La rivoluzione permanente " trotskysta"
affonda le sue radici- al contrario di quanto hanno scritto gli epigoni
ignoranti staliniani - nel marxismo classico.
Già nell'ultima parte del Manifesto del Partito
Comunista Marx e Engels avevano avanzato l'idea che in Germania " il moto
borghese sarà l'immediato preludio di una rivoluzione proletaria" .
Indubbiamente il pronostico sostenuto dei due
fondatori del marxismo classico si è dimostrato negli eventi inesatto, ma
metodologicamente, al contrario, va considerato valido e giusto.
L'analisi di Marx e Engels si sviluppava su due
aspetti, da una parte l'incidenza del contesto socio economico internazionale,
dall'altro la maturità delle forze interne rispetto al livello raggiunto da
altri paesi nel momento della rivoluzione borghese. In sostanza in Marx si
faceva chiara l'idea, poi ripresa da Trotsky e da Lenin, secondo cui una paese
arretrato come, ad esempio, la Russia avrebbe potuto raggiungere il potere il
proletariato senza passare per una tappa intermedia, ovvero non fermarsi alla
rivoluzione borghese.
La cosiddetta "rivoluzione a tappe" vide tra
i maggiori sostenitori i menscevichi Plechanov, Martov e Martynov, in seguito,
dopo la morte di Lenin, anche Stalin ne fu fervente sostenitore.
E’ stato proprio questo rimpasto di vecchio
menscevismo della rivoluzione a “fasi storiche” , la teorica che ha inizio del
secolo scorso si è opposta con maggior vigore alla Rivoluzione Permanente.
La rivoluzione cinese del 25 e del 27, ad esempio,
vide la formulazione e
l’ esecuzione esplicita della tattica della
rivoluzione a tappe da parte di Stalin
(inserimento del PCC nel Kuomitang nazionalista) - in
seguito negli anni 30 Stalin, non contento di tale disastro che portò al
massacro di Shangai, ne diede anche una copertura ideologica, come padrone nei
fatti dell'Internazionale Comunista. Tale copertura ideologica sfocio con i
famigerati “fronti popolari”, tattica, ahimè, che ancora oggi ne subiamo le
conseguenze e la sue applicazioni (il centro sinistra ne è una versione
aggiornata).
Non a caso, a riprova ulteriore di questo scelta
dell’apparato staliniano, a capo della linea politica del PCUS stalinizzato in
Cina, sempre durante la rivoluzione degli anni 20 in Cina, Stalin mise l'ex
menscevico Martynov che non tradì la fiducia di Stalin strangolando la
rivoluzione cinese e profetizzano la rivoluzione a tappe.
Tornando, cosa più interessante, alle radici della
Rivoluzione Permanente di Trotsky vi è uno scritto ancor più esplicito del già
citato Manifesto del Partito Comunista riguardante le basi marxiane della
teoria di Trotsky è il testo "L'indirizzo della lega dei Comunisti"
scritto dai fondatori del marxismo.
" Mentre i piccoli borghesi democratici vogliono
portare al più presto possibile la rivoluzione e realizzando tutt'al più le
rivendicazioni di cui sopra è nostro interesse e nostro compito rendere
permanente la rivoluzione sino a che tutte le classi più o meno possidenti non
siano scacciate dal potere, sino a che il proletariato non abbia conquistato il
potere dello stato, sino a che l'associazione del proletariato non solo in un
paese, ma in tutti i paesi dominanti del mondo si sia sviluppata al punto che
venga meno la concorrenza tra i proletariati di questi paesi e sino a che
almeno le forze produttive decisive non siano tutte nelle mani del
proletariato. IL loro ( classe operaia tedesca) grido di battaglia deve essere
la rivoluzione in permanenza!"
Dunque in Trotsky esisteva una sponda una sorta di
ancoraggio al marxismo classico nella sua formulazione teorica della
Rivoluzione Permanente.
Ma sarebbe un errore, un grave errore storico e
dialettico, pensare che in Trotsky l’ analisi della Rivoluzione Permanente sia
stato semplicemente il frutto di una declinazione meccanicista del marxismo
classico.
