giovedì 30 agosto 2012

LA GUERRA CIVILE IN SPAGNA


Felix Morrow

LA GUERRA
CIVILE IN
SPAGNA

Verso il socialismo

o il fascismo?

 

 


Pubblicato nel settembre 1939. Traduzione italiana a cura di Gianmarco Satta.



Introduzione

I soldati fascisti ed i miliziani operai erano trincerati a breve distanza gli uni dagli altri. In un momento di pausa dai combattimenti, discutevano urlandosi avanti e indietro:
“Voi siete figli di contadini e di operai,” urlava un miliziano. “ Dovreste essere con noi, a combattere per la repubblica, dove c’è democrazia e libertà.”
Pronta è la replica; si tratta l’argomento con cui i contadini hanno risposto ad ogni appello riformista dall’avvento della repubblica nel 1931:
“Che vi ha dato da mangiare la Repubblica? Che cosa ha fatto la Repubblica per noi che dovremmo combattere per lei?”
In questo piccolo episodio, riportato casualmente dalla stampa, è contenuta l’essenza del problema della guerra civile.
I contadini che sono il 70% della popolazione, devono ancora essere conquistati alla fazione del proletariato. Essi non svolsero alcun ruolo nell’avvento della Repubblica nel 1931. La loro passività e ostilità portarono al trionfo della reazione nel novembre del 1933. Non ebbero parte nella rivolta proletaria d’ottobre del 1934. Eccetto in Catalogna e Valencia dove il proletariato si è dichiarato a favore della confisca della terra e già la sta trasferendo ai contadini, ed in alcune zone dell’Andalusia dove i lavoratori della terra si sono essi stessi impadroniti della terra, le masse dei contadini ancora non si stanno sollevando per combattere a fianco della classe operaia.
Nessuna guerra civile così profonda come quella attuale in Spagna ha mai potuto vincere senza avanzare un programma sociale rivoluzionario. Finora l’unico programma della coalizione di governo capeggiata da Caballero è parso essere solo una lotta militare. “Solo dopo la vittoria – afferma un portavoce del governo - potremo permetterci di difendere i problemi politici e sociali dei vari gruppi che compongono il Fronte Popolare di Sinistra”, (New York Times, 20 settembre). “C’è un unico punto nel nostro programma ed è quello di conquistare la vittoria”. A dire il vero, comunque, lo slogan della coalizione di governo, “Difendere la Repubblica Democratica”, contiene un programma sociale; ma è il programma riformista della difesa dello strumento politico “più tenero” del modo di produzione borghese.
Nella grande Rivoluzione Francese, la parola d’ordine “Libertà, Eguaglianza, Fraternità”, significò, molto concretamente, terra ai contadini, libertà dalla servitù, un nuovo mondo di lavoro e di arricchimento, mettendo la Francia nelle mani della borghesia rivoluzionaria attraverso la distruzione del potere economico degli oppressori feudali. Nella Rivoluzione Russa, la parola d’ordine “Terra, Pane e Libertà” chiamò a raccolta con successo il popolo contro Kornilov e Kerensky, perché significava la trasformazione della Russia. Il proletariato spagnolo dovrà ugualmente agitare degli slogan rivoluzionari, o non vincerà la guerra civile.
Il proletariato catalano ha già riconosciuto questa grande verità. Il suo programma rivoluzionario non rimarrà a lungo relegato all’interno dei propri confini. Solo oggi sono giunte notizie che un altro partito del Fronte del Popolo, il Partito Sindacalista costituito, dopo la rivolta di Ottobre, da anarco-sindacalisti che hanno riconosciuto la necessità di partecipare alla vita politica, ha preteso un programma socialista per proseguire con successo la guerra civile. La Premiership di Caballero, “l’estrema” ala sinistra del Fronte Popolare, è essa stessa un riconoscimento distorto del fatto che le masse non vogliono lottare per la conservazione del capitalismo. Ma i passati allori di Caballero non possono, ne potranno essere un sostituto del contenuto molto concreto di un programma di socialismo rivoluzionario.
Nelle pagine che seguono è illustrata la ricca storia dell’esperienza rivoluzionaria che cinque brevi anni hanno fruttato al proletariato spagnolo. Grazie alla saggezza acquisita da questa esperienza straordinariamente intensa, il proletariato spagnolo sta imparando come prendere in mano il proprio destino. Alle lezioni della Rivoluzione Russa, si stanno ora sommando le lezioni altrettanto profonde della Rivoluzione spagnola.
New York, 22 settembre 1936



I
LA NASCITA DELLA REPUBBLICA – 1931

GLORIOSA, INCRUENTA, pacifica, armoniosa, fu la rivoluzione del 14 aprile 1931. Due giorni prima il popolo aveva votato per la coalizione repubblicano - socialista nelle elezioni municipali in tutto il paese; ciò fu sufficiente a decretare la fine di Alfonso. La Repubblica spagnola giunse con una tale facilità … Il suo avvento fu, tuttavia, pressoché l’unico evento incruento legato alla rivoluzione, prima e dopo il 1931.
Per oltre un secolo la Spagna aveva tentato di dare alla luce un nuovo regime. Ma la paralisi di secoli di decadenza senile, sin dai tempi dell’impero, aveva condannato al fallimento ogni tentativo. Fu tanto più sanguinosa, quindi, la storia dei fallimenti e del loro castigo. Le quattro maggiori rivoluzioni prima del 1875, seguite da quattro epoche di terrore bianco, furono semplicemente il crescendo di una melodia quasi continua di rivolte contadine e ammutinamenti dell’esercito, guerre civili, rivolte regionaliste, pronunciamientos dell’esercito, congiure e complotti delle camarille di corte.
Neppure la moderna borghesia, quando fece la sua tardiva apparizione sulla scena, passò alla preparazione della rivoluzione borghese. L’industria moderna e i trasporti risalgono alla guerra ispano-americana, che portò un nuovo fermento alla Spagna. Gli anni 1898-1914 sono detti del “rinascimento nazionale” (e furono pure l’Estate Indiana del capitalismo mondiale). Ma gli industriali spagnoli e catalani che prosperarono in questi due decenni facevano a gara con le più antiche famiglie di possidenti nella loro devozione alla monarchia. Alcuni – come il Conte di Ramanones – si nobilitarono, acquistarono grandi appezzamenti di terra e combinavano nella propria figura la vecchia e la nuova economia; altri cementarono i legami tra le due attraverso ipoteche e matrimoni misti con l’aristocrazia terriera. Il Re conservava i segni esteriori del feudalesimo; ma non era certamente contrario ad associarsi alla borghesia nelle sue più discutibili speculazioni economiche. Alla ricerca di nuovi campi da sfruttare, la borghesia ottenne da Alfonso la conquista del Marocco, iniziata nel 1912. La vantaggiosa neutralità di Alfonso durante la Guerra Mondiale (1), lo rese caro alla borghesia, che per quattro anni trovò il mercato mondiale aperto alle proprie merci.
Quando gli imperialisti, dopo la guerra, si ripresero questo mercato, ed il proletariato catalano e spagnolo scatenò grandi lotte, e quando il rispetto di operai e contadini verso il regime si dissolse di fronte ai disastri dell’esercito in Marocco, gli industriali catalani finanziarono il golpe di Primo de Rivera. Il programma di lavori pubblici e barriere tariffarie insormontabili del dittatore, la repressione degli anarco-sindacalisti ed i comitati di arbitrato obbligatorio per i sindacati socialisti, diedero un nuovo impeto all’industria e la più fervente adulazione della borghesia nei confronti di Rivera e Alfonso. La crisi mondiale mise fine alla prosperità spagnola e Rivera cadde insieme alla peseta nel gennaio 1930. Ma la borghesia, nell’insieme, si aggrappava ancora ad Alfonso. Anzi fino al 28 settembre del 1930, e nel corso di un meeting di protesta di massa contro la condotta del governo, Alcala Zamora, che fu a capo della repubblica, concludeva ancora il suo discorso con un peana di elogi nei confronti della corona.
Nel frattempo, nel maggio 1930, gli studenti e gli operai di Madrid avevano issato bandiere rosse e repubblicane, e attaccato la polizia a colpi di fucile; in settembre i socialisti e l’U.G.T. stipularono un accordo con i gruppi repubblicani per farla finita con la monarchia; fecero seguito scioperi generali rivoluzionari a Siviglia, Madrid, Bilbao, Barcellona, Valencia, ecc., che comportarono in ogni caso scontri mortali con le forze armate. Una rivolta degli operai che doveva coincidere con un ammutinamento repubblicano nell’esercito fu vanificata quando la rivolta dei soldati del 12 dicembre avvenne precipitosamente prima del tempo stabilito; ma le esecuzioni dei capi dei soldati ispirarono un manifesto firmato da leader repubblicani e socialisti che annunciava il loro obbiettivo di giungere all’immediata instaurazione della repubblica. I firmatari furono rinchiusi nella Prigione Modello di Madrid – che divenne il centro della vita politica spagnola. Il disperato tentativo del Primo ministro Berenguer di convocare una Cortes sul vecchio modello, a sostegno di Alfonso fu fatto fallire dalla dichiarazione repubblicano - socialista di boicottaggio; Berenguer diede le dimissioni. Le elezioni municipali dimostrarono che le masse erano a favore di una repubblica.
Fu solo in questo momento estremo che gli industriali, impauriti dagli scioperi generali, dagli operai che cominciavano apertamente ad armarsi, e dalla minaccia socialista di uno sciopero generale, decisero che la monarchia fosse un sacrificio conveniente ai lupi della rivoluzione. Allora, e solo allora, quando lo stesso Alfonso stava riconoscendo che lottare era ormai inutile, la borghesia accettò la repubblica.
Lo spirito della nuova repubblica è caratterizzato dal fatto che i più vecchi e i più grandi partiti repubblicani non fecero niente per realizzarla, e finirono presto per allearsi con i monarchici. Era questo il caso del Partito Radicale di Lerroux. Contro di questo partito vi sono tre decenni di parlamentarismo spagnolo pieni di corruzione, pratiche di ricatto, imbrogli e frodi. I demagoghi Radicali hanno servito la monarchia nella lotta contro il nazionalismo catalano. Il latrocinio e il ricatto per i quali i loro omonimi francesi (ora dirigenti del Front Populaire) sono cosi tristemente noti, impallidiscono a paragone delle sfacciate campagne che i Radicali spagnoli hanno condotto contro singoli industriali e banchieri e che terminavano improvvisamente in ciascun caso quando la tanto attesa ricca busta veniva tranquillamente consegnata. Nel Partito Radicale il normale sistema della polemica erano le mutue accuse di corruzione ed estorsione. Per la sua storia estremamente sudicia, e nonostante che fosse il più vecchio e grande partito borghese repubblicano, ci fu la più forte opposizione alla sua partecipazione nel primo governo repubblicano. Quest’opposizione veniva anche da quei cattolici, come Zamora, che fin dal principio volevano seriamente la repubblica e che, essendo stato ministro sotto la monarchia, sapeva molto bene per quale genere di servizi Alfonso si è servito dei Radicali.
Nonostante un grande seguito tra la borghesia in quanto maggiore partito repubblicano conservatore, i Radicali di Lerroux non fornirono la leadership politica. Si tennero occupati in zuffe per i posti redditizi. Comunque, l’orrore condiviso dagli altri repubblicani e socialisti, che qualche scandalo potesse colpire la nuova repubblica, ebbe un effetto terribilmente costrittivo nei confronti dei Radicali. Essi furono i più felici quando lasciarono in breve tempo il governo per allearsi con i clericali di Gil Robles – proprio loro i Radicali, il cui sostegno principale nelle trattative era stato l’anticlericalismo!
Gli altri partiti repubblicani, ad eccezione della Sinistra catalana che aveva i contadini nei propri ranghi, erano semplici strumenti di ripiego creati per le elezioni di aprile e avevano uno scarso sostegno di massa, per il fatto che la ridotta classe media spagnola è esigua e impotente.
Il solo reale sostegno alla repubblica proveniva, dunque, dal proletariato socialista e sindacale. Questo puro e semplice fatto significava, comunque, che la repubblica poteva rappresentare solo una transizione verso una lotta per il potere tra la reazione monarchico-fascista e il socialismo. In una fase così avanzata, non c’erano spazi in Spagna per la repubblica democratica.
Disgraziatamente, però, la direzione socialista non si preparava alla lotta. Anzi, condivideva la prospettiva piccolo-borghese di Azaña.
Tale prospettiva era dichiaratamente modellata sulla Rivoluzione Francese del 1789. Si presumeva che la Spagna dovesse prima avere un lungo decorso di sviluppo pacifico in cui i compiti della rivoluzione borghese sarebbero stati portati a termine da un’alleanza tra i repubblicani e gli operai. Dopodiché - decenni dopo il 1931 – la repubblica si sarebbe trasformata in una repubblica socialista. Ma tale prospettiva era ancora lontana! Pensavano il leader socialisti, Prieto, Caballero, de los Rios, Besteiros, del Vayo, Araquistan, che erano cresciuti, a dir poco, nel medioevo sotto il regime quasi Asiatico della monarchia. Madrid, principale roccaforte socialista, conservava ancora molto della città di mestieri che era stata negli anni novanta; il suo socialismo era un misto del riformismo provinciale del suo fondatore, Pablo Iglesias, e della peggiore socialdemocrazia tedesca, quella del periodo post-bellico.
L’altra principale corrente del proletariato spagnolo, l’anarcosindacalismo, che poteva contare nella C.N.T. di circa metà della forza del sindacato socialista U.G.T., dominava la moderna città industriale di Barcellona ma era cambiata poco dalle sue origini nel congresso di Cordoba del 1872. Irriducibilmente antipolitica, non svolse alcun ruolo nell’avvento della Repubblica; allora oscillava tra periodi di luna di miele e una posizione di sostegno passivo, che mutò in feroce putschismo non appena si dissolsero le rosee nebbie. La Spagna non poteva trovare qui la propria guida ideologica. Furono necessari cinque anni di rivoluzione prima che l’anarcosindacalismo giungesse alla rottura con il suo rifiuto dottrinario di entrare nell’arena politica e lottare per uno stato operaio.
La creazione dell’Unione Sovietica – un paese contadino come la Spagna – e le sue conquiste erano straordinariamente popolari in Spagna. Ma la metodologia bolscevica della Rivoluzione Russa era pressoché sconosciuta. L’arretratezza teorica del socialismo spagnolo aveva prodotto nel 1918 solo una piccola corrente bolscevica. Questo progresso compiuto a partire dal 1930 fu interrotto dall’espulsione dal Comintern, per eresia trotskysta, di “destra” o d’altro genere, di praticamente tutto il partito. Nonostante l’ampio appoggio della Comintern, nel periodo successivo il Partito Comunista ufficiale non giocò alcun ruolo. Nel marzo del 1932, la Comintern scoprì una nuova eresia ed epurò ancora una volta l’intera leadership. Seguendo la loro ideologia del “terzo periodo” (1929-1934), gli stalinisti denunciavano i fronti unici con le organizzazioni socialiste e anarchiche, che definivano gemelle dei fascisti; costituirono dei vuoti “sindacati Rossi” contro la C.N.T. e l’U.G.T.; si vantavano scioccamente che stavano costruendo dei soviet contadini, in un momento in cui non avevano un seguito nel proletariato che questi soviet doveva guidare; facevano propaganda per “la rivoluzione democratica intermedia degli operai e dei contadini” – un’idea respinta da Lenin nel 1917 – distinta dalle rivoluzioni borghese e proletaria, confondendo in tal modo sciaguratamente il compito della lotta per la conquista delle masse con la susseguente lotta per il potere. Gli stalinisti abbandonarono questo guazzabuglio del “terzo periodo” nel 1935 – solo per raccogliere la screditata politica di coalizioni con la borghesia del “Fronte del Popolo”. Sia all’inizio, che alla fine, svolsero un ruolo totalmente reazionario.
L’autentica tradizione bolscevica in Spagna era coerentemente rappresentata solo dal piccolo gruppo, Sinistra Comunista, aderente al movimento “trotskysta” internazionale. Trotskij stesso scrisse due importanti pamphlet, La rivoluzione in Spagna, alcuni mesi prima dell’effettivo avvento della repubblica, e La rivoluzione spagnola in pericolo poco dopo, e numerosi articoli man mano che si svolgevano gli eventi. Nessuno può comprendere le dinamiche della rivoluzione spagnola senza leggere le analisi profetiche di Trotsky. In ogni questione fondamentale gli eventi hanno confermato i suoi scritti. Alle dottrine pseudogiacobine del socialismo ufficiale egli contrappose una dimostrazione marxista-leninista, arricchita da una concreta comprensione delle condizioni della Spagna, dell’impossibilità per la repubblica borghese di assicurare i compiti democratici della rivoluzione. All’insensatezza pseudo sinistroide degli stalinisti, egli contrappose lo specifico programma attraverso il quale un partito rivoluzionario potrebbe conquistare le masse e condurle a una rivoluzione vittoriosa.
Ma la Sinistra Comunista era un minuscolo manipolo e non un partito. I partiti non si creano dall’oggi al domani, neanche in una situazione rivoluzionaria. Un gruppo non è un partito. La Sinistra Comunista, sfortunatamente, non riuscì a capire ciò, e non seguì Trotsky nella sua valutazione del profondo significato dell’evoluzione a sinistra nelle file socialiste dopo che gli eventi confermarono le previsioni di Trotsky. Al loro “estremismo” fece seguito una linea opportunista che li condusse a sottoscrivere il programma del Fronte Popolare. Fu solo dopo l’esplosione dell’attuale guerra civile che gli ex trotskysti (ora nel P.O.U.M.) si rivolsero di nuovo a una politica bolscevica.
Così, quando arrivò la repubblica, il proletariato era senza quella direzione che lo preparasse ai suoi grandi compiti. Avrebbe pagato a caro prezzo quest’assenza!


