venerdì 2 febbraio 2024

In memoria di Peng Shuzhi

Peng nasce nel 1896 nella contea di Longhui, nel distretto di Baoqing, nella provincia di Hunan nella Cina meridionale.

Nel 1919 Peng Shuzhi s’iscrive alla Scuola di Arte e letteratura dell’Università di Pechino e sin da subito si dedica e viene affascianato dalla politica attiva e partecipa al Movimento del 4 maggio (il movimento del 4 maggio fu un movimento studentesco, culturale e politico anti-imperialista, iniziato a Pechino il 4 maggio 1919).

Nel 1920, Peng aderisce alla Lega Socialista Giovanile cinese, l’anno successivo decide di recarsi a Mosca ed inizia i suoi studi presso l’Università Comunista dei Lavoratori Orientali. Nel gennaio 1922 è tra i partecipanti del Congresso dei lavoratori dell’Estremo Oriente promosso dall’Internazionale Comunista e nel 1924 è presente al Quinto congresso dell’Internazionale Comunista.

Nel 1924, Peng torna a Shanghai, dove dirige il “New Youth” e il “Guide Weekly”,  pubblicazioni del Partito Comunista Cinese; per sostenersi economicamente si dedica all’insegnamento presso l’Università di Shanghai. Nel 1925, durante il Quarto Congresso Nazionale, viene eletto nell’Ufficio Centrale del Partito Comunista Cinese. Divienne anche direttore del Dipartimento Centrale di Propaganda.

Il 20 marzo 1926 scoppia a Guangzhou “l’incidente della nave Zhongshan1.  Per contrastare Chiang Kai-shek e limitare l’espansione del suo consenso, Chen Duxiu (Primo segretario,  trotskysta, del PCC) convoca una riunione del Comitato Centrale del PCC e decide di adottare alcune contromisure, tra cui la creazione di un comitato speciale e sempre guidata e composta dal Comitato Centrale del Partito Comunista; ne fanno parte: Peng Shuzhi, Zhang Guotao, Tan Pingshan, Chen Yannian, Zhou Enlai, Zhang Tailei, e Peng Shuzhi come Segretario. Chen Duxiu, insieme a Peng Shuzhi, sostenevano le posizioni l’Opposizione Unificata in Urss, quindi premevano affinché il PCC si ritirasse dal Kuomintang.

Nel luglio 1926, il Comintern preme con maggior vigore il Partito Comunista Cinese nella sua politica di governo di collaborazione di classe all’interno del Kuomitang, politica ovviamente spinta da Stalin, Bucharin e coperta ideologicamente dal “nuovo teorico” della maggioranza in materia bolscevica Martynov 2.

Peng Shuzhi viene espulso dal Partito nel novembre 1929, insieme a Chen Duxiu, per aver manifestato le sue simpatie trotskyste.

Il 15 dicembre 1929 Chen Duxiu, Peng Shuzhi e altri fondano prima la “Società Proletaria”, e poi, nel maggio del 1931, insieme ad altri gruppi trotskisti, la Lega Comunista Cinese di cui Peng diviene il responsabile del lavoro di propaganda.

Il 15 ottobre 1932, Peng viene arrestato in Cina dalle forze governative.

Dopo lo scoppio della guerra cino-giapponese (metà anni ‘30), viene rilasciato di prigione, torna a Shanghai e continua a militare tra le fila del movimento trotskista.

Nel 1938 viene eletto negli organismi dirigenti della Quarta Internazionale guidata da Trotsky. Sebbene Peng Shuzhi, Liu Jialiang, Zheng Chaolin, Wang Wenyuan rappresentassero le migliori leve del marxismo rivoluzionario cinese, presto le divisioni politiche interne portarono ad una frammentazione della corrente trotskysta in Cina, che si  divise in due fazioni: la fazione di maggioranza guidata da Peng Shu, e l’altra, di minoranza, con a capo Zheng Chaolin e Wang Fanxi. 

Nel dicembre 1952, Peng Shuzhi è costretto all'esilio a Saigon prima, nel Vietnam del Sud, e successivamente a Parigi, lavorando sempre per la Quarta Internazionale.

Morì negli Stati Uniti, nel 1983.

 

Note

1. L’incidente della nave Zhongshan, noto anche come “incidente del 20 marzo” o “ribellione di Guangzhou del 20 marzo”, avvenne il 18 marzo, il quindicesimo anno della Repubblica Cinese (1926). Il decorso e le cause dell’incidente sono controverse.

2. Alexandr Martynov (12 dicembre 1865 – 5 giugno 1935) è stato un importante politico menscevico prima della rivoluziona russa del 1917, e qualche anno dopo la rivoluzione un critico della teoria della rivoluzione permanente di Leon Trotsky. Nei primi anni ‘20 aderisce al bolscevismo e successivamente alla maggioranza stalinista; dal 1924 lavorò per l’Internazionale Comunista. Divenne uno dei principali portavoce dell’Unione Sovietica sul comunismo mondiale. Sostenne la subordinazione del Partito Comunista Cinese al Kuomintang, fino alla debacle della Rivolta di Guangzhou. Nel 1930 affermò che l’ascesa del partito nazista era una “condizione necessaria” per la vittoria “decisiva” della rivoluzione operaia.

lunedì 20 novembre 2023

Perché Izquierda Socialista ha ragione

Il prossimo 19 novembre il popolo argentino si troverà a scegliere la guida politica del Paese. I candidati al ballottaggio sono due ed entrambi rappresentanti del capitale finanziario, ma con una declinazione politica diversa, sensibilmente diversa. Da una parte abbiamo un rappresentante del finto progressismo che potremmo definire di centrosinistra, sostenuto dalla burocrazia sindacale, Sergio Massa, e dall’altro il rappresentante dell’ultradestra, Milei, che già ha dichiarato di smantellare i pochi diritti del mondo del lavoro, rivendicando in più il genocidio della dittatura militare con l'obiettivo di liberare i soldati giudicati per le drammatiche violazioni dei diritti umani.
Questo individuo non deve raggiungere il potere.

Le organizzazioni del FIT-U – ovvero il fronte rivoluzionario delle forze trotskiste – hanno espresso pareri discordanti in merito a questa votazione. IL PTS non ha smentito, non ha perso tempo, la sua natura settaria e opportunista scrivendo un comunicato ai più incomprensibile ove in sostanza non si lancia un appello a fermare la destra reazionaria, così come in modo similare il MST, mentre il PO ha assunto, mi verrebbe da dire come è sua prassi, una posizione del tutto “sballata” invitando l’elettorato ad una astensione attiva. Unica organizzazione che ha mostrato comprensione per il metodo marxista rivoluzionario è stata Izquierda Socialista, che ha spiegato bene, in un suo proprio comunicato, perché è opportuno criticamente votare per Massa contro l’ultradestra reazionaria.