Trotsky da voce alle sue idea in un contesto storico
particolare ove il dibattito e gli avvenimenti, in seno al movimento operaio,
sono in piena evoluzione, in queste condizioni particolari Trotsky formula e
aggiorna la teoria della Rivoluzione Permanente.
IN CHE COSA CONSISTE LA RIVOLUZIONE PERMANENTE
La teoria della Rivoluzione Permanente nasce nel 1905.
Trotsky, con l’aiuto di Parvus, inizia a formulare
tale teoria.
Inizialmente il nome di come viene chiamata la
Rivoluzione Permanente è Rivoluzione Ininterrotta, l’articolo di Trotsky che accenna
a questa teoria appare sul Nacialo ( rivista del movimenti operaio russo) nel
1905.
Ma di Rivoluzione in Permanenza aveva già parlato
Lenin qualche tempo prima. Lenin spiegava la sua posizione , all’interno del
dibattito politico della socialdemocrazia, e indicava la necessità di “non
fermarsi a metà strada” e di passare “subito, nella misura della propria
forza”,
1 dalla rivoluzione democratico a quella socialista,
quindi è in fieri anche il Lenin – come poi ci mostreranno i suoi testi :
Lettere da Lontano e le Tesi di Aprile-
il rifiuto di quella che era la rivoluzione a tappe.
Nel testo del 1905 Trotsky preme per il superamento
tra programma minimo
(conquiste parziali del movimento operaio) e il
programma massimo ( socialismo).
Trotsky, con estrema chiarezza, pone idealmente la
problematica permanentistica della rivoluzione al metodo del programma
transitorio :
"La posizione d’avanguardia della classe operaia
nella lotta rivoluzionaria; il legame che si stabilisce fra lei e la compagna
rivoluzionaria, il fascino con cui essa sottomette l’esercito; tutto la spinge
inevitabilmente al potere.
La piena vittoria della rivoluzione comporta la
vittoria del proletariato.
Questa vittoria ultima determina a sua volta
l’ulteriore continuità della rivoluzione.
Il proletariato attua i compiti fondamentali della
democrazia e la logica della lotta immediata per il rafforzamento del dominio
politico pone ad esso in un determinato momento problemi puramente socialisti.
Tra programma minimo e programma massimo si stabilisce
una continuità rivoluzionaria.
Questo non significa un colpo, e neppure un giorno o
un mese, ma un’intera epoca rivoluzionaria. Sarebbe cecità valutare in
precedenza la durata di questa”
2 Nella teoria della rivoluzione permanente sono
presenti un insieme di riflessioni che spaziano a 360’ nel metodo marxista.
Vi troviamo in questa teoria :
1) Per i paesi a sviluppo borghese ritardato e in
particolare per i paesi semicoloniali e coloniali, la teoria della rivoluzione
permanente significa che la soluzione vera e compiuta dei loro problemi di
democrazia e liberazione nazionale non è concepibile se non per l’opera della
dittatura del proletariato
2) La questione agraria e il ruolo dei contadini nei
processi rivoluzionario
3) Qualunque siano le tappe del processo
rivoluzionario nei vari paesi, l’alleanza rivoluzionaria del proletariato con i
contadini è concepibile solo sotto la direzione del proletariato.
4) La vecchia formula della “ dittatura democratica
del proletariato e dei contadini” è superata.
Essa rifletteva, in modo algebrico, la situazione
contingente del rapporto dei classe tra proletariato , contadini e forze
borghesi. Ciò significa che la dittatura democratica del proletariato e dei contadini
è concepibile solo come “ la dittatura del proletariato che trascini dietro di
sé le masse contadine”.
5) La conquista del proletariato non termina alla
rivoluzione proletaria, al contrario, non fa che inaugurarla.
6) La rivoluzione socialista non può giungere a
compimento entro un quadro nazionale.
7) La teoria del socialismo in un paese solo- non solo
è stata sconfitta dalla storia- è la sola che si opponga in modo del tutto
conseguente alla teoria della rivoluzione permanente, dunque al socialismo
internazionale e al marxismo rivoluzionario.
8) La teoria della Rivoluziona Permanente è anche il
frutto dell’ineguale sviluppo economico e combinato dell’economia.