II
I COMPITI DELLA RIVOLUZIONE DEMOCRATICO BORGHESE

La repubblica borghese doveva fronteggiare cinque grandi compiti; bisognava realizzarli, altrimenti il regime avrebbe ceduto alla reazione, monarchica o fascista, o a una nuova rivoluzione e a uno stato operaio:

                       I.     LA QUESTIONE AGRARIA
L’agricoltura forniva oltre la metà delle entrate nazionali, quasi i due terzi delle esportazioni e la maggior parte delle entrate pubbliche interne del governo; e, con il 70% della popolazione impiegata nella terra, questa era la questione chiave del futuro della Spagna.
La ripartizione della terra è la peggiore d’Europa. Un terzo è posseduto da grandi possidenti, in alcuni casi in proprietà che coprivano metà di una provincia. Un altro terzo è posseduto da un gruppo di “medi proprietari, ” più numerosi dei grandi possidenti, ma anche loro con grandi proprietà coltivate da mezzadri e braccianti. Solo un terzo è posseduto dai contadini, la maggioranza del quale in poderi primitivamente attrezzati, di 5 ettari o meno, di terra arida e povera – insufficiente a sostenere le loro famiglie. La buona terra propriamente contadina – degli orti coltivati della costa mediterranea – era distribuita in appezzamenti delle dimensioni di un cortile.
I cinque milioni di famiglie contadine rientrano in tre categorie:
Due milioni che hanno poderi insufficienti. Solo nelle provincie del nord c’è un certo numero di famiglie contadine che vive in modo abbastanza confortevole. La maggior parte di questi milioni di “proprietari” muore di fame insieme ai senza terra, impiegandosi anch’essi come salariati giornalieri ogni volta che possono.
Un milione e mezzo di mezzadri che pagano l’affitto dividendo il raccolto con il padrone, e che sono soggetti alla triplice oppressione del proprietario della terra, dell’usuraio che finanzia il raccolto e del mercante che lo acquista.
Un milione e mezzo di braccianti che impiegano se stessi per salari incredibilmente bassi e che nella migliore delle ipotesi sono senza lavoro tra i 90 e i 150 giorni l’anno. È da considerare un buon salario 6 pesetas (75 centesimi) il giorno.
Lo sfruttamento diretto sulla terra è completato dalla spremitura fiscale. Del prelievo fiscale totale incassato dalla terra nel primo anno della repubblica, più della metà veniva dai contadini proprietari.
Le condizioni in cui vivono milioni di famiglie contadine sono indescrivibili. Per trovare paragoni si dovrebbe andare in Oriente, tra le condizioni di vita dei contadini cinesi e indiani. La fame, tra un raccolto e l’altro, è un sistema normale. La stampa spagnola del periodo fornisce numerose cronache d’interi distretti di contadini che vivono di radici e bollito verde. Rivolte disperate, requisizioni dei raccolti, assalti ai magazzini e periodi di guerra di guerriglia hanno fatto parte per un secolo della storia della Spagna; ma ogni volta si dimostrava nuovamente che i contadini dispersi tra loro, senza l’aiuto delle città, non potevano liberare se stessi.
Gli ultimi decenni, non portarono sollievo al contadino. Gli idilliaci anni di guerra, 1914-1918, diedero all’agricoltura spagnola l’opportunità di inserirsi nel mercato mondiale ed assicurarsi prezzi elevati. Il risultante aumento del prezzo della produzione e della terra fu capitalizzato dai possidenti sotto forma di denaro attraverso le ipoteche; i contadini, di ciò, ricevettero ben poco. Gli oneri del collasso dell’agricoltura successivo alla guerra furono, però, scaricati prontamente sui contadini. La crisi agricola, parte della crisi mondiale, aggravata dalle barriere tariffarie innalzate contro l’agricoltura spagnola da Francia e Inghilterra, ridusse, nel 1931, il contadino in una tale condizione critica che intere regioni correvano il rischio di essere sterminate dalla fame, e con un esercito permanente di disoccupati nei campi.
La sola soluzione a questa spaventosa situazione era l’immediato esproprio dei due terzi delle terre possedute dai proprietari terrieri e la loro divisione tra i contadini. Ma anche questo non sarebbe bastato. Ad eccezione delle regioni ortofrutticole del Mediterraneo, l’agricoltura spagnola era condotta con metodi primitivi. Il suo rendimento per ettaro era il più basso d’Europa. I metodi dell’agricoltura intensiva, che richiedevano formazione tecnica, strumenti moderni, fertilizzanti, ecc., il che significava a sua volta sistematici aiuti di stato all’agricoltura, avrebbero dovuto integrare la ripartizione della terra.
In Francia, il possesso feudale della terra fu distrutto dai giacobini con nessun’altra conseguenza che il beneficio per le relazioni capitalistiche di produzione. Ma nella Spagna del 1931 la terra era già sfruttata sotto i rapporti capitalistici. La terra era stata a lungo alienabile, acquistata e venduta sul mercato; quindi ipotecabile e gravata dai debiti. Perciò la confisca della terra avrebbe significato anche la confisca del capitale bancario, avrebbe rappresentato un colpo mortale al capitalismo Spagnolo, sia agricolo che industriale.
Da questo dato di fatto perfettamente ovvio, la coalizione di governo trasse la conclusione che, quindi, la terra non poteva essere confiscata.
Invece, furono elaborati piani inutili e complessi, per cui il governo, attraverso il suo Istituto per la Riforma Agraria, avrebbe acquistato i latifondi e li avrebbe divisi tra i contadini in cambio di un affitto. Considerato che la Spagna è una terra impoverita, che fornisce poche entrate allo Stato, tale processo sarebbe dovuto essere necessariamente molto lungo. Le stesse figure del governo indicavano che questo metodo di divisione della terra attraverso il suo acquisto avrebbe richiesto almeno un secolo.

2. LO SVILUPPO DELL’INDUSTRIA SPAGNOLA
Se la coalizione repubblicano - socialista non poteva risolvere la questione agraria, avrebbe potuto sviluppare le forze produttive dell’industria e il sistema dei trasporti?
Paragonata all’industria delle grandi potenze imperialiste, la Spagna era pietosamente arretrata. Solo 8,500 miglia di ferrovia, in un paese più vasto della Germania! Con l’1,1% del mercato mondiale nel 1930, ne aveva leggermente meno di quanto ne aveva avuto prima della guerra.
L’epoca dello sviluppo dell’industria spagnola fu breve – 1898-1918. Proprio lo sviluppo dell’industria spagnola negli anni della guerra divenne una fonte di ulteriori difficoltà. La fine della guerra significò quella dell’industria spagnola, ancora alla sua infanzia e non sostenuta da una forte potenza, rimase subito indietro nella gara imperialista per i mercati. Anche il mercato interno spagnolo non poté essere protetto a lungo per la sua industria. Le insormontabili barriere tariffarie di Primo de Rivera portarono alla rappresaglia di Francia ed Inghilterra contro l’agricoltura spagnola. Con un’agricoltura che contava da metà a 2/3 delle esportazioni, ciò significò una terribile crisi agricola seguita dal collasso del mercato interno per l’industria. Proprio questa crisi, nel 1931, aprì la strada alla repubblica.
Questi fatti stavano loro davanti, ma la coalizione repubblicano - socialista ripeteva, come se fosse una formula magica, che la Spagna era solo all’inizio del suo sviluppo capitalistico, che avrebbe dovuto costruire in qualche modo la propria industria e commercio, che la crisi mondiale sarebbe passata, ecc., ecc. La repubblica comprendeva quasi un milione di operai e contadini disoccupati, e prima della fine del 1933 il numero raggiunse il milione e mezzo, che considerando le persone a loro carico costituivano il 25% della popolazione.
Con ferrea logica i trotskysti dimostrarono che la debole industria spagnola, nel quadro di rapporti capitalistici, poteva svilupparsi solo in un mercato mondiale in espansione, e che il mercato mondiale era andato progressivamente contraendosi; l’industria spagnola poteva svilupparsi solo sotto la protezione di un monopolio del commercio estero, ma la pressione del capitale straniero in Spagna e la minaccia di esportazioni agricole dalla Francia e dall’Inghilterra significavano che un governo borghese non poteva creare un monopolio del commercio estero.
Se il ritardo dell’industria spagnola ostacolava il suo ulteriore sviluppo sotto il capitalismo, lo stesso ritardo (come nel caso della Russia) aveva come risultato una concentrazione del suo proletariato in grandi imprese ed in poche città. Barcellona, il porto più grande e anche il più grande centro industriale, con le città industriali della Catalogna, contavano abbondantemente da sole il 45% della classe operaia spagnola. La regione della Biscaglia, le Asturie e Madrid comprendevano la maggior parte di ciò che restava. Tutta considerata, la Spagna ha meno di due milioni di operai industriali, ma il loro peso specifico, data la loro concentrazione, è paragonabile a quello del proletariato russo.

3.                LA CHIESA
La separazione di Stato e Chiesa non era un semplice compito parlamentare. Per realizzare la separazione, la Rivoluzione Francese, confiscò le terre della Chiesa, appellandosi ai contadini per la loro confisca; sciolse gli ordini religiosi, espropriò le chiese ed i loro beni, e per molti anni mise fuori legge e proibì l’esercizio del sacerdozio. Ma anche in tal caso la separazione tra Stato e Chiesa raggiunta in Francia fu insufficiente.
Nella Spagna del 1931 la questione era ancora più urgente e stringente. Dato l’intero suo passato la Chiesa non poteva che essere il nemico mortale della Repubblica. Per secoli la Chiesa aveva impedito ogni forma di progresso. Addirittura un re molto cattolico, Carlo III, era stato costretto a espellere i gesuiti nel 1767; Giuseppe Bonaparte dovette sciogliere gli ordini religiosi, e il liberale Mendizábel li soppresse nel 1835. La Chiesa aveva distrutto ogni rivoluzione del XIX secolo; a sua volta ogni rivoluzione, ogni fermento delle vita spagnola, era stato necessariamente anticlericale. Anche Re Alfonso, dopo la rivolta di Barcellona del 1909, dovette annunciare che avrebbe “dato espressione alle pubbliche aspirazioni alla riduzione e regolamentazione dell’eccessivo numero di ordini religiosi,” e che avrebbe istituito la libertà religiosa. Roma, tuttavia, cambiò l’idea di Alfonso per suo conto. Ogni tentativo di ampliamento della base del regime fu frustrato dalla Chiesa – l’ultimo nel 1923, quando pose il veto sulla proposta del Primo ministro Alhucemas di convocare un’Assemblea (Cortes) Costituente e appoggiò invece la dittatura. Non c’è da meravigliarsi che ogni periodo di fermento a partire dal 1812 fu accompagnato da incendi di chiese e assassinii di sacerdoti.
Il potere economico esercitato dalla Chiesa può essere valutato considerando la stima, fornita alle Cortes nel 1931, che l’ordine dei gesuiti possedeva un terzo della ricchezza del paese. Tali terre che erano state confiscate dopo la rivoluzione del 1868 sono state indennizzate così generosamente dalla reazione, che la Chiesa si è avviata una carriera nell’industria e nella finanza. Le sue monopolistiche banche di “credito agricolo” erano gli usurai della campagna e le sue banche cittadine socie dell’industria. Gli ordini religiosi gestivano degli autentici stabilimenti industriali (mulini per le farine, lavanderie, sartorie, abbigliamento, ecc.) con il lavoro non pagato (orfani, “studenti”) competendo, con grandi vantaggi, con l’industria. In quanto religione ufficiale riceveva, da parte del tesoro statale, dieci milioni di pesetas all’anno, era esente da ogni obbligo fiscale anche nella produzione industriale, e riceveva ricche parcelle per battesimi, matrimoni, funerali, ecc.
Il suo controllo ufficiale sull’educazione significava salvaguardare gli studenti dal radicalismo e mantenere i contadini analfabeti – nel 1930 metà della popolazione spagnola non sapeva ne leggere ne scrivere. La superstizione alimentata dalla Chiesa può ricavarsi dal fatto che fino a poco tempo fa erano vendute indulgenze papali per poche pesetas; firmate da un arcivescovo, potevano essere vendute in negozi che esponevano la pubblicità: “Oggi Bulas a buon mercato”.
Le sue orde in veste talare erano un vero e proprio esercito che si stagliava di fronte alla repubblica: 80-90 mila nei 4000 edifici religiosi degli ordini, e oltre 25.000 parroci – così, il numero nei soli ordini religiosi superava il totale degli studenti nelle scuole superiori ed era il doppio del numero degli studenti universitari del paese.
I primi mesi della repubblica, la Chiesa si mosse con cautela nella propria lotta contro il nuovo regime, e a ragion veduta: a una lettera pastorale che invitava i cattolici a votare per i candidati cattolici che non erano “né repubblicani né monarchici” fu risposto, in maggio, con incendi di massa di chiese e monasteri. Tuttavia, non era un segreto per nessuno che l’esercito costituito dalla miriade di monaci, suore e parroci stava conducendo una propaganda vigorosa di casa in casa. Come in ogni periodo critico della storia spagnola in cui la Chiesa si sentiva minacciata da un cambiamento, diffondeva voci superstizione di eventi miracolosi – statue che piangono, crocifissi che trasudano sangue – presagi dell’arrivo di tempi malvagi. Che cosa avrebbe fatto il governo repubblicano di questa potente minaccia?
La questione della Chiesa portò alla prima crisi di governo; Azaña elaborò un compromesso, che fu poi adottato. Gli ordini clericali non dovevano essere molestati salvo che si rivelassero, come qualsiasi altra organizzazione, dannosi per la comunità, e ci fu un accordo tra gentiluomini che tale misura sarebbe stata applicata solo nei confronti dei gesuiti, che furono sciolti nel gennaio 1932, dopo avergli dato tante opportunità di trasferire la maggior parte della loro ricchezza a singole persone e ad altri ordini. Le sovvenzioni governative al clero finirono formalmente con la dichiarazione ufficiale di separazione ma furono parzialmente ristabilite con i pagamenti alla Chiesa per l’educazione; per la rimozione della Chiesa dalle scuole ci voleva un programma “a lungo termine”. Questa era la totalità del programma del governo per la Chiesa. E anche questa legislazione, pateticamente inadeguata, creava scalpore tra la borghesia; vi fu, ad esempio, non solo l’opposizione dei ministri Zamora e Maura (cattolici), ma anche del Radicale repubblicano, Lerroux, che aveva fatto dell’anticlericalismo la carriera di una vita nella politica spagnola. Anticlericale a parole e desiderosa di una più equa spartizione del bottino, la borghesia repubblicana, era così intrecciata con gli interessi capitalistico - terrieri, che a loro volta si poggiavano sulla Chiesa, che era assolutamente incapace di un serio assalto al suo potere politico ed economico. La Sinistra Comunista dichiarava che questa era una prova ulteriore della bancarotta del governo di coalizione. Non riusciva nemmeno a conseguire il compito “democratico - borghese” di mettere il morso alla Chiesa. I rivoluzionari chiedevano la confisca di ogni bene della Chiesa, lo scioglimento di tutti gli ordini, l’immediata proibizione degli insegnati religiosi nelle scuole, l’uso dei fondi della Chiesa per aiutare i contadini a coltivare le terre, e invitavano i contadini a confiscare le terre della Chiesa.

4. L'ESERCITO

La storia della Spagna nel corso del XIX e del primo terzo del XX secolo è una storia di congiure militari e pronunciamientos. Invocato dalla monarchia stessa per por fine a un periodo d’opposizione, il ruolo privilegiato assegnato all’esercito ha partorito una casta di ufficiali viziati. Gli ufficiali erano diventati così numerosi che l’intera amministrazione coloniale e gran parte di quella dello stesso paese (incluse polizia e Guardia Civil) era stata affidata a loro. Il crescente bisogno di Alfonso del sostegno dell’esercito fu sfruttato dagli ufficiali per rafforzare se stessi. La Ley de Jurisdicciones del 1905, autorizzando i tribunali militari a processare e punire gli oltraggi civili nei confronti dell’esercito, rese la critica dei lavoratori e della stampa reato di lesa maestà. Perfino Maura, primo ministro di Alfonso, nel 1917, si lamentò che gli ufficiali stavano rendendo impossibile il governo civile. Nel 1919, disapprovando le concessioni fatte allo sciopero generale, la casta dell’esercito, organizzata in Consigli degli ufficiali per premere sul governo e l’opinione pubblica, chiese le dimissioni del Capo della polizia. Il ministro della guerra è sempre stato un loro uomo. Vi era un ufficiale ogni sei uomini di truppa, ed il bilancio militare crebbe di conseguenza. Di fatto, il bilancio militare cresceva in maniera cosi insostenibile che anche Rivera cercò di ridurre la casta degli ufficiali; i Consigli degli ufficiali si vendicarono lasciando che cadesse senza protestare, sebbene si fossero uniti a lui nel suo golpeiniziale. Alfonso li sostenne fino all’ultimo.
La loro tradizione di casta indipendente e privilegiata costituiva una grave minaccia per la repubblica. In un paese in cui la debole classe media è così piccola e mediocre, gli ufficiali devono essere presi dalle classi superiori, il che significa che essi saranno legati da parentela, amicizia, dalla posizione sociale, ecc., ai reazionari proprietari terrieri e industriali. Oppure gli ufficiali dovevano essere scelti fra la truppa, cioè fra i contadini e gli operai. Ed era necessario fare in fretta: il controllo dell’esercito è una questione di vita o di morte per ogni regime.
La coalizione repubblicano - socialista affidò questo serio problema allo stesso Azaña, in quanto Ministro della Guerra. Egli ridusse l’esercito attraverso un sistema di pensionamento volontario retribuito per gli ufficiali, così conveniente ai loro occhi che nel giro di pochi giorni 7000 ufficiali accettarono di ritirarsi con la retribuzione. Il corpo ufficiali così ridotto mantenne lo spirito che aveva avuto sotto la monarchia.
La Sinistra Comunista denunciava questo fatto come un tradimento della rivoluzione democratica. Essa chiedeva lo scioglimento dell’intero corpo degli ufficiali e la sua sostituzione con ufficiali provenienti dai ranghi, eletti dai soldati. Si appellava ai soldati perché prendessero in mano la questione, sottolineando che la repubblica borghese li stava trattando altrettanto barbaramente di quanto aveva fatto la monarchia. Cercava di spingere i soldati alla fraternizzazione con gli operai rivoluzionari e di coinvolgerli in consigli comuni.
La democratizzazione dell’esercito era vista dai rivoluzionari come un compito necessario, non per il rovesciamento rivoluzionario della borghesia – altri organismi erano necessari per fare ciò – ma come misura di difesa contro un ritorno della reazione. Il fallimento della coalizione di governo nell’assicurare questo elementare compito della rivoluzione democratica era semplicemente l’ulteriore prova che solo la rivoluzione proletaria avrebbe potuto risolvere i compiti “democratico -borghesi” della rivoluzione spagnola.

5. LE QUESTIONI COLONIALE E NAZIONALE

La monarchia “feudale” non solo era stata abbastanza moderna da favorire l’ascesa, lo sviluppo e il declino dell’industria e della finanzia borghesi. Fu ultra moderna, quanto basta per intraprendere la conquista e lo sfruttamento di colonie alla maniera più contemporanea del capitalismo finanziario. La “rinascita nazionale” incluse la conquista e la sottomissione del Marocco (1912-1926). Nel solo disastro di Annual (1921), furono annientati diecimila operai e contadini, che prestavano i due anni di servizio militare obbligatorio. Il costo della campagna del Marocco, dopo la Guerra Mondiale, fu di 700 milioni di pesetas. Quando le reclute e le riserve furono richiamate, le rivolte e gli ammutinamenti all’imbarco precedettero il golpe di Rivera. Un’alleanza con l’imperialismo francese (1925) portò ad una vittoria decisiva sul popolo marocchino l’anno successivo. Un’amministrazione coloniale mortalmente crudele cominciò lo sfruttamento dei contadini e delle tribù marocchine a beneficio del governo e di pochi capitalisti.
La coalizione repubblicano - socialista subentrava nel controllo delle colonie spagnole in Marocco, governandole, come faceva la monarchia, con la Legione Straniera ed i mercenari indigeni. I socialisti sostenevano che quando le condizioni l’avessero giustificato avrebbero esteso la democrazia al Marocco e gli avrebbero permesso di partecipare ai benefici di un regime progressivo.
Trotsky e i suoi seguaci definirono la posizione socialista un atto di tradimento contro un popolo oppresso. Ma il Marocco doveva essere liberato anche per la salvezza delle masse spagnole. La prima forza ad essere usata per un golpe reazionario sarebbero stati i legionari, particolarmente crudeli, ed i mercenari cresciuti lì, ed il Marocco stesso come base militare della reazione. Il ritiro di tutte le truppe e l’indipendenza del Marocco erano rivendicazioni immediate per le quali gli stessi operai dovevano lottare, ed incitare il popolo marocchino a portarle a termine. La libertà delle masse spagnole sarà in pericolo finché le colonie non saranno liberate.
Analogo alla questione coloniale era il problema della liberazione nazionale dei popoli basco e catalano. Il forte partito piccolo-borghese catalano Esquerra(Sinistra) derivava il suo seguito principale dai militanti mezzadri, che dovrebbero essere gli alleati degli operai rivoluzionari, ma che soggiacciono al programma nazionalista della piccola-borghesia, poiché quest’ultima cerca un sostegno tra i contadini contro il ruolo denazionalizzante del grande capitale e dello stato burocratico spagnolo. Nelle province basche la questione nazionale nel 1931 portò a conseguenze ancora più gravi; il movimento nazionalista era, qui, sotto il controllo clericale - conservatore ed elesse alla Cortes Costituente un blocco dei deputati più reazionari. Considerato che le province basche e catalane erano anche le principali regioni industriali, si poneva una questione decisiva per il futuro del movimento dei lavoratori: come liberare gli operai e i contadini dal controllo di classi estranee?
Il modello di soluzione era fornito dai Bolscevichi russi, che avevano inserito nel loro programma la rivendicazione della liberazione nazionale, e la realizzarono dopo la Rivoluzione d’Ottobre. La più ampia autonomia è perfettamente compatibile con l’unità economica; le masse non hanno nulla da temere da una simile misura, che in una repubblica operaia permetterebbe all’economia e alla cultura di prosperare liberamente.
Ogni altra posizione a sostegno della liberazione nazionale, diviene, direttamente o indirettamente, un sostegno al massimo di centralizzazione burocratica della Spagna rivendicata dalla classe dominante, e come tale sarebbe accolta dalle nazionalità oppresse.
Il nazionalismo catalano era cresciuto sotto l’oppressione della dittatura di Rivera. Perciò, già un giorno prima della proclamazione della Repubblica a Madrid, i catalani si erano impossessati degli edifici governativi e avevano dichiarato una repubblica indipendente Catalana. Una delegazione di dirigenti repubblicani e socialisti corse a Barcellona, e unì promesse di una statuto autonomistico con pesanti minacce di repressione; l’accordo finale previde un’autonomia molto ristretta che lasciò in eredità rancori con i politici catalani che essi manifestarono, con proficui risultati, in modo da mantenere il proprio seguito tra gli operai e i contadini. Con il pretesto che il movimento nazionalista basco fosse reazionario, la coalizione repubblicano - socialista rinviò un accordo sulla questione e in tal modo diede ai clericali baschi, minacciati dalla proletarizzazione della regione, un nuovo ascendente tra le masse. In nome di un rifiuto dei pregiudizi regionali, i socialisti identificarono se stessi con il punto di vista dell’imperialismo della borghesia spagnola.
Così, in ogni campo, la repubblica borghese si rivelò assolutamente incapace di garantire i compiti “democratico borghesi” della rivoluzione spagnola. Ciò significava che la repubblica non poteva considerarsi stabile; poteva rappresentare solo una fase di transizione, e per giunta breve. Avrebbe lasciato il posto o alla reazione militare, fascista o monarchica – o ad un’autentica rivoluzione sociale che desse il potere alla classe operaia per costruire una società socialista. La lotta contro la reazione e per il socialismo era un unico compito, e all’ordine del giorno.


