - fu un regime assolutamente cattolico, strettamente legato alla Chiesa Cattolica Romana, dal primo momento e sino alla fine. Il suo dittatore Ante Pavelic, che era tanto spesso in viaggio tra il quartier generale del Führer e la Berghof hitleriana quanto in Vaticano, fu definito dal primate croato Stepinac "un croato devoto", e dal papa Pio XII (nel 1943!) "un cattolico praticante". In centinaia di foto egli appare fra vescovi, preti, suore, frati. Fu un religioso ad educare i suoi figli. Aveva un suo confessore e nel suo palazzo c'era una cappella privata. Tanti religiosi appartenevano al suo partito, quello degli ustasa, che usava termini come dio, religione, papa, chiesa, continuamente. Vescovi e preti sedevano nel Sabor, il parlamento ustasa. Religiosi fungevano da ufficiali della guardia del corpo di Pavelic. I cappellani ustasa giuravano ubbidienza dinanzi a due candele, un crocifisso, un pugnale ed una pistola. I Gesuiti, ma più ancora i Francescani, comandavano bande armate ed organizzavano massacri: "Abbasso i Serbi!". Essi dichiaravano giunta "l'ora del revolver e del fucile"; affermavano "non essere più peccato uccidere un bambino di sette anni, se questo infrange la legge degli ustasa". "Ammazzare tutti i Serbi nel tempo più breve possibile": questo fu indicato più volte come "il nostro programma" dal francescano Simic, un vicario militare degli ustasa. Francescani erano anche i boia dei campi di concentramento. Essi sparavano, nella "Croazia Indipendente", in quello "Stato cristiano e cattolico", la "Croazia di Dio e di Maria", "Regno di Cristo", come vagheggiava la stampa cattolica del paese, che encomiava anche Adolf Hitler definendolo "crociato di Dio". Il campo di concentramento di Jasenovac ebbe per un periodo il francescano Filipovic-Majstorovic per comandante, che fece ivi liquidare 40.000 esseri umani in quattro mesi. Il seminarista francescano Brzien ha decapitato qui, nella notte del 29 agosto 1942, 1360 persone con una mannaia. Non per caso il primate del paradiso dei gangsters cattolici, arcivescovo Stepinac, ringraziò il clero croato "ed in primo luogo i Francescani" quando nel maggio 1943, in Vaticano, sottolineò le conquiste degli ustasa. E naturalmente il primate, entusiasta degli ustasa, vicario militare degli ustasa, membro del parlamento degli ustasa, era bene informato di tutto quanto accadeva in questo criminale eldorado di preti, come d'altronde Sua Santità lo stesso Pio XII, che in quel tempo concedeva una udienza dopo l'altra ai Croati, a ministri ustasa, a diplomatici ustasa, e che alla fine del 1942 si rivolse alla Gioventù Ustasa (sulle cui uniformi campeggiava la grande "U" con la bomba che esplode all'interno) con un: "Viva i Croati!". I Serbi morirono allora, circa 750.000, per ripeterlo, spesso in seguito a torture atroci, in misura del 10-15% della popolazione della Grande Croazia - tutto ciò esaurientemente documentato e descritto nel mio libro La politica dei papi nel XX secolo [Die Politik der Paepste im XX Jahrhundert, Rohwohl 1993; si veda pure "L'Arcivescovo del genocidio", di M.A. Rivelli, ediz. Kaos 1999]. E se non si sa nulla su questo bagno di sangue da incubo non si può comprendere ciò che laggiù avviene oggi, avvenimenti per i quali lo stesso ministro degli Esteri dei nostri alleati Stati Uniti attribuisce una responsabilità specifica ai tedeschi, ovvero al governo Kohl-Genscher.
Più coinvolto ancora è solo il Vaticano, che già a suo tempo attraverso papa Pio XII non solo c'entrava, ma era così impigliato nel peggiore degli orrori dell'era fascista che, come già scrissi trent'anni fa, "non ci sarebbe da stupirsi, conoscendo la tattica della Chiesa romana, se lo facesse santo". Comunque sia: il Vaticano ha contribuito in maniera determinante alla instaurazione di interi regimi fascisti degli anni venti, trenta e quaranta. Con i suoi vescovi ha sostenuto tutti gli Stati fascisti sistematicamente sin dal loro inizio. E' stato il decisivo sostenitore di Mussolini, Hitler, Franco, Pavelic; in tal modo la Chiesa romano-cattolica si è resa anche corresponsabile della morte di circa sessanta milioni di persone, e nondimeno della morte di milioni di cattolici. Non è un qualche secolo del Medioevo, bensì è il ventesimo, per lo meno dal punto di vista quantitativo, il più efferato nella storia della chiesa.