Il marxismo rivoluzionario in particolar modo quello
di inizio secolo scorso, ovvero quello spinto da Kautskij, si era formato sulla
convinzione che le rivoluzioni socialiste fossero possibili in primo luogo ed
esclusivamente nei paesi a capitalismo avanzato.
Nei paesi arretrati, colonie, ecc. si presupponeva che
ciò non fosse possibile se prima non sopraggiungesse la rivoluzione
“democratica borghese” .
La storia, come la rivoluzione russa ha dimostrato, è
stato il contrario.
Proprio su questo contrario, il continuo della
rivoluzione sino alla presa del potere dal parte della classe operaia che si
erige la Rivoluzione Permanente di Trotskij.
Se la borghesia, come ci insegna la storia anche
recente, non può lasciarsi assimilare pacificamente dalla democrazia
socialista, lo stato socialista non può dunque integrarsi nel sistema
capitalista mondiale.
Lo sviluppo pacifico di “ un paese solo” non è all’
ordine del giorno della storia, si preannunciano; una lunga serie di
sconvolgimenti mondiali, si preannunciano guerre e rivoluzioni. Le tempeste
sono inevitabili
anche nella vita interna dell’ Urss…
3
LA RIVOLUZIONE ARABA VIDIMAZIONE DELLA RIVOLUZIONE
PERMANENTE
Dopo una dittatura pluridecennale il dittatore
tunisino Ben Alì è fuggito dal paese lasciando le dimissione di capo del
governo, simile sorte almeno negli effetti è toccata al dittatore egiziano
Mubarak.
Le proteste, in Tunisia, iniziate nel centro di Sidi
Bouzid si sono allargate in poco tempo in tutto il paese.
La protesta anti Ben Alì è stata un evento
eccezionale, ha coinvolto vasti strati della popolazione tunisina, tra cui il
movimento operaio.
Il popolo tunisino, come quello egiziano, sono stufi
della disoccupazione, dell’aumento verticale dei prezzi del pane e di prima
necessità, stanchi di un regime corrotto, amministrativo, burocratico e
poliziesco.
I popoli tunisino e egiziano hanno fatto sentire la
loro voce, hanno dimostrato il loro coraggio e hanno liberato il proprio paese
dai rispettivi dittatori. Ma queste vittorie parziali del popolo tunisino ed
egiziano, seppur importanti, non possono soddisfare le masse rivoluzionarie del
Magreb.
La questione centrale per tutte le rivoluzioni è che
il potere post dittatura deve essere assunto dal proletariato.
La caduta di un despota non rappresenta
necessariamente il conseguimento della vittoria del mondo del lavoro.
Gli eventi del Magreb e non solo Tunisia, Egitto,
Algeria, Marocco, Libia, Siria ecc rappresentano un passaggio fondamentale per
la diffusione del programma marxista rivoluzionario.
Imboccato dalla teoria della Rivoluzione Permanente il
programma comunista è l’unico che può rispondere alle esigenze di libertà delle
singole popolazioni
L’effetto domino delle rivoluzioni in Tunisia ed
Egitto ha avuto ripercussioni in Libia e in altri stati, dobbiamo sostenere con
tutte le forze i popoli in rivolta, sotto la guida del proletariato, che
possono cacciare questi regimi e finalmente instaurare un sistema socialista.
LA RIVOLUZIONE A TAPPE ENNESIMO TRADIMENTO STALINISTA
Dopo decenni di tradimenti gli stalinisti ripetono
ancora gli stessi errori che da sempre li hanno caratterizzati.
Attratti dal potere come una sorta di calamita sono
sempre disposti a pronarsi all’uomo potente di turno.
In Tunisia, ad esempio, gli stalinisti tunisini
guidati Amhed Ibrahim dopo aver in gran parte sostenuto l’ascesa del potere di
Ben Alì del 1987 in contrapposizione al precedente despota Habib Bourguiba,
hanno poi preso come passo in “avanti” il discorso di Ben Alì –prima della
caduta- che prometteva riforme, infine non saturi di tutto ciò, il
trogloditismo stalinista non ha mai fine, hanno gridato a gran voce un governo
di unità nazionale, magari con la loro partecipazione…
In Libia, invece, le forze staliniane ( nella sua
totalità, compresi i piccoli sostenitori europei) hanno visto e vedono il
regime di Gheddafi progressista, come qualche anno fa vedevano e tutt’ora lo
vedono come progressista il regime teocratico Iraniano, a motivare tale
posizione sarebbero due aspetti.