III
IL GOVERNO DI COALIZIONE ED IL RITORNO DELLA REAZIONE 1931-1933
 
Non passò un mese dalla rivoluzione del 1931 che si ebbero scontri sanguinosi tra soldati e operai.
L’ordine, del cardinale primate, ai cattolici, di non votare “ne monarchia ne repubblica” portò ad incendi di massa delle chiese. Un club monarchico che si riuniva il 10 maggio venne subissato di urla dagli operai, i monarchici spararono e ferirono degli operai, e appena a Madrid si diffuse la notizia, gruppi di operai diedero il via a retate contro i monarchici. La lotta contro la Chiesa e i monarchici raggiunse tali proporzioni che gli operai coinvolti lasciavano le fabbriche per alcuni giorni per continuare a condurre la lotta. I socialisti si unirono ai repubblicani negli appelli alla calma e a ritornare al lavoro; i rivoluzionari chiedevano la distruzione di tutte le organizzazioni monarchiche e l’arresto dei loro leader. Peggio ancora, i socialisti diedero istruzioni alla loro milizia di aiutare la polizia a mantenere la legge e l’ordine. Negli scontri successivi la Guardia Civil sparò a dieci operai. Una delegazione di loro compagni chiese al governo provvisorio la dissoluzione della Guardia Civil. La replica del governo fu una dichiarazione della legge marziale e le truppe furono fate giungere in tutte le città importanti. L’esercito e la polizia di Alfonso, la sua casta di ufficiali che ancora piangevano per il re esiliato, si consolava con gli attacchi contro coloro che avevano costretto Alfonso a fuggire. Gli operai ebbero così il loro primo assaggio della repubblica e della partecipazione socialista a un governo borghese.
Nel lavoro di stesura della nuova costituzione, i socialisti vedevano la coalizione repubblicano -socialista come il governo permanente della Spagna. Era più importante dare al governo spagnolo forti poteri che lasciare mano libera a “irresponsabili” anarchici e comunisti perché incitassero le masse al disordine.
C’era qualche giustificazione accettabile per la posizione dei socialisti? I socialisti spagnoli affermavano che il loro sostegno al governo era giustificato dal fatto che questa era una rivoluzione borghese, il cui compimento poteva essere raggiunto da un governo repubblicano, e che il “consolidamento della repubblica” era il compito più immediato per scongiurare il ritorno della reazione. In questo argomento riecheggiano la socialdemocrazia tedesca e austriaca del dopoguerra. Ma essi sfidavano apertamente la tradizione e la pratica autentica del marxismo.
Le rivoluzioni del 1848 erano fallite, e furono seguite da una ritorno della reazione, a causa della linea indecisa dei repubblicani piccolo-borghesi. Traendo le lezioni del 1848, Marx giunse alla conclusione che la lotta contro il ritorno della reazione, così come per assicurare il massimo di diritti per gli operai sotto la nuova repubblica, richiedeva nelle successive rivoluzioni borghesi il dovere del proletariato di combattere mantenendo l’indipendenza politica ed organizzativa dai repubblicani piccolo –borghesi ( 2 ).
Le concezioni strategiche di Marx furono applicate nella Rivoluzione Russa del 1905, dove il proletariato creò dei consigli degli operai (soviet) costituiti da delegati eletti nelle fabbriche, nei reparti e nei rioni, come strumento flessibile che unificava gli operai di varie tendenze nella lotta contro lo zarismo. Gli operai russi seguirono il consiglio di Marx per cui non era necessaria una speciale alleanza, finanche con i settori più progressivi della borghesia: entrambe le classi colpivano lo stesso nemico, ma le organizzazioni proletarie perseguivano i loro scopi indipendenti senza la costrizione e l’inutile compromesso di un’alleanza – cioè a dire, un programma comune, che poteva esser solo il minimo, e perciò un programma borghese – con la borghesia. Nel febbraio 1917, i soviet furono nuovamente costituiti in un momento in cui la maggior parte dei marxisti pensavano che si trattasse semplicemente di una rivoluzione borghese.
Così, anche per la rivoluzione “borghese”, erano necessari i soviet. Anche le rivoluzioni tedesca e austriaca insegnarono delle lezioni molto differenti da quelle che i socialisti spagnoli scelsero di trarre. Anche per queste rivoluzioni furono creati dei soviet; ma dominati dai riformisti, i soviet si dissolsero non appena il capitalismo riacquistò stabilità. Le vere lezioni delle rivoluzioni in Germania e Austria furono che i soviet richiedono un programma rivoluzionario; che non possono continuare a esistere indefinitamente come organi senza potere politico; che non si può appoggiare sia il governo che i soviet, come cercavano di fare, alla maniera dei menscevichi russi, i riformisti tedeschi e austriaci; questi soviet possono esordire come potenti comitati di sciopero ma devono risolversi in organi del potere statale.
Così le conclusioni tratte da Marx ottantasei anni fa sono state rafforzate da ogni successiva rivoluzione.
Dunque la direzione presa dai socialisti spagnoli dal 1931 al 1933 era completamente estranea al marxismo. “La Spagna è una repubblica dei lavoratori di tutte le classi”. Questa stupida frase fu adottata su iniziativa socialista come primo articolo della costituzione.
La costituzione limitava il diritto di voto a quelli che avevano più di 23 anni, e istituì un sistema di elezione delle Cortes che favoriva la formazione di coalizioni elettorali e rendeva quasi impossibile la rappresentanza dei partiti minori. Quando, in seguito, questo metodo si ritorse contro loro, i leader socialisti confessarono che era stato istituito nella presunzione che la coalizione socialista con i repubblicani sarebbe continuata indefinitamente!
Il servizio militare obbligatorio fu reso una disposizione costituzionale come sotto la monarchia. Il Presidente della Repubblica fu dotato del potere di scegliere il Primo ministro e di sciogliere il parlamento per due volte nel corso di un mandato presidenziale di sei anni, e poteva essere rimosso durante il suo mandato solo dal voto di tre quinti del parlamento. Si provvide anche a una Corte delle Garanzie Costituzionali con poteri di annullamento delle legislazioni equivalenti a quelli della Corte Suprema degli Stati Uniti, e ad un sistema rigido di modifica della costituzione.
Come la costituzione di Weimar, la carta spagnola conteneva una grande abbondanza di fraseologia sui diritti sociali ma con un “jolly” (l’Articolo 42) che prevedeva la sospensione di tutti i diritti costituzionali; fu immediatamente approvata la “Legge per la Difesa della Repubblica” – copiata quasi parola per parola da una legge tedesca simile. Essa qualificava come “atti di aggressione contro la repubblica”: la diffusione di notizie presumibilmente per turbare l’ordine o il credito pubblico; la denigrazione delle istituzioni pubbliche; il possesso illecito di armi; il rifiuto ingiustificato di lavorare; gli scioperi senza preavviso. Inoltre il Ministro dell’interno fu autorizzato “nell’interesse dell’ordine pubblico” a sospendere, in ogni momento, le assemblee pubbliche; a chiudere club, associazioni e sindacati; a indagare sui conti di tutte le associazioni o sindacati, a sequestrare le armi illecite.
Fu emanata pure una legge che manteneva i collegi arbitrali misti di Rivera per regolare gli scioperi. “Introdurremo l’arbitrato obbligatorio. Quelle organizzazioni dei lavoratori che non vi si sottometteranno saranno dichiarate fuorilegge”, disse il Ministro del Lavoro Largo Caballero il 23 luglio 1931. Ciò significava rendere illegale lo sciopero per motivi politici, e rendere illegale lo sciopero indetto senza che i lavoratori abbiano presentato richiesta scritta al datore dieci giorni prima.
Tale fu la struttura giuridica adottata dalla coalizione repubblicano - socialista. Non un solo deputato votò contro, e così fu adottata, il 9 dicembre 1931, con 368 si e 102 astensioni.
I rivoluzionari replicarono ricordando ai socialisti la teoria marxista dello stato. Il governo spagnolo, a dispetto di chi siede nel gabinetto, è un governo capitalista. I suoi poteri sono poteri in mano alla classe capitalista. Dare a questo governo il potere di sospendere le garanzie costituzionali, o d’intervento nelle vertenze di lavoro, ecc., è un atto di tradimento nei confronti del proletariato. Questi poteri saranno inevitabilmente usati contro il proletariato.
Limitare l’età del voto ai 23 anni (e questo in un paese meridionale dove ragazzi di sedici anni sono attive figure del movimento!) significa privare la classe operaia di uno strumento potente di trascinamento nella vita politica della forza più rivoluzionaria del paese: la gioventù. Il proletariato, meno di tutti, deve temere la più completa democrazia: il sistema elettorale indica che vasti settori degli operai e dei contadini non avranno garantita la rappresentanza nelle Cortes.
Democratizzare il regime borghese concentrando le funzioni di governo nel corpo più rappresentativo, le Cortes, è un principio elementare della politica della classe operaia; mettere poteri nelle mani di una Corte Suprema, di un presidente e di un esecutivo, è un crimine contro la democrazia. Questi corpi più piccoli sono molto più sensibili alle influenze reazionarie.
Dobbiamo cercare di democratizzare lo stato per poi poterlo sostenere? No! La classe operaia si raduna solo nelle sue proprie organizzazioni, nei suoi propri organi di classe. Le limitate possibilità di democratizzare l’apparato di stato borghese sono importanti solo fin quanto ci consentono di costruire, fianco a fianco ad esso, il DUALISMO DI POTERI dei soviet!
* * *

I sanguinosi scontri di maggio erano solo l’inizio. “Diffondere notizie con la probabilità di turbare l’ordine ed il credito pubblico” era una definizione abbastanza generica da ricoprire la maggior parte delle critiche marxiste o anarchiche. Non era raro per gli uomini di Azaña confiscare cinque su sei delle successive pubblicazioni di un giornale comunista. La proibizione degli scioperi senza preavviso era un colpo mortale ai metodi di lotta sindacali. Gli scioperi erano condotti dai campi di battaglia ai debilitanti collegi arbitrali prima che i lavoratori avessero una possibilità di imporre accordi favorevoli. Gli attivisti sindacali socialisti avvisavano gli scioperanti della C.N.T. che avrebbero avuto accordi migliori se avessero aderito al “sindacato del governo”. L’approfondimento della crisi agricola indusse i proprietari terrieri ad attacchi sempre più acuti agli “standard” di vita dei mezzadri e dei braccianti; gli accordi di arbitrato che aumentavano la loro paga venivano ignorati e ai lavoratori fu proibito di scioperare mentre gli agenti governativi si impelagavano in interminabili indagini e discussioni con i proprietari terrieri.
Salvato grazie alle insensate leggi sulla chiesa, il clero rialzò la testa, e le sue richieste trovarono autorevoli portavoce nel governo. Quando, nell’agosto 1931, il Vicario Generale di Siviglia fu fermato mentre attraversava illegalmente il confine con documenti che svelavano la vendita e l’occultamento di proprietà della chiesa e dei gesuiti, Maura e Zamora, furono in grado di impedire la pubblicazione dei documenti. Maura si ritirò dal governo alla fine del gabinetto provvisorio in dicembre; ma Zamora, che desiderava andarsene sulla questione di principio che egli era ostile alle clausole costituzionali e alle leggi sulla Chiesa fu convinto ad accettare l’elevazione alla carica di Presidente della Repubblica con i voti socialisti. Da questa posizione eminente, Zamora, fin dal primo giorno, sostenne le forze clericali della reazione .
Il socialista, Indalecio Prieto, entrò nel governo come Ministro delle Finanze. Il suo primo atto fu assumere il controllo della Banca di Spagna, il governo fu scosso da un terremoto. Il “compromesso” finale produsse un cambiamento dei posti di governo, con l’assegnazione del Ministero delle Finanze a un capitalista che nominò gli amministratori della banca che più gli convenivano.
L’ultimo giorno dell’anno che aveva dato alla luce la repubblica, i contadini di Castilblanco fruttarono alla repubblica il primo importante gruppo di prigionieri politici. Dopo aver affrontato con ferma resistenza un attacco della Guardia Civil, i leader contadini furono condotti per un lungo periodo in prigione.
Da allora in poi, il dramma si avviò alla sua inesorabile conclusione nella reazione. Appena fu del tutto evidente che l’indirizzo seguito dal governo non solo lasciava la reazione intatta, ma gli permetteva di crescere più forte, i leader socialisti dovettero parlare meno dei risultati del governo e più delle proprie organizzazioni. I lavoratori irrequieti furono placati indicando i crescenti numeri dell’U.G.T., e la milizia socialista. I rivoluzionari, tuttavia, mettevano in evidenza che l’U.G.T. non poteva essere un baluardo contro la reazione fino a quando sosteneva il governo. La lotta contro il capitalismo e il sostegno di un governo borghese sono tra loro incompatibili. Il prestigio del governo è legato a un record nel “mantenimento dell’ordine” poiché il Ministro del Lavoro Caballero deve prevenire gli scioperi con l’aiuto dei comitati d’arbitrato o soffocarli se scoppiano contro la sua volontà. Cosi, anche, la milizia socialista: creata con il consenso del governo e usata come ausiliaria della polizia non poteva essere altro che una forza da esibire durante le parate; una vera milizia proletaria non poteva essere impegnata a sostenere un governo borghese né limitarsi alle sole organizzazioni proletarie impegnate nella fedeltà al regime; deve essere un’arma autenticamente di classe che lotti per i diritti democratici senza limitarsi entro i confini della legalità borghese, e che sia pronta tanto ad assumere l’offensiva quanto a lottare sulla difensiva.
Schiacciando la C.N.T., le truppe estesero la repressione all’intera classe operaia. Con il pretesto di reprimere un putsch anarchico nel gennaio 1933, la Guardia Civil “spazzò via” diversi gruppi di agitatori. Uno scontro con i contadini a Casas Viejas, ai primi del gennaio 1933, divenne una cause célèbre che scosse il governo alla sue fondamenta e aprì la strada alla reazione.
La controrivoluzione aveva preso le armi a Siviglia (10 agosto, 1932), quando il generale Sanjuro guidò truppe e Guardia Civil per restaurare la monarchia (il movimento fu respinto dagli operai di Siviglia con appelli rivoluzionari che allarmarono Azaña più di quanto fece Sanjurjo). Allora la controrivoluzione scoprì che poteva superare repubblicani e socialisti negli appelli demagogici alle masse. I partiti monarchico e cattolico inviarono una propria commissione d’inchiesta a Casas Viejas; e questi portarono alla luce una storia terribile. Con ordini diretti di “non fare prigionieri”, del Ministro dell’Interno Quiroga, la Guardia Civil era piombata nel piccolo villaggio dove, dopo due anni di paziente attesa che l’Istituto della Riforma Agraria ripartisse il possedimento confinante del duca, i contadini l’avevano occupato e avevano cominciato a dissodarlo per conto loro. I contadini a stento potevano resistere alla Guardia Civil; furono cacciati per i campi come animali; venti di loro furono massacrati, gli altri feriti. I sopravvissuti furono avvisati dai pubblici ufficiali di stare buoni se non volevano fare la stessa fine.
Azaña si rifiutò di indagare, e ritardò le interpellanze alle Cortes. Alla fine, la coalizione repubblicano - socialista dovette affrontarne le conseguenze. I deputati monarchico - cattolici versarono fiumi di lacrime per i contadini massacrati e urlarono a squarciagola contro un così crudele governo. Quando Azaña infine dovette ammettere la verità sui fatti di Casas Viejas, cercò di scaricare le colpe sui Guardia Civil; ma loro coinvolsero lo stesso Quiroga. I reazionari ci si buttarono a pesce: a Casas Viejas essi aggiunsero la pubblica condanna del governo per la sua repressione della stampa operaia e per il gran numero di prigionieri politici, principalmente operai, rinchiusi nelle carceri (secondo una stima comunista nel giugno 1933 erano 9000). I reazionari sottoposero alle Cortes perfino un disegno di legge che prevedeva l’amnistia per tutti i prigionieri politici, con entusiastici evviva degli anarchici.
Gli operai e, soprattutto, i contadini furono completamente disorientati da questa audace e riuscita demagogia. Chi erano i loro alleati? I repubblicano - socialisti avevano promesso loro la terra ma non gliel’avevano data. “Che vi ha dato da mangiare la repubblica?” La repubblica ha ucciso e imprigionato i coraggiosi contadini di Castilblanco e Casas Viejas. I socialisti discutevano e accampavano scuse invano – i contadini invece sapevano qual’era la propria sofferenza.
La fine giunse molto rapidamente. Nel giugno 1933, Zamora cercò di sciogliere la coalizione ma i socialisti manovrarono più abilmente annunciando che ogni ulteriore tentativo sarebbe stato affrontato con uno sciopero generale. Si rivelò una vuota minaccia. È dubbio che operai disorientati e scoraggiati avrebbero risposto all’appello; erano stati tenuti al guinzaglio troppo a lungo! Tre mesi dopo, Zamora attaccò di nuovo, destituendo il gabinetto e sciogliendo contemporaneamente le Cortes. Lerroux fu nominato Premier.
Le elezioni si tennero a novembre; la vittoria della coalizione dei reazionari e della destra fu decisiva. I socialisti offrivano molte giustificazioni: gli anarchici esasperati avevano sostanzialmente fatto campagna per il boicottaggio delle elezioni; i comunisti avevano partecipato con liste separate; le donne era sotto l’influenza del clero e votavano per la prima volta; i socialisti – che concorrevano in molti posti, sotto la pressione della base, con liste indipendenti – furono vittime della loro stessa stupida preparazione della macchina elettorale; i boss locali e i proprietari terrieri terrorizzavano i villaggi e compravano i voti; le votazioni in molti posti sono state fraudolente, ecc, ecc. Ma questo era un misero alibi e i suoi dettagli erano, anzi, la prova, in due anni e mezzo di governo, del fallimento della coalizione repubblicano - socialista nel conquistare e ispirare le masse o nello schiacciare la reazione. Le fredde statistiche sono che, dei 13 milioni di aventi diritto al voto, votarono in 8 milioni, e più della metà di loro votò per la coalizione di destra, il “fronte anti-marxista”, mentre un altro milione ha votato per i partiti di centro. I repubblicani piccolo borghesi furono spazzati via, eleggendo solo sette deputati, la maggior parte dei quali, come Azaña, dovendo la propria elezione ai voti socialisti.
Come testimone della nostra analisi della cause della vittoria della reazione, chiamiamo Indalecio Prieto. Con un atteggiamento di estrema onestà e franchezza, mentre si trovava in fuga a Parigi dopo la rivolta dell’ottobre 1934, Prieto dichiarò a Le Petit Journal, in risposta alla domanda “Come spiega il malcontento in Spagna, e il successo di Gil Robles alle ultime elezioni?”:
“Proprio con la politica di destra del regime di sinistra”, rispose Prieto. “Questo governo nato con la repubblica e creato dalla repubblica divenne il baluardo delle forze avverse alla repubblica. Vero è che il governo di sinistra della Spagna ha condotto una politica di destra prima di Lerroux e Samper. In questo periodo di capitalismo in decadenza, la borghesia spagnola non potrebbe portare a termine nemmeno la rivoluzione democratico - borghese”.