In occasione del primo viaggio in Croazia di Giovanni Paolo II, il quotidiano italiano la Repubblica taceva su tutto quanto sopra raccontato, ma scriveva: "...Ma il contatto con la folla fa bene a Giovanni Paolo II. I fedeli lo applaudono ripetutamente. Specie quando ricorda il cardinale Stepinac, imprigionato da Tito per i suoi rapporti con il regime di Ante Pavelic, ma sempre rimasto nel cuore dei Croati come un'icona del nazionalismo. Wojtyla, che sabato sera ha pregato sulla sua tomba, gli rende omaggio, però pensa soprattutto al futuro..." (la Repubblica, 12/9/1994). Tre anni dopo, lo stesso papa proclamava beato il nazista Stepinac, con una pomposa cerimonia alla quale partecipava pure Franjo Tudjman, regista della cacciata di tutta la popolazione serba delle Krajne nella versione di fine secolo della "Croazia indipendente".
Il nazista Pavelic e l'arcivescovo Stepinac, alleati di genocidio
di Karlheinz Deschner
Il Papato di Roma - divenuto grande attraverso la guerra e l'inganno, attraverso la guerra e l'inganno conservatosi tale - ha sostenuto nel XX secolo il sorgere di tutti gli Stati fascisti con determinazione, ma più degli altri ha favorito proprio il peggior regime criminale: quello di Ante Pavelic in Jugoslavia.
Questo ex-avvocato zagrebino, che negli anni '30 addestrò le sue bande soprattutto in Italia, fece uccidere nel 1934 a Marsiglia il re Alessandro di Jugoslavia in un attentato che costò la vita anche al ministro degli Esteri francese. Due anni più tardi celebrò con un libello le glorie di Hitler, "il più grande ed il migliore dei figli della Germania", e ritornò in Jugoslavia nel 1941, rifornito da Mussolini con armi e denari, al seguito dell'occupante tedesco. Da despota assoluto Pavelic si pose nella cosiddetta Croazia Indipendente a capo di tre milioni di Croati cattolici, due milioni di Serbi ortodossi, mezzo milione di Musulmani bosniaci nonchè numerosi gruppi etnici minori. Nel mese di maggio cedette quasi la metà del suo paese con annessi e connessi ai suoi vicini, soprattutto all'Italia, dove con particolare calore fu accolto e benedetto da Pio XII in udienza privata (benchè già condannato a morte in contumacia per il doppio omicidio di Marsiglia sia dalla Francia che dalla Jugoslavia). Il grande complice dei fascisti si accommiatò da lui e dalla sua suite in modo amichevole e con i migliori auguri, letteralmente, di "buon lavoro".
Così ebbe inizio una crociata cattolica che non ha nulla da invidiare ai peggiori massacri del Medioevo, ma piuttosto li supera. Duecentonovantanove chiese serbo-ortodosse della "Croazia Indipendente" furono saccheggiate, annientate, molte trasformate persino in magazzini, gabinetti pubblici, stalle. Duecentoquarantamila Serbi ortodossi furono costretti a convertirsi al cattolicesimo e circa settecentocinquantamila furono assassinati. Furono fucilati a mucchi, colpiti con la scure, gettati nei fiumi, nelle foibe, nel mare. Venivano massacrati nelle cosiddette "Case del Signore", ad esempio duemila persone solo nella chiesa di Glina. Da vivi venivano loro strappati gli occhi, oppure si tagliavano le orecchie ed il naso, da vivi li si seppelliva, erano sgozzati, decapitati o crocifissi. Gli Italiani fotografarono un sicario di Pavelic che portava al collo due collane fatte con lingue ed occhi di esseri umani.
Anche cinque vescovi ed almeno 300 preti dei Serbi furono macellati, taluni in maniera ripugnante, come il pope Branko Dobrosavljevic, al quale furono strappati la barba ed i capelli, sollevata la pelle, estratti gli occhi, mentre il suo figlioletto era fatto letteralmente a pezzi dinanzi a lui. L'ottantenne Metropolita di Sarajevo, Petar Simonic, fu sgozzato. Ciononostante l'arcivescovo cattolico della città di Oden scrisse parole in lode di Pavelic, "il duce adorato", e nel suo foglio diocesano inneggiò ai metodi rivoluzionari, "al servizio della Verità, della Giustizia e dell'Onore". Le macellerie cattoliche nella "Grande Croazia" furono così terribili che scioccarono persino gli stessi fascisti italiani; anche alti comandi tedeschi protestarono, diplomatici, generali, persino il servizio di sicurezza delle SS ed il ministro degli Esteri nazista Von Ribbentrop. A più riprese, di fronte alle "macellazioni" di Serbi, truppe tedesche intervennero contro i loro stessi alleati croati.
