domenica 15 dicembre 2019

La natura della rivolta di Kronštadt

di Eugenio Gemmo


Cosa è stata esattamente la rivolta di Kronštadt? È stato davvero un atto rivoluzionario oppure è stato un processo politico eteroguidato dalla controrivoluzione “bianca”? O semplicemente un sentimento genuino di un popolo scontento della rivoluzione bolscevica?
Cercare di fare chiarezza sulla questione di Kronštadt è una necessità politica per il marxismo rivoluzionario (affrontare una tema scottante con la dovuta calma) naturalmente cercando – primo dovere – di spogliarci delle difese d’ufficio mutuate dall’ascendente teorico di appartenenza.

La rivolta di Kronštadt fu una rivolta annunciata, forse uno dei processi rivoluzionari più scontati della storia. Il suo periodo d’incubazione era già da tempo terminato quando nel marzo del 1921 scoppiò la sommossa. Lenin e Trotsky allora erano troppo coinvolti nel dibattito interno al partito (non sempre puramente politico) e dalla difficile situazione economica del paese per poter porre la giusta attenzione alla questione di Kronštadt; una miopia politica che costò molto cara al marxismo rivoluzionario.

I bolscevichi, ricordiamolo, si trovavano in una situazione difficile: erano accerchiati dall’imperialismo.

L’8 luglio del 1920 viene nominato capo della flotta baltica Fedor Raskolnikov, che in poco tempo fa operazione di “pulizia” sostituendo circa i due terzi del comando, ed infine nomina suo suocero Mikhail Reissner capo del commissariato politico della flotta del Baltico. Questo metodo non perfettamente rivoluzionario di Raskolnikov, sommato alle voci di una presunta vita fatta di agi da parte dei vertici di partito mentre la vita e l'alimentazione dei marinai si comprimeva sempre più, non aiutò il partito bolscevico nel dialogo con i marinai di Kronštadt.

Zinoviev (massimo esponente del partito bolscevico di Pietrogrado), da poco uscito come vincitore nel partito nella lotta sulla “questione sindacale” ove ha sconfitto Trotsky, coglie al balzo la palla del malcontento dei marinai di Kronštadt per colpire Trotsky, nomina Kuzmin (suo collaboratore) nel ruolo chiave di comando del PUBALT (1), ostacolando così Raskolnikov, uomo vicino a Trotsky.

Il partito è troppo avvitato su se stesso, mentre il disagio a Kronštadt aumenta; la situazione alimentare e igienica è in caduta verticale, e da queste necessità nasce la sommossa di Kronštadt.

Alla fine di febbraio del 1921 i ghiacci non erano ancora sciolti, e collegavano alla terraferma le due corazzate Petropavlovsk e Sevastopol. Gli equipaggi di queste due unità avevano inviato una loro delegazione a scopo informativo a Pietrogrado per avere maggiori informazioni sullo stato della città e della situazione in generale. Riuniti in assemblea sulla Petropavlovsk, i marinai vennero messi al corrente della situazione e decisero di inviare una precisa serie di richieste politiche al governo bolscevico.

«La “Repubblica di Kronštadt” (così i marinai hanno sempre chiamato la loro organizzazione insurrezionale)» non va per il sottile: «“è necessario porre rimedio al malgoverno del Soviet”. E i marinai decidono nonostante la naturale opposizione dei bolscevichi di passare all’azione. Viene stesa una nota in 15 punti nella quale risaltano le tesi anarcosindacaliste (scioglimento del vecchio soviet e nuove libere elezioni, in primo luogo) dei marinai della nave Petropavlovsk e del loro più rappresentativo esponente, il macchinista Petricenko. È la rottura piena con i “comunisti”: viene costituito un Comitato Rivoluzionario Provvisorio, e i marinai si preparano allo scontro con l’Armata Rossa.» (2)

I marinai, in poco tempo, sotto la guida del loro comitato, avevano preso tutti i punti strategici della città e gestivano tutto il territorio dagli edifici-chiave tra cui la tipografia del giornale "Izvestija", da cui già dal 3 marzo del 1921 pubblicarono le loro rivendicazioni in cui accusavano il partito bolscevico di essersi «staccato dalle masse, di essere in confusione e di non contare più nulla».

Iniziò un lungo scambio di proclami e trattative tra gli insorti e il potere sovietico. I rivoltosi incassarono anche il sostegno di esponenti del movimento anarchico, come quello di Emma Goldman, che diede il suo sostegno alla rivolta:

«Al Soviet del lavoro e della Difesa di Pietrogrado

Presidente Zinoviev:

Rimanere silenziosi ora è impossibile, persino criminale. I recenti avvenimenti obbligano noi anarchici a parlare e manifestare il nostro punto di vista sull’attuale situazione. Il fermento e l’insoddisfazione che si sono manifestati tra molti lavoratori e marinai è il risultato di cause che richiedono la nostra più seria attenzione. Il freddo e la fame hanno prodotto malcontento politico e la mancanza di libertà di parola, cioè di discussione e di critica, spinge i lavoratori ed i marinai a portare la loro insoddisfazione all'aperto.
Le guardie bianche desiderano e possono cercare di aizzare tale insoddisfazione nel loro stesso interesse di classe. Nascoste dietro i lavoratori ed i marinai, esse spargono slogan sull'Assemblea Costituente, sul libero commercio e simili richieste.
Da tempo noi anarchici abbiamo sottolineato la doppiezza di tali slogan e dichiariamo al mondo intero che combatteremo con le armi contro ogni tentativo controrivoluzionario, insieme a tutti gli amici della rivoluzione sociale e fianco a fianco con i bolscevichi.
Per quanto riguarda il conflitto tra il governo sovietico ed i marinai e gli operai, noi sosteniamo che esso deve essere appianato senza far ricorso alla forza delle armi, ma con un cameratesco e fraterno accordo rivoluzionario. Fare ricorso allo spargimento di sangue da parte del governo sovietico, nell'attuale situazione, non potrà intimidire od acquietare i lavoratori. Al contrario, riuscirà soltanto ad aggravare la situazione e rafforzare le posizioni dell’Intesa e della controrivoluzione interna. Inoltre, cosa ancora più importante, l'uso della forza da parte del governo degli operai e dei contadini contro i marinai e i lavoratori avrà un contraccolpo reazionario sul movimento rivoluzionario internazionale e si risolverà ovunque in un danno incalcolabile per la Seconda Rivoluzione.
Compagni bolscevichi, ricordatevene prima che sia troppo tardi! Non giocate col fuoco: state per prendere una risoluzione troppo grave e determinante.
Qui di seguito noi vi sottoponiamo la seguente proposta: sia scelta una commissione di cinque membri, due dei quali anarchici. La commissione vada a Kronštadt per appianare la disputa con mezzi pacifici. Nell'attuale momento questo è il metodo più radicale. Risulterebbe di importanza rivoluzionaria internazionale.
Alexander Berkman, Emma Goldman, Perkus, Petrovsky.
Pietrogrado, 5 marzo 1921
».


La mediazione, comunque, tra gli insorti di Kronštadt e il governo bolscevico si rivelò impraticabile, e i bolscevichi, guidati da Michail Tuchacevskij, sotto l’indicazione del centro del partito, soppressero la rivolta.


ANALISI DELLA RIVOLTA
Ma cosa chiedevano esattamente i marinai di Kronštadt? Cerchiamo di analizzare il contenuto delle loro proposte, la piattaforma di Kronštadt, in termini politici.
I punti 1 e 2 della piattaforma riportano:

1) Tenendo conto del fatto che gli attuali Soviet non esprimono la volontà degli operai e dei contadini, sono necessarie nuove immediate elezioni a voto segreto, con la libertà di condurre precedentemente una campagna di agitazione per tutti gli operai e i contadini;

2) è necessario dare libertà di parola e di stampa agli operai e ai contadini, agli anarchici e ai partiti socialisti di sinistra


I primi due punti esprimono una idea che in un primo momento parrebbe condivisibile, ovvero che i Soviet, per essere rappresentativi della classe, dovevano organizzarsi secondo il principio dell’eguaglianza delle correnti politiche e della libertà politica di organizzazione delle persone. Questa formulazione cela due aspetti poco chiari; il primo sta nel fatto di dare la libertà di stampa a tutti i partiti socialisti. Ma di quali socialisti? I partiti dei menscevichi, che hanno sostenuto il governo borghese di Kerenskij, o i Socialisti Rivoluzionari? Questa formula è assolutamente inaccettabile, non solo perché se avesse trionfato avrebbe rischiato di fare rientrare la reazione dalla finestra dopo averla cacciata dalla porta (Rivoluzione d’Ottobre).
Il secondo aspetto riguarda la libertà di parola a tutti i contadini. Anche qui, a chi si rivolgono i marinai di Kronštadt? Si vuole dare fiato anche ai contadini più ricchi, ai kulaki? Insomma, queste proposte parrebbero essere rappresentative della “buchariniana” teoria dell’"arricchitevi” rivolta ai contadini.

I punti 7 e 10 riguardano la gestione dell’economia e del monopolio:

7) è necessario abolire tutte le sezioni politiche, in quanto a nessun partito devono venir dati speciali privilegi per la diffusione delle proprie idee, e nessun partito deve ricevere, a questi fini, il sostegno finanziario dello Stato. Devono venire, invece, costituite commissioni per la cultura e l’educazione e di cultura elette localmente e finanziate dallo Stato;

10) è necessario abolire i distaccamenti combattenti dei comunisti in tutti i rami dell’esercito e le guardie comuniste assegnate alle fabbriche e ai mulini. Se tali guardie o distaccamenti verranno considerati indispensabili dovranno venir nominati dalle file stesse dell’esercito, e a discrezione dei lavoratori nelle fabbriche e nei mulini.


Questi punti sono anch’essi poco sostenibili. Il primo critica il monopolio delle idee e la diffusione delle stesse. La diffusione delle idee rivoluzionarie deve essere gestita da tutti e non solo dal partito bolscevico. Ma quali sono queste commissioni locali, e da chi sono composte? Anche qui il punto è che è la demarcazione di classe ad essere poco chiara. Non tutte le forze politiche delle sinistra avevano una vaccinazione politica contro la reazione borghese! Questo i marinai di Kronštadt lo sapevano benissimo.
Secondo aspetto si criticano i corpi dello Stato, che sarebbero dei corpi esclusivamente avvitati su se stessi con obiettivi, per usare un eufemismo, poco progressisti, ma la proposta dei marinai, al netto delle osservazioni di merito sullo Stato e le sue forze, non tiene conto assolutamente della reazione borghese. Ogni momento Lenin e Trotsky dovevano difendere, anche con l’esercito, lo Stato sovietico dalla borghesia internazionale, che quotidianamente affondava i colpi contro il sistema socialista.

Il punto 11 invece recita:

11) è necessario dare ai contadini la piena libertà di azione nei confronti delle terre, e il diritto di allevare bestiame, alla sola condizione che i contadini lavorino con le proprie mani, senza cioè l’impiego di mano d’opera salariata

Questa rivendicazione trova le sue radici nella storicità del popolo russo, o meglio, del populismo russo. In una situazione dove l’industria russa sovietica non decolla, la soluzione per i marinai di Kronštadt è una sorta di ripiegamento verso l’autonomia locale, indipendente e di autogestione. Un metodo localista e completamente avverso alla gestione unitaria di una società.

Questo programma, in sostanza, era di per sé figlio dei Socialisti Rivoluzionari, sicuramente il partito più affine per tradizione e storia alle istanze contadine, e meno alla classe operaia. Certamente il programma dei Socialisti Rivoluzionari era un programma iperminoritario nel paese, con scarso seguito. Raccoglieva il suo consenso con un messaggio rivolto quasi esclusivamente al ventre dei contadini, e poco si soffermava sulle dinamiche sociali e politiche della società.

Lenin non per nulla aveva definito «piccolo-borghese» la parola d'ordine “la terra a chi la lavora”, una rivendicazione pericolosa, incapace di vedere la necessità di un'equa redistribuzione.


CONCLUSIONI

Sostenere che il germe della burocrazia “stalinista partitica”, come spesso fa il movimento anarchico, fosse già presente nel 1921 o peggio ancora insito da sempre nel partito bolscevico, è semplicemente un'invenzione, un'astrazione storica che non tiene conto della lunga battaglia dell’opposizione di sinistra prima e dell’opposizione unificata poi contro il regime di Stalin.

Sicuramente la repressione da parte dei bolscevichi non è stata una scelta felice, anzi va aspramente criticata nel metodo senza se e senza ma. Ma il punto politico rimane, e la piattaforma di Kronštadt non incarnava lo spirito progressista di una nuova rivoluzione. Chiaramente, le critiche fatte dal regime stalinista e/o da pensatori poco lucidi secondo cui i rivoltosi di Kronštadt sarebbero stati al soldo della reazione – avendo avuto il sostegno più o meno diretto dalla borghesia mondiale – è una lettura altrettanto sbagliata e profondamente semplicistica.

Peggio ancora fa il volume 23 della grande enciclopedia sovietica, del 1953, che scrive che la rivolta fu una manovra operata dai «traditori trotskisti-zinovievisti».

Sicuramente la borghesia internazionale ha strizzato l’occhio ai rivoltosi di Kronštadt: per essa la distruzione del potere sovietico era essenziale, d'altronde non fece mancare continui ammiccamenti verso i rivoltosi di Kronštadt. Lo stesso Petricenko, uno dei leader della rivolta (già riportato sopra), non ebbe una parabola propriamente lineare in quanto a principi. Infatti dopo la chiusura della parentesi di Kronštadt, Petricenko passò nelle file del generale Wrangel ed infine nell’NKVD (la polizia segreta sovietica) al servizio della burocrazia sovietica.

Trotsky scrive: «La ribellione scoppiò durante il mio soggiorno negli Urali. Venni direttamente a Mosca per il X Congresso del partito. La decisione di sopprimere la ribellione adoperando la forza – se non si fosse riusciti ad indurre la fortezza ad arrendersi prima mediante trattative di pace e poi tramite un ultimatum – questa decisione di carattere generale fu presa senza la mia partecipazione diretta».

Certamente la composizione sociale di Kronštadt non era la medesima della rivoluzione russa, come scrive Trotsky: «Sì, Kronštadt aveva scritto una pagina eroica della storia della rivoluzione, ma la guerra civile aveva iniziato lo spopolamento sistematico di Kronštadt e di tutta la sua flotta. Già nei giorni della sollevazione di ottobre, distaccamenti di marinai di Kronštadt venivano mandati in aiuto a Mosca. Altri distaccamenti furono mandati nel Don.»
Ancora, aggiunge Trotsky: «Dopo la liquidazione di Judenic (inverno del 1919), la flotta del Baltico e la guarnigione di Kronštadt erano state private di tutte le forze rivoluzionarie» (3).

Insomma, il bacino sociale della rivoluzione di Kronštadt era profondamente cambiato nel corso della guerra civile, non rappresentava più la “spina dorsale della rivoluzione”. Questa riflessione è fondamentale per capire le dinamiche della sommossa di Kronštadt.

Naturalmente la questione di Kronštadt ha fatto da catalizzatore – non dobbiamo nasconderlo – per una delle scelte peggiori del partito bolscevico guidato da Lenin, ovvero la proibizione (X Congresso) delle frazioni pubbliche. Una scelta politica che fu successivamente distorta da Stalin per strangolare il partito. Ma, esclusa la strumentalizzazione della vicenda di Kronštadt da parte di Lenin, siamo così certi che in quel contesto i bolscevichi avrebbero avuto ancora molto tempo per mediare con i marinai di Kronštadt? Siamo così certi che non si sarebbe rischiato di perdere tutto? Non ne abbiamo certezza, ma sostenere al tempo stesso che l’unico modo che avrebbe potuto creare una società socialista in Russia, o altrove, era quello dell'autogestione contro la politica partitica, statalista e burocratica bolscevica era e rimane una posizione politica molto poco convincente, come le sue rivendicazioni.



Note:

(1) sezione politica della flotta baltica

(2) https://www.dinamopress.it/news/nelle-storie-1-marzo-1921-la-rivolta-di-kronstadt/

(3) Trotsky, La questione di Kronštadt


Riferimenti:

Jean-Jacques Marie, Kronštadt 1921. Il soviet dei marinai contro il governo sovietico

Ida Mett, La rivolta di Kronštadt

Trotsky, Scritti scelti


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