IV
 
LA LOTTA CONTRO IL FASCISMO:
DAL NOVEMBRE 1933 AL FEBBRAIO 1936

Malgrado le crisi di governo mutassero il personale di gabinetto sei volte nel corso degli ultimi due anni, i Radicali di Lerroux rimasero apparentemente al timone, sia con Lerroux che con i suoi luogotenenti – Samper, Martinez Barrio – come Premier. I Radicali s’impegnarono con la sinistra affinché nessun uomo di Gil Robles entrasse nel gabinetto di governo. In realtà, questo accordo era dettato dallo stesso Gil Robles. Egli aveva studiato i metodi di Hitler e Mussolini, e sentiva che non poteva osare prendere apertamente il potere finché il suo movimento fascista non avesse acquisito una base di massa.
Era certamente giusto che questo regime degenerato e reazionario dovesse essere diretto dai Radicali, alla cui fetida storia ci siamo già riferiti. Un partito di una buffonaggine così grottesca (“Ogni monaca una Madre!” era stato uno degli slogan di Lerroux) poteva esistere solo finché i due campi capitalista e proletario non si fossero avvinghiati in una lotta mortale; presto doveva dissolversi, la sua fine determinata, molto appropriatamente, da una serie di scandalose rivelazioni di appropriazioni finanziarie indebite che coinvolgevano l’intero gruppo dirigente del partito. Ma durante il “bienio negro”, i due anni neri, i suoi cinici satiri servirono gli austeri clericali come Premier e Ministri.
L’assetto legale istituito dalla coalizione repubblicano - socialista si rivelò molto utile a Lerroux - Gil Robles. In un anno furono sequestrati oltre cento numeri diEl Socialista. L’Internazionale Socialista calcolava a settembre del 1934 un totale di 12.000 operai imprigionati. La milizia socialista fu proibita e le sue armi confiscate. Le sale per le riunioni dei lavoratori furono chiuse e la contabilità dei loro sindacati esaminata per scoprire l’uso di fondi destinati a scopi rivoluzionari. I socialisti e gli altri lavoratori eletti nei consigli municipali furono rimossi. Tutte le leggi che i socialisti aveva pensato di usare contro gli “irresponsabili” ora venivano usate contro di loro.
Il principale problema di Gil Robles era assicurarsi una base di massa, un compito arduo perché la Spagna ha una classe media estremamente piccola. Al di fuori del piccolo gruppo dei prosperi contadini proprietari del Nord – Paesi Baschi e Navarra – dove era stata organizzata una forza simile alla milizia clerico - fascista asturiana, Gil Robles avrebbe molte difficoltà a reclutare tra i ceti più bassi. C’erano, comunque, il milione e mezzo di disoccupati cittadini e di lavoratori della terra: per conquistarli, Gil Robles presentò un progetto di legge che stabiliva sussidi di disoccupazione, cercando di sfruttare il fatto che i disoccupati erano stati dimenticati dal governo repubblicano - socialista. I clericali predisposero un programma di riforestazione da parte del governo, essendo i campi di lavoro scuole per il fascismo. Misero su un movimento giovanile, un “Movimento sindacale cristiano” e un “Movimento contadino cristiano.” Addirittura Gil Robles intimoriva i propri alleati, i possidenti del Partito Agrario, con discorsi sulla ripartizione delle grandi proprietà. Anche agli osservatori ostili appariva che Gil Robles stesse raccogliendo un seguito di massa. Ma quando, dopo mesi di paziente lavoro ed enormi spese, i clerico - fascisti tentarono di mostrarne i risultati preparando grandi raduni di massa, furono stroncati e disintegrati dal proletariato socialista.
Perché? È vero che il clerico-fascismo aveva spesso dato prova d’inettitudine. Tuttavia, l’assenza di una demagogia convincente non aveva impedito al clerico-fascismo di sconfiggere il proletariato in Austria. Il clerico-fascismo spagnolo non c’è riuscito per la ragione che il proletariato, a differenza della Germania, combatté e, a differenza degli austriaci, combatté prima che fosse troppo tardi.
Nel caso del proletariato spagnolo è attestata una reale determinazione a non permettere di farsi battere dal fascismo. L’evoluzione a sinistra della socialdemocrazia internazionale dopo le sconfitte di Germania e Austria giunse in Spagna più rapidamente che altrove. Caballero si unì all’ala sinistra, di cui la Gioventù Socialista, profondamente critica sia della Seconda che della Terza Internazionale, era il pilastro. L’ala sinistra si dichiarò a favore della preparazione della rivoluzione proletaria, che fosse portata a termine attraverso l’insurrezione armata. L’ala centrista del partito, guidata da Prieto e Gonzales Pena, diede la sua parola d’onore, di fronte alle Cortes, che ogni tentativo di regime fascista sarebbe stato fronteggiato da una rivoluzione armata. Solo una piccola ala destra sotto Besteiros rifiutava di imparare da Austria e Germania. Nell’U.G.T., Caballero introdusse un regime di lotta decisa e i socialisti di destra che si opponevano furono costretti a dare le dimissioni dal suo esecutivo. Proprio perché erano stati cosi ideologicamente dipendenti dai vari Kautsky e Bauer, la caduta dei loro maestri permise ai socialisti spagnoli di operare uno straordinario taglio netto con il loro passato. La borghesia, leggendo la politica proletaria attraverso le analogie borghesi, pensava che fosse tutto un bluff – finché con spavento furono convinti dalla scoperta di grandi depositi di armi nelle abitazioni e negli edifici dei socialisti.
Con i Partito Socialista pronto a combattere, la lotta contro il fascismo fu enormemente facilitata, anzi non è troppo affermare che solo la svolta a sinistra del Partito Socialista rese possibile, date le condizioni esistenti, la vittoria sul fascismo. Radunare le masse malgrado i socialisti, avrebbe richiesto un partito rivoluzionario di tali levatura e proporzioni di massa che semplicemente in Spagna non esisteva.
Si dimostrò impossibile, tuttavia, infondere il Partito Socialista della concezione marxista dell’insurrezione. Anche i migliori tra i socialisti di sinistra avevano una concezione estremamente limitata. Con termini pseudo di sinistra simili a quelli degli anarchici e degli stalinisti del “terzo periodo”, i socialisti affermavano che non erano più interessati al corso della politica borghese, come se la rivoluzione non potesse approfittare, ne influenzare, il corso della politica borghese! Ad esempio: le destre avevano conquistato la Catalogna nelle elezioni di novembre, ma la rinascita delle masse fu tale che, solo due mesi dopo, il blocco della sinistra stravinse le elezioni municipali catalane. La disfatta di novembre aveva determinato una crisi all’interno della C.N.T., parte della leadership chiedeva la fine del boicottaggio di tutte le elezioni. Quindi, una campagna socialista che chiedesse la dissoluzione delle Cortes e nuove elezioni avrebbe aiutato i socialisti a radunare le masse, avrebbe strappato i sindacalisti agli anarchici, avrebbe determinato una rottura tra Gil Robles e molti sostenitori di Lerroux. A quanto pare, tuttavia, i socialisti temevano di non essere abbastanza di sinistra.
Il carattere generale dell’insurrezione proletaria fu spiegato da Sinistra Comunista (trotskysta). Essa si dedicò agli sforzi di costruzione dello strumento indispensabile all’insurrezione: i consigli operai costituiti da delegati rappresentanti di tutti i partiti operai e dei sindacati, delle officine e dei reparti; perché fossero creati in ogni località e uniti a livello nazionale; una vera direzione di massa che appena fosse entrata in funzione sarebbe riuscita ad attirare a se tutti i lavoratori senza partito, senza sindacato e anarchici seriamente desiderosi di lottare contro il capitalismo. Purtroppo, i socialisti non riuscirono a comprendere la profonda necessità di queste Alleanze Operaie. Le tradizioni burocratiche non erano così facili da vincere; Caballero, non più di Prieto, poteva comprendere che la leadership di massa della rivoluzione doveva essere più ampia della leadership del partito; i leader socialisti pensavano che le Alleanze Operaie significassero che loro avrebbero dovuto semplicemente condividere la leadership con Sinistra Comunista e gli altri gruppi comunisti dissidenti. Allora, sebbene Sinistra Comunista fu abbastanza convincente da ottenere la loro creazione nelle Asturie e a Valencia, ed esistessero nominalmente a Madrid e altrove, in realtà nella maggior parte dei casi furono solamente dei comitati “di vertice”, senza delegati eletti o dal basso, cioè, poco più che comitati di collegamento tra la direzione delle organizzazioni coinvolte; e anche questi non furono mai completati dalla loro unificazione in un comitato nazionale.
Per quanto incredibile possa sembrare, era di gran moda tra i leader socialisti “Tecnica del Colpo di Stato”, dello scribacchino fascista Curzio Malaparte. Loro in realtà pensavano che gli assurdi dialoghi di Malaparte tra Lenin e Trotsky, in cui sviluppava una concezione puramente putschista della conquista del potere da parte di piccoli gruppi di uomini armati, fossero trascrizioni autentiche! I socialisti parevano ignorare completamente il ruolo delle masse nella Rivoluzione dell’Ottobre 1917. Trascurarono di dire alle masse che cosa significasse per loro la futura rivoluzione. Pur dirigendo, nel giugno 1934, uno sciopero generale di lavoratori della terra che coinvolse circa mezzo milione di persone, i socialisti non cementarono il legame tra città e campagna facendo appello ai lavoratori della città perché li aiutassero con picchetti e denaro; né lo sciopero fu utilizzato per diffondere sistematicamente la parola d’ordine della confisca delle terre, benché nel corso di quegli stessi mesi gli espropri contadini di terra raggiungessero il loro massimo picco. Come risultato, quando il duro sciopero si concluse senza una vittoria, la coscienza di classe dei lavoratori agricoli, sempre così tanto debole rispetto a quella del proletariato industriale, fu a tal punto scossa che non svolsero alcun ruolo nell’insurrezione d’ottobre. Né il proletariato cittadino fu preparato a impadronirsi delle fabbriche e delle istituzioni pubbliche, e neppure gli fu infusa la convinzione che spettasse a lui rovesciare il capitalismo e cominciare a costruire il nuovo ordine. Invece, i socialisti accennavano in maniera poco chiara a loro completi preparativi per compiere essi stessi la rivoluzione.
Tuttavia, nelle loro lotte parziali contro la minaccia fascista i socialisti si comportarono magnificamente. Gil Robles mise il massimo dei suoi sforzi in tre concentramenti attentamente pianificati: quello all’Escurial, nei pressi di Madrid, del 22 aprile 1934; quello dei possidenti catalani a Madrid l’8 settembre contro le leggi liberali sulle affittanze adottate dal governo catalano, e quello del 9 settembre a Covadongas, nelle Asturie. Non uno di questi ebbe successo. Gli operai proclamarono degli scioperi generali coprendo ogni area; le rotaie della vetture stradali furono divelte; i treni bloccati; trovare cibo e alloggi fu reso impossibile; le strade furono bloccate con barricate, e con armi e pugni i reazionari furono respinti e dispersi. I piccoli gruppi di giovanotti benestanti e i loro servitori, il clero e i proprietari terrieri, che cercavano di passare con l’aiuto dell’esercito e della Guardia Civil, rappresentavano un così ridicolo contrasto delle forze dei loro oppositori che la pretesa clerico-fascista di rappresentare tutta la Spagna subì un colpo irreparabile.
L’opposizione degli operai fu rafforzata dalla lotta per la liberazione nazionale. Movimenti contro il suo status semi-autonomo risvegliarono la nazione catalana; Companys, ancora al potere, dovette appoggiate una serie di enormi dimostrazioni contro Gil Robles. In fine, i deputati nazionalisti abbandonarono completamente le Cortes. La centralizzazione reazionaria spinse alle ostilità anche i conservatori baschi; i loro consigli municipali, nell’agosto 1934, si riunirono e decisero di rifiutare ogni collaborazione con il governo; la risposta di Lerroux, l’arresto di tutti i sindaci baschi, intensificò solo la crisi.
I clerico-fascisti non osarono attendere più a lungo. Non erano riusciti a costruire una base di massa; l’opposizione, invece, cresceva ogni giorno più forte. La disunione tra i ranghi operai tendeva lentamente, ma con sicurezza, a scomparire. Nonostante l’intelligente giochetto di Lerroux di assumere un atteggiamento benevolo nei confronti della C.N.T., allo scopo di rafforzare gli elementi antipolitici che sostenevano che tutti i governo fossero ugualmente cattivi e il governo di Lerroux non fosse peggio del precedente, le proposte socialiste stavano iniziando a trovare accoglimento; in parecchi scioperi la C.N.T. cooperò con l’U.G.T. e in diversi luoghi, in particolare nelle Asturie, gli anarchici avevano aderito alle Alleanze Operaie.
Anche gli stalinisti furono costretti a seguirli. Dal novembre 1933, avevano accolto ogni passo a sinistra socialista con il più disgustoso genere di invettive. Kuusinen, relatore ufficiale al 13° Plenum del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Comunista, dicembre 1933, accusò i socialisti spagnoli di prendere parte “ai preparativi per l’instaurazione di una dittatura fascista”. “Non ci sono disaccordi tra i fascisti e i social fascisti per ciò che riguarda la necessità dell’ulteriore fascistizzazione della dittatura borghese, disse all’E.C.C.I. . “I socialdemocratici sono favorevoli alla fascistizzazione purché la forma parlamentare sia conservata … . Ciò che preoccupa queste persone è che nel loro furioso zelo i fascisti possano accelerare la fine tragica del capitalismo. La fascistizzazione della socialdemocrazia sta procedendo a passo accelerato.” (Inprecorr, vol.14, p.109.). Quando, nell’aprile 1934, il segretario del Partito Comunista di Spagna, Balbontin, si dimise perché l’Internazionale Comunista rifiutò di sanzionare un fronte unico, gli fu risposto: “I social-fascisti devono conservare l’illusione tra le masse lavoratrici che loro sono “nemici” del fascismo, e che ci sia una grande lotta tra socialismo e fascismo, come alcuni piccolo-borghesi controrivoluzionari (Balbontin) vogliono far credere ai lavoratori.” (Ibid., p.545.) Nel giugno 1934, quando la socialista Juanita Rico fu assassinata dai fascisti a Madrid, il Partito Comunista dovette accettare l’invito socialista alla partecipazione al funerale di massa. Ma il 12 luglio respinse l’invito per un’azione congiunta e a entrare nelle Alleanze Operaie, e dichiarò che “la nostra corretta tattica di fronte unico ci consente di far fallire i piani controrivoluzionari dell’Alleanza Operaia.” Ma a partire dal 12 settembre la pressione della propria base fu irresistibile, i suoi delegati presero posto nelle Alleanze il 23 settembre – solo pochi giorni prima che cominciasse la lotta armata. Se i capi fautori della teoria del social fascismo si erano uniti al fronte unico proletario, presto avrebbero seguito la stessa via anche gli operai diretti dagli anarchici della C.N.T. . Gil Robles non poteva attendere oltre; attaccò.
Zamora chiamò Lerroux a formare un nuovo gabinetto; vi entrarono tre persone designate da Gil Robles. I socialisti avevano dichiarato che avrebbero risposto a tale mossa con le armi. Se adesso si fossero ritirati, l’iniziativa sarebbe passata a Gil Robles, e le masse sarebbero state demoralizzate. I socialisti raccolsero la sfida nel giro di sei ore. Alla mezzanotte del 4 ottobre, le Alleanze Operaie e l’U.G.T. proclamarono uno sciopero generale in tutta la nazione.
I convulsi eventi dei quindici giorni successivi sono ben noti a tutti per raccontarli qui. Nonostante l’assenza di veri soviet, la mancanza di chiarezza circa gli obiettivi della lotta, il mancato appello ai contadini a impossessarsi delle terre e agli operai a impadronirsi delle fabbriche, i lavoratori si lanciarono eroicamente nella lotta. Tuttavia, il sostegno principale della lotta fu spezzato quando il rifiuto di scioperare degli operai ferroviari della C.N.T. permise al governo di trasportare merci e truppe. Le poche ore tra la convocazione dello sciopero e la mobilitazione della milizia operaia furono un ritardo sufficiente a consentire al governo di arrestare i soldati su cui si contava per dividere l’esercito; il mancato armamento anticipato degli operai non poteva essere recuperato nel giro di poche ore, mentre le truppe governative e la polizia probabilmente stavano facendo irruzione in tutti gli edifici. Ci furono molti veri e propri tradimenti dei depositi d’armi; molti uomini chiave che fuggivano quando la vittoria [della reazione] apparve certa. In Catalogna, che avrebbe dovuto essere la piazzaforte della sollevazione, la dipendenza dal governo piccolo borghese di Companys si rivelò fatale; temendo l’armare gli operai più del capitolare di fronte a Gil Robles, Companys diffuse dichiarazioni rassicuranti finché, accerchiato dalle truppe di Madrid, si arrese miserevolmente.
Eppure, nonostante ciò, i lavoratori opposero una lotta fortissima. A Madrid, Bilbao e in altre città, gli scontri armati non andarono oltre azioni di guerriglia con l’uso di cecchini da parte degli operai; ma gli scioperi generali continuarono per molto tempo, sostenuti dal proletariato con entusiasmo e disciplina esemplari, e paralizzando la vita industriale e commerciale come le precedenti lotte in Spagna non avevano mai fatto. La lotta più grande e gloriosa ebbe luogo nelle Asturie. Qui le Alleanze Operaie erano molto simili a dei soviet, e avevano funzionato per un anno sotto la direzione socialista e di Sinistra Comunista. Pena e Manuel Grossi guidarono i minatori, che avevano rimediato alla mancanza di armi con la dinamite, strumento del loro mestiere, in una vittoriosa insurrezione. La “Repubblica degli operai e dei contadini delle Asturie” diede la terra ai contadini, requisì le fabbriche, processò i propri nemici in tribunali rivoluzionari, e per quindici storici giorni respinse la Legione Straniera e le truppe moresche. Un detto in Spagna dice che se ci fossero stati tre asturiazos la rivoluzione avrebbe avuto successo. Solo il fallimento della ribellione negli altri luoghi consentì al governo di concentrare tutte le proprie forze sulle Asturie.
Tra le file operaie non ne seguì un periodo di pessimismo. Al contrario, ci fu un assai diffuso riconoscimento che non erano stati sconfitti in uno scontro generale; le masse erano semplicemente entrate in sciopero e avevano limitato la loro lotta al respingimento dei crumiri; le loro file erano ancora intatte. Molto presto sarebbero tornate a lottare, e a quel punto avrebbero saputo come meglio combattere. La terribile storia dei 3000 operai asturiani massacrati, la maggior parte di loro dopo la resa, servì solo a temprare la determinazione delle masse. I tentativi di Gil Robles di impossessarsi dei quartier generali operai, chiudere i sindacati, confiscarne i fondi, trovarono la più accanita resistenza. In sostituzione della stampa operaia confiscata, saltarono fuori giornali illegali e furono diffusi apertamente. Le esecuzioni dei prigionieri di ottobre furono accolte da scioperi generali. Numerosi scioperi economici testimoniarono del morale non scosso del proletariato. Il 1° maggio 1935, malgrado i più frenetici sforzi del governo, ci fu uno stop completo del lavoro, un’assoluta paralisi di ogni cosa eccetto i servizi pubblici fatti funzionare dalle truppe governative. Le campagne per l’amnistia, per sospendere l’esecuzione degli uomini condannati e rilasciare i prigionieri, attirarono ampi settori di contadini e piccolo-borghesi: il grido “Amnistia, Amnistia!” coinvolse nella vita politica gli strati fino ad allora indifferenti. Il regime radical-clericale cominciò ad incrinarsi.
Lo stesso presidente Zamora non osò andare oltre. Prima che la lotta terminasse, commutò le sentenze di morte dei capi catalani. Il Partito Radicale si divise, il perspicace Martinez Barrio – che in qualità di Premier nel dicembre 1933 schiacciò ferocemente un putsch anarchico - guidava un raggruppamento antifascista, e, in maggio, si univa ad Azaña e ad altri repubblicani per lottare per l’amnistia. Lerroux stesso questa volta fece marcia indietro, sospendendo, il 29 marzo, l’esecuzione di Pena e di altri 18 socialisti condannati. Quando Gil Robles reagì lasciando il governo per tornare all’opposizione, Lerroux fu di nuovo nominato Premier da Zamora e sciolse le Cortes per un mese, durante il quale i Radicali governarono da soli; il 4 maggio, Lerroux formò ancora un governo con i clerico-fascisti, questa volta con lo stesso Gil Robles come Ministro della Guerra, ma il Primo Maggio aveva ormai chiarito il cambiamento di tendenza. Ora sappiamo che Gil Robles assunse, allora, il comando del Ministero della Guerra con lo scopo di preparare l’esercito, i depositi d’armi e le postazioni segrete intorno a Madrid, per la lotta che sta conducendo adesso, e perciò sapevamo come chiunque altro che presto sarebbe stato cacciato.
Si svolsero grandi raduni antifascisti con la richiesta di scioglimento delle Cortes e di nuove elezioni. Adunanze di centomila, duecentomila persone divennero eventi regolari. All’interno della classe operaia, il sentimento di unità fu la nota dominante. Terribilmente screditati dal loro rifiuto di unirsi alla rivolta di ottobre, gli anarchici cercarono di giustificarsi evidenziando la repressione che in quel momento stavano subendo da parte di Companys e sostenendo che erano pronti a unirsi ai socialisti nella lotta per la libertà; Angel Pestaña guidò una scissione e organizzò il Partito Sindacalista per la partecipazione alle prossime elezioni; anche la direzione della C.N.T. chiarì che avrebbero consentito ai suoi aderenti di votare contro il regime semi-fascista. Seguendo la corrente, la maggior parte della stampa borghese si sollevò contro Gil Robles. Ebbe bisogno solo del colpo finale dello scandalo finanziario che coinvolse il governo Lerroux. I clerico–fascisti erano giunti a un’impasse; dovettero ritirarsi.
Tuttavia, non avevano idea dell’ondata di marea che stava per travolgerli. Pensavano che le elezioni di febbraio avrebbero spostato l’equilibrio di forze verso i gruppi di centro. Così, pensava anche Azaña che, otto giorni prima delle elezioni, chiese un rinvio, temendo che la coalizione di repubblicani e operai non avesse avuto abbastanza tempo per la propria propaganda. Ma le masse dei contadini e degli operai, uomini e donne, avevano la loro da dire. Spazzarono via il regime semi-fascista. E non solo ai seggi. Dopo la pubblicazione dei risultati elettorali, le masse scesero nelle piazze. Entro quattro giorni dalle elezioni Azaña era di nuovo a capo del governo, reclamando nuovamente la pace, e che gli operai ritornassero al lavoro, bandendo ogni spirito di vendetta. Stava già ripetendo le frasi, e perseguendo le politiche del 1931-1933!