E questo regime - che ebbe per simboli e strumenti di guerra "la Bibbia e la bomba" - fu un regime assolutamente cattolico, strettamente legato alla Chiesa Cattolica Romana, dal primo momento e sino alla fine. Il suo dittatore Ante Pavelic, che era tanto spesso in viaggio tra il quartier generale del Führer e la Berghof hitleriana quanto in Vaticano, fu definito dal primate croato Stepinac "un croato devoto", e dal papa Pio XII (nel 1943!) "un cattolico praticante". In centinaia di foto egli appare fra vescovi, preti, suore, frati. Fu un religioso ad educare i suoi figli. Aveva un suo confessore e nel suo palazzo c'era una cappella privata. Tanti religiosi appartenevano al suo partito, quello degli ustasa, che usava termini come dio, religione, papa, chiesa, continuamente. Vescovi e preti sedevano nel Sabor, il parlamento ustasa. Religiosi fungevano da ufficiali della guardia del corpo di Pavelic. I cappellani ustasa giuravano ubbidienza dinanzi a due candele, un crocifisso, un pugnale ed una pistola. I Gesuiti, ma più ancora i Francescani, comandavano bande armate ed organizzavano massacri: "Abbasso i Serbi!". Essi dichiaravano giunta "l'ora del revolver e del fucile"; affermavano "non essere più peccato uccidere un bambino di sette anni, se questo infrange la legge degli ustasa". "Ammazzare tutti i Serbi nel tempo più breve possibile": questo fu indicato più volte come "il nostro programma" dal francescano Simic, un vicario militare degli ustasa. Francescani erano anche i boia dei campi di concentramento. Essi sparavano, nella "Croazia Indipendente", in quello "Stato cristiano e cattolico", la "Croazia di Dio e di Maria", "Regno di Cristo", come vagheggiava la stampa cattolica del paese, che encomiava anche Adolf Hitler definendolo "crociato di Dio". Il campo di concentramento di Jasenovac ebbe per un periodo il francescano Filipovic-Majstorovic per comandante, che fece ivi liquidare 40.000 esseri umani in quattro mesi. Il seminarista francescano Brzien ha decapitato qui, nella notte del 29 agosto 1942, 1360 persone con una mannaia. Non per caso il primate del paradiso dei gangsters cattolici, arcivescovo Stepinac, ringraziò il clero croato "ed in primo luogo i Francescani" quando nel maggio 1943, in Vaticano, sottolineò le conquiste degli ustasa. E naturalmente il primate, entusiasta degli ustasa, vicario militare degli ustasa, membro del parlamento degli ustasa, era bene informato di tutto quanto accadeva in questo criminale eldorado di preti, come d'altronde Sua Santità lo stesso Pio XII, che in quel tempo concedeva una udienza dopo l'altra ai Croati, a ministri ustasa, a diplomatici ustasa, e che alla fine del 1942 si rivolse alla Gioventù Ustasa (sulle cui uniformi campeggiava la grande "U" con la bomba che esplode all'interno) con un: "Viva i Croati!". I Serbi morirono allora, circa 750.000, per ripeterlo, spesso in seguito a torture atroci, in misura del 10-15% della popolazione della Grande Croazia - tutto ciò esaurientemente documentato e descritto nel mio libro La politica dei papi nel XX secolo [Die Politik der Paepste im XX Jahrhundert, Rohwohl 1993; si veda pure "L'Arcivescovo del genocidio", di M.A. Rivelli, ediz. Kaos 1999]. E se non si sa nulla su questo bagno di sangue da incubo non si può comprendere ciò che laggiù avviene oggi, avvenimenti per i quali lo stesso ministro degli Esteri dei nostri alleati Stati Uniti attribuisce una responsabilità specifica ai tedeschi, ovvero al governo Kohl-Genscher.
Più coinvolto ancora è solo il Vaticano, che già a suo tempo attraverso papa Pio XII non solo c'entrava, ma era così impigliato nel peggiore degli orrori dell'era fascista che, come già scrissi trent'anni fa, "non ci sarebbe da stupirsi, conoscendo la tattica della Chiesa romana, se lo facesse santo". Comunque sia: il Vaticano ha contribuito in maniera determinante alla instaurazione di interi regimi fascisti degli anni venti, trenta e quaranta. Con i suoi vescovi ha sostenuto tutti gli Stati fascisti sistematicamente sin dal loro inizio. E' stato il decisivo sostenitore di Mussolini, Hitler, Franco, Pavelic; in tal modo la Chiesa romano-cattolica si è resa anche corresponsabile della morte di circa sessanta milioni di persone, e nondimeno della morte di milioni di cattolici. Non è un qualche secolo del Medioevo, bensì è il ventesimo, per lo meno dal punto di vista quantitativo, il più efferato nella storia della chiesa.