Il primo, tipico dell’analisi staliniane, è
l’opposizione presunta che tali regime ( Iran e Libico) hanno fatto
all’imperialismo statunitense.
(come se per un comunista vi fossero dei regimi
borghesi progressisti…Sic!) .
Secondo aspetto sarebbe caratterizzato, nell’analisi
sempre “campista” degli stalinisti, dal fatto che la rivoluzione libica sia
pagata , nei migliori casi imboccata dagli Usa e da altri imperialismi, quindi
controrivoluzionaria.
Insomma la solita storia , gli stalinisti pensano che
la CIA o altri servizi segreti abbiamo comprato centinaia di migliaia di
persone per fare una “rivoluzione” atlantista. Dunque vi sarebbe una sorta di
stanza segreta (negli USA, tanto segreta da far invidia alla serie televisiva
X-Files) eteroguidata dagli imperialismi che a seconda dei propri interessi
economici indica la strada alle masse
“controrivoluzionarie”, a suon di dollari, per il
superamento dei regimi di turno… Insomma gli stalinisti, questi si in modo
meccanicistico e astorico continuano a battere la strada della “rivoluzione a
tappe”.
La prima di queste tappe dovrebbe secondo la loro
logica essere una “transizione democratica” e solamente dopo in un futuro non
meglio precisato si può pensare
(ma non lo fanno) ad una rivoluzione socialista.
Non solo questo metodo è profondamente antileninista
(basti guardare il processo rivoluzionario in Russia
del 1917 sotto la guida di Lenin e Trotsky), ma anche cieco storicamente.
Nessuna rivoluzione è di per se eterna, le masse
lottano per un miglioramento delle loro condizioni, ma senza un partito
rivoluzionario la rivoluzione non può essere guidata alla presa del potere del
proletariato.
La borghesia in assenza di un vero Partito Comunista
(magari con l’aiuto dei partiti collaborazionisti e gli stalinisti di turno)
riesce a riprendere fiato
e in modo “gattopardesco” a sostituire un regime
borghese con un altro…
Non fermarsi alle concessioni borghesi, ma continuare
sino alla presa del potere.
Questa deve essere la parola d’ordine nel Magreb
PER LA GUIDA RIVOLUZIONARIA DI UN VERO PARTITO
COMUNISTA
Trotsky, dopo la prima rivoluzione Russa del 1905,
scriveva che i soviet nascono solo in una fase rivoluzionaria.
Nel 1905 i soviet nascono, in origine, come comitati
di sciopero al servizio del proletariato così, seppur con i dovuti termini di
paragone, in Tunisia sono nati in alcune zone comitati per la difesa diretti
dai manifestanti contro gli attacchi polizieschi del regime.
Per questo- oggi più che mai- la costruzione di
un'alternativa di direzione della rivoluzione, Tunisina, Egiziana e in
particolar modo libica è e sarà posta sempre più il frutto dalla dinamica degli
avvenimenti e delle parole d’ordine avanzate dalla classe operaia, gli
avvenimenti, in Libia, hanno subito una forte accelerazione. Sono stati scossi
dagli interessi dell’imperialismo francese e britannico in primis che si è
affrettato a bombardare la Libia per tutelare i propri interessi economici.
Solo un partito rivoluzionario (in Libia) e
conseguentemente trotskysta può servirsi delle contraddizioni tra imperialismi
occidentali e Gheddafi e porre all’ordine del giorno la rivoluzione socialista.
Fondamentale per il proletariato libico sarà il
rifiuto del “sostegno” dei vari imperialismi contro il regime Gheddafiano; una
vera e propria illusione, una finta liberazione.
Solo un partito rivoluzionario può assolvere alla
complessità di questi compiti. Cacciare Gheddafi e l’imperialismo occidentale
per una federazione socialista e laica del Magreb.
Eugenio Gemmo D.N. PCL Note 1 “ L’atteggiamento della
socialdemocrazia verso il movimento contadino” OP. IX 2 “ Nacialo” n’ 10