V
IL GOVERNO DEL FRONTE POPOLARE E I SUOI SOSTENITORI:
DAL 20 FEBBRAIO AL 17 LUGLIO 1936

Chi sono i criminali e traditori responsabili di aver fatto tutto il possibile perché, cinque mesi dopo le giornate di febbraio in cui i lavoratori cacciarono i clerico-fascisti dal governo e dalle piazze, i reazionari potessero guidare l’esercito e la polizia in una così potente controrivoluzione?
Ogni comunista e socialista serio vuole conoscere la risposta a questa somma questione, perché essa ha importanza non solo per la Spagna, e per la Francia dove uno sviluppo simile sta avendo luogo, ma per le linee politiche del proletariato in tutto il mondo.
La risposta è: i criminali ed i traditori sono il governo dei repubblicani di “sinistra” ed i suoi sostenitori, il Partito Comunista ed i socialisti riformisti.
Quando si avvicinarono le elezioni di febbraio, la sinistra dei socialisti si oppose ad una lista elettorale congiunta con i repubblicani, perché non credevano che i repubblicani avessero un seguito reale, e per via dell’odio delle masse nei confronti di questi uomini: la Esquerra catalana di Companys si era resa colpevole del tradimento della rivolta d’ottobre; “l’Unione Repubblicana” di Martinez Barrio non era altro che il residuo dei radicali di Lerroux, che intonava un motivetto nuovo per l’occasione; Azaña ed i suoi repubblicani di sinistra avevano ripudiato la rivolta d’ottobre e va detto che non erano nient’altro che una manciata di intellettuali. I socialisti di sinistra si scandalizzarono specialmente quando Prieto ed il Partito Comunista si accordarono per dare a questi repubblicani una maggioranza nelle liste elettorali congiunte: le liste che sostenevano davano ai repubblicani 152 deputati contro i 116 delle organizzazioni operaie!
Ma non fu questo il vero crimine. Votare dei blocchi per scopi puramente elettorali non costituisce questione di principio per i rivoluzionari, sebbene estremamente di rado siano garantiti da considerazioni tattiche. Ma tali accordi elettorali devono essere limitati esclusivamente allo scambio di voti. Prima, durante e dopo le elezioni, il partito proletario continua a parlare della propria piattaforma, spiegando ai lavoratori che non può giungere ad alcun accordo di programma con i suoi alleati elettorali temporanei. Perché un cosiddetto “programma comune” poteva essere, e nei fatti era, solo il programma del nemico di classe. Questo fu il vero crimine, che le organizzazioni dei lavoratori spagnole sottoscrissero e garantirono [così] alla borghesia un’altra patente, necessariamente identica a quella del 1931-1933.
Prieto dimenticò ciò che aveva detto: “In questo periodo di capitalismo decadente, la borghesia spagnola non poteva portare a termine nemmeno la rivoluzione democratico borghese.” Il Partito Comunista, obbedendo servilmente al nuovo orientamento internazionale, liquidava le proprie critiche del 1931-1933 sull’impossibilità per la borghesia di intraprendere i compiti democratici della rivoluzione, e dichiarò che la coalizione con la borghesia avrebbe portato a termine questi compiti!*
Il programma del Fronte Popolare era fondamentalmente un documento reazionario:

1. La questione agraria. Il programma afferma: “I repubblicani non accettano il principio della nazionalizzazione della terra e della sua libera distribuzione ai contadini, sollecitata dai delegati del Partito Socialista”. Invece, promette stimoli alle esportazioni, crediti, sicurezza del diritto di possesso per gli affittuari e stabilisce l’acquisto di tenute per affittarle ai contadini. In altre parole il programma del 1931, che già si era rivelato uno scherzo crudele.
2. Espansione dell’economia spagnola. Promette un più efficiente sistema di tariffe protettive, istituzioni per regolare l’industria (un dipartimento del commercio, del lavoro, ecc.), mettendo il Tesoro e le banche al servizio della “ricostruzione nazionale”, senza sorvolare sul fatto che tali cose ingegnose come il credito non potevano essere imposte al di fuori del campo sicuro dell’impegno redditizio e remunerativo. I partiti repubblicani non accettano le misure di nazionalizzazione delle banche proposte dai partiti operai”. I “Grandi piani” di lavori pubblici. “I repubblicani non accettano il sussidio di disoccupazione sollecitato dalla delegazione operaia. Credono che le misure di politica agraria e quelle che stanno per essere portate a termine nell’industria, i lavori pubblici e, in breve, l’intero piano di ristrutturazione nazionale, realizzerà non solo i propri intenti ma anche il compito essenziale di assorbire la disoccupazione”. Così, proprio, come nel 1931.
3. La Chiesa. Solo la parte sull’educazione colpisce il clero. La Repubblica “spingerà con lo stesso ritmo dei primi anni della Repubblica per la creazione di scuole primarie …. L’educazione privata sarà soggetta a vigilanza nell’interesse di una cultura analoga a quella delle scuole pubbliche.” Sappiamo, dalla storia del 1931-1933, quale fosse il ritmo!
4. L’esercito. La sola parte riguardante l’esercito è quella che promette indagini e punizioni degli abusi della polizia compiuti sotto la reazione ed il licenziamento degli ufficiali comandanti riconosciuti colpevoli. Nemmeno l’adesione puramente formale [al principio] della democratizzazione dell’esercito che fu data nel 1931! Così il corpo ufficiali è lasciato intatto. E nei cinque mesi che seguirono, il governo del Fronte Popolare rinviò ogni indagine sul massacro asturiano o su altri crimini perpetrati dal corpo ufficiali!
5. Le questioni coloniale e nazionale. Non una parola nel programma del Fronte Popolare. Il Marocco restava nelle mani dei Legionari Stranieri finché non l’occuparono completamente il 18 luglio. Più tardi furono ristabiliti gli statuti semi autonomi della Catalogna, ma non fu concessa un’ulteriore autonomia. Per i baschi invece un ordinamento meno liberale.
6. Democratizzazione dell’apparato statale. Collegi del lavoro misti, Corte Suprema, presidente, censura, ecc. - tutto fu restaurato come nel 1931. Il programma prometteva la riorganizzazione dei collegi del lavoro in modo che “ le parti interessate possano acquisire una coscienza dell’imparzialità delle proprie decisioni”! E, come schiaffo finale dato in pieno volto, “I partiti repubblicani non accettano il controllo operaio sollecitato dalla delegazione socialista.”
I leader dei lavoratori abdicarono alla lotta di classe contro la repubblica borghese per questo piatto di lenticchie.
Pensa te! Proprio il programma per amor del quale stalinisti e socialisti s’impegnarono a sostenere il governo borghese repubblicano, rese inevitabile l’assalto furioso della reazione. Le fondamenta economiche della reazione furono lasciate intatte, nella terra, nell’industria, nella finanza, nella Chiesa, nell’esercito, nello Stato. I tribunali di grado inferiore erano covi della reazione; la stampa operaia è piena, da febbraio a luglio, di racconti di fascisti colti con le mani nel sacco e lasciati liberi, e di lavoratori trattenuti invece con deboli accuse. Il giorno che esplose la reazione, le prigioni di Barcellona e Madrid erano piene di migliaia di prigionieri politici – lavoratori, specialmente della C.N.T., ma anche molti della U.G.T. L’amministrazione burocratica era così corrotta dalla reazione che il 18 luglio andò in pezzi. L’intero corpo diplomatico e consolare, con poche eccezioni, passò con i fascisti.
Il governo impose “imparzialmente” una rigida censura della stampa, modificò la legge marziale, impose la proibizione di dimostrazioni ed assemblee se non autorizzate – e in ogni momento critico le autorizzazioni furono ritirate. Nei giorni critici successivi agli assassinii del Capitano Castillo e di Calvo Sotelo, fu ordinata la chiusura dei quartier generali della classe operaia. Il giorno prima dell’attacco fascista la stampa operaia appariva squarciata da spazi bianchi dove la censura del governo aveva tagliato editoriali e sezioni di articoli che mettevano in guardia contro il coup d’état!
Negli ultimi tre mesi prima del 18 luglio, nel disperato tentativo di fermare il movimento degli scioperi, furono arrestati in massa centinaia di scioperanti, dichiarati illegali gli scioperi generali locali e chiusi per settimane uno alla volta i quartier generali socialisti, comunisti e anarchici nelle regioni. In giugno i quartier generali della C.N.T. a Madrid furono chiusi tre volte e i suoi dirigenti incarcerati.
I leader stalinisti e socialisti trovarono impossibile contenere l’odio dei propri seguaci per questa riedizione del 1931-1933. Anche il più infervorato sostenitore del governo, Jose Diaz, segretario del Partito Comunista, dovette ammettere:
“Il governo, che stiamo lealmente sostenendo nella misura in cui porta a termine l’accordo del Fronte Popolare sta iniziando a perdere la fiducia dei lavoratori.” E poi aggiunge questa più significativa ammissione: “E dico al governo repubblicano di sinistra che la sua strada e la strada sbagliata dell’aprile 1931.” (Mundo Obrero, 6 luglio 1936.)
Quindi, proprio nel momento in cui supplicava i minatori delle Asturie di non rompere con il Fronte Popolare, Jose Diaz dovette ammettere che il febbraio-luglio 1936 era la ripetizione del disastro del 1931-1933! Quando scoppiò la controrivoluzione, gli stalinisti sostennero di non aver smesso per tutto il tempo di insistere nei confronti del governo sulla necessità di schiacciare la reazione. Abbiamo già visto, tuttavia, che il programma del Fronte Popolare proteggeva la reazione su ogni importante fronte.
Nessuna insistenza poteva cambiare la borghesia repubblicana. Un tale governo di coalizione, impegnato nella conservazione del capitalismo, doveva agire come fece Azaña sia 1931 che nel 1936. Il governo si comportò identicamente in entrambi i casi perché il suo è un programma di costruzione di un’economia spagnola sotto il capitalismo. Il che significa: non si possono rimuovere le fondamenta economiche della reazione perché non vogliamo distruggere il capitalismo. Il programma fondamentale di Azaña è espresso abbastanza succintamente in due frasi [pronunciate] poco dopo il suo ritorno al potere: “Nessuna vendetta”; “Anche Gil Robles un giorno sarà un azañista.” Questo programma non è dettato dalla debolezza psicologica ma dalle premesse capitalistiche di Azaña. Il suo governo non è stato debole, non ha fatto “errori”. Ha concesso ai reazionari campo libero per armarsi e mobilitarsi perché ciò è un’inevitabile conseguenza della natura capitalista del programma del Fronte Popolare.
Trotsky ha messo a nudo l’anatomia del rapporto del governo di Fronte Popolare con la reazione:
“Il corpo ufficiali rappresenta la guardia del capitale. Senza questa guardia la borghesia non potrebbe reggersi un solo giorno. La selezione degli individui, la loro educazione ed addestramento fanno degli ufficiali, un gruppo peculiare, nemici intransigenti del socialismo. È che stanno le cose in tutti i paesi borghesi …. È necessario sostituire le truppe nelle caserme comandate dalla caste degli ufficiali, con la milizia popolare, cioè, con le organizzazioni democratiche degli operai e dei contadini armati. Non c’è altra soluzione. Ma tale esercito è incompatibile con il dominio dei grandi e piccoli sfruttatori. Possono i repubblicani accettare una tale misura? Niente affatto. Il governo di Fronte Popolare, cioè, il governo di coalizione degli operai con la borghesia, è nella sua intima essenza un governo di capitolazione alla burocrazia ed agli ufficiali. È questa la grande lezione degli eventi in Spagna, che ora stiamo pagando con migliaia di vite umane.”
Proprio come il sostegno socialista al governo nel 1933 rese impossibile la difesa dalla reazione, così il sostegno comunista-socialista nel 1936 ha spalancato le porte alla contro-rivoluzione. Ma, i lavoratori potrebbero chiedere, non potevano, mentre sostenevano il governo, mobilitare anche gli operai e i contadini contro i propri nemici? No! Bastano due esempi importanti:
                       I.     Nella provincia di Albacete, vicino Yeste, i contadini confiscarono una grande proprietà. Il 28 maggio del 1936 furono attaccati dalla Guardia Civil, 23 contadini assassinati e 30 feriti. Il Ministro dell’Interno salutò questo bagno di sangue inviando un telegramma di congratulazioni alla Guardia Civil. La stampa, correttamente, definì la situazione come una riedizione del massacro di Casas Viejas del 1933. Le interpellanze alle Cortes del 5 giugno erano attese con il fiato sospeso... ma i deputati comunisti e socialisti procedettero ad assolvere il governo da ogni responsabilità. “Sappiamo che il governo non è responsabile per ciò che è successo, e che prenderà misure per prevenire la sua ripetizione, ma queste misure devono essere prese velocemente nell’interesse del Fronte Popolare”, disse un deputato socialista. “L’intreccio è chiaro”, dissero gli stalinisti:
“I proprietari terrieri portano sistematicamente i contadini alla disperazione e quando i contadini prendono misure per aiutare se stessi, i proprietari dispongono di guardia civil corrotte pronte a sparagli addosso. La Guardia Civil ha compiuto un bagno di sangue e gli uomini politici della destra stanno facendo del loro meglio per sfruttare questo avvenimento allo scopo di distruggere il Fronte del Popolo. Politicamente, l’affare Yeste è stato un insuccesso, ma può e si ripeterà.
… Il Partito Comunista aveva ragione quando rispondeva alla manovra politica della destra riconducendo la faccenda alla sua base reale e chiedendo che fossero presi provvedimenti contro i ricchi proprietari terrieri. Evidenziò che la lotta doveva essere condotta soprattutto contro la miseria e la fame, che sono accresciute dai cacicchi e dai proprietari quando questi sabotano gli ordini del governo e della repubblica e rifiutano il pane alle masse. Il Partito Comunista fece ciò chiedendo che fossero accelerate le riforme agrarie.” (Inprecorr, N°32, 11 luglio 1936, p.859.)
In parole povere: la lotta contro i proprietari avrebbe dovuto limitarsi ai tentativi di convincere il governo alla riforma agraria. Poiché ulteriori lotte dei contadini, da sole, attraverso azioni militanti, sulla terra, che è la sola vera forma di azione, portano ad eventi come Yeste, che causano conflitti tra le masse ed il governo, e noi dobbiamo evitare la rottura del Fronte Popolare. “Non rompere il Fronte del Popolo” può significare solo limitare la lotta all’amichevole persuasione nell’arena del parlamento!
2. Gli operai edili di Madrid, forti di oltre 80.000 uomini, entrarono in sciopero, con la loro richiesta principale che erano le 36 ore settimanali. Il governo ordinò ai lavoratori di ricorrere all’arbitrato; e decise per una settimana di 40 ore. L’U.G.T. ed i comunisti accettarono ed ordinarono ai loro sostenitori di tornare al lavoro. Tuttavia, la C.N.T. rifiutò di accettare l’accordo del governo e, quel che più conta, i lavoratori dell’U.G.T. seguirono gli anarchici. Gli stalinisti offrirono le seguenti “ragioni” per la revoca dello sciopero:
“Non è un segreto per nessuno che dopo il 16 febbraio i boss fascisti hanno inserito tra le loro forme di lotta quella di spingere, prima, i lavoratori a dichiarare conflitti, e, poi, a prolungarne la soluzione, per quanto necessario e possibile, allo scopo di portare le masse alla disperazione, che assumerebbe la forma di atti sporadici senza finalità o efficacia … ma che porterebbero ad un confronto tra i lavoratori ed il governo, perché questa è una della condizioni … per un coup d’état ….Questo atteggiamento dei boss … rende necessario che i lavoratori edili, anche se non soddisfatti dall’accordo del governo, mettano fine ad una situazione il cui prolungamento implica un grave pericolo per tutti i lavoratori …. È giunto il momento di saper mettere fine allo sciopero, senza rinunciare alla possibilità creata dall’accordo di continuare a discutere il problema dei salari nei collegi del lavoro misti.” (Mundo Obrero, 6 luglio.)
In parole povere: i boss insistono nel combattervi, ma ciò vi mette in conflitto con il governo – che significa che il governo ha più cose in comune con i boss che con voi! – e mette in pericolo il Fronte Popolare. Perciò: fine dello sciopero. Ma allora, perche iniziare scioperi? Tuttavia, la logica del riformismo non sempre va così lontano, perché poi i lavoratori lo ripudierebbero del tutto. I lavoratori, ahimè, insistono a scioperare. Il compito del Partito Comunista è fermare lo sciopero prima che il governo diventi matto….
Questa politica di confinare la lotta contro la reazione all’arena parlamentare potrebbe voler dire solo la disfatta finale delle masse. Perciò è un principio cardine del marxismo che la mobilitazione della masse può aver luogo solo attraverso la lotta militante. Se i lavoratori avessero seguito la politica del Fronte Popolare, oggi staremmo piangendo la rovina del proletariato spagnolo.