In occasione del primo viaggio in Croazia di Giovanni Paolo II, il quotidiano italiano la Repubblica taceva su tutto quanto sopra raccontato, ma scriveva: "...Ma il contatto con la folla fa bene a Giovanni Paolo II. I fedeli lo applaudono ripetutamente. Specie quando ricorda il cardinale Stepinac, imprigionato da Tito per i suoi rapporti con il regime di Ante Pavelic, ma sempre rimasto nel cuore dei Croati come un'icona del nazionalismo. Wojtyla, che sabato sera ha pregato sulla sua tomba, gli rende omaggio, però pensa soprattutto al futuro..." (la Repubblica, 12/9/1994). Tre anni dopo, lo stesso papa proclamava beato il nazista Stepinac, con una pomposa cerimonia alla quale partecipava pure Franjo Tudjman, regista della cacciata di tutta la popolazione serba delle Krajne nella versione di fine secolo della "Croazia indipendente".
GIOVANNI PAOLO
II
Un ruolo di primissimo piano, come si evince anche dal
testo di Deschner, nel clericalismo lateranense, fascista e conservatore lo ha
avuto il penultimo capo della Chiesa Giovanni Paolo II.
Sul ruolo del predecessore di Benedetto XVI, noi nel
giornale Progetto Comunista, abbiamo gia scritto tanto in passato, ma rimane
sempre utile -e non ce ne voglia Bertinotti- ricordare le tendenze reazionarie
di Wojtyla.
Nel corso della sua prima visita in Nicaragua nel
1983, Giovanni Paolo II rimproverò in pubblico il prete Ernesto Cardenal, che,
assieme ad altri due prelati, era ministro nel governo sandinista.
Molti teologi della liberazione furono dimessi dal
loro posto da Giovanni Paolo II e sostituiti da vescovi e preti conservatori e,
contemporanamente, i sostenitori delle dittature di destra salivano le più alte
gerarchie della Chiesa. I nunzi papali in Argentina e in Cile durante le
dittature militari, Pio Laghi e Angelo Sodano, esercitarono la loro carica
sostenendo i regimi e oggi sono entrambi cardinali.
Va sottolineato che Sodano aveva lodato il dominio
dispotico e assassino di Pinochet in Cile con queste parole: "I
capolavori possono anche contenere dei piccoli sbagli. Vi suggerirei di non concentrare
la vostra attenzione su queste imperfezioni del dipinto, ma sull'impressione
generale, che è meravigliosa." Quando un mandato di cattura
per Pinochet fu emesso nel 1998 mentre l'ex ditattore si trovava a Londra, il
papa stesso difese pubblicamente il generale fascista cileno.
Lo stesso Wojtyla fu il prima capo di stato ad
affacciarsi, con Pinochet, al balcone ove fu costretto al suicidio Allende.
La beatificazione di papi reazionari e
collborazionisti dei regimi fasciisti e del cardinale Stepinac, vicino al
regime fascista croato durante la seconda guerra mondiale, sono altre
espressioni tipiche delle convinzioni di destra di Giovanni Paolo II.
Non va poi scordato l'incredibile ascesa dell'Opus Dei
sotto il papato di Giovanni Paolo II.
L'Opus Dei fu fondata nel 1928 da Josemaria Escrivá a
Madrid. Con circa 80.000 iscritti in tutto il mondo, l'ordine è relativamente
piccolo. Esso fiorì durante il regime di Franco nella Spagna fascista, dove
rappresentanti dell'Opus Dei occuparono fino a dieci posti ministeriali.
Escrivá, beatificato da Giovanni Paolo II nel 2002
solo ventisette anni dopo la sua morte, descrisse Hitler come il "salvatore
della Chiesa spagnola." L'ordine è organizzato come una setta
segreta, con il suo codice di condotta che va dal voto di silenzio fino alle
preghiere frequenti ed il castigo corporale con flagello e cintura. Esso
propaga un culto della maschilità e dell' autorità, definisce le donne come
"inferiori" e richiede la subordinazione e la stretta obbedienza.
In più Giovanni Paolo secondo si è sempre fatto
portavoce delle continue crociate antiabortiste, omofobiche, misogene e
reazionarie, come ad esempio la lotta contro l'uso del preservativo.
LE PROPOSTE
ANTICLERICALI DEI MARXISTI RIVOLUZIONARI
I PUNTI
NEVRALGICI
LOTTIAMO CONTRO: il concordato, il Vaticano, lo
strapotere clericale nella società, nella sanità, nella scuola, la volontà di
mantenere il crocefisso e altri simboli religiosi in uffici pubblici, scuole,
ospedali; il finanziamento alle scuole private, le privatizzazioni, la
maternità oltre i 50 anni, l'accanimento terapeutico verso i malati terminali,
il matrimonio e la famiglia come istituzioni.
SOSTENIAMO IL : divorzio, aborto sotto la
responsabilità della donna, eutanasia, fecondazione eterologa ed omologa,
acquisizione e mantenimento statale dei beni della chiesa cattolica.
LOTTA ALLE DISCRIMINAZIONI
E' il primo punto sui cui i marxisti devono sviluppare
una battaglia, perché non è solo una semplice questione di "diritto",
ma è la lotta su cui cementare la cultura del dissenso, il progresso e
l'anticlericalismo.
Chiediamo una legge contro le discriminazioni motivate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere
- · l'applicazione della direttiva europea 207 del
1976 sulla parità di trattamento tra gli uomini e le donne anche alle
persone che transitano da un sesso all'altro, secondo la sentenza della
Suprema Corte Europea del 30 aprile 1996;
· la modifica del Decreto legislativo 216 del 2003 "Attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro" per eliminare le nuove discriminazioni introdotte, come quelle contro gay e lesbiche in divisa; il recepimento della direttiva europea 38 del 2000 sulla libertà di movimento dei cittadini europei in modo rispettoso dei diritti delle coppie di fatto o registrate gay e lesbiche;
· l'applicazione della direttiva europea 85 del 2005 sullo status di rifugiato anche a gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitati nei loro paesi.
Chiediamo una modifica della legge 40 per consentire l'accesso alla procreazione medicalmente assistita alla donna singola maggiore e la revisione della legge 164 del 1982 sull'adeguamento di sesso, per consentire il cambio anagrafico di nome proprio e identificativo di genere senza l'obbligo di intervento chirurgico genitale.
Chiediamo la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere e che si affronti il tema dell'intersessualismo.
Chiediamo inoltre che vengano pianificate azioni positive contro il pregiudizio omofobico e transfobico e le discriminazioni: interventi nelle scuole, campagne di sensibilizzazione, buone pratiche.
L'Italia assuma un ruolo propositivo per il rispetto dei diritti umani nel mondo, per l'abolizione della pena di morte, per la depenalizzazione del reato di omosessualità e transessualità presente nelle legislazione di decine di paesi. - Identici diritti dell'istituto del matrimonio per
le coppie di fatto
- Matrimoni leggeri (pacs/dico) per chi non voglia il matrimonio 'completo'
- Possibilità per le coppie di fatto di accedere all'adozione e all'affido
Crediamo necessario mettere in discussione apertamente
i privilegi materiali e sociali della Chiesa e la natura della sua istituzione.
1. L'abolizione di ogni finanziamento pubblico
alle scuole private e la destinazione delle risorse così risparmiate alla
scuola pubblica;
2. L'abolizione delle scandalose esenzioni fiscali
di cui oggi gode la Chiesa (a patire da IVA o ICI) e l'investimento delle
risorse così risparmiate nella sanità pubblica;
3. L'esproprio dell'immenso patrimonio finanziario
e immobiliare di cui la Chiesa dispone e la sua messa a
disposizione della maggioranza della popolazione povera ( a partire dai
giovani, famiglie senza casa, immigrati, anziani).
A chi dicesse che queste rivendicazioni sono
provocatorie rispondiamo che il vero scandalo è un patrimonio ecclesiastico
solo in Italia di 30 miliardi di euro, largamente esentasse ed anzi finanziato
e rimpinguato dalle tasche dei lavoratori.
CONCLUSIONI
Le religioni, come la storia ci insegna, nascono per
giustificare fenomeni naturali ancora sconosciuti all'uomo. E' l'uomo che crea
la religione, non la religione che crea l'uomo.
Il marxismo lotta da sempre contro l'idealismo, ma non
lo fa abolendo la religione, ma superandola tramite la cultura e la scienza per
la trasformazione della società.
Basta appena gettare un'occhiata sulla cosiddetta
Apocalisse di Giovanni per convincersi del fatto che non solo l'autore era
esaltato, ma anche l'"ambiente culturale" nel quale si muoveva -
Friedrich Engels (1820 - 1895)