Questa situazione, un po’ come il centralismo democratico, svela la vera natura delle organizzazioni marxiste rivoluzionarie. Qualcuno può obiettare che è semplicemente un aspetto tattico, ci dicono che “non possiamo fare la lastra alle organizzazioni in base al loro rapporto con le elezioni”. In realtà questo aspetto tattico racchiude un metodo politico, e sul metodo spesso nascono le differenze tra i movimenti trotskisti.

Storicamente le organizzazioni marxiste rivoluzionarie, salvo in rari contesti sociali, hanno utilizzato le elezioni borghesi come una sorta di megafono per le proprie idee. Nel 1919 Lenin in una Lettera agli operai d’Europa e d’America, Lenin scriveva: «Il parlamento borghese, sia pure il più democratico della repubblica più democratica in cui si conservi la proprietà dei capitalisti e il loro potere, è una macchina che serve a un pugno di sfruttatori per schiacciare milioni di lavoratori. I socialisti, che lottano per liberare i lavoratori dallo sfruttamento, hanno dovuto servirsi dei parlamenti borghesi come tribuna, come una delle basi per la propaganda, per l’agitazione, per l’organizzazione, finché la nostra lotta era racchiusa nei limiti del regime borghese.»

Sempre Lenin:

«i comunisti, [...] denunciano e rivelano agli operai e alle masse lavoratrici la pura e semplice verità: di fatto, la repubblica democratica, l'Assemblea costituente, il suffragio universale, ecc. sono la dittatura della borghesia, e per emancipare il lavoro dall'oppressione del capitale non c'è altra via che la sostituzione di questa dittatura con la dittatura del proletariato. Solo la dittatura del proletariato può emancipare l'umanità dall'oppressione del capitale, dalla menzogna, dalla falsità, dall'ipocrisia della democrazia borghese, che è la democrazia per i ricchi, e instaurare la democrazia per i poveri, cioè rendere effettivamente accessibili agli operai e ai contadini poveri i benefici della democrazia, che restano oggi (pesino nella repubblica - borghese - più democratica) inaccessibili di fatto alla stragrande maggioranza dei lavoratori» (1).

Lenin e i bolscevichi non hanno mai visto nella giostra elettorale uno strumento utile per poter modificare i rapporti di forza e i rapporti di classe, ma sempre come necessario al fine di divulgare le posizioni dei marxisti rivoluzionari. Soprattutto, Lenin specificava anche la forma i cui i marxisti elettorali dovevano partecipare:

«i socialisti devono agire in modo indipendente nella lotta elettorale. Nelle elezioni di primo grado gli accordi sono ammissibili soltanto come eccezione, e per di più con quei partiti che pongono come parola d'ordine del momento la costituente popolare, la confisca di tutte le terre, la giornata lavorativa di otto ore, ecc» (2).

Lenin dunque delinea bene quali sono le basi per possibili accordi e differenzia, come logico sia, il “primo turno” dal “secondo”. I bolscevichi e i trotskisti successivamente hanno sempre avuto una visione complessiva della questione, ovvero nella stragrande maggioranza dei casi la scelta astensionista è una scelta poco dialettica e utile per la classe operaia, invece quella dell’appoggio critico (naturalmente se sviluppata attivamente, come Trotsky spiega in In difesa del marxismo, in merito alle elezioni in USA) può essere una sorta di ponte verso la classe operaia. Trotsky:

«C’è una campagna presidenziale. Se siete un partito indipendente, dovete avere una politica, una linea su questa campagna. Ho cercato di combinare le due cose in un periodo non decisivo, ma importante. Si tratta di rispondere ai sentimenti onesti dei militanti di base stalinisti e di raggiungere le masse nel momento delle elezioni. Se aveste un candidato indipendente sarei favorevole, ma dov’è? Quindi o vi astenete completamente dalla campagna per motivi tecnici oppure dovete scegliere tra Browder e Norman Thomas. Possiamo accettare l’astensione. Lo stato borghese ci toglie la possibilità di presentare i nostri candidati. Possiamo proclamare che tutti sono imbroglioni. Questo è una cosa, ma un’altra cosa è che i fatti confermino la nostra tesi. Dobbiamo adottare una politica negativa o una politica dinamica? Devo dire che durante la conversazione mi sono convinto ancora di più che dobbiamo seguire un corso dinamico.»

La Quarta Internazionale nel primo dopoguerra seguì la medesima tattica, invitando a votare al PCI spiegando attivamente le responsabilità della burocrazia stalinista ma sapendo al tempo stesso che un partito operaio avrebbe dato alle organizzazioni marxiste rivoluzionarie la possibilità di dialogare con la base delle organizzazioni operaie, così come fu nel referendum in Cile contro Pinochet nel 1988: nessuna fiducia per le istituzioni borghesi ma contro la reazionaria dittatura che avrebbe continuato a distruggere la classe operaia. Gli esempi sarebbero molti ma il punto non è semplicemente riconducibile ad un insieme di citazioni. Noi da marxisti rivoluzionari viviamo le elezioni come mera propagandare al fine di diffondere il programma rivoluzionario, una sorta di calamita per avvicinare la classe operaia alle rivendicazioni marxiste rivoluzionarie. I trotskisti devono avere un approccio dialettico rispetto all’elezioni, rifiutando le distorsioni bordighiste e neobordighiste (anarco, riformiste e bordighiste, come quelle di Lotta Comunista) che si saldano sull’astensionismo strategico. 

Eugenio Gemmo




Note 

(1) Lenin, Democrazia e Dittatura (1918)

(2) Lenin, La lotta elettorale a Pietroburgo e i menscevichi

venerdì 27 ottobre 2023

Pietro Tresso, ad ottant'anni dalla sua morte

Sono ormai passati ottant’anni da quando “Blasco”, Pietro Tresso, uno dei padri del movimento operaio italiano ed internazionale perse tragicamente la vita. La sua testa cadde come tanti altri rivoluzionari, per opera della burocrazia stalinista, colpevoli solamente di opporsi alle menzogne fabbricate da Mosca.

 

Pietro Tresso, detto "Blasco"

 

La vita di Tresso fu piena di privazioni, sofferenze e miseria. Nato nel 1893, quarto figlio di un ex mezzadro di Venezia divenuto manovale, e a nove anni dovette lasciare la scuola, imparando sin dalla tenera età il mestiere di sarto, alcune fonti riportano anche possibile operaio presso la fabbrica Lanerossi di Vicenza. Entrò presto nella gioventù socialista, e fu insieme a Bordiga e Gramsci, uno dei fondatori del PCI e membro dell’Ufficio Politico.

Grande organizzatore di sindacati contro il fascismo (famosa la lotta a Gravina di Puglia) responsabile del centro interno clandestino del PCI in Italia, rappresentò il partito comunista italiano a Mosca nel novembre del 22 durante il IV congresso dell’Internazionale comunista. La sua figura e il suo prestigio nella sinistra italiana gli costarono virulenti attacchi da parte dei fascisti che cercarono anche di ucciderlo.
La sua personalità dotata di grandi capacità politiche e organizzativa, fu descritta in maniera esemplare da Ignazio Silone:

Sotto molti aspetti, Pietro Tresso era in effetti un comunista esemplare. Caso poco frequente nel movimento operaio italiano, era un dirigente di origine proletaria che conservava intatte le qualità di freschezza e attività della sua classe sociale. Benché autodidatta, la sua viva intelligenza s’applicava allo studio degli argomenti più differenti, anche quelli che erano estranei alle necessità del lavoro pratico che il partito gli affidava. Nella conversazione con gli amici, gli piaceva manifestare il suo gusto per la conoscenza disinteressata. Era coraggioso di natura e, nelle circostanze più drammatiche del lavoro clandestino, non perdeva mai il suo buonumore.”

Nel 1930 venne espulso dal PCI, insieme a due compagni dell’Ufficio politico, Alfonso Leonetti e Paolo Ravazzoli, a causa dell’ adesione al trotskysmo.
Diede battaglia con tutta la sua tenacia alla linea avventuristica dello stalinismo, aderì all’Opposizione di Sinistra Internazionale fondata da Trotskij; da quel momento in poi lavorò fino alla morte al suo fianco, nelle file del movimento trotskista internazionale.
Nei primi anni 30, Blasco si impegnerà a costruire e a dirigere, in Italia e in Francia, la lotta sistematica alla burocrazia sovietica. Egli era infatti oramai convinto del processo degenerativo in atto nell’URSS, processo che portò il partito di Stalin e dei suoi lacchè alla divisione della classe operaia, bollando i socialisti come “socialfascisti”, contribuendo così alla vittoria del nazismo in Germania.

Nel 1943 tra il 26 e il 27 ottobre la sua vita giunge all’epilogo: verrà giustiziato a sangue freddo, in Francia, da sicari di Stalin... gli affossatori della rivoluzione”. Su chi abbia dato l’ordine ancora non vi è chiarezza sicuramente l’ordine è partito dall’alto, sappiamo che l’esecutore materiale fu il partigiano Jean Sosso (Giovanni Sosso) un uomo dell’apparato stalinista, nato in Italia ma migrato in Francia. Dopo la guerra fu inviato in Polonia come giornalista dell’Humanitè (stampa francese stalinista)

IL PC Italiano si è chiuso in un silenzio compromissorio Togliatti e Cerreti se non direttamente colpevoli erano sicuramente a conoscenza della morte di Tresso. Leonetti come ha riportato il giornalista Berardi dell’Unita (stampa del PCI) che nel dicembre del 1984, prima della morte, l’ex storico dirigente del partito ricevette all’ospedale romano del Gemelli, la visita di due uomini del che chiesero di far sparire un testo di Togliatti, che – se pubblicato – avrebbe scatenato l’inferno., Leonetti li allontanò definendoli di «corvi».

Tresso è uno di quei dirigenti come Wolf, Nin, Klement, L. Sedov che hanno dedicato la vita per il socialismo, militanti che si sono opposti alle tragedie della burocrazia staliniana, militanti che hanno lottato per l’internazionalismo comunista, pagando con la vita le loro idee. Tresso merita un adeguato riconoscimento è un’icona non solo politica ma anche morale di grande valore.

Per troppo tempo le vittime dello stalinismo sono state rimosse e cadute nel dimenticatoio, lo stalinismo non era un giudice di un tribunale operaio ma un becchino poggiato sul sangue dei rivoluzionari.


 
Bibliografia essenziale su Pietro Tresso

Assassinii nel maquis. La tragica morte di Pietro Tresso, Pierre Broué. Prospettiva Edizioni

Vita di Blasco, Giorgio Sermasi, Paolo Casciola. Odeonlibri

Alfonso Leonetti. Storia di un’amicizia. Testi inediti, ricordi e corrispondenza con Roberto Massari (1973-1984)

Il vento contro, Stefano Tassinari. Marco Tropea Editore

Jean Burles: https://maitron.fr/spip.php?article18197

Jean Sosso: https://maitron.fr/spip.php?article131464

Documentario: https://www.youtube.com/watch?v=mopPLFZln0o

giovedì 12 ottobre 2023

Il contributo di Trotsky allo studio dei problemi della Rivoluzione cinese

Questo articolo riproduce la parte conclusiva dell’ampio saggio introduttivo di Peng Shu-tse preposto al volume Leon Trotsky on China, a cura di Les Evans e Russell Block, apparso nel 1976 a New York presso le edizioni Monad Press, che qui ringraziamo per l’estratto:

 

… I fautori della politica disfattista nei confronti della guerra di resistenza non erano soltanto pochi trotskisti cinesi, ma rappresentavano una tendenza internazionale. In America, per esempio, Oehler ed Eiffel misero pubblicamente in discussione la posizione di Trotsky sulla guerra cino-giapponese. 

Per rispondere a questa sfida, Trotsky scrisse una lettera a Diego Rivera (23 settembre 1937) in cui denunciava dettagliatamente e correttamente le assurde proposte di Ochler e di Eiffel e in cui, nel contempo, esprimeva il proprio punto di vista sulla guerra cino-giapponese. Si può dire che questa lettera, che riassumeva la linea strategica proposta da Trotsky nei confronti della guerra cinese di resistenza, fu il suo contributo finale più importante allo studio dei problemi della rivoluzione cinese. Vale la pena di citarla ampiamente:

Nella mia dichiarazione alla stampa borghese, ho detto che il dovere di tutte le organizzazioni operaie in Cina era di partecipare attivamente e in prima linea all’attuale guerra contro il Giappone, senza abbandonare per un solo istante il proprio programma e la propria attività indipendente. «Ma questo è "socialpatriottismo"!», gridano i seguaci di Eiffel! «È una capitolazione a Chiang Kai-shek! È un abbandono dei principi della lotta di classe! Il  bolscevismo sostenne il disfattismo rivoluzionario nella guerra imperialista. Ora, la guerra di Spagna e la guerra cino-giapponese sono entrambe guerre imperialiste.» «…L’unica salvezza per gli operai e i contadini cinesi è di lottare contro l’esercito cinese così come contro l’esercito giapponese». Queste righe, tratte da un documento della frazione di Eiffel del 10 settembre 1937, ci bastano per dire che ci troviamo di fronte o a dei veri traditori o a dei completi imbecilli. Ma l’imbecillità, spinta a questo grado, equivale al tradimento.

Noi non abbiamo mai messo tutte le guerre sullo stesso piano. Marx e Engels appoggiarono la lotta rivoluzionaria degli irlandesi contro la Gran Bretagna, quella dei polacchi contro lo zar, anche se in queste due guerre nazionaliste i dirigenti erano, per la maggior parte, membri della borghesia e addirittura dell’aristocrazia feudale...

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 24 maggio 2022

LA MEZHRAIONKA

 Negli ultimi decenni abbiamo vissuto, come popolo della sinistra, l’ossessione dell’unità della sinistra che spesso e volentieri è stata più una coazione a riprodurre lo stesso errore (un fritto misto di forze senza arte né parte con un vago riferimento alla classe) che subito si è trasformato in tragedia. Ricordiamo tutti gli esperimenti mal riusciti della “Lista Arcobaleno”, “Lista Ingroia” e the last but non least di “Potere al Popolo”, tutti accomunati dallo stesso obiettivo fallimentare, quello di fondere una sinistra “diversamente” comunista su un programma elettorale e non su una base ideologica e di principi.


La Mezhraionka è stato un esempio sui generis nella storia del mondo comunista, uno tra i pochi processi di unificazione di tendenze del movimento comunista andato a buon fine, è quindi giusto oggi ricordarlo.

La Mezhraionka non ha avuto il giusto posto nella storia, snobbato sia dai marxisti rivoluzionari che dagli storici, eppure qualche merito lo ha avuto. Nato dall’iniziativa di socialdemocratici che non condividevano le posizioni politiche né dei Bolscevichi (ipercentralismo) né dei Menscevichi (opportunismo e difensivismo) ma erano comunque dei sostenitori dell'unificazione di entrambe le tendenze all’interno del Partito Socialdemocratico.

Dal 1903 dopo lo scontro tra Bolscevichi e Menscevichi e la relativa scissione del 1903, nel POSDR (Partito Socialdemocratico Russo) aveva preso piede una tendenza unificatrice, una sorta di risposta emozionale alla rottura scissionistica di Lenin da Martov, con una consistenza numerica di seguaci non indifferente. A Vienna vi era la "Pravda" (da non confondere con il più noto organo di stampa Bolscevico) redatta da Trotsky tra il 1908 e il 1912. La Pravda trotskiana animò il dibattito della socialdemocrazia russa, fu tra le testate di area marxista rivoluzionaria (molto popolare) che al meglio auspicava il riavvicinamento tra Bolscevichi e Menscevichi. Nel novembre 1913, a San Pietroburgo, un gruppo di Socialdemocratici diede vita all'Organizzazione Interdistrettuale dei Socialdemocratici Uniti (Mezhraionka). A costruire tale gruppi furono menscevichi e bolscevichi come K.K. Yurenev, N.M. Egorov (deputato terza Duma di Perm) e l’operaio A. M. Novoselov che aveva un ruolo dirigenziale nel sindacato dei metalmeccanici sull’isola di Vasilevsky [1].

Le origini della Mezhraionka, secondo Ian Thatcher, hanno come principali fonti le testimonianze riportate dai loro dirigenti. Iurenev affermò che l'idea di formare la Mezhraionka [2] avvenne come reazione ad alcuni eventi politici: in primo luogo, la scissione formale nella leadership all’estero, cementata dalla Conferenza bolscevica di Praga [3]; in secondo luogo dallo sviluppo del cosiddetto “Blocco d'agosto” [4] a Vienna, entrambi gli aspetti avvenuti nel 1912. Chiaramente anche la dura la lotta intestina tra le correnti (menscevica e bolscevica) almeno a Pietroburgo, diede una spinta per la nascita dell’organizzazione. La Mezhraionka ebbe il merito, se così possiamo dire, di porre al centro del dibattito politico la militanza.

Nell'agosto 1914, gli Interdistrettuali assunsero una posizione corretta, contro la guerra, in opposizione al difensivismo menscevico:

«Nei primi sei mesi dopo lo scoppio delle ostilità la corrente rivoluzionaria di maggior successo fu la corrente della Mezhraionka. Sull’isola di Vasilevsky un comitato di sciopero interpartitico sopravvive dopo i disordini del 1914. In un certo momento dell’autunno istituì un comitato socialdemocratico distrettuale illegale, che aderì alla piattaforma della Mezhraionka. Le sue cellule funzionavo in 11 imprese, tra cui la fabbrica di tubi e la Siemen-Schkkert. Nel mese di ottobre nel distretto emersero dei circoli in diversi stabilimenti sul lato Pietroburgo…»[5].

La linea ideologica della Mezhraionka trovava eco all’estero nelle testate "Voice" e "Our Word", pubblicate a Parigi tra il 1915 e 1916 da Trotsky con la collaborazione in un primo momento di Martov e poi senza quest’ultimo. Martov all’epoca, con il suo gruppo, i “Menscevichi internazionalisti”, nonostante le sue incertezze politiche, prese una posizione internazionalista d’innanzi alla prima guerra mondiale.

La Mezhraionka durante gli anni del primo conflitto mondiale crebbe in modo lineare e mise le sue radici a San Pietroburgo; un rapporto di Okhrana (polizia zarista) parla di una "scissione anti-leninista nei bolscevichi" di discrete consistenza. Nel testo di Ian Tatcher la Mezhraionka viene definita come un "grande gruppo clandestino a Pietroburgo” [6]. Stando ai dati di Yurenev, nell'estate del 1914 Mezhraionka contava circa 1.000 militanti, dopo appena un anno dalla sua fondazione. Il distretto di Pietroburgo era la roccaforte più numerosa dell’organizzazione con più di 200 membri. Altre cellule di Mezhraionka erano presenti e diffuse in gran parte dei centri urbani della Russia nei distretti di Mosca, Vyborg, Gorod, Narva e Porokhovaia.

Durante il 1915 lo zarismo affonda duramente i suoi colpi e la repressione politica colpisce molti dirigenti rivoluzionari tra cui Yurenev (viene arrestato) e i suoi compagni. In quell’anno la Mezhraionka è soffocata dalla reazione e riuscì a pubblicare solamente un numero del quotidiano Vperyod (di 4 pagine):

«l'unico slogan proletario corretto è ... l'aggravamento del processo di lotta di classe e politica, che lo porta a una rivoluzione socialista nei paesi capitalisti avanzati e una rivoluzione democratica in Russia e in altri paesi monarchici arretrati» [7].

La situazione in Russia per la Mezhraionka nel 1915 è difficile, molti dirigenti sono agli arresti, il dibattito sulla guerra si sta sviluppando rapidamente travolgendo gran parte delle forze della sinistra. La Tendenza degli Interdistrettuali, non senza dibattito, decide di tentare di allacciare rapporti con i compagni all’estero, così A. Popov e N. Stoinov, si recano all’estero per sondare le opinioni dei leader socialdemocratici sulla guerra. Popov e Stoinov si confrontarono con una serie di emigrati in Svezia, Svizzera, Inghilterra e Francia, in questi incontri riscontrarono una ampia ostilità alla guerra, pensarono dunque possibile un’azione congiunta tra le varie anime della socialdemocrazia. La Mezhraionka vedeva fattibile un processo unitario da Martov a Lenin passando per Trotsky. Tutti questi dirigenti avevano espresso la loro avversità al conflitto imperialista. Martov, con la sua corrente all’interno dei Menscevichi (Menscivichi internazionalisti), sembrava sul punto di rompere con il gruppo dirigente menscevico guidata da Dan e Axelrod. Gli interdistrettuali fecero appello con forza all’unità dei socialdemocratici sia durante la conferenze di Zimmerwald che di Kienthal, chiedendo a gran voce il rilancio della lotta di classe e la trasformazione della guerra imperialista in una guerra civile.

La guerra imperialista fu un vero spartiacque per le organizzazioni operaie, avvicinò le componenti rivoluzionarie tra loro e allontanò le forze riformiste, si stava entrando in una nuova fase, una nuova fase rivoluzionaria, ma su chi l’avrebbe guidata, la rivoluzione in Russia, era ancora un mistero. Su quale programma avrebbe dovuto fare affidamento la classe operaia e su quale leadership? Nessuno aveva le risposte.

I Mezhrayontsy non avevano una visione univoca, certamente la presenza di Trotsky (anche se la sua adesione a tale tendenza in modo ufficiale arriverà solo nel 1917) aiutava a chiarire le idee, almeno sul piano teorico, con la “rivoluzione permanente” (centralità della classe operaia e presa del potere senza tappa intermedia democratico borghese), i Bolscevichi annaspavano nell’ambiguità della formula “rivoluzione democratica degli operai e dei contadini” (sostituita da Lenin nelle famose Tesi d’Aprile del 1917). Invece la maggioranza dei menscevichi aveva tutto chiaro: la futura rivoluzione democratico-borghese sarà guidata dalla borghesia, mentre al proletariato spetterà il ruolo di pungolo di sinistra in parlamento e nel paese.

La rivoluzione di febbraio sbaraglia le carte e apre al gruppo fondato da Yurenev l'opportunità di sviluppare rapidamente le proprie attività. I Mezhrayontsy, come venivano allora chiamati, pubblicarono una serie di volantini e appelli dal contenuto rivoluzionario (spesso con gli SR di sinistra), nei testi di propaganda gli Interdistrettuali ponevano risolutamente in primo piano le questioni della pace, della terra, del pane e della giornata lavorativa di 8 ore. Iurenev fu eletto nel Comitato Esecutivo del Soviet di Pietrogrado e la Mezhrayontsy svolgeva sempre più un ruolo di componente di sinistra nel Soviet di Pietrogrado.

Immediatamente dopo la vittoria della Rivoluzione di febbraio, crebbe in tutta la socialdemocrazia un grande desiderio di “unità”, era giunta l’ora di rispolverare un'unica casa per i socialisti, il concetto di “difendere” la rivoluzione stava trovando molti fan.

Per la stragrande maggioranza dei menscevichi e buona parte dei Bolscevichi il sostegno al governo Kerensky dopo la caduta dello zarismo aveva funzione progressiva e progressista, la dirigenza della sinistra pro Kerensky voleva ricostruire un blocco sociale di riferimento in grado di far pressione alla nascente borghesia russa perché realizzasse quelle ipotetiche conquiste sociali “democratiche” borghesi. Questo approccio, una sorta di sostegno critico delle forze della classe operaia al governo borghese, avrebbe dovuto configurare (secondo il sentimento diffuso di gran parte dei dirigenti della sinistra) in maniera più nitida il miglioramento delle condizioni della classe operaia e dei contadini, quindi un possibile successo verso l’emancipazione, una sorta di prima tappa.

Lenin e Trotsky trovano il loro punto di convergenza: «nessun sostegno al governo borghese - La nostra tattica è completamente suicida, nessuno appoggio al governo Kerenskij», queste sono le parole di Lenin rivolte ai bolscevichi titubanti. Il punto cruciale, di questa fase storica, sia per i Bolscevichi che per i gli Interdistrettuali sono i Soviet e la loro valenza storica. I Soviet sono un vero e proprio contropotere, sempre più centralizzati e organizzati rischiano di rovesciare da un momento all'altro il regime borghese dei vari Kerenskij. Il governo borghese e il popolo dei soviet sono divisi da un profondo disaccordo su molti punti, ma in particolare sulla condizione della guerra: il governo infatti intendeva proseguire la guerra a fianco degli alleati dell'Intesa, mentre le classi popolari, quelle che avevano subito le sofferenze più dure, desideravano una pace immediata.

Il 3/16 (secondo il calendario russo) aprile Lenin fa il suo ingresso in campo con la pubblicazione delle Tesi d'aprile. Le Tesi d’aprile rovesciano l'impostazione del gruppo dirigente bolscevico. La "Pravda", diretta da Stalin, si era rifiutata di pubblicare tre delle quattro "lettere da lontano" scritte da Lenin in esilio, secondo cui non bisogna sostenere il governo provvisorio, ma occorre preparare la rivoluzione proletaria, trasformare la guerra imperialista in guerra civile e rifiutarsi di cadere in un atteggiamento "socialpatriottico".

Con le Tesi d’aprile Lenin sostiene che bisogna passare alla rivoluzione socialista. I bolscevichi devono condurre l'agitazione tra le masse per convincerle della necessità della rivoluzione proletaria per fermare la guerra, assicurare il pane e dare la terra ai contadini. Le tesi di Lenin prevalgono nel partito dopo un serrato dibattito, la formula “dittatura democratica degli operai e dei contadini” è sostituita da “tutto il potere ai Soviet”.

Gli Interdistrettuali non furono travolti da questa ondata unitaria, la politica della Mezhraionka rimase la stessa: lotta di classe e internazionalismo, lotta contro la guerra e il governo provvisorio. La svolta a destra dei bolscevichi a marzo ebbe l'effetto di allargare la distanza politica tra loro e la Mezhraionka, gli elementi più rivoluzionari di Pietrogrado furono trascinati a sinistra. La crescita della Mezhraionka andò di pari passo con l’arrivo degli esuli di peso. All'inizio di maggio, L. Trotsky, G. Chudnovsky tornarono a Pietrogrado ed entrarono immediatamente a far parte del Comitato Interdistrettuale, successivamente fu la volta Anatoly Lunacharsky.

“Alla frontiera russa - la stazione di Beloostrov - Trotsky è accolto con fiori, bandiere, gagliardetti e canti. C’è una delegazione bolscevica di Pietrogrado guidata dall’operaio metallurgico Fedorv e una delegazione della Mezhraionka” [8].

Tra la Mezhraionka ricordiamo altri illustri dirigenti come Angelica Balabanov, F.I Kalinin (1882-1920). Mikhail Sokolnikov è il fratello di Grigory Sokolnikov. D. B. Ryazanov. Tra il 1913 e il 1915 la Mezhraionka accolse tra le sue file anche la Kollontaj.

Alla fine di luglio nel 1917, la coerenza cominciava a dare i suoi frutti, l'intera organizzazione del Comitato Interdistrettuale, contava più di 4000 mila membri. Con il crescere dell’organizzazione, la sovrapposizione con le posizioni bolsceviche divenne un dato di fatto. Tra le due tendenze inizia a concretizzarsi un processo di unificazione, processo di unificazione che avviene non sotto la spinta elettorale o peggio il mantenimento di un apparato come ha fatto di recente la sinistra, ma sull’unità d’intenti e sul programma.

Tutte le fusioni vincenti, anche queste, sono avvenute per volontà soprattutto dei gruppi dirigenti e dall’alto (quindi che le convergenze tra tendenze si hanno nelle lotte e che solo le lotte possono avvicinare è mera retorica settaria). La Mezhraionka e i Bolscevichi si unirono su un programma accompagnati da Lenin e da Trotsky.
Così infatti diceva la Pravda il 18 (31) maggio 1917:

In seguito alla decisione della Conferenza panrussa del Comitato centrale del nostro partito, riconoscendo che era estremamente desiderabile unirci ai Mezhrayontsy, ho avanzato le seguenti proposte (queste proposte sono state fatte al Mezhrayontsy inizialmente solo per conto del compagno Lenin e alcuni membri del Comitato Centrale, ma poi la maggioranza dei membri del Comitato Centrale ha approvato queste proposte):
L'unificazione è auspicabile immediatamente.
Al Comitato Centrale del PSDR sarà chiesto di inserire immediatamente negli organismi dirigenti e nella stampa di Partito un rappresentante della Mezhraionka.
Al Comitato Centrale verrà chiesto di costituire un'apposita commissione organizzativa per convocare (in 1/2 mesi) il Congresso del Partito. La Mezhraionka avrà il diritto di inviare due dei suoi delegati in questa commissione. Se i menscevichi, sostenitori di Martov, rompono con i "difensivisti", l'inclusione dei loro delegati nella suddetta commissione è auspicabile e necessaria.
La libertà di discussione su questioni controverse è assicurata dalla pubblicazione di volantini di discussione e dalla libertà di discussione all’interno del Partito.

Diversi membri della Mezhraionka furono eletti nel Comitato Centrale (Trotsky, Ioffe, Uritsky), il resto è storia.

La storia di questa organizzazione ci insegna che i marxisti rivoluzionari non sono avulsi a processi di unificazione. Porre i punti essenziali, gli obiettivi, i tempi e i mezzi per raggiungerli supportati dal centralismo democratico è la base per il raggruppamento delle forze rivoluzionarie. Né la fretta né le esigenze dei gruppi dirigenti possono sostituire l’unità d’intenti dei rivoluzionari; pazienza se ancor oggi abbiamo a che fare con una parte della sinistra che al semplice sventolare della falce e martello invoca l’unità omettendo un bilancio politico dello stalinismo e glissando sugli interessi della classe che spesso vengono confusi con gli interessi dell’apparato.

La Mezhraionka può vantare uno dei primi successi di unità tra rivoluzionari nella storia facendo leva sul programma politico e il metodo.



NOTE

1 - Storia del Bolscevismo vol 3, Alan Woods. A.C. Editoriale
2 - Ian D Thatcher “The Rise and fall Russian Social democratic Wprker’s Party Unity Faction”
3 - Conferenza di Praga (18/ 30 gennaio 1912). Parteciparono 18 delegati. Con l'esclusione di due menscevichi, tutti erano bolscevichi, e rappresentavano le sezioni del partito attive nelle principali città dell'Impero russo e le redazioni di alcuni giornali del movimento operaio. I lavori furono presieduti da Lenin, che relazionò sulla fase attuale e si occupò della redazione di tutte le risoluzioni dell'assemblea. Significativa tra le altre quella che sanciva l'esclusione dal partito dei cosiddetti "liquidazionisti", segnando l'acquisito controllo del partito da parte dei bolscevichi
4 - Blocco di Agosto (Vienna), vi presero parte alcuni menscevichi: un gruppo di Martov, Dan, parte dei bolscevichi e Trotsky. È stato chiamato l'unione delle forze socialdemocratiche. Ma questo blocco è rimasto sulla carta, le contraddizioni tra i vari gruppi erano troppo forti.
5 - R. Mckean estrapolato da Storia del Bolscevismo vol. 3 Alan Woods
6 - Ian D Thatcher “The Rise and fall Russian Social democratic Wprker’s Party Unity Faction
7 - Ian D Thatcher “The Rise and fall Russian Social democratic Wprker’s Party Unity Faction
8 - La Rivoluzione perduta di Broué.


BIBLIOGRAFIA AGGIUNTIVA

La Tragedia della Rivoluzione Russa. E. Cinnella, Luni Editrice.
La Rivoluzione Bolscevica, Carr. Einaudi.
Storia del Bolscevismo, Rosemberg, Sansoni.
Stalin di Trotsky, A.C. Editoriale.
Comunisti contro Stalin, P.Broué. A.C. Editoriale.
La coscienza della rivoluzione Daniels, Sansoni.


LINK UTILI

https://iskra-research.org/Marxists/Vpered/index.html

Eugenio Gemmo

martedì 15 marzo 2022

IL MAL DI CAMPISMO


In questa guerra, come in altre, alcune organizzazioni politiche sostengono posizioni astrattamente marxiste, ma che in realtà possono essere definite semplicemente come una sorta di "nazionalismo rovesciato", ci riferiamo al campismo, ovvero la divisione del mondo in blocchi geopolitici contrapposti.

Raramente i campisti (solitamente di matrice m-l, cioè stalinista) affrontano il conflitto di classe interno delle nazioni del "campo antimperialista" e, senza analizzare la natura di questi governi e delle loro economie, attribuiscono a queste nazioni una funzione progressista e progressiva. Non criticano mai le “nazioni antimperialistiche” e tendono a glissare o a opporsi apertamente ai movimenti di lotta che emergono tra la classe operaia di questi stati. Così gli scioperi in Cina sono il frutto dello sponsor Usa; le manifestazioni di dissenso per la guerra in Russia sono egemonizzate dalle forze reazionarie ecc.

C'è stato un tempo in cui l'identificazione con un blocco anticapitalista e antimperialista aveva un senso. La Rivoluzione Russa è stata sostenuta da milioni di lavoratori che hanno operato anche una rottura politica con quella sinistra sciovinista e governista. Lenin e Trotsky hanno fatto una rivoluzione rovesciando un governo di centro-sinistra, hanno costruito un’internazionale (I.C.) contro le derive riformiste della vecchia socialdemocrazia.

Quindi, dopo la rivoluzione del 1917, nonostante la distorsione avvenuta con l’ascesa di Stalin al potere e la relativa deviazione del metodo rivoluzionario (svolta Kuomintang, Terzo periodo e Fronti Popolari, assenza di democrazia, socialismo in un paese solo ecc.), si poteva dire che vi erano due blocchi: uno che era nato dalla rivoluzione operaia e combatteva per il “socialismo” (la difesa della casta burocratica) e l’altro un blocco capitalista che sosteneva (anche economicamente) la controrivoluzione in tutto il mondo.

Questo scenario oggi non esiste più, sono solamente due gli stati operai in dissoluzione (ahimè), Cuba e Corea del Nord. Bisogna dire ai nostalgici dell’URSS che la Russia è un nuovo imperialismo fatto di borghesia e sciovinismo.

Il campismo contemporaneo è, se dovessimo riassumere, la più grande distorsione del marxismo in quanto spinge la solidarietà con gli stati piuttosto che con la classe e la sua lotta internazionale. L'internazionale di Marx, Engels, Lenin e Trotsky, come struttura organizzativa e pratica, è completamente cancellata da questa visione. Questa tendenza generalmente sostiene stati chiaramente capitalisti (come Iran e Siria) o stati che affermano a parole di essere socialisti come la Cina (coprendosi di ridicolo, perché la Cina, ad essere obiettivi, non solo è un paese capitalista ma è una vera e propria potenza imperialista con annesse entrature di capitali in Africa e in varie parti del mondo), oppure ancora i campisti si aggrappano alla Corea del Nord (che di soviet ed internazionalismo non ha neanche l'ombra ma ha solo un despota che governa miscelando culti religiosi ad un neostalinismo vintage).

Il campismo in questi giorni viene sventolato non solo dalle organizzazioni neo staliniste o staliniste ma anche da Putin che si aggrappa a questo metodo per giustificare la sua invasione dell’Ucraina in opposizione all’imperialismo statunitense ed europeo. Lo stesso Putin nel suo discorso o meglio nella sua dichiarazione di guerra all’Ucraina, fatto in diretta tv il 21 febbraio 2022, ha parlato di riconoscimento, formale ed ufficiale, delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, ma anche e soprattutto ha evidenziato le colpe di Lenin secondo cui: «chi ha governato nell'Urss di inizio '900» - sarebbe colpevole della nascita e dell' "invenzione" dell'Ucraina, che «ha tolto pezzi al territorio della Russia».

Ecco il nuovo paradosso dei campisti: definirsi comunisti in opposizione a Lenin. Applauso!

Putin insomma rispolvera lo sciovinismo “grande russo”, lo stesso sciovinismo grande russo combattuto da Lenin anche all’interno dei bolscevichi contro Stalin che ne fu uno dei massimi rappresentanti.

Lenin aveva le idee chiarissime sul processo di autodeterminazione. Sosteneva, sia praticamente che teoricamente, che il processo di costruzione sovietico avvenisse su base volontaria perché «… lo zarismo e la borghesia grande-russa, con la loro oppressione, hanno lasciato nelle nazioni vicine un’ombra di rancore e di diffidenza verso i grandi-russi in generale, e questa diffidenza va dissipata con i fatti, e non con le parole». Questo metodo è alla base del leninismo, cioè della costruzione del socialismo per convincimento e non per assimilazione.
«(…) Invece della parola autodecisione, (...) io pongo un concetto assolutamente preciso: il diritto di separarsi liberamente» [1].

Insomma per Lenin il diritto dell’autodeterminazione era una parte integrante del programma bolscevico: «Il socialismo vittorioso deve necessariamente instaurare la completa democrazia e, quindi, non deve attuare soltanto l'assoluta eguaglianza dei diritti delle nazioni, ma anche riconoscere il diritto di autodecisione delle nazioni oppresse, cioè il diritto alla libera separazione politica» [2].

Per Lenin la lotta per l’autodeterminazione non era semplicemente una formula vuota, ma un metodo politico, un principio, e come è noto sulle questioni di principio Lenin non era solito fare concessioni, così la lotta contro lo sciovinismo grande russo per Lenin non si esaurisce nella battaglia teorica e in proclami ma vede anche la sua declinazione all’interno del partito, del suo partito.

Lenin ha già aveva notato nei primissimi anni ‘20 i metodi di Stalin e un'ulteriore conferma di ciò la ebbe verso la fine del 1922, quando ebbe chiaro in che modo Stalin silenziava il dissenso dei compagni georgiani. L’impero zarista era conosciuto, era passato alla storia come la “prigione dei popoli”, molte etnie/nazioni erano state rinchiuse dal recinto zarista. La classe operaia e il movimento popolare di queste nazioni oppresse avevano fuso la lotta contro lo zarismo con la lotta per la propria autodeterminazione, non a caso il diritto all’autodeterminazione era stato, come abbiamo scritto, uno dei punti fondanti del bolscevismo. Dopo il successo della rivoluzione, i bolscevichi avevano costruito il potere sovietico su alcune repubbliche nazionali oltre a quella Russa (Ucraina, Bielorussia, Georgia, Armenia, Azerbaijan) ovvero la Rsfsr (Repubblica socialista federativa sovietica russa).

Anche se sulla carta i rapporti tra le repubbliche sovietiche erano formalmente regolati, il Partito Russo bolscevico aveva una forte tendenza ad accentrare. Lenin dunque pone l’attenzione sulla questione e cerca una via d’uscita. Nell’estate del 1922 l’ufficio politico bolscevico crea una commissione, presieduta da Stalin, che ha il compito di affrontare la questione “georgiana” e delle altre federazione. Questa commissione è composta di persone vicine a Stalin e produce un testo (Tesi sull’autonomizzazione) che vidima nei fatti l’annessione delle cinque federazioni alla Russia.
Lenin reagisce nonostante le sue non buone condizioni di salute prima definendo Stalin “un po’ troppo precipitoso” [3].

Successivamente Lenin va all’affondo in una lettera indirizzata a Kamenev e al Comitato Centrale del 6 ottobre:
«Compagno Kamenev! Dichiaro guerra (e non una guerriciola, ma una lotta per la vita e per la morte) allo sciovinismo grande russo. Non appena mi sarò liberato di questo maledetto dente, lo assalirò con tutti i miei denti sani».

Alla fine Stalin media non avendo la maggioranza nel CC. Cede ma il problema sarà solo rimandato.

Lenin, dunque, non aveva dubbi sul concetto di autodeterminazione come, tornando a noi, sul tema del campismo non aveva dubbi sul concetto di “patria”: nella battaglia tra un imperialismo dominante e uno che cercava di ascendere Lenin si schierava senza mezzi termini da parte del proletariato, non aveva una divisione verticale (campi), bensì orizzontale (classi).

La parola d'ordine, basata sull'analisi della realtà e del carattere delle classi era e dovrebbe essere patrimonio del marxismo rivoluzionario; il proletariato non può sostenere nessuna guerra in cui i lavoratori si uccidono in nome della borghesia, così oggi di fronte alla aggressione dell’imperialismo nascente russo il metodo dovrebbe essere lo stesso.

Lenin fu accusato di essere un servo dell’imperialismo tedesco. Insieme a Trotsky e Rosa Luxemburg pagò con la vita la lotta contro lo sciovinismo. Il modo migliore per ricordare questi grandi marxisti è apprendere il loro metodo.

Il marxismo rivoluzionario è altro rispetto al campismo e consiste innanzitutto, come Lenin e Trotsky ci hanno insegnato, nella lotta per il potere politico della classe operaia e non fare gli ultras di presidenti egotisti autoritari di nazioni e/o potenze capitaliste.


Note

1 Lenin, Opere Complete, vol. 26
2 La rivoluzione socialista e il diritto delle nazioni all'autodecisione, Lenin 1916
3 Lenin, Opere Complete, vol. 42

Eugenio Gemmo

sabato 8 gennaio 2022

Sostegno ai lavoratori del Kazakhstan

Dopo alcuni giorni di proteste e con l’ausilio dei militari russi nel Paese, il presidente del Kazakhstan ha dichiarato che la situazione è sotto controllo e "in larga parte ripristinato" l’ordine. Persino il presidente Xi Jinping si è congratulato con l'operato governativo: nella giornata di ieri il Presidente cinese ha inviato un messaggio di elogio a Tokayev per le "misure forti" da lui adottate, che hanno consentito di stroncare quella che Xi ha definito una "rivoluzione colorata" delle "forze straniere". 

In una diretta tv pubblica, Tokayev ha ammesso di aver dato l’ordine ai suoi militari "di sparare per uccidere senza preavviso" per fermare la sommossa. Sino ad oggi si contano almeno 26 manifestanti uccisi, centinaia sono rimasti feriti e più di 3mila persone sono state arrestate, insomma una mattanza. Tutto è iniziato con l'aumento del 50% dei prezzi del gas da parte del governo il 2 gennaio 2022 questo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso la popolazione del Kazakhstan è scesa per le strade e con essa gli scioperi hanno attraversato il paese, specie nel settore energetico. 

La protesta ha mosso i suoi primi passi a Zhanazoen, una cittadina di medie dimensioni, il 4 gennaio vi è stato il primo passo indietro delle autorità ritirando l'aumento dei prezzi e si è creato quello che volgarmente potremmo definire effetto domino, il popolo ha visto poteva affondare il colpo e la protesta velocemente si è diffusa sino ad Almaty, la più grande città del paese, e in molte altre città. 

Tutto questo condito dalla parola d’ordine "vecchio, vattene!":  Nursultan Nazarbayev, è al potere da più di trenta anni dittatore e padre padrone del Kazakhstan a nulla valse la grande mobilitazioni di massa del 2019 che impose all’allora presidente le dimissioni da primo ministro per essere assunte Tokayev (attuale presidente), ma nei fatti è ancora lui a detenere il potere. 

Siamo dalla parte della classe lavoratrice kazaka: chiediamo la cacciata immediata dell’imperialismo russo dal paese, l’allontanamento di Nazarbayev, la libertà per i lavoratori di organizzarsi al fine di costruire nuovi organismi decisionali con alla testa il mondo del lavoro. Chiediamo, infine, la liberazione di tutti i prigionieri!


La redazione del blog

In memoria di Peng Shuzhi

Peng nasce nel 1896 nella contea di Longhui, nel distretto di Baoqing, nella provincia di Hunan nella Cina meridionale. Nel 1919 Peng Shuz...