VI
LA LOTTA DELLE MASSE CONTRO IL FASCISMO NONOSTANTE IL FRONTE DEL POPOLO: DAL 16 FEBBRAIO AL 16 LUGLIO 1936

Fortunatamente per il futuro della Spagna e della classe operaia internazionale, le masse, fin dal primo giorno della vittoria di febbraio, non diedero segni di cessare la lotta. Le lezioni del 1931-1933 si erano impresse col fuoco nella loro coscienza. Se adesso erano, per il momento, libere dal dominio di Gil Robles, [è perché] avevano conquistato tale libertà, armi alla mano, nonostante il tradimento di Companys e la “neutralità” di Azaña. Le masse non attesero che Azaña mantenesse le sue promesse. Nei quattro giorni tra le elezioni e il frettoloso ingresso di Azaña al governo furono, in realtà, le masse a concedere l’amnistia precipitandosi ad aprire le prigioni; cosicché, sostanzialmente, il Comitato Permanente delle vecchie Cortes, compreso Gil Robles, di fatto, ratificò in seguito all’unanimità il decreto d’amnistia di Azaña, sia per timore delle masse nelle strade sia per far apparire che il governo costituito manteneva il controllo della Spagna. Né i lavoratori attesero il decreto del governo, e la decisione in merito alla sua costituzionalità – che da parte della Corte delle Garanzie Costituzionali giunse solo il 6 settembre! – per ridare il lavoro a quelli licenziati dopo la rivolta d’ottobre; in ogni stabilimento e fabbrica i lavoratori portarono con sé i licenziati e affrontarono in datori di lavoro: “O tutti, o …!” Qualunque cosa fu fatta per determinare la responsabilità degli eccessi di ottobre, lo fu attraverso “il metodo plebeo” degli operai e dei contadini ridestatisi. I deputati stalinisti e socialisti di destra diventarono rauchi a furia di gridare, implorando gli operai di lasciare tutto ciò al governo del Fronte del Popolo. I lavoratori sapevano far meglio! Anche l’odiato clero, dominatore dei “due anni neri”, fu affrontato alla veneranda maniera dei contadini oppressi. Specialmente appena fu chiaro che il governo non avrebbe toccato il clero, presero in mano le cose le masse. Il che consistette non solo nel bruciare chiese, ma nell’ordinare ai preti di lasciare i villaggi pena la morte qualora fossero ritornati. A causa della totale fedeltà al governo, gli stalinisti denigravano la lotta contro il clero: “Ricordate che dare fuoco alle chiese e ai monasteri porta sostegno alla controrivoluzione!” (Inprecorr, 1 agosto, p. 928.) Non furono ascoltati più di Azaña. Nella provincia di Valencia, dove, adesso, i lavoratori avevano schiacciato la controrivoluzione in maniera tanto risoluta, in giugno, c’era appena qualche chiesa funzionante.
Comunque le azioni di massa cominciarono a dispiegare la loro piena energia solo dopo una serie di eventi che rivelavano l’inizio di un riavvicinamento tra i repubblicani e i reazionari. Quasi tutti gli elementi di destra votarono per Barrio come Presidente delle Cortes. A marzo, Azaña prolungò la censura della stampa e lo stato d’allerta decretati dai precedenti governi reazionari. Il 4 aprile, solo otto giorni precedenti le prime elezioni municipali dal 1931, Azaña ne decretò, su richiesta dei reazionari, un differimento indefinito. Il giorno prima, Azaña pronunciò un discorso promettendo ai reazionari che non sarebbe andato oltre il limiti fissati dal programma del Fronte del Popolo, e che avrebbe fermato gli scioperi e le confische delle terre. Il discorso fu salutato dalla stampa reazionaria con una gioia delirante. Calvo Sotelo, il monarchico, dichiarò: “È stata l’espressione di un vero conservatore. La sua dichiarazione di rispetto per la legge e la Costituzione dovrebbero fare una buona impressione sull’opinione pubblica.” Il portavoce dell’organizzazione di Gil Robles dichiarava: “Appoggio il novanta per cento del discorso.” Il 15 aprile, mentre erano in corso molti scioperi economici, le destre chiesero la fine dello “stato di anarchia.” “I sobillatori e i fomentatori saranno sterminati”, promise il ministro Salvador a nome del governo. Lo stesso giorno, Azaña lanciò un severo attacco contro il proletariato: “Il governo rivedrà l’intero sistema di difesa, allo scopo di porre fine al regno della violenza”, dichiarava Azaña. “Il comunismo significherebbe la morte della Spagna!”
Il portavoce dei possidenti catalani, Ventosa, lo acclamava: “Azaña è l’unico uomo in grado di offrire al paese la sicurezza e la difesa di tutti i diritti legali.” Lo stesso giorno, imbaldanziti, fascisti e ufficiali della Guardia Civil spararono, a Madrid, su una piazza piena di operai.
Tale era l’atmosfera del governo quando, il 17 aprile, la C.N.T. dichiarò uno sciopero generale a Madrid per protesta contro l’attacco fascista. All’U.G.T. non era stato chiesto di unirsi allo sciopero, e in principio lo denunciò, come fecero anche gli stalinisti. Ma i lavoratori uscirono da tutti i negozi, gli stabilimenti ed i servizi pubblici, non perché avevano cambiato bandiera, ma perché volevano lottare, e gli anarchici erano gli unici che li stavano chiamando alla lotta. Benché l’intera vita commerciale di Madrid cominciasse a essere paralizzata, gli stalinisti, ancora, dichiaravano che “può darsi che partecipino in seguito”. La loro attuale decisione era sostenere il governo Azaña nella misura in cui prende provvedimenti effettivi contro i reazionari.” (Daily Worker, 18 aprile.) Quella sera, quando, loro malgrado, lo sciopero si era rivelato un enorme successo, l’U.G.T. e gli stalinisti lo appoggiarono tardivamente prima che venisse sospeso.
La borghesia si rese conto che lo sciopero generale del 17 aprile, e l’ondata di scioperi economici che ispirò, sarebbero evoluti in un’offensiva proletaria contro il capitalismo e la sua agenzia: il governo. Come arrestare questa offensiva? L’esercito propose di schiacciarla con la forza. Ma anche tra i reazionari v’erano seri dubbi su quanto ciò fosse ancora possibile. Azaña trovò una soluzione migliore: lasciare che fossero i leader dei lavoratori a fermare gli scioperi. Così, insediatosi a maggio come presidente della Spagna al suono dell’Internazionale, cantata a pugno chiuso dai deputati stalinisti e socialisti che lo avevano eletto (i reazionari non gli avevano opposto un candidato d’opposizione), Azaña chiese a Prieto di formare un governo di coalizione.
Prieto era più che disposto a divenire Premier. Ma le sole voci, scatenarono una tale tempesta dell’opposizione all’interno del Partito Socialista, che egli non osò accettare. Caballero avvertì Prieto che non doveva entrare senza il consenso del partito; e, dietro Caballero, e decisamente alla sua sinistra, c’era la maggior parte del partito e dell’U.G.T.
Madrid, la più forte delle organizzazioni del partito, aveva adottato, ad aprile, un nuovo programma, e lo stava presentando perché venisse adottato dal congresso nazionale in giugno. Il programma dichiarava che la borghesia non poteva portare a termine i compiti democratici della rivoluzione, e, soprattutto, che era incapace di risolvere la questione agraria e che perciò la rivoluzione proletaria era all’ordine del giorno. Essa era stata indebolita da molti gravi errori, in particolare dalla continua incapacità di comprendere il ruolo dei soviet. Ma ciò significava una completa rottura con il riformismo.
A rigor di logica, tale programma, accettato da Caballero, avrebbe dovuto essere accompagnato da una rottura decisiva con il Fronte Popolare. La logica, tuttavia, a stento guida i centristi. Dichiarando che il governo “non aveva ancora esaurito le sue possibilità”, e che l’unità del sindacato e la fusione dei partiti marxisti doveva precedere la rivoluzione, Caballero continuò a dirigere i deputati socialisti di sinistra alternando gli insulti al governo con il sostegno a quest’ultimo in ogni questione cruciale. Ciononostante, nonostante le sue frequenti agape della retorica con gli stalinisti, l’organo della sinistra socialista sotto il suo controllo, Claridad, continuava a essere in contrasto quotidiano con gli organi del Partito Comunista e dei socialisti di destra. Claridad esponeva efficacemente il carattere fraudolento del programma agrario; mostrava come i programmi per i lavori d’irrigazione, che stavano tanto a cuore a Prieto, stavano arricchendo il grandi possidenti mentre i contadini continuavano a restare poveri, e pubblicava persino articoli che invitavano i contadini a requisire le grandi proprietà. Contemporaneamente, stalinisti e destra socialista lodavano regolarmente la riforma agraria del governo Quiroga! Benché Caballero, alla fine, accettasse di sostenere Azaña alla presidenza, Claridad fece pubblicare articoli di Javier Buenos che denunciavano Azaña come candidato della destra. Gli elementi rivoluzionari tra i socialisti di sinistra erano così forti che esprimevano la propria opinione malgrado Caballero.
Sulla questione dell’ingresso di Prieto nel governo, Caballero non osò rompere con i propri seguaci rivoluzionari. Analogamente, Prieto non osò sottoporre, comunque, la questione a una decisione del congresso nazionale. Allora fu scatenata una straordinaria campagna di pressione per indurre il Partito Socialista a permettere che Prieto divenisse Premier. Quasi tutti coloro al di fuori del Partito socialista volevano Prieto al governo. La stampa repubblicana chiedeva la fine del contrasto di partito – e la sua soluzione attraverso l’ingresso di Prieto. Il partito di Barrios l’“Unione Repubblicana”, in quel momento rappresentante di buona parte della borghesia industriale da quando i Radicali di Lerroux era spariti, dichiarò di volere un premier socialista, e che questo fosse Prieto. Miguel Maura, rappresentante degli industriali e dei possidenti di estrema destra, invocò un regime autoritario, con le Cortes sospese, realizzato da “tutti i repubblicani e da quei socialisti non infettati dalla follia rivoluzionaria.” Il governo catalano e i suoi sostenitori, compresi gli stalinisti, chiesero l’ingresso dei socialisti.
Quanto chiesto dagli stalinisti per dare sostegno a questa richiesta reazionaria sembrava molto radicale. “Se il governo continua su questa strada (la falsa strada del 1931), noi lavoreremo, non per rompere il Fronte Popolare, ma per rafforzarlo e spingerlo verso la soluzione di un governo di tipo popolare rivoluzionario, che farà quelle cose che questo governo non ha compreso o non ha voluto comprendere.” (Mundo Obrero, 6 luglio) Ma tutto ciò che era richiesto per formare questo governo completamente identico a quello del 1931 era l’includervi degli ostaggi proletari!
Anche il P.O.U.M., “Partito Operaio di Unità Marxista,” si unì al coro. Formato da una fusione di sedicenti trotskysti con il “Blocco degli operai e dei contadini”, un gruppo seminazionalista catalano, aveva sottoscritto il patto del Fronte Popolare, aveva dichiarato la propria “indipendenza” dal patto e attaccato il concetto di Fronte del Popolo, solo per sostenere di nuovo un Fronte del Popolo per le elezioni municipali, e ancora per dichiarare la propria indipendenza quando Azaña ne decretò il rinvio. Per giustificare il proprio rifiuto di entrare nel Partito Socialista, come proponeva Trotsky, in modo da aggiungere così le proprie forze – che contavano, anche secondo le proprie stime, solo poche migliaia di aderenti - a quelle della sinistra, rifiutò di vedere il profondo significato dell’evoluzione della sinistra. Anzi, nel La Batalla del 22 maggio, negò che ci fosse qualche reale differenza tra l’ala sinistra e quella destra. Questa errata valutazione portò a una tattica deplorevole: proprio nel momento in cui i socialisti di sinistra erano impegnati in una battaglia con l’ala destra su questa questione, il P.O.U.M. chiedeva “un autentico Governo del Fronte Popolare, con la diretta (ministeriale) partecipazione dei partiti socialista e comunista” come mezzo per “completare l’esperienza democratica delle masse” e accelerare la rivoluzione.
Questa pressione pressoché universale non riuscì a indebolire la determinazione dei socialisti di sinistra. Al che Prieto tentò con misure disperate. Sotto il suo controllo, il Comitato Esecutivo Nazionale rinviò il congresso da giugno a ottobre; bandì Claridad e gli tagliò l’accesso ai finanziamenti del partito; diede istruzioni ai comitati territoriali di “riorganizzare” le sezioni dissidenti, e convocò un’elezione farsa per coprire i posti vacanti nell’esecutivo, non tenendo conto dei voti della sinistra. La sinistra respinse queste azioni, e dichiarò che la direzione di Prieto aveva perso la fiducia del partito.
Nonostante tutte le mosse di Prieto era chiaro che la sinistra aveva [l’appoggio] delle masse. Caballero era stato rieletto Segretario dell’U.G.T. con numeri schiaccianti. E dietro Caballero stavano elementi molto più determinati. Javier Bueno, uno dei leader della ribellione delle Asturie, parlava a grandi assemblee e chiedeva non solo la fine della politica di Prieto ma anche di quella di Caballero. Sezioni significative del partito avevano rifiutato di sostenere la lista del Fronte Popolare nelle elezioni presidenziali, e avevano presentato pure liste socialiste. Mentre la linea politica nazionale di Caballero per l’U.G.T. era poco migliore di quella degli stalinisti, gli altri leader, a livello locale o industriale, si stavano unendo alla C.N.T. in scioperi possenti e riusciti. Comitati permanenti unirono i due sindacati nei porti, sulle navi e nelle ferrovie; i lavoratori portuali e marittimi ottennero, in questo modo, uno sciopero in tutta la nazione, e i lavoratori delle ferrovie avevano appena votato per uno sciopero nazionale quando scoppiò la rivolta. Gli arretrati elementi contadini dentro il partito avevano imparato abbastanza da sapere ciò che volevano. Due giorni dopo Vidarte, segretario al comando di Prieto, aveva sdegnosamente negato alla United Press le voci che i contadini socialisti di Badajoz stessero requisendo le terre, e che 25.000 famiglie contadine, guidate dai socialisti, si erano impossessate delle grandi proprietà. La stessa cosa accadde altrove; il tentativo di Prieto di occultare il significato rivoluzionario delle confische, ottenendo che l’Istituto per la Riforma Agraria inviasse i suoi ingegneri e legalizzasse le requisizioni, incoraggiò soltanto i socialisti a ripetere l’operazione. I decisi minatori delle Asturie, un tempo roccaforte del gruppo di Prieto, ora erano impegnati in scioperi politici contro il governo; 30.000 di loro scioperarono il 13 giugno, chiedendo la rimozione del Ministro del Lavoro e Agricoltura (quest’ultimo, Funes, un begnamino degli stalinisti), e il 19 giugno tutti e 90.000 mantennero la loro minaccia di smettere di lavorare. Il governo riuscì a farli rientrare al lavoro il 23 giugno, ma il 6 giugno loro, e i lavoratori di Oviedo, minacciarono uno sciopero generale contro la rimozione da parte del governo del Governatore delle Asturie Bosque (Calvo Sotelo, capo della reazione, aveva ricevuto un telegramma insultante dal governatore filo-operaio, e in sistette con successo per la sua rimozione). I minatori ripeterono la loro richiesta, il 15 luglio, e sarebbero entrati in sciopero se non fosse scoppiata la rivolta. Di fronte a tutte queste inequivocabili indicazioni del temperamento rivoluzionario del proletariato socialista, Prieto non osò azzardarsi a entrare nel governo.
Nel frattempo, l’ondata di sciopero raggiunse proporzioni da crisi rivoluzionaria. Possiamo indicare solo approssimativamente la sua dimensione. Ogni città di una qualche importanza conobbe, durante questi cinque mesi, almeno uno sciopero generale. Circa un milione scesero in sciopero il 10 giugno; mezzo milione il 20 giugno; un milione il 24 giugno; oltre un milione nei primi giorni di luglio. Gli scioperi riguardarono sia i lavoratori della città che quelli agricoli; questi ultimi mandarono in frantumi i tradizionali limiti di villaggio della lotta, conducendo, ad esempio, uno sciopero di cinque settimane che coprì la provincia di Malaga e coinvolse 125.000 famiglie contadine.
El Socialista denunciò l’ondata: “Il sistema è autenticamente anarchico e provoca l’irritazione della destra.” Mundo Obrero supplicava i lavoratori perché le lotte li stavano portando allo scontro con il governo di Fronte Popolare. Questo governo, e i suoi governatori provinciali, mandarono la Guardia Civil contro gli scioperanti nel disperato tentativo di arrestarne l’offensiva. In particolare furono prese misure disperate contro la C.N.T. Companys riempì le prigioni di Barcellona di anarchici. A Madrid, furono chiusi i loro quartier generali e 180 di loro arrestati in un raid del 31 maggio; il 4 giugno, il Ministro Augusto Barcia annunciò che “se i sindacalisti continuavano a disobbedire agli ordini del Ministro del Lavoro, il governo avrebbe proposto di dichiarare il sindacalismo fuorilegge.” Il 19 giugno, il governo chiuse di nuovo i quartier generali della C.N.T. Ma questo non era il 1931, quando Caballero stesso guidò l’attacco alla C.N.T. ! La stessa U.G.T. ora, solidarizzava con in propri compagni anarco-sindacalisti, e il governo dovette fare marcia in dietro.
Si svilupparono anche scioperi per rivendicazioni politiche contro il governo. L’8 giugno, fu indetto uno sciopero generale a Lerida, per costringere il governo a mantenere la sua promessa di dar da mangiare ai disoccupati. Il 24 giugno i minatori di Murcia scesero a protestare contro il mancato mantenimento delle promesse elettorali del governo di un miglioramento delle condizioni. Il 2 luglio, la Federazione dei Lavoratori Agricoli di Andalusia chiese contributi del governo per compensare le perdite dei raccolti. Abbiamo già citato gli scioperi politici asturiani. L’8 luglio, scioperarono gli studenti delle scuole cattoliche di Barcellona, chiedendo che fossero cacciati via i preti e designati insegnanti laici. Il 14 luglio, i lavoratori manifestarono a Madrid, portando foto ingrandite di un ballo cerimoniale tenutosi all’Ambasciata brasiliana, intitolate: “I ministri repubblicani si divertono mentre i lavoratori crepano.” Questi sono soltanto alcuni esempi delle questioni politiche sollevate dalle masse. Possiamo essere certi che non erano guidate da sostenitori del Fronte del Popolo!
Né le insinuazioni di El Socialista che Claridad riceveva denaro da una banca di reazionari cattolici, né le indecenti calunnie di Mundo Obrero che la C.N.T. fosse in combutta con gruppi fascisti, e neanche le misure repressive del governo, poterono arrestare lo sviluppo rivoluzionario dei socialisti di sinistra, la crescente unità tra C.N.T. ed U.G.T. e l’ondata di scioperi.
Neanche la libertà d’azione delle organizzazioni fasciste e la possibilità di armarsi offertegli dalla politica del governo del Fronte del Popolo rimasero incontrastate da parte del proletariato militante. Lasciarono a El Socialista e Mundo Obrero il compito di pregare il governo perché fermasse i fascisti. I lavoratori rivoluzionari affrontarono i fascisti nelle strade. Da febbraio alla rivolta di luglio, gli scontri di piazza contarono due morti e sei feriti al giorno. Questa era, in verità, una guerra civile; e i fascisti subirono le perdite maggiori. I corpi mortali [inferti] al morale dei gruppi fascisti preparavano migliaia di militanti per la supremazia il 18 luglio.
Alla fine, i miglioramenti dei salari e degli orari conquistati con gli scioperi, non essendo seguiti da un incremento della produzione, di cui l’industria spagnola fu privata dalla crisi mondiale, portò all’aumento dei prezzi; ai primi di luglio la stampa di Madrid stimava un aumento del 20% in un mese. I lavoratori sentirono di essere stati ingannati, e si prepararono per scioperi più decisi e per rivendicazione più decise. (L’identico processo sta avendo luogo ora – metà settembre - in Francia!)
La reazione – che è come dire, il capitalismo spagnolo- per un periodo aveva riposto le proprie speranze su Azaña; quando si rivelò incapace di fermare gli operai, le sue speranze si trasferirono a Prieto; ma i socialisti di sinistra impedirono tale soluzione. Non poteva, perciò, esserci speranza di una ripetizione del 1931-1933, e di un ritorno pacifico della reazione.
La destra socialista e gli stalinisti erano incapaci di impedire lo sviluppo rivoluzionario del proletariato spagnolo.
Armatisi e preparatisi al peggio, i reazionari non osarono attendere fino a farsi sommergere dalla marea rivoluzionaria. Con il novanta per cento del corpo ufficiali, la Legione Straniera e le truppe marocchine, e la maggior parte delle cinquanta guarnigioni di provincia nelle proprie mani, il capitalismo spagnolo si rivoltò contro la sorte incombente.

VII
CONTRO-RIVOLUZIONE E DUALISMO DI POTERE

                       I.     IL TRADIMENTO DEL GOVERNO DEL FRONTE DEL POPOLO
Azaña e il governo del Fronte del Popolo risposero alla controrivoluzione cercando di venire a patti con essa.
Irreparabilmente compromessi dalla loro politica del Fronte del Popolo, gli stalinisti avevano tentato di spiegare questo tradimento inventando una distinzione tra repubblicani “deboli” come Barrio e “forti” come Azaña. La verità è che Azaña guidò i tentativi di compromesso con i generali fascisti e che tutti i gruppi repubblicani furono implicati nelle sue manovre.
Qui, raccolti da El Socialista Claridad, ci sono i fatti incontestabili:
Il mattino del 17 luglio, il generale Franco, impadronitosi del Marocco, comunicò via radio il proprio manifesto alle guarnigioni. Fu ricevuto alla stazione navale nei pressi di Madrid da un operatore fedele e immediatamente rivelato al Ministero della Marina. Ma il governo non divulgò le notizie fino alle 9 del giorno 18; poi emise solo una nota rassicurante che la Spagna era completamente sotto il controllo del governo. Due altre note furono emesse dal governo più tardi, nel corso della giornata, l’ultima alle 15.15, quando il governo ebbe piena e sicura informazione dello scopo della rivolta, compresa la conquista di Siviglia. Eppure questa nota finale diceva:
“ Il Governo parla ancora per confermare l’assoluta tranquillità dell’intera Penisola.”
“ Il Governo è a conoscenza delle offerte di sostegno che ha ricevuto [dalle organizzazioni dei lavoratori] e, pur essendo grato per esse, dichiara che il migliore aiuto che si possa dare al Governo è garantire la normalità della vita quotidiana, allo scopo di dare un alto esempio di serenità e di fiducia nei mezzi della forza militare dello Stato.”
“Grazie ai prudenti mezzi adottati dalle autorità, si può ritenere che sia stato spezzato un esteso movimento di aggressione contro la repubblica; non ha trovato sostegno nella Penisola e ha avuto successo solo nell’assicurarsi seguaci in una frazione dell’esercito in Marocco ….”
“Queste misure, insieme agli ordini abituali alle forze in Marocco che stanno lavorando per sconfiggere la rivolta, ci permettono di affermare che l’azione del governo sarà sufficiente a ristabilire la normalità.” (Claridad, 18 luglio.)
Quindi avendo rifiutato di armare gli operai, e giustificando il proprio proditorio rifiuto con questa nota incredibilmente disonesta, il governo Azaña si riunì tutta la notte a consulto. Lì Azaña ricevette le dimissioni del governo Quiroga dei repubblicani di sinistra di Azaña; e nominò come Premier l’ex luogotenente di Lerroux, Martinez Barrio, capo del partito dell’Unione Repubblicana. Barrio e Azaña selezionarono un governo “rispettabile” di uomini di Barrio e repubblicani di destra fuoriusciti del Fronte del Popolo. Questo governo, inoltre, si impegnò a rifiutarsi di armare gli operai.
Piuttosto che armare i lavoratori – loro alleati nel Fronte del Popolo, che li avevano messi al potere! – Azaña e i repubblicani si stavano preparando a fare la pace con i fascisti, a spese dei lavoratori. Se Azaña avesse portato a termine il proprio piano, i fascisti avrebbero conquistato la Spagna.
Ma proprio nelle ore in cui i ministri si accalcavano nel palazzo presidenziale, il proletariato si stava già mobilitando. Nella stessa Madrid la milizia della Gioventù Socialista stava distribuendo le proprie scarse scorte d’armi; innalzando barricate nelle vie chiave e intorno alla caserma Montaña; organizzando le proprie pattuglie per arrestare i reazionari casa per casa; a mezzanotte avevano lanciato il primo attacco alle caserme. A Barcellona, memori del tradimento dell’ottobre 1934 da parte dello stesso Presidente della Catalogna, Companys, i militanti della C.N.T. e del P.O.U.M. (“Partito degli Operai”) avevano preso d’assalto, nel pomeriggio del 18, diversi depositi d’armi del governo. Tra il momento della rivolta della guarnigione, e quello del mattino successivo, i lavoratori armati avevano circondato le truppe con un anello di ferro, armando reclute impazienti con l’equipaggiamento sottratto ai fascisti, e con qualunque cosa potesse essere confiscata dai depositi del governo; in seguito, la milizia s’impossessò degli arsenali regolari. I minatori delle Asturie avevano armato una colonna di seimila uomini per una marcia su Madrid, prima che la crisi ministeriale andasse ben oltre. A Malaga, porto strategico di fronte al Marocco, gli ingegnosi lavoratori, disarmati, avevano circondato la guarnigione reazionaria con un muro di edifici incendiati con la benzina e di barricate. A Valencia, dopo il rifiuto delle armi da parte governatore di Madrid, gli operai si prepararono ad affrontare le truppe con barricate, pezzi di carbone e coltelli da cucina – finché i loro compagni dentro la guarnigione non spararono agli ufficiali e distribuirono le armi agli operai. In poche parole: senza nemmeno chiedere il permesso al governo, il proletariato aveva iniziato una guerra fino alla morte contro i fascisti. Companys e Azaña si trovarono faccia a faccia con i primi reggimenti dell’Armata Rossa del proletariato spagnolo.
Lo schema di accordo di Azaña-Barrio con i generali fascisti andò a monte perché i lavoratori l’avevano prevenuto. E per nessun’altra ragione! Solo grazie alla loro totale sfiducia nel governo, le masse furono in grado di prevenire il loro tradimento. La mobilitazione indipendente, sotto la propria direzione, sotto le propriebandiere – solo ciò prevenne la vittoria del fascismo.
Così avvenne che, fianco a fianco al potere ufficiale ancora detenuto dal governo, emerse il “non ufficiale” ma più sostanziale potere del proletariato armato – quello che Lenin chiamava “dualismo di poteri”. Un potere, quello di Azaña e Companys, era ormai troppo debole per costituire una sfida all’esistenza dell’altro; l’altro, quello del proletariato armato, non era ancora abbastanza forte, non era ancora abbastanza cosciente della necessità di fare a meno dell’esistenza dell’altro. Il fenomeno del “dualismo di poteri” ha accompagnato ogni rivoluzione proletaria; esso indica che la lotta di classe sta quasi per giungere al punto in cui o l’uno o l’altro deve divenire il padrone indiscusso; è un equilibrio critico tra alternative sul filo d’un rasoio, un lungo periodo di equilibrio è fuori questione, o l’uno o l’altro dovrà presto prevalere!
L’annientamento della controrivoluzione renderà infinitamente più probabile la costituzione di un governo degli operai e dei contadini. Una vittoria sui generali fascisti, perciò, non serve all’interesse della borghesia: i veri interessi del capitalismo spagnolo risiedono in una vittoria della controrivoluzione o, che è lo stesso, in un compromesso con essa. Questo è il motivo per cui il Governo del Fronte del Popolo si è comportato in maniera così proditoria nei primi giorni della controrivoluzione. Questo è il motivo per cui il governo del Fronte del Popolo continuò a comportarsi da traditore in seguito. Circondati dagli operai armati, i repubblicani non osarono passare al nemico; ma la loro politica, sia al fronte che nelle retrovie, permise alla controrivoluzione un successo dietro l’altro. Questo era il chiaro significato del cambiamento di governo dopo la caduta di Irun. Fu abbastanza evidente dalla dichiarazione stampa di un portavoce del governo Caballero, il quale:
“si soffermò a lungo sul miglioramento del morale della milizia grazie all’assunzione della premiership da parte di Largo Caballero la scorsa settimana.”
“Ora sanno di essere guidati intelligentemente …. Sanno che se morissero, non sarebbe colpa delle cose fatte a casaccio e del debole comando che avevano caratterizzato l’ultima amministrazione.”
“Noi ora prenderemo l’offensiva e attaccheremo i Ribelli dove sono deboli, dove noi vogliamo attaccarli, anziché attaccarli, come prima, dove loro erano forti e in grado di respingerci.” (N.Y. Times, 7 settembre).
Se viene pronunciata una così dura condanna del governo Azaña-Gilar da parte di quelli che dovrebbero ancora spiegare al proletariato perché permisero a un tale governo di dirigere la lotta delle prime sette settimane, l’intera verità deve essere molto, molto peggiore.
La pretesa giustificazione del Fronte del Popolo era che questo assicurava l’aiuto dei repubblicani contro il fascismo contro-rivoluzionario. Il Fronte del Popolo servì, tuttavia, al compito opposto: esso impedì al proletariato di strappare ai politicanti repubblicani la piccola borghesia che, in tutte le rivoluzioni vittoriose, si schiera con il proletariato quando egli dimostra di dirigersi risolutamente verso una vita nuova e ricca in un nuovo ordine sociale. Il Fronte del Popolo subordinò sia la piccola borghesia che le masse proletarie alla leadership traditrice dei politicanti borghesi. Solo il dualismo di potere del proletariato ha sinora evitato la vittoria della reazione.

2. IL DUALISMO DI POTERI IN CATALOGNA
Proprio in Catalogna, dove il Fronte del Popolo era più debole, il dualismo di potere si è sviluppato in modo più deciso, facendo delle quattro province catalane la fortezza più inespugnabile della guerra civile.
La C.N.T. e la F.A.I. (Federazione Anarchica Iberica), che guidavano la maggior parte del proletariato e molti dei contadini, non fecero mai parte del Fronte del Popolo. Il P.O.U.M., dopo molta esitazione, ruppe infine con il Fronte del Popolo, svoltando nettamente a sinistra, e con straordinaria rapidità, nei due mesi di guerra civile, divenne, in Catalogna, un partito di massa.
Perciò, i soli aderenti proletari al Fronte del Popolo in Catalogna sono l’U.G.T., qui incomparabilmente più debole della C.N.T., e l’organizzazione stalinista, il cosiddetto “Partito Socialista Unificato”. Lungi dall’indebolire le proprie posizioni per via della lotta, come erano andati proclamando gli apologeti del Fronte del Popolo, fu questa relativa libertà dai legacci borghesi che permise alle masse catalane di sconfiggere la controrivoluzione in casa e di andare in soccorso del resto della Spagna. In ciò risiede una lezione profonda per coloro che ancora credono nel Fronte del Popolo!
Il proletariato catalano comprende che la guerra civile deve essere combattuta con metodi rivoluzionari, e non con gli slogan della democrazia borghese. Egli capisce che la guerra civile non può essere combattuta solo con metodi militari, ma che i metodi politici, ridestando le grandi masse all’azione, possono persino strappare l’esercito ai suoi ufficiali reazionari. Egli dirige la lotta, al fronte e nelle retrovie, non tramite agenzie del governo ma attraverso organi controllati dalle organizzazioni proletarie.
Dirige la lotta il “Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste di Catalogna”. Gli anarchici hanno tre rappresentanti per la C.N.T. e due per la F.A.I. All’U.G.T, benché sia piccola, ne sono stati dati tre per incoraggiare un’organizzazione simile [anche] altrove. Ne hanno uno il P.O.U.M, uno l’organizzazione contadina, e uno gli stalinisti. I partiti borghesi di sinistra ne hanno quattro, per un totale di quindici. In realtà, il Comitato Centrale è dominato da C.N.T, F.A.I e P.O.U.M .
Per queste ragioni hanno un programma così fondamentalmente differente da quello di Madrid, e si sono tirati dietro l’U.G.T e gli stalinisti solo perché questi temono di esser messi da parte, e la sinistra della borghesia perché è alla mercé del proletariato armato. Tale programma è identico a quello agitato dai bolscevichi nell’agosto 1917 durante la lotta contro la controrivoluzione di Kornilov:
Controllo operaio della produzione, che risvegli al più alto grado l’iniziativa e l’entusiasmo del proletariato. Mobilitazione delle masse armate, indipendenti dal controllo del governo. Vigilanza contro il tradimento da parte del governo e nessuna rinuncia, neanche per un momento, alla critica più netta nei sui confronti. E il coinvolgimento dei contadini nella lotta attraverso la sola parola d’ordine che può rivitalizzare l’arretrata e affamata campagna: LA TERRA A CHI LA LAVORA!
Non appena ebbe inizio la controrivoluzione, la C.N.T. prese il controllo di tutti i trasporti, dei servizi pubblici e dei grandi impianti industriali. Il controllo democratico è assicurato dall’elezione di comitati di fabbrica basati sulla rappresentanza proporzionale. Tali comitati sono stati costituiti anche per controllare la produzione in quegli stabilimenti e fabbriche posseduti ancora dai privati.
La direzione della vita economica è ora nelle mani del “Consiglio dell’Economia”, il quale, seppur ancora legato al vecchio ordine, si vede costretto, per lo meno, a parlare di misure socialiste. È composto da cinque membri anarco-sindacalisti, uno del P.O.U.M., uno dell’U.G.T. e uno del governo catalano. Il 19 agosto, pubblicò il proprio programma, che includeva: la collettivizzazione delle proprietà fondiarie, perché fossero gestite dai sindacati dei lavoratori agricoli, la collettivizzazione dei servizi pubblici, dei trasporti e delle grandi industrie; la collettivizzazione degli stabilimenti abbandonati dai loro proprietari; il controllo operaio sulle banche fino alla loro nazionalizzazione; il controllo operaio di tutti gli stabilimenti che continuano a essere di proprietà privata; l’assorbimento dei disoccupati nell’agricoltura e nell’industria collettivizzate; l’elettrificazione della Catalogna; il monopolio del commercio estero per proteggere il nuovo ordine economico.
Nel pieno della guerra civile i comitati di fabbrica stanno dimostrando la superiorità dei metodi proletari di produzione. Il comitato C.N.T.-U.G.T. che gestisce ferrovie e metropolitane, riferisce che, eliminando gli elevati stipendi dei direttori, le sinecure e gli sprechi, sono state risparmiate decine di migliaia di pesetas, ed elevati i salari della maggior parte dei lavoratori fino a creare una perequazione delle retribuzioni; è programmata l’estensione delle linee, i prezzi dei biglietti saranno ridotti, i treni viaggiano in orario, e presto saranno introdotte le sei ore giornaliere!
Gli stabilimenti metallurgici sono stati trasformati in fabbriche di munizioni, le industrie automobilistiche stanno producendo carri armati e aeroplani. Gli ultimi dispacci dimostrano che il governo di Madrid dipende moltissimo dalla Catalogna per queste importantissime forniture belliche. Una parte considerevole delle forze che proteggono il fronte di Madrid furono inviate lì dalla milizia catalana.
Pochi si rendono conto del significato della campagna coronata da successo combattuta dalla milizia catalana sul fronte di Zaragoza-Huesca. Nei piani dei generali fascisti, Zaragoza, sede del College di Guerra e una delle più grandi guarnigioni dell’esercito, avrebbe dovuto essere per la Spagna orientale ciò che Burgos è stata in quella occidentale. Ma la rapidità con cui il proletariato catalano schiacciò le guarnigioni catalane e marciò verso occidente su Aragona vanificò i progetti fascisti.
La milizia catalana entrò ad Aragona come un esercito di liberazione sociale. Essi furono in grado di paralizzare la mobilità dell’esercito reazionario ridestando i contadini che le forze di Madrid non erano state in grado di risvegliare. Quando giungono in un villaggio, i comitati della milizia sostengono l’elezione di un comitato antifascista di villaggio, al quale sono trasferite tutte le grandi tenute, ed i raccolti, le scorte, il bestiame, gli attrezzi, i trattori, ecc., appartenenti ai grandi proprietari terrieri ed ai reazionari. I reazionari fatti prigionieri sono condotti di fronte all’assemblea generale del villaggio per il processo. Tutti i titoli di proprietà, le ipoteche e i documenti dei debiti contenuti nei registri ufficiali finisco in un falò.
Quindi dopo aver trasformato il mondo del villaggio, le colonne catalane possono andare avanti, sicure della consapevolezza che ogni villaggio “trattato” in questo modo sia una fortezza della rivoluzione!
Il governo catalano continua a esistere, vara i decreti che approvano i provvedimenti presi dal proletariato, finge di essere colui che dirige la lotta. Il governo di Madrid appoggia questa finzione, consultandosi con Companys, ma poi deve andare a trattare tutti gli affari con la milizia e i comitati di fabbrica. Alla fine di luglio Companys fece un “astuto” tentativo di recuperare il potere, attraverso la riorganizzazione del gabinetto catalano, inserendovi tre membri dello stalinista “Partito Socialista Unificato”. Ma questa manovra fallì nel giro di pochi giorni. Gli anarco-sindacalisti avvisarono gli stalinisti che consideravano il loro ingresso nel governo come un’interruzione del blocco proletario, e gli stalinisti furono costretti a dimettersi dal governo. L’influenza così scarsa che il governo ancora conserva, in virtù della propria rappresentanza nel Consiglio dell’Economia e nel Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste, tenderà indubbiamente a scomparire appena questi organi, in conformità con la proposta del P.O.U.M., si allargheranno ai corpi elettivi dei delegati della milizia e delle fabbriche.
Il corso rivoluzionario del proletariato Catalano e i suoi conseguenti successi nella produzione e al fronte, costituiscono l’atto d’accusa più schiacciante contro la politica del Fronte Popolare che continua ancora a essere seguita da Madrid. Solo attraverso la via intrapresa dal proletariato catalano le masse spagnole possono sconfiggere la controrivoluzione!

3. IL REGIME DI MADRID

Mentre i lavoratori catalani si assicuravano il potere che gli era caduto dalle mani del governo, la destra socialista e gli stalinisti stavano attivamente riportando il potere nelle mani del governo di Madrid. Di conseguenza, il rapporto tra il governo e le organizzazioni proletarie è quasi l’opposto di quello prevalente in Catalogna.
Abbiamo già visto quanto fosse traditrice la politica del governo Azaña-Giral. Eppure fu a questo governo che i socialisti di destra e gli stalinisti cedettero tutto il potere!
Non c’è la minima differenza tra il punto di vista della borghesia e questi “leader” dei lavoratori. La milizia operaia deve limitare la propria lotta alla difesa alla repubblica, cioè, alla conservazione del capitalismo, sostenere fedelmente il governo borghese, e non sognare il socialismo. Gli stalinisti, il 18 agosto, pubblicarono un manifesto, ampiamente ripreso dalla stampa borghese per una buona e sufficiente ragione: esso non comprende una sola rivendicazione sociale! Non una parola sull’esproprio della terra, la libertà per il Marocco, il controllo operaio della produzione – nient’altro che la più abietta fedeltà alla borghesia! E non è tutto. Gli stalinisti non vogliono lo stato operaio, neanche dopo la distruzione della contro-rivoluzione. “È assolutamente falso - dichiara, il 10 agosto, il capo stalinista Hernandez – che l’attuale movimento dei lavoratori abbia come proprio obiettivo l’istituzione della dittatura del proletariato dopo che la rivoluzione sarà terminata”. “Non si può dire che ci sia un motivo sociale per la nostra partecipazione alla guerra. Noi comunisti siamo i primi a rifiutare questa supposizione. Noi siamo motivati esclusivamente da un desiderio di difendere la repubblica democratica.” Ogni confisca della proprietà è semplicemente una temporanea misura difensiva, dichiarano gli stalinisti spagnoli. (Daily Worker, 18 settembre). Per rendersi conto di quanto contrario al leninismo sia un tale vile nonsenso, basta solo che uno ricordi gli ordini di Lenin, nel pieno della lotta contro Kornilov, contro qualsiasi sostegno al governo, e il suo programma di lotta alla controrivoluzione attraverso l’esproprio della terra e l’istituzione del controllo operaio sulla produzione. Avendo reclutato, a partire da febbraio, la maggior parte dei propri seguaci con gli slogan del Fronte del Popolo, il partito stalinista può usarli per la più sfacciata devozione nei confronti di un regime borghese di cui un partito proletario si sia mai reso colpevole.
I socialisti di sinistra si sono differenziati dalla posizione stalinista, con un editoriale intitolato, “Dialettica di guerra e rivoluzione”:
“Alcune persone vanno dicendo: “Prima lasciateci schiacciare il fascismo, lasciateci terminare la guerra vittoriosamente, e poi ci sarà il tempo di parlare di rivoluzione e di farla, se necessario”. Coloro che affermano ciò non hanno, a ragion veduta, preso in considerazione il formidabile processo dialettico che ci sta completamente trascinando. Guerra e rivoluzione sono un’unica e medesima cosa. Non solo non si escludono od ostacolano a vicenda, ma si completano e sostengono l’un l’altra. La guerra ha bisogno della rivoluzione per il suo trionfo, nelle stesso modo in cui la rivoluzione ha richiesto la guerra …. È la rivoluzione nelle retrovie che renderà più certa e più ispirata la vittoria nei campi di battaglia”. (Claridad, 22 agosto).
Questa concezione corretta, impressa nei socialisti di sinistra dall’esempio del proletariato catalano, tuttavia, ha poi prodotto una tipica distorsione centrista da parte degli editori di Claridad, attraverso il semplice processo di accreditare al governo catalano i successi in realtà realizzati dai lavoratori. L’editoriale conclude:
“La chiara visione storica esemplificata dalla Generalidad catalana merita ogni lode. Essa ha decretato misure governative che riflettono l’inestricabile relazione tra guerra e rivoluzione. Espropriare i capitali dei ribelli e collettivizzarli è il modo migliore di collaborare al trionfo e di ottenere dalla guerra il massimo di conquiste sociali, cosi come di distruggere il potere economico del nemico ….
Su questo punto, e sull’organizzazione dei partiti e dei sindacati intorno al governo per fare simultaneamente la guerra e la rivoluzione, la Catalogna è un faro per la Castiglia e il resto della Spagna.”
In nessuna questione il carattere antiproletario del programma stalinista si è rivelato cosi tanto come quando il governo Azaña-Gilar tentò di creare un nuovo esercito. La borghesia riconobbe che, malgrado la subordinazione della milizia operaia ai comandi militari dello stato maggiore, la struttura interna della milizia, organizzata in colonne separate aderenti ai vari partiti e sindacati proletari e guidata da operai eletti, rendeva disperato ogni tentativo di assicurare l’effettivo controllo borghese su di essa. E allora il governo invocò l’arruolamento di diecimila soldati riservisti come forza separata sotto il diretto controllo governativo. Il manifesto stalinista del 18 agosto sostenne questa proposta controrivoluzionaria, in conformità alla concezione della milizia che Mundo Obrero aveva proclamato l’11 agosto:
“No. Niente milizie guidate dai partiti e dalle organizzazioni. Sono le milizie che hanno la loro base fondamentale nel Fronte del Popolo, fedeli alla politica del Fronte del Popolo.”
“Qualche compagno ha voluto vedere nella creazione del nuovo esercito volontario qualcosa come una minaccia al ruolo delle milizie”, diceva Mundo Obrero, 21 agosto. Gli stalinisti negavano una simile possibilità: “Ciò che è in questione è integrare e rafforzare la milizia per dargli maggiore efficacia e terminare velocemente la guerra”. E terminavano la loro difesa della proposta del governo: “Il nostro motto, a tal riguardo, sia oggi che ieri, è lo stesso. Ogni cosa per il Fronte del Popolo e ogni cosa attraverso il Fronte del Popolo.”
Questa posizione completamente reazionaria fu denunciata da Claridad.
L’organo della sinistra socialista esaminò le ragioni avanzate per la creazione del nuovo esercito. Dimostrò che l’affermazione che avrebbe fornito forze aggiuntive è falsa, poiché “il numero di uomini incorporati ora nelle milizie, o che desiderano unirsi a esse si può considerare virtualmente illimitato.” L’affermazione che i soldati riservisti fornirebbero l’esperienza militare mancante alle milizie è negata dal fatto che queste riserve “che sino ad ora non hanno voluto arruolarsi nelle forze armate non sono animate dallo stesso ardore politico e combattivo che indusse i miliziani ad arruolarsi.” Dopo aver demolito i pretesti [addotti] per il nuovo esercito, i socialisti di sinistra conclusero recisamente:
“Pensare a un altro tipo d’esercito che sia sostituto di quelli che stanno effettivamente combattendo e che controllano con mezzi sicuri la propria azione rivoluzionaria, è pensare in termini controrivoluzionari. Cioè, ciò che Lenin diceva (Stato e rivoluzione): ‘Ogni rivoluzione, dopo la distruzione dell’apparato dello stato, ci mostra come la classe dominante cerca di ristabilire corpi speciali di uomini armati al “proprio” servizio, e come la classe oppressa tenti di creare una nuova organizzazione di un genere capace di servire non gli sfruttatori ma gli sfruttati.’
“Noi siamo certi che questo pensiero controrivoluzionario, che sarebbe tanto impotente quanto inetto, non è passato per la mente del governo; ma la classe operaia e la piccola borghesia, che stanno salvando la repubblica con le proprie vite non devono dimenticare queste accurate parole di Lenin, e devono stare attente che le masse e la direzione delle forze armate, che dovrebbe essere soprattutto il popolo in armi, non sfuggano dalle loro mani.” (Claridad, 20 agosto.)
Non quelli che usurpano il prestigio della Rivoluzione russa solo per tradire i suoi principi al servizio della borghesia, non gli stalinisti, ma l’avanguardia dei socialisti di sinistra insegnano al proletariato spagnolo la concezione leninista della natura di classe dell’esercito!
Le differenti concezioni della natura dell’attuale lotta entrano in conflitto anche su altre questioni. Gli anarco-sindacalisti, il P.O.U.M. e la Gioventù Socialista, riconoscendo a vari gradi il ruolo infido della borghesia, chiedono l’epurazione da tutte le istituzioni di tutti gli elementi dubbi, e insistono nel mantenere le armi nelle retrovie per proteggersi contro il tradimento borghese. Gli stalinisti, d’altra parte, hanno la stessa “ampia” definizione di “antifascisti” dei repubblicani, e agitano lo slogan “Non un fucile a oziare nelle retrovie!” In verità, il loro modo di intendere gli antifascisti, è così ampio, che Claridad, il 19 e 20 agosto, protestò perché “l’Alleanza degli Scrittori Antifascisti”, controllata dagli stalinisti, stava ospitando dei controrivoluzionari. La spregevole campagna della borghesia e degli stalinisti per il disarmo delle retrovie ricevette la bella risposta del leader della C.N.T., Garcia Oliver, in Solidaridad Obrera, che ribaltò abilmente il punto contro loro: “Noi desideriamo che i nostri compagni, tenendo conto della situazione, facciano un inventario del materiale di guerra sotto il loro controllo e procedano col fare uno studio di ciò che è loro indispensabile per assicurargli la necessaria salvaguardia dell’ordine rivoluzionario nelle retrovie, spedendo in prima linea ciò di cui non hanno bisogno.”
Possiamo riassumere il carattere del regime di Azaña-Gilar esponendo un dato di fatto assoluto: esso continuò a censurare la stampa delle organizzazioni operaie i cui membri morivano al fronte.
Anche il miserevole Mundo Obrero ha imparato cosa sia un governo di Fronte Popolare: la sua uscita del 20 agosto, fu confiscata per aver pubblicato una fotografia ritenuta sgradevole! Riferisce questo fatto Claridad, che tutti i giorni porta le stigmate della censura. Gli stalinisti naturalmente, hanno occultato al di fuori della Spagna l’esistenza di questa intollerabile e obbrobriosa condizione.

4. IL GOVERNO CABALLERO

Noi non abbiamo alcun dubbio che l’ingresso di Caballero nel governo fu salutato con estrema gioia da ampi settori del proletariato. Egli è stato a lungo alla sinistra degli stalinisti e di Prieto, e sopratutto la milizia deve aver pensato che Caballero li avrebbe sottratti alle grinfie dei traditori repubblicani.
Non abbiamo modo di sapere al momento quanta di questa gioia sia andata rapidamente dispersa pochi giorni fa, quando, dopo aver cacciato gli anarco-sindacalisti, i “difensori” repubblicani di San Sebastian la consegnarono intatta al nemico; e quando questi stessi repubblicani, al momento della ritirata nella fortezza di Bilbao, hanno impiegato i 40.000 miliziani a tale scopo – al punto che la maggior parte dell’esercito avversario del Generale Mola è stata inviata ai fronti di Madrid e Zaragoza. Il fronte occidentale è stato tradito, e ciò è successo da quando Caballero ha assunto l’incarico di governo.
Qual’é il programma di Caballero? Non ne ha proferito parola. Il suo è un programma “minimo”, cioè un programma borghese, soddisfacente i cinque membri borghesi del governo? È il programma di Prieto e degli stalinisti, che è il programma borghese? Qual’è la differenza fondamentale tra il governo Caballero e quello del suo predecessore? Quello di Caballero è più sincero? Ma, come disse Lenin una volta per tutte, nessuno ha ancora inventato un sincerometro. Ciò che è basilare è il programma. Se il programma di Caballero non si differenzia dai suoi predecessori, la sua condotta della lotta non sarà differente.
Il proletariato spagnolo dovrà seguire la strada su cui ha già iniziato a marciare il proletariato catalano. Non c’è altra via per la vittoria!
Chi sono i soldati di truppa delle armate di Franco, e perché ci sono cosi poche diserzioni tra i loro ranghi? Sono principalmente figli di contadini, che prestano il loro servizio di due anni nell’esercito. Questi possono essere portati dalla propria parte, indotti a disertare, a sparare ai loro ufficiali, conquistando le loro famiglie allo schieramento dei lavoratori. Come? Aiutandoli ad espropriare la terra. Tale parola d’ordine si sarebbe dovuta agitare dopo la vittoria di febbraio; il non aver fatto ciò è la spiegazione del fatto che le province meridionali, compresa la roccaforte degli stalinisti, Siviglia, siano ora nelle mani dei fascisti. “Che ci dà da mangiare la Repubblica?” il risultato è la molta passività dei contadini. Nei territori da loro controllati, gli operai devono aiutare i contadini ad impossessarsi e distribuire i grandi possedimenti. Attraverso diecimila canali tale realtà, che trasforma il mondo contadino, sarà condotta nelle province controllate dai fascisti… ed allora i contadini antifascisti spunteranno dal terreno, e le armate di Franco si dissolveranno.
Migliaia di operai hanno pagato con le proprie vite perché le loro organizzazioni non lottavano per dare la terra ai contadini. Altre migliaia stanno morendo perché le loro organizzazioni non hanno lanciato la parola d’ordine della libertà per le colonie spagnole. Eppure, anche ora, tale parola d’ordine ed una campagna coraggiosa di propaganda in Marocco disintegrerebbero molto più facilmente delle pallottole le legioni moresche di Franco.
La Catalogna ha mostrato quali prodigiosi compiti produttivi il proletariato intraprenderà una volta che avrà assunto il controllo delle fabbriche. Eppure a Madrid i comitati operai che all’inizio assunsero il controllo dei servizi pubblici e dei grandi stabilimenti sono, in seguito, stati subordinati all’amministrazione burocratica del governo. Questa limitazione non è stata superata dal fatto che ora il governo comprende una delegazione socialista. Finché i lavoratori non saranno padroni delle fabbriche, tali fabbriche non diverranno fortezze della rivoluzione.
Soprattutto, è intollerabile che gli operai debbano fare il lavoro duro e morire senza alcuna voce in capitolo sulla questione della direzione della lotta. Caballero ha annunciato la riapertura delle Cortes per il I ottobre. Questo è uno scherzo crudele! Queste Cortes non riflettono il sentimento del popolo più di quanto il diciannovesimo somigli al ventesimo secolo! Misurati politicamente, sono passati secoli da quando la borghesia repubblicana si assicurò, il 16 febbraio, una maggioranza grazie ai voti operai. La sola voce autentica del popolo oggi sarebbe un Congresso Nazionale di delegati eletti della milizia che sta combattendo, dei lavoratori che stanno producendo e gestendo i trasporti, e dei contadini che stanno fornendo i generi alimentari. Solo un tale soviet, che provenisse dalla fabbrica, dalla milizia e dai comitati di villaggio, è legittimato a parlare per tutta la Spagna.
Ognuna di queste necessità fondamentali della rivoluzione può essere portata a termine solo contro la volontà della borghesia repubblicana. Ciò significa andare ben oltre il Fronte del Popolo. Ma tale “interruzione” significherà una “perdita” solo per i politicanti repubblicani traditori ed i veri e propri capitalisti; i settori principali della piccola borghesia legheranno la propria sorte a quella del nuovo rodine sociale, come fecero nella Rivoluzione Russa.
I compagni di Caballero nel governo, gli stalinisti, hanno reso esplicita la loro assoluta opposizione al programma rivoluzionario: “La parola d’ordine oggi è ogni potere e autorità al Governo del Fronte del Popolo.” (Daily Worker, 11 settembre) Tale slogan significa proprio ciò che dice! La parola d’ordine di Lenin, “Tutto il potere ai soviet”, significava nessun potere al governo di coalizione. La parola d’ordine stalinista significa nessun potere agli embrioni dei soviet, la fabbrica, la milizia ed i comitati di villaggio. Come gli stalinisti hanno sacrificato la rivoluzione tedesca al mantenimento dello status quo in Europa, così ora stanno cercando di sacrificare la rivoluzione spagnola al mantenimento dell’Alleanza franco-sovietica. Lo stalinismo non lancerà la parola d’ordine della libertà per il Marocco perché ciò metterebbe in imbarazzo la politica coloniale francese. Lo stalinismo non passerà dal Fronte del Popolo alla rivoluzione spagnola perché ciò porrebbe immediatamente all’ordine del giorno la rivoluzione in Francia e lo stalinismo, pervaso come ogni burocrazia da una cinica mancanza di fiducia nelle masse, preferisce un forte alleato borghese francese alla possibilità di una Francia sovietica. L’essenza della politica stalinista è: “Socialismo in un solo paese – e in nessun altro”. Gli stalinisti sono divenuti degli aperti, sfacciati nemici della rivoluzione proletaria. Fortunatamente per il proletariato mondiale, lo stalinismo in Spagna non comanda le [stesse] forze che tiene al guinzaglio in Germania – e proprio perché le lezioni della Germania sono entrate nella coscienza del proletariato spagnolo.

Grandi forze sono a disposizione della vittoria della proletariato spagnolo. Nel crogiolo della guerra civile si salderanno in un unico partito rivoluzionario. La contraddizione tra la tradizionale teoria anti-politica dell’anarco-sindacalismo e la sua attuale pratica politico-rivoluzionaria inevitabilmente manderà in pezzi la sua forma di organizzazione sindacale. Già, migliaia di migliaia di aderenti della C.N.T. si sono uniti al P.O.U.M. Questa organizzazione, annoverando tra i propri quadri gli elementi rivoluzionari più esperti del paese, ha deviato notevolmente dal suo corso centrista*( *Quanto nettamente, si può, certamente, misurare dal contrasto tra la sua politica e quella della sua “organizzazione internazionale”, il Comitato Internazionale dell’Unità Socialista Rivoluzionaria (S.A.P. in Germania, I.L.P in Inghilterra) il cui manifesto rivolto al proletariato spagnolo non contiene una sola parola di critica del Fronte Popolare! E questo, primo, “cauto” messaggio, di questa organizzazione che rivendica il titolo di centro rivoluzionario, è datato 17 agosto!), ma le sue principali forze sono limitate alla Catalogna e Valencia. Possiamo esser certi che i quadri più importanti del resto della Spagna, gli elementi rivoluzionari tra i socialisti di sinistra, che sono stati irritati molto dall’esitazione di Caballero, si uniranno alla corrente rivoluzionaria. Anche i quadri inesperti dell’organizzazione stalinista forniranno i loro migliori elementi al partito rivoluzionario. La rivoluzione, come sempre, avrà una leadership più ampia di quella di un singolo partito; ma gli enormi compiti che essa porrà avranno l’obiettivo finale dell’unificazione delle correnti rivoluzionarie di tutti i partiti.

5.                SPAGNA ED EUROPA

Claridad sta pubblicando una manchette, “Testi profetici”, di poche righe, differenti ogni giorno, tratte dalla Storia della rivoluzione russa di Trotsky. La scelta di Trotsky non è casuale. Riflette una più grande preoccupazione dei rivoluzionari spagnoli: il problema della rivoluzione europea. Tecnologicamente arretrati e timorosi dell’intervento militare di Hitler e Mussolini, i rivoluzionari spagnoli sono divenuti profondamente consapevoli dell’inestricabile rapporto tra la loro rivoluzione e quella in Europa, specialmente in Francia. Per questo motivo si rivolgono a Trotsky, l’autorevole portavoce dell’internazionalismo rivoluzionario.
Il 30 luglio, solo pochi giorni dopo l’inizio della battaglia, Trotsky si occupò di questo problema, e del significato degli eventi spagnoli per la Francia. Le sue parole di chiusura sono più acute di quelle che potessi scegliere io per concludere:
“Certamente, il proletariato spagnolo, come il proletariato francese, non vuole restare disarmato di fronte a Mussolini e Hitler. Ma per difendere se stessi da questi nemici è prima necessario schiacciare i nemici in ciascuno dei propri paesi. È impossibile rovesciare la borghesia senza annientare il corpo ufficiali. È impossibile annientare il corpo ufficiali senza rovesciare la borghesia. In ogni controrivoluzione vittoriosa, gli ufficiali hanno svolto il ruolo decisivo. Ogni rivoluzione vittoriosa che abbia avuto un profondo carattere sociale ha distrutto il vecchio corpo ufficiali. Questo fu il caso della Grande Rivoluzione francese alla fine del diciottesimo secolo, e questo era il caso della Rivoluzione d’Ottobre nel 1917. Per assumere una tale misura uno deve smettere di strisciare in ginocchio davanti alla borghesia Radicale. Deve essere creata un’alleanza sincera tra gli operari ed i contadini contro la borghesia, compresi i Radicali. Si deve avere fiducia nella forza, nell’iniziativa e nel coraggio del proletariato ed il proletariato saprà come portare i soldati dalla propria parte. Ciò rappresenterà un’alleanza sincera e non falsa di operai, contadini e soldati. Questa stessa alleanza si sta creando e temprando, proprio ora, nel fuoco della guerra civile in Spagna. La vittoria del popolo significa la fine del Fronte del Popolo e l’inizio della Spagna sovietica. La rivoluzione sociale vittoriosa in Spagna si estenderà inevitabilmente al resto d’Europa. Per i boia fascisti dell’Italia e della Germania sarà incomparabilmente più spaventoso di tutti gli accordi diplomatici e di tutte le alleanze militari”.


Note
1 Si tratta della prima Guerra Mondiale, all’epoca della stesura dell’opuscolo non era ancora scoppiata la Seconda grande tragedia mondiale. N.d.T.
2. "Se si tratta d’ingaggiare battaglia contro un avversario comune, non c’è affatto bisogno di un’unione particolare. Non appena si deve combattere direttamente un tale avversario, gli interessi dei due partiti coincidono momentaneamente… Ma appena la vittoria sarà conseguita, la piccola borghesia tenterà d’impadronirsene. Inviterà gli operai a tenere la calma, a far ritorno a casa e rimettersi al proprio lavoro, allo scopo di evitare i (cosiddetti) eccessi e poi privare il proletariato dei frutti della vittoria…”
“Durante la lotta e dopo la lotta, i lavoratori ad ogni occasione devono opporre le proprie rivendicazioni in contrapposizione alle rivendicazioni avanzate dai democratico-borghesi… Essi devono contenere, per quanto possibile, ogni manifestazione di intossicazione per la vittoria e di entusiasmo per il nuovo stato delle cose, e devono spiegare schiettamente, con ogni mezzo, la loro mancanza di fiducia nel nuovo governo attraverso un’analisi a sangue freddo del nuovo stato di cose. Essi devono contemporaneamente costituire il proprio governo rivoluzionario dei lavoratori accanto al nuovo governo ufficiale, sia nella forma di comitati esecutivi, consigli della comunità, o di club operai o comitati operai, cosicché il governo democratico borghese non solo perderà la propria briglia immediata sui lavoratori ma, al contrario, dovrà a sua volta sentirsi sorvegliato e minacciato da un’autorità alle sue spalle che si appoggia sulla massa degli operai. In una parola: sin dal primo momento della vittoria, e subito dopo essa, la diffidenza dei lavoratori non deve essere diretta ancora contro il partito reazionario sconfitto, ma contro il precedente alleato, i democratici piccolo borghesi, che desiderano sfruttare la comune vittoria solo per se stessi.” (Karl Marx, “Indirizzo alla Lega Comunista” 1850, Appendice 3 a “Rivoluzione e controrivoluzione in Germania”, Londra, 1933).


Portogallo: a 50 anni dalla rivoluzione dei garofani

Riportiamo un articolo pubblicato dalla UIT perché ci sembra un contributo utile per la comprensione storica degli avvenimenti in